Capitolo 11
Sensazioni
(POV
Lina)
I
giorni che passavo assieme ad Alec erano sempre più belli.
A
scuola eravamo l’attrazione principale per tanti. Cosa che non m’importava, a
parte quando qualche gallinella, credendo non vedessi, andava a fargli il filo,
ma dico io, ma certe ragazze proprio un po’ di contegno non ne hanno? Zoccole!
Hihihi…
parlavo io che fino a poco tempo fa ero peggio di loro.
L’amore
ti cambia proprio la vita.
Quando
finivamo scuola lui andava a casa a mangiare e poi veniva da me. Io gli
chiedevo sempre di venire direttamente a casa mia, ma lui niente. Di sicuro
centrava quel suo segreto che ogni giorno sempre più, speravo mi rivelasse.
A
casa mia qualche volta facevamo i compiti, ma più che altro stavamo tutto il
giorno a coccolarci. Per quanto riguardava l’Irish, avevo dovuto licenziarmi.
Ora lì, ci andavo solo da cliente. Alec diceva che tutti quei ragazzi che mi
guardavano lo facevano sfiorare la pazzia, così per lui e la sua sanità
mentale, avevo lasciato il mio lavoro. Lo amavo troppo e non avrei mai potuto
fargli alcun torto.
Ciò
nonostante passando tanto tempo in sua compagnia avevo notato alcune cose e
avevo anche l’impressione che lui facesse a posta a comportarsi in determinati
modi.
Una
fra tante era che era molto freddo. La sua temperatura corporea era decisamente
bassa, ma lui aveva sempre detto che era normale così, poi però un giorno,
quando per l’ennesima volta glielo avevo fatto notare, lui mi aveva risposto:
“lo
so tesoro. Anni fa anch’io ero caldo come te, ma poi ho iniziato ad avere
sempre le mani fredde e fidati è normale così, non ti preoccupare.”
Ma
che razza di spiegazione era? Cosa voleva dire poi? Una volta era così e poi
non più? E poi non è che fossero solo le sue mani fredde, era tutto, freddo,
anche il suo respiro.
Ma
non trovando spiegazioni a ciò, avevo sempre lasciato perdere.
Ma poi non era solo questo, nonostante non
fosse molto alto e robusto, era a parer mio incredibilmente forte. Una volta
mentre eravamo in cucina e stavamo facendo una guerra di panna montata, un mio
orecchino era finito sotto il frigorifero. Gli avevo detto che sarei andata a cercare
un qualcosa che assomigliasse ad un rametto, lungo e fino. Avevo cercato non
trovando nulla, così ero andata a prenderne uno direttamente in giardino su un
albero. Al mio ritorno in cucina l’avevo trovato mentre si alzava dalla
posizione inginocchiata con il mio orecchino in mano. Il fatto strano era che
da lontano mi era parso che lui avesse spostato il frigo con la mano. Gliel’avevo
poi posta la domanda scherzando, ma lui aveva risposto che era impossibile. Che
una persona umana (aveva usato proprio queste due parole) non avrebbe mai
potuto fare una cosa del genere, e ovviamente avevo lasciato perdere credendo
di avere qualche problemino di vista.
Infine
, come avevo pensato prima, c’era il fatto che non mangiava mai in mia
compagnia. Non capivo il motivo, ma anche se gli chiedevo se volesse fare uno
spuntino o mangiare un pezzo di torta o pizza, mi diceva: “piccola non sempre
il cibo è nutriente!”. Ennesima risposta insensata. Per me almeno.
Separatamente
queste cose non mi importavano, però messe assieme mi facevano quasi pensare
che c’era qualcosa che non andava e che dovevo capire qualcosa. Ma cosa?
A
parte queste mie paranoie andava tutto benissimo.
Quel
sabato appena mi alzai provai subito uno strana sensazione come di un terribile
presagio, ma ovviamene come sempre, poco me ne fregava di queste cose e me ne
andai di sotto a fare colazione, stranamente vi trovai mia madre.
“mamma?
Che ci fai qui?”
“colazione…
non è ovvio? Mi rispose ironica.
“No!
Intendevo a casa.” Era questo che volevo sapere fin dall’inizio. Lei a casa non
c’era mai e soprattutto in vestaglia.
“tesoro,
ma che ti prende? ci vivo anch’io qui!” mi rispose con una punta di dolcezza.
Quel suo tono di voce aveva risvegliato in me ricordi passati. Ricordi di una
me bambina, quando lei, la donna che in passato avevo amato tantissimo, si
comportava come una vera mamma.
“piccola
cosa ne dici se oggi andiamo a fare shopping? Ho visto alcune negozi carini in
centro che credo ti piaceranno tantissimo!” aveva poi continuato lei.
Cosa
c’era ora? Si era svegliata storta stamattina, e voleva di punto in bianco
mettersi a fare la mamma? Quella che non era stata negli ultimi 12 anni?? La
rabbia che iniziai a provare era forte e una finestra probabilmente appoggiata,
si aprì di botto accompagnata da un vento gelido che mi diede forza nel dirgli:
“Se
hai tanto voglia di fare la mamma, vai da un’altra parte! con me sei in ritardo
di un paio d’anni!”
Lei
restò a dir poco scioccata dalle mie parole
“ma…
tesoro…” provò a dire, ma si fermò subito. Non sapeva cosa dire. Ed era meglio
così. Non volevo sentire altre scuse. Nella mia vita ne avevo già sentite
troppe ogni volta che le chiedevo di stare con me e di non andare via.
La
fulminai con lo sguardo ancora un secondo poi mi voltai silenziosa e me ne
tornai in camera. Mi buttai nel letto a pancia in giù. Volevo piangere, ma le
lacrime non uscivano. Dio che situazione odiosa!
Alec.
Il
suo nome si fece largo tra i miei pensieri.
Volevo
vederlo. Essere stretta tra le sue braccia. Ora più che mai lo volevo vicino,
lui che sapeva capirmi.
Presi
il cellulare e composi il suo numero. Già. Lo avevo costretto a comprarsi un
cellulare, così se non sapevo dove fosse o se avessi avuto bisogno di lui avrei
potuto contattarlo.
Dopo
due squilli rispose
“…ehi..
piccola… cosa c’è?”
Sembrava
stesse trafficando con qualcosa, sentivo qualche gemito di dolore di
sottofondo.
“Alec
cosa stai facendo?”
“stavo
per strada quando in un vicolo ho trovato una persona che stava male e… l’ho
aiutata!” disse con uno strano tono di voce che non so perché mi mise i
brividi, ma li ignorai.
“oh,
che eroe. Allora magari ti chiamo dopo.” Dissi un po’ più triste.
“no
amore, sta bene ora. dimmi tutto.”
Rimasi
in silenzio.
“parla
piccola. Così mi preoccupi”. La sua voce era davvero preoccupata.
“no
è che ho alzato la voce su mia madre prima…” ancora le lacrime non si
decidevano a scendere.
“verrei
subito se potessi ma ho un appuntamento con una persona importante e non
posso mancare davvero. In meno di un’ora
dovrei però riuscire a cavarmela. Ci vediamo al solito posto!”
“si
certo. Grazie.” Poi però un po’ più tranquilla dopo averlo sentito gli chiesi:
“questa
persona… non devo essere gelosa vero?”
“hahahaha”
la
sua risata cristallina era musica per le mie orecchie
“no
piccola, è mia sorella”
“tua
sorella? Quella che si trova all’estero?”
“ehm…
si.. già…”
Chissà
se me l’avrebbe presentata. Forse l’avrebbe portata al nostro appuntamento.
Mah! Però non gli chiesi nulla.
“va
bene. Divertiti a dopo”
“a
dopo piccola mia.”
E
riagganciò.
Sua
sorella. Che strano, chissà come mai era venuto a trovarlo. Da quello che mi
aveva detto Alec, dopo la morte dei suoi genitori lui e la sorella erano venuti
a vivere qui dall’America, con tre zii. La sorella, Jane se non sbaglio si
chiamasse, andava e veniva, non stava mai qui, per questo non me l’aveva mai
presentata e non veniva a scuola con lui, dato che erano gemelli. Chissà se era
uguale al mio Alec. Di sicuro era bellissima.
Provai
ad immaginarmi Alec con i capelli lunghi che si atteggia da donna.
“buhahahahahaha”
Rotolai
giù dal letto dalle risate. Mio dio che visione raccapricciante.
Era
meglio che iniziassi a prepararmi. Se continuavo per questa via di pensieri, mi
sarei fatta senz’altro la pipì addosso.
Dopo
45 minuti ero già per strada che camminavo tranquilla. Non avevo fretta di
arrivare, non sapevo se lui fosse già lì o meno, però intanto mi sarei goduta quella
passeggiata per le vie di Volterra.
Avrei
potuto passare per la bella Piazza dei Priori, ma l’avrei allungata decisamente
troppo, così tagliai per Via dei Sarti. Volevo andare tranquilla, ma non
troppo. C’era sempre quello stato di inquietudine che mi portavo dietro da
stamattina appena sveglia. Che a dire il vero, più mi avvicinavo alla mia meta,
andava crescendo.
Arrivata
alle rovine con un sospiro di sollievo mi andai a sedere nel “nostro posto”.
Quello in cui ci dichiarammo il nostro amore. Quel posto rappresentava per me
tutto e mi sentivo al sicuro, o meglio mi ero sempre sentita al sicuro lì, ma
non oggi. Questa brutta sensazione mi agitava, come si agitava il vento lì
intorno. Provai così a seguire le ondate di vento che mi circondavano,
ovviamente riuscivo a vedere solo le foglie che esso portava con sé, poi però
una figura lontana attirò la mia attenzione. Era Alec. Alzai un braccio per
salutarlo, ma lui non accennò a ricambiarlo. Strano, che non mi avesse visto?
Gelo.
Ecco
quello che provai. La figura che pensavo fosse Alec, si materializzò in un
secondo a 5 metri da me.
Com’era
possibile? E poi chi era? Perché mi guardava con… brividi …
Occhi
rossi
Occhi
rossi mi fissavano minacciosamente.
Era
una ragazza minuta, con capelli castani corti fino alle spalle, che gli
incorniciavano un viso, il cui profilo così delicato la rendeva bellissima, ma
quegli occhi la rendevano davvero terrificante, per non parlare poi del fatto
che si era spostata così… veloce!
“chi
sei?” le dissi cercando di mantenere il mio solito tono di voce, per non
mostrarle lo stato di soggezione che mi aveva causato.
“La
tua morte!” mi disse gelida.
La
sua voce mi penetrò fin dentro le ossa. Perché mai provavo tanto terrore? Forse
perché sentivo che quelle parole sprizzavano di sincerità!?
Non
sapevo cosa risponderle. La guardavo, probabilmente con occhi sbarrati. Cercai
di prendere il coraggio che caratterizzava la Lina stronza.
“divertente”
sorrisi macabra “che problemi hai?”
“solo
uno. Ma ora lo risolverò.” Sorrise come se stesse facendo un complimento a
qualcuno.
La
paura stava crescendo assieme anche ad una punta di rabbia, quello che mi ci
voleva!
“levati
dalle palle, mi hai stancata!”
Dissi
furiosa. Ops!
Il
suo sorriso scomparve, chiudendo quei strani occhi a due fessure. Poi fece una smorfia
e….
“aaaaaaaaaaaaaahhhhh!!!!”
Oh oh !
Di chi è questo urlo???
Hihihi.. ragazze che ne dite dell’entrata
in scena di Jane???
Fatemi sapere
kisssss