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Autore: Nami88    25/02/2011    1 recensioni
PRIMA DI OGNI COSA: CONSIGLIO DI LEGGERE L'EPISODIO I PER POTERE COMPRENDERE I FATTI E IL MOMENTO STORICO DI QUESTA STORIA.
Avevamo lasciato Nami con il cuore infranto e carico di odio.
Avevamo lasciato Zoro confuso e spaventato.
...Come li ritroveremo? Se ve lo dicessi finirei per rivelarvi la trama per intero, che nella sua complessità è piuttosto semplice. Preferisco invece usare queste parole per raccontarvi cosa succederà: "Quando un uomo è disposto a mettere da parte l'onore, è sempre per il bene qualcun'altro".
Nota: ALCUNI DEI PERSONAGGI UTILIZZATI PER QUESTA FANFICTION NON SONO DI MIA PROPRIETÀ' MA VENGONO UTILIZZATI NEL RISPETTO DEL PROPRIETARIO E DEI RELATIVI COPYRIGHTS. ALTRI SONO INVENTATI E L'INTERA STORIA E' ORIGINALE, E FRUTTO DELLA FANTASIA.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina seguente, il sole splendeva alto nel cielo. Si prospettava una meravigliosa giornata: Robin era lì con lei, avrebbero passato un intero giorno insieme passeggiando per il centro e spendendo un mucchio di soldi in vestiti e scarpe. Cosa poteva esserci di meglio?

« Buongiorno Robin! Dormito bene? ».
Si accomodarono al tavolo in cucina davanti ad una bella colazione.
« Era un po’ che non dormivo in un letto normale o almeno su un materasso! Nella barca ho solo una brandina! Tu, ti senti meglio? »
« Meglio, sì. Fa sempre bene sfogarsi, non lo facevo da tanto. Sono più consapevole ora e lo accetterò meglio. Forse non sarà più così difficile ».
« E cosa farai? »
« Quello che so fare meglio! La pirata arraffatesori ovviamente! Sta per tornare Nami, la Gatta Ladra »
« Ah...interessante, e con quali soldi pensi di procurarti una nave? »
« Non ho soldi per una nave: partirò con te! »
« Questa sì che è una sorpresa! »
« Perché non mi sembri contenta? » chiese Nami dubbiosa.
« No, figurati! Sono felice della tua scelta solo non mi aspettavo che reagissi così bene e così in fretta! Sono molto felice! » disse con un sorriso di approvazione.
« Devo cambiare vita ma ora so quello che voglio e voglio tornare in mare » facendo oscillare il bicchiere colmo di spremuta fresca.
« Bene, prepara i bagagli allora. Partiremo domani. Oggi facciamo scorta di cibo e poi tutti a letto per partire all’alba ».
« Ok, ho alcuni negozi davvero deliziosi da mostrarti! ».

Robin era contenta della scelta di Nami, questo avrebbe facilitato di molto le cose e Nami ancora non sospettava nulla. In realtà era anche preoccupata perché sembrava quasi il comportamento di una persona isterica che dissimulava la propria pazzia, ma c’era una sorpresa per lei ed era certa che ne sarebbe rimasta più che soddisfatta.

« Sei pronta Nami? »
« Sicuro! Andiamo! ».
Una mezzora a piedi ed eccole entrare in città.

La presenza degli scagnozzi di Boogie Back si faceva sentire. Nonostante le persone avessero ripreso la loro vita era visibile ed evidente che vivevano sotto il costante terrore di svegliare il can che dorme. Per quei bruti anche la scusa più banale era un buon motivo per picchiare o uccidere qualcuno, di conseguenza la gente si muoveva veloce, sembrava che camminassero tutti in punta di piedi per non farsi sentire o notare.
I negozi comunque erano tornati a lavorare anche se le tasse erano altissime e lasciavano ben poco spazio ai divertimenti personali. Certo era che gli abitati di Coconut Village non erano più ricchi come un tempo. Si poteva vivere e sopravvivere, bastava far attenzione e non fare troppo rumore.
La presenza di Black aveva richiamato in città una notevole quantità di malviventi, che mensilmente gli facevano visita e per il quale lui organizzava delle fastose cene sfruttando uomini, donne e bambini come servitori.
Una volta arrivata, Nami percepì gli sguardi della gente carichi di disapprovazione e gli sguardi ancora peggiori di quei poco di buono che avevano frequentato la sua casa fino a qualche giorno prima. Due sguardi diversi ma entrambi più taglienti di una spada.
« Ehi bellezza! Sei libera questa sera? ».

« Nami, se vuoi posso...Mi basta un colpetto... »
« Lascia stare Robin. Non c’è problema »
« Perché non mi hai detto che....insomma...potevamo evitare »
« Tranquilla – disse cercando di abbozzare un sorriso – Va tutto bene ».
« Senti, perché non ci fermiamo in quel piccolo parco vicino al molo? L’ho visto mentre approdavo, sembra un posto carino e tranquillo »
« Ma certo, mi piace quel posto ma non mi sono mai fermata ».
Nami cercava di trattenere la rabbia, ma l'imbarazzo e la vergogna pesavo troppo su di lei.

Arrivarono al parco indicato da Robin e si sedettero sul bordo della fontana che zampillava acqua fresca. Una serie di grandi alberi piantati in circolo creava un’ombra rotondeggiante e la luce del sole al centro in un cerchio perfetto illuminava solo la fontana. Davanti c’era il mare e il riverbero della luce solare era così intenso che non lo si poteva nemmeno ammirare per un istante.
« Non mi ero mai fermata anche se l’avevo visto altre volte. Si sta proprio bene qui sotto ».
« Aspettami qui. Arrivo subito, ho appena visto una persona che conosco ».
« Una persona che conosci?? ».
L'archeologa corse via in fretta senza dare la possibilità a Nami di seguirla o replicare.
« Robin! ».
Mentre aspettava si guardava intorno con aria spaesata, seduta su una panchina. Lo sguardo vagava a destra e sinistra, e mentre vagava le sembrò di intravedere controluce verso il mare delle ombre o delle sagome ferme immobili. Il riflesso era forte, non riusciva a metterle bene a fuoco anche perché sul molo c’era un gran via vai di gente.
Non era nemmeno certa che fossero persone, in effetti: dapprima strinse gli occhi e notò che quelle sagome erano quasi in posa, forse erano delle statue che qualche artigiano aveva lasciato in attesa che fossero caricate.
Ancora non convinta, decise di alzarsi in piedi e iniziò a camminare lentamente verso quelle figure.
A pochi metri da lei, oltre l’ombra degli alberi, le sembrò di sentirsi chiamare.....
....No, non poteva essere.
Doveva trattarsi si un sogno.

C’era un uomo alto dai grossi avambracci e il ciuffo blu, una camicia rossa con una fantasia a spirali arancioni e un paio di slippini.
C’era una renna piagnucolona.
C’era una ragazzo esile dal naso lungo, i capelli ricci erano raccolti in tante treccine perfettamente attaccate al capo. La barba incolta ma solo vagamente accennata gli dava un'aria molto più adulta e fiera. Indossava una camicia bianca un po’ ingiallita, i pantaloni marroni con un paio di bretelle e un bel paio di stivaloni.
C’era un uomo biondo. Capelli raccolti in un codino in modo ordinato ma con alcune sottili ciocche che coprivano il volto. Quel volto non l’aveva mai visto completamente scoperto. Completo nero e ordinato, camicia bianca, cravatta rossa, sigaretta accesa.
C’era un tipo tutto..... pelle e ossa, anzi solo ossa!
Infine c’era un ragazzo, un ragazzo magro e non troppo alto. Fisico asciutto e scolpito. Sul corpo c’era qualche cicatrice in più rispetto all’ultima volta che l’aveva visto ma era lui: aveva un cappello di paglia. 
Qualcuno però mancava all’appello. Subito la mente di Nami iniziò a viaggiare e si sentì persa; i suoi occhi lo cercavano e poi, improvvisamente, si svegliò da quel sogno perché qualcuno la chiamava urlando a squarcia gola.

Era il ragazzo buffo col cappello di paglia. Saltava su e giù come una molla, sbracciandosi a più non posso.
Tutti si misero a urlare: « Nami!!! Nami! » ma lei non si muoveva.
Forse era un sogno...Il più dolce dei sogni o il più bello degli incubi?
Il ragazzo dal cappello di paglia sembrava non trattenersi più e mentre lei se ne stava imbambolata lì, allungò le sue braccia di gomma e l’afferrò in vita tirandola verso di sé. Mentre tutti l’abbracciavano e facevano un gran baccano intorno a lei, Nami cercava di dissimulare la preoccupazione nel non vedere l’unico membro assente del gruppo. Robin, rimasta al di fuori del quadretto, rideva felice perché la sorpresa era riuscita in pieno.
« Nami! Che bello vederti! Ci sei mancata! » disse Rubber staccandola da sé. Non era poi così basso, anzi ora era addirittura più alto di lei. Da lontano non aveva visto bene.
« Rubber…Brook…e Sanji…e Usop…Franky…piccolo Chopper…siete tutti qui!! Come sono felice di vedervi ragazzi! »  disse piangendo di gioia.
Rubber si tolse il cappello e glielo mise in testa sorridendo beffardo. Com’era cambiato: era un uomo ora.
Inutile tentare di descrivere la miriade di pensieri e sensazioni che invadevano ogni fibra del suo corpo. Era davvero difficile credere che fosse tutto reale.
« Nami, non piangere siamo tornati a salutarti! Perché piange? Non è felice di vederci forse? » chiese ingenuamente in capitano ai compagni. Nel frattempo il suo stomaco brontolò rabbioso.
« Ma no tonto! – disse Sanji – La mia dolce e bellissima Nami piange dalla gioia di vedere me! ».
« Veramente credo pianga dalla gioia di vedere tutti voi » precisò Robin sorridendo.
Nami ricambiò il sorriso.
« Vedo che non sei cambiato Rubber! Come sono felice! Venite, mi sembrate affamati, tanto per cambiare! – disse dopo averli salutati tutti quanti - Andiamo in posto un po’ fuori città a pranzare. E’ meglio non dare nell’occhio! Oggi siete miei ospiti! Seguitemi! ».

Lei e Robin aprivano la fila. Dietro, Rubber e Sanji erano alle prese con una discussione culinaria, e facevano un gran baccano.
« Siamo alle solite » sbuffò Robin divertita.
« E’ come un tempo...quando camminavamo sempre cinque passi avanti a loro per non farci notare! »
« Già! » risero assieme.
« Non posso crederci che siate qui tutti quanti. Ma Robin, quindi non era c'era niente di vero in tutto quello che mi hai raccontato!? Sei un ottima attrice i miei complimenti, anche per averli sopportati tutta sola per tutto questo tempo! »
« Ti ringrazio! Ad ogni modo l’unica parte vera era la storia dei miei capelli! Quella è stata veramente colpa di Usop ».
« E non trovi che sia ancora più splendida? » urlò Sanji inserendosi nella conversazione pur di non dare più corda a Rubber.
« Sì Sanji, hai proprio ragione! » rispose Nami voltandosi leggermente indietro.
« Oh mio dioooooo!!! »  iniziò a urlare Sanji.
« Che c’è Sanji? Perché urli adesso? Ricordati che non dobbiamo farci notare! » lo ammonì Usop. Anche Usop era diverso, sembrava più maturo...chissà se era anche meno fifone.
« Nami...ma tu...tu hai...una cicatrice sul tuo bellissimo volto!!!!! Chi mai ha osato sfigurarti?!?! » chiese inorridito.
« N-Nessuno Sanji, calmati. Può accadere di farsi male! ».
Robin sorrise alla bugia di Nami. Aveva già capito che non aveva intenzione di parlarne o i suoi compagni avrebbe sicuramente architettato qualcosa che li avrebbe cacciati in grossi guai.
Sanji ormai neanche la sentiva più e aveva iniziato a sproloquiare sulla vendetta che si sarebbe abbattuta sull’aggressore di Nami se mai lo avesse incontrato. I toni diventavano alti oltre che violenti, quindi mentre blaterava con un pazzo isterico lo trascinarono lontano. Nami sentì Usop dire qualcosa tipo: « Se Zoro fosse qui gli darebbe una lezione ».
Un nodo le strinse la gola e deglutì forte.
« Tutto ok Nami? » chiese l’amica.
« Sì sì... - rispose con indifferenza - Ma dov’è la Sunny? Non ditemi che... »
« No no tranquilla! E' in perfetta salute, Franky non le fa davevro mancare niente! Abbiamo attraccato lontano da qui, sapendo che qualcuno controlla la zona non volevamo guai. Avevamo programmato una bella sorpresa, non un tragico soggiorno... »
« Avete fatto bene. Sono la peggior feccia di pirati che abbia mai conosciuto. Se Sanji però non si calma li conoscerete molto presto temo » confermò Nami.

Nami li condusse in una locanda molto piccola e piuttosto caratteristica, il luogo era isolato e non avevano molti clienti. Non pirati, per lo meno.
Quando entrarono, i proprietari riconobbero subito la rossa che in città si era fatta una certa fame ma non le proibirono di entrare come a volte accadeva in altri posti. Ebbero qualche esitazione trovandosela di fronte ma Nami guidava la fila e fece loro un’espressione di pietà come a pregarli che non le negassero l’accesso o i suoi compagni avrebbero iniziato a farsi delle domande. Nami, che non poteva e non voleva raccontare tutto agli amici, ringraziò cercando di dimostrarsi serena e rilassata il più possibile come se mangiasse lì ogni giorno da quando li aveva salutati. Nonostante tutto, durante il pranzo, non poté fare a meno di notare uno strano confabulare tra i due locandieri e occhiate ambigue anche da parte di un bambino molto piccolo che gironzolava attorno al bancone. Probabilmente era il figlio dei proprietari.
Li fecero accomodare in un tavolo a loro scelta, il più isolato e ordinarono una montagna di cibo: Rubber finalmente poté ingozzarsi indisturbato.

« Vedo che non sei proprio cambiato » disse Nami contenta.
« Sì, il solito maleducato » confermò Sanji.
« Le buone maniere sono sconosciute al nostro capitano! Yohohoho! ».

« Rubber? ».
Rubber alzò lo sguardo con la bocca stracolma di carne: « Uh sgi Dabi? ».
« Ehm…Potrei, col tuo permesso, fare un giro sulla sua nave più tardi? »
« Sgerzi dod debi neahe ghiedello » continuando ad affogarsi.
« Ma che maleducato – lo ammonì Sanji – Sei proprio senza speranza! ».

Dopo l’abbuffata, completamente sazi, obbligarono il piccolo Chopper e Franky al trasporto di tutte le provviste che avevano acquistato nel pomeriggio gironzolando per la città. Intrapresero quindi una camminata non proprio rilassante per raggiungere la Sunny, ormeggiata in una baia a cavallo tra due scogliere piuttosto ripide.
« Wow, l’avete nascosta fin troppo bene. Sarà interessante scendere da qui » sorrise sarcastica Nami dalla punta più alta della scogliera.
« Nami adorata, vuoi che ti porti sulle spalle? »
« Ehm no Sanji, non importa, grazie comunque ».

Mentre scendevano, i pensieri di Nami vagavano sull’unica persona del gruppo che non era presente. Che gli fosse accaduto qualcosa? Impossibile, non a lui. Non era nemmeno concepibile. Ma allora dove accidenti si era cacciato? Il cuore le batteva sempre più forte, fremeva dalla voglia di vederlo ma ormai non era più certa che sarebbe accaduto. Sapeva che non era possibile che gli fosse capitato qualcosa ma la sua paura che lui non ci fosse più la stava facendo impazzire. Non si azzardava a domandare dove fosse, del resto l’avevano sempre vista urlargli insulti in faccia e se avesse chiesto che fine aveva fatto forse avrebbero sospettato qualcosa o comunque sarebbe parso molto strano.
Chissà gli altri cosa avevano pensato nel vederla così diversa...eppure non sembravano sorpresi, non uno sguardo strano o interrogativo. Meglio così, dopotutto.

Finalmente arrivarono nella spiaggia isolata che proteggeva la Sunny. Ed eccola lì, sorridere sotto i caldi raggi del sole, coccolata dalle piccole onde del mare ed abbracciata da due lingue di terra che la proteggevano dalla vista.

« Ecco Nami, bentornata a casa! Sali pure sulla nave! Noi intanto carichiamo le provviste! Gira, tocca, rompi...insomma, fai quel che vuoi! ».
« Posso darvi una mano? »
« No! – esordì Robin -  No, non importa assolutamente. Goditi il giro turistico di ricordi! » disse salutandola con la mano e spingendola a salire con insistenza.
Nami la guardò strana ma non chiese nulla, salì e basta.

Imboccò la passerella di risalita prima con lo sguardo, appoggiata direttamente sulla spiaggia ma il fondale era molto alto: c’era uno strapiombo sottomarino che garantiva un attracco sicuro. Non c’era da temere per la presenza degli scogli, l’acqua era così limpida e trasparente che si poteva manovrare la nave in tutta sicurezza.
« Direi che senza di me ve la cavate bene! Non era facile trovare questo posto e riuscire ad attraccare ».
« Brook se la cava benissimo come navigatore e con un timoniere d’eccellenza come Franky, non è stato difficile! ».
Sorrise di nuovo, era bello sentire le loro voci...i battibecchi: Rubber e Usop litigavano come al solito. Questa volta Rubber voleva a tutti i costi far passare per la porta della stiva dieci sacchi di provviste tutte in una volta. Usop cercava di spiegargli senza troppe speranze che non potevano passare tutti in una volta e rischiava di farli cadere in mare. Che tipi…

Nami sospirò e incalzò veloce i bassissimi gradini. Un volta sul ponte alzò il capo e iniziò a guardarsi attorno. Vedeva la Sunny splendere sotto il sole e dondolare leggera al ritmo delle onde. Il jolly roger di Cappello di Paglia sventolava ancora allegro e gioioso sulla sommità dell’albero maestro. Andò a prua della nave dove fu investita da una fresca folata di vento e respirò a pieni polmoni. Ancora non le sembrava vero, era così felice...però aveva sempre quel pensiero fisso: lui. Dov’era? Perché non era lì? Forse gli era successo qualcosa davvero. Lui non sapeva resistere ad una battaglia e forse proprio durante una battaglia lo avevano perso. Oppure, ancora peggio, era diventato il miglior spadaccino del mondo e lei non era lì mentre accadeva e forse lui era già tornato a casa sua a gioire sulla tomba di Kuina. Con gli altri non aveva mostrato interesse ma ora che era sola poteva mostrarsi preoccupata e triste. Difficilmente Zoro si allontanava da solo, senza senso dell’orientamento era impossibile che ritrovasse la strada per la nave…questo la portò a pensare che certamente non poteva più essere con loro. Loro lo sapevano e non potevano averlo lasciato solo con tutta quella strada da fare.
Assorta nei suoi pensieri, la brezza del mare le soffiò dolce sul volto ma lei era ancora immersa nelle più disparate congetture quando improvvisamente dei passi la destarono. Lenti e cauti. Un tintinnio li accompagnava in modo ritmico e regolare.
La brezza marina portò insistente, quasi volesse chiamarla, al suo naso un dolce profumo: lo stesso che pochi giorni prima l'aveva attirata alla finestra scrutando l'orizzonte in cerca della Sunny, quando credeva di aver avuto un’allucinazione. Conosceva quel profumo, ora lo ricordava chiaramente.

I passi venivano dalla terra ferma e iniziarono a salire. Conosceva anche quel modo di camminare e l’avrebbe riconosciuto fra mille. Il suo cuore prese a battere forte. Rimase immobile ad ascoltare, senza respirare dal timore di non riuscire a sentire, poi si sentì osservata e capì che lui era a bordo o quasi. Percepiva la sua presenza e il profumo la inondò portato dal vento. Non si voltò ancora perché le sembrava che fosse fermo tra la passerella e il ponte fissandola, indeciso se salire o meno. Il cuore stava per esplodere.
   
 
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