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Autore: Sumiya Sakamoto    27/02/2011    4 recensioni
Era estate, ma nonostante la stagione, quella era una grigia mattina d’agosto. Cina aveva dormito poco la notte passata, sogni inquietanti e paurosi avevano affollato la sua mente, tormentandolo e svegliandolo di soprassalto. Posò i gomiti sul tavolo delle riunioni e portò le mani a stropicciarsi gli occhi che rischiavano di chiudersi. Francia, qualche posto più in là, era silenzioso, guardava un punto fisso davanti a sé, segno che anche lui aveva dormito poco. In quel momento la porta si spalancò ed Inghilterra fece il suo ingresso, incupendo ancora di più la stanza.
Genere: Guerra, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Cina/Yao Wang, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente ho avuto il tempo per aggiornare. È la seconda parte di Nagasaki e Hiroshima, vista dal punto di vista delle Potenze dell’Asse. È presente anche Ungheria perché a quel tempo era una dei più importanti alleati delle Potenze. Spero vi piaccia, buona lettura.
 
 
 
 
 
 
 
 
“Giappone! Giappone!” la voce dura di Germania lo riscosse dal torpore nel quale era caduto poco dopo essersi svegliato. Si rannicchiò in posizione fetale, come per proteggersi dalle grida del tedesco e fece finta di essere ancora addormentato. Ultimamente era stanco, la guerra lo stava mettendo a dura prova, dormiva poco e mangiava ancora meno. “Giappone!” gridò Germania a pochi centimetri dal suo orecchio, cosa che lo irritò non poco. “Sono sveglio.” mormorò di rimando – lui non era un tipo da urla – e si scoprì, preparandosi ad allontanarsi dal suo comodo futon. “Era ora! Italia è già in piedi, dovresti essere già pronto, Ungheria non ama attendere e la riunione deve cominciare! Muo-vi-ti!”
Oggi è di buon umore… pensò fra sé il giapponese, avviandosi verso il bagno del loro quartier generale per darsi una rinfrescata, mentre davanti a lui il tedesco marciava in silenzio. Guardò l’ora, distrattamente. Le otto e un quarto, non era poi così tardi, ma evidentemente Germania quella mattina era agitato. La giornata del 6 agosto 1945, sarebbe stata un giorno normale e tranquillo se non fosse stato per un grido, il grido di Giappone che incrinò il silenzio di quell’edificio e fece tremare i vetri delle finestre. Germania, colto alla sprovvista, sobbalzò e si voltò di scatto, trovandosi davanti ad un Kiku in ginocchio, tremante e gemente. “Giappone!” lo chiamò il tedesco, chinandosi su di lui, turbato. “Hi…ro…shima…” balbettò il giapponese a denti stretti, mentre portava un braccio sul suo stomaco e i suoi vestiti cominciavano a colorarsi di vermiglio. Ludwig sbarrò gli occhi, sconvolto nel vedere quel macabro spettacolo, mentre dietro di lui le voci di Italia e Ungheria li chiamavano allarmati. “Hiro…shi…ma!” gemette di nuovo Kiku, tremando più incontrollatamente di prima. Con un gemito si accasciò al suolo, mentre sulla sua pelle candida e pura cominciavano a formarsi orrende ustioni. Germania, scioccato da ciò che stava accadendo, si accorse di dover far qualcosa soltanto quando il giapponese cominciò ad avere degli spasmi di dolore. Il tedesco allora lo prese in braccio, stringendolo a sé, mentre il giapponese si aggrappava spasmodicamente ai suoi vestiti, il suo respiro si faceva irregolare e ad ogni suo sospiro un gemito abbandonava le labbra sottili. Ludwig si accorse con orrore che era diventato rigido e freddo come la morte. Proprio mentre Kiku cominciava a tossire con una violenza spaventosa e a macchiare di sangue l’uniforme di Germania ad ogni colpo di tosse, Ungheria e Italia li raggiunsero, rimanendo inorriditi da quella visione. “Cos’è successo?” chiese con un filo di voce Elizaveta, mentre Feliciano non parlò affatto, limitandosi a diventare bianco quasi quanto Giappone. Ludwig scosse il capo “Non lo so…” rispose solo “Era dietro di me e ad un certo punto è caduto a terra e hanno cominciato a formarsi queste ferite e…”
“Hiroshima!” riuscì a dire Kiku.
“Hiroshima? Cosa vuoi dire, Giappone?” chiese Germania.
“Santo cielo, devi curarlo, sta perdendo molto sangue!” strillò Ungheria di colpo “Muoviti, presto, portalo nella sua stanza!”
“Ma lui dorme su un materasso a terra.” le fece notare Germania.
“E allora portalo nella tua stanza o nella mia o in quella di Italia, ovunque, ma fai qualcosa!” detto questo scomparve a cercare i medicamenti necessari per curare le ferite del giapponese, mentre Italia, serio per una volta, mormorò “La mia stanza è la più vicina, Ludwig, portalo lì.” Il tedesco non se lo fece ripetere due volte e pochi secondi dopo depositò Kiku sul letto di Feliciano. “Hi…Hi-ro…shi…ma…” continuava a ripetere Giappone, in preda agli spasmi, mentre le ferite e le ustioni che si erano formate poco prima non accennavano a scomparire.
“Cos’è successo?” gli chiese Germania, mentre con Italia tentava di spogliarlo facendogli meno male possibile. “Hiro…shi…ma… l’hanno…aah! L’hanno… colpita… America… la… la bomba… atomica…”
“Che cosa?!” esclamò Ludwig mentre Ungheria tornava con bende, garze, unguenti e disinfettanti. “L’hanno colpita? Giappone, hanno colpito Hiroshima?” Germania nella foga prese Kiku per i capelli, per farlo rispondere e costringerlo a rimanere cosciente, ma il giapponese gemette forte e Ungheria gli sbraitò contro, isterica. Scostando la mano dal capo di Giappone, il tedesco si accorse che gli erano rimasti parecchi capelli neri sul palmo. “Sta perdendo i capelli…” mormorò sconvolto, più a se stesso che ai presenti.
“Radiazioni…” sussurrò Giappone ad occhi chiusi.
“Come hai detto?”
“Radiazioni… la bomba… ha… rilasciato… radiazioni…” d’improvviso socchiuse gli occhi, guardando fisso nel vuoto e mormorando con voce atona “Sono morti… sono morti…”
Germania non dovette chiedere spiegazioni per quel comportamento e subito comprese: le ferite, le ustioni, la perdita di capelli, Kiku era stato vittima della bomba atomica, come quindi gli abitanti di Hiroshima, che al contrario di lui, che era una Nazione forte dopotutto, sarebbero morti entro pochi giorni al massimo. Ungheria si affannava a rimarginare le ferite e a lenire il dolore al giapponese spalmando un unguento sulle ustioni, ma Kiku era agitato, continuava a farneticare e a muoversi, tanto che Germania fu costretto a tenergli ferme le braccia, mentre Italia ad afferrarlo per le caviglie. “Li ha uccisi! America! È stato lui!”
“D’accordo, d’accordo Giappone, calmati ora, calmati.” tentò di tranquillizzarlo Germania, senza risultati. “Ge-Germania… devi… fermarlo…” balbettò Giappone, durante il delirio “Ne ha… un’altra… lo so, ne ha… un’altra… ne sono… sicuro… Hiroshima… Hiroshima… li ha uccisi… l’ha distrutta…”
 
“Ludwig… ehi, sei sveglio?”
“Co-cosa?” socchiuse gli occhi e scoprì di essersi addormentato seduto su una sedia accanto al letto nel quale dormiva Kiku. Ungheria lo osservava sorridendo. “Come sta?” chiese il tedesco. Lei spostò il suo sguardo sul giapponese “Finalmente si è addormentato. Ci vorrà molto tempo perché le ferite guariscano però…”
“Ti ha detto qualcosa?”
“Non più di quello che aveva già detto. Da quello che sono riuscita a capire America ha bombardato Hiroshima con la bomba atomica e Kiku è convinto che presto la userà anche su altre sue città.” Ludwig scosse il capo “Sheiße… quel bastardo, me la pagherà…”
“Ludwig…” mormorò pensosa Elizaveta “Dici che… dici che Giappone sarà costretto a chiedere la resa?”
Il volto del tedesco si rabbuiò, aveva preso in considerazione quella possibilità e non gli piaceva affatto. “No…” disse cupo, forse addirittura mentendo a se stesso. “No, non finché la Germania sarà ancora in grado di combattere quegli Yankees bastardi.” 

  
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