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Autore: _Sihaya    27/02/2011    3 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Capitolo 20 - Il Mantello dell'Invisibilità

Lost Memories

(di _Sihaya)

 

* * *

 

Il fratello più giovane era il più umile e anche il più saggio dei tre, e non si fidava della Morte. Perciò chiese qualcosa che gli permettesse di andarsene senza essere seguito da lei. E la Morte, con estrema riluttanza, gli consegnò il proprio Mantello dell’Invisibilità.

 

J. K. Rowling, Harry Potter e i Doni della Morte

 

* * *

 

Capitolo 20 – Il Mantello dell’Invisibilità

 

Avevano camminato a lungo nel buio attraverso un passaggio stretto, in salita, umido e dissestato. Apparentemente senza fine. Poi era apparsa una debole luce che era stata una vera e propria iniezione di energia; aveva cancellato la fatica e aveva dato loro la forza per correre all’esterno, a respirare l’aria fredda dell’inverno.

L’euforia sfumò in delusione pochi istanti dopo, quando entrambi realizzarono d’essere ancora in mezzo al bosco, all’ingresso di una piccola radura distesa lungo il pendio di una montagna, imbiancata dalla neve e immersa in un profondo silenzio.

Alle loro spalle, il passaggio si era richiuso mimetizzandosi in un groviglio di edera e foglie secche.

 

Hermione, amareggiata e avvilita, sentì la stanchezza piegarle le gambe e appesantirle il respiro. Cercò un appoggio e lo trovò nel tronco umido di una betulla. Scivolò lentamente contro di esso, sedendosi ai suoi piedi, su una pietra ricoperta di muschio.

 

Draco si chiuse in un silenzio nervoso e cominciò a percorrere lo spiazzo aperto da una parte all’altra, fermandosi più volte a scrutare il paesaggio a valle, dove troneggiava, in tutta la sua decadente maestosità, il Castello di Hogwarts.

Più che deluso, era contrariato: erano finiti esattamente sul versante opposto a quello che ospitava il rifugio costruito dai suoi genitori.

 

Terribilmente lontano da “casa”.

 

Hermione estrasse dalla propria borsa un po’ di cibo e glielo offrì. Lui rifiutò con un cenno sprezzante, preferendo sostare in silenzio nel mezzo di quel fazzoletto di terra rada, col capo scoperto e la neve che gli cadeva fra i capelli.

 

Lei non mangiò molto, solo qualche boccone mentre rifletteva.

Si era convinta che il passaggio segreto appartenesse all’Esercito di Silente, e questo offriva due possibilità: o era stato abbandonato, o in quell’area desolata si nascondeva un secondo passaggio. Ripose il cibo nella borsetta, rammaricandosi di non avere con sé qualche oggetto magico piuttosto che un inutile telefono cellulare.

Si alzò e iniziò a esplorare il piccolo spiazzo, nel quale spiccava una grossa roccia tondeggiante. Prestando attenzione a non scivolare sulla neve, vi salì sopra e s’accorse che da quel punto poteva controllare l’intera vallata.

 

Malfoy si era allontanato inoltrandosi nel bosco e lei si ritrovò sola, a contemplare le rovine della Scuola di Magia e a combattere contro l’amarezza dei ricordi che si fondeva con la recente delusione.

 

All’improvviso, uno scalpiccio ruppe il profondo silenzio.

 

Hermione si voltò e socchiuse le labbra, ma lo stupore la zittì.

 

Avvolta in un mantello verde oliva, con un buffo cappuccio dal quale scendevano rami d’edera in fiore, aveva di fronte Luna Lovegood. Un sorriso colmo di gioia le allargava le labbra.

 

«Hermione! » esclamò.

 

Non aveva idea di quando fosse arrivata, né da dove provenisse, ma non perse tempo a chiederselo. Le corse incontro e l’abbracciò, senza riuscire a pronunciare una sola parola.

 

Quando si separò, con gli occhi che diventavano lucidi, ebbe una nuova sorpresa.

 

«Hermione! C-com’è possibile?! » balbettava Ginny Weasley, pochi passi più indietro, fissandola attonita come se avesse una visione. «Sarei venuta a prenderti oggi… a Londra… Ma come… come hai fatto a… »

 

Lei fu lusingata da quello stupore che, di fatto, lodava le proprie capacità: «Oh, non è stato semplice – spiegò - siamo arrivati alla Testa di Porco usando… »

 

«Granger! Sarà meglio che trovi il modo di tornare indietro o… »

 

Draco Malfoy, irritato più che mai, fece capolino dal bosco.

 

Ginny e Luna s’irrigidirono.

 

Hermione trattenne il fiato mentre il ragazzo trasformava la sua espressione da bizzosa a sorpresa, a ostile.

 

Un duro silenzio scese fra loro insieme alla neve, che lenta e instancabile aveva ormai ricoperto il terreno.

 

Se da un lato Luna si stava arrovellando per spiegarsi la presenza di Malfoy tra quelle montagne, dall’altro Ginny aveva il volto in fiamme, perché sospettava che l’avesse accompagnato Hermione.

 

«L’hai portato tu? » domandò fra i denti.

 

Hermione mise in campo la propria diplomazia: «Non ho potuto raggiungerti all’appuntamento perché un incantesimo mi ha bloccato nella sua biblioteca. L’unica soluzione che avevo era utilizzare una Passaporta per la Stanza delle Necessità, ma ho dovuto portare anche lui. » Disse indicando Malfoy come se fosse un oggetto.

 

Lui aprì la bocca per ricordarle che la Passaporta era di sua proprietà e lei l’aveva ormai distrutta, ma a nessuna delle ragazze interessavano le sue parole.

 

Ginny lo squadrò diffidente mentre Luna si sfilò dall’orecchio la bacchetta magica e la strinse saldamente in mano.

 

«Ti rendi conto che ora lui conosce un modo per raggiungere il nostro nascondiglio? » sgridò Ginny. Era furiosa. Hermione poteva a capirla, tuttavia le fece notare che quella radura era deserta e nemmeno lei aveva idea di dove cercare il Rifugio.

 

«Mi stupisco di te! » si ribellò Ginny, «non puoi aver dimenticato che si tratta di un Serpeverde! »

 

«Un Magiamorte, » precisò Luna candidamente.

 

A quell’affermazione Ginny sentì un brivido scenderle lungo la schiena. «Non può stare qui,» disse categorica.

 

«In ogni caso dovrà dimenticare la strada… » concluse Luna e, puntando la bacchetta verso di lui, sussurrò: « Oblivion. »

 

Malfoy rimase alcuni istanti impietrito, come folgorato, per poi voltarsi verso Hermione.

 

«Che… che cosa sta succedendo? »

 

Aveva dimenticato tutto: da quando lui ed Hermione erano rimasti bloccati nella biblioteca, fino a pochi istanti prima.

 

Era imbestialito, ma nessuno lo considerò.

 

«Vieni, andiamo al Rifugio. » disse Ginny a Hermione.

 

Lei fece un passo, poi si fermò. «E lui… Dove andrà?» chiese con un filo di voce.

 

«Rimarrà qui. Sorvegliato. »

 

«Ma… »

 

« La priorità è proteggere l’Esercito. E anche lui ci guadagna, credimi… » ironizzò Ginny, « ci sono diverse persone, al Rifugio, che fremono all’idea d’incontrarlo… »

 

* * *

 

Incanto Fidelius!

 

Hermione era delusa da se stessa.

 

Come aveva fatto a non pensarci?

 

L’Esercito di Silente si nascondeva a pochi passi dalla radura nella quale lei e Malfoy erano arrivati, protetto dal complesso incantesimo. Come Luna le aveva spiegato, la McGrannit era stata a lungo il Custode Segreto, poi tutti loro avevano ereditato quel compito, come un patto solenne che li legava in modo indissolubile.

 

All’inizio Ginny aveva provato un po’ di riluttanza all’idea di condividere l’informazione con Hermione, ma aveva accantonato l’eccessiva diffidenza in nome della loro amicizia. Luna invece era serena, perché l’istinto le suggeriva fiducia.

 

Hermione seguì le amiche avanzando, ammirata, verso il Rifugio. Sapeva che nessuno avrebbe potuto trovare quel luogo senza conoscerne il Segreto, tuttavia rimase ulteriormente sorpresa scoprendo che il grande portone d’ingresso era protetto da altri incantesimi.

Quando le tre ragazze giunsero alla grande sala circolare, non trovarono molte persone a riceverle, ma ben presto la notizia dell’arrivo di Hermione si diffuse e l’intero Esercito si radunò per accoglierla. Come Harry, anche a lei ricevette un trattamento da eroina, a dimostrazione del rispetto che tutti avevano continuato a nutrire nei suoi confronti, nonostante la sua lunga assenza.

 

Saggiamente, Ginny e Luna si astennero dal menzionare Draco Malfoy: quella era un’informazione da manovrare con cura, da diluire in piccole dosi o si sarebbe trasformata in veleno.

 

Hermione si lasciò salutare e abbracciare, ma tutto quel calore contribuì soltanto a stringere il nodo che aveva in gola: il piedistallo su cui l’avevano innalzata era fragile come cristallo e poteva spezzarsi da un momento all’altro, facendola precipitare nel baratro dei traditori…

 

La stretta divenne ancora più dolorosa quando si trovò davanti a Harry e Ron.

 

Harry le chiese cos’era successo e perché aveva tardato a raggiungerli, ma lei non riuscì a rispondere perché Ron le saltò letteralmente addosso sciorinando una marea di scuse. Diceva d’aver recuperato la memoria e ora capiva quello lei aveva cercato di dirgli.

 

Gli occhi le si colmarono di lacrime.

 

Avrebbe voluto abbracciarlo stretto, ma lui l’afferrò per le spalle e prese a scuoterla: aveva migliaia di cose da dirle. Ripeté il proprio rammarico per non averla aiutata, e lei lo perdonò. Confessò di essersi immensamente preoccupato quando Harry era arrivato al rifugio da solo; lei arrossì, ma lui era talmente agitato che non se ne accorse e proseguì a raccontare a ruota libera, senza prendere fiato, tutto quello che gli era accaduto negli ultimi due giorni. Le descrisse il Rifugio, l’informò della missione fallita e del piano di Neville per salvare i loro compagni.

 

Non parlò d’altro e lei non riuscì a chiedere nulla.

 

Un po’ per imbarazzo, e un po’ perché sapeva che non sarebbero bastati pochi minuti per chiarirsi.

 

Perché il tempo e il silenzio cambiano le persone, ne modellano l’anima come l’acqua corrente leviga la pietra, e il rischio è di fermarsi a rimpiangere le schegge perdute, dimenticando di apprezzare la bellezza di una nuova forma.

 

* * *

 

Con il calare della sera fra i monti di Hogwarts aveva smesso di nevicare. Nella valle silenziosa, il Lago e il Castello apparivano lugubri e gelidi. Al centro della radura, sotto la debole luce lunare che filtrava attraverso una coltre di nubi, Draco Malfoy sedeva meditabondo sulla roccia da ore, incurante del freddo e dell’oscurità. Con le ginocchia raccolte al petto e i gomiti appoggiati su di esse, premeva i palmi delle mani contro le tempie e rimuginava.

 

Non aveva la più pallida idea di come fosse arrivato da quelle parti.

 

L’unica cosa che sapeva era di trovarsi sul versante opposto a dove avrebbe voluto essere.

 

Il suo ricordo più recente lo raffigurava, con Hermione, alla Testa di Porco.

Poi era come se un buco nero avesse risucchiato i momenti successivi, fino a quando Luna Lovegood aveva puntato contro di lui la bacchetta e aveva cancellato i suoi ricordi.

 

Un vuoto di ore…

 

Giorni, forse.

 

Era stato davvero sprovveduto a non prevedere quella mossa che aveva consentito all’insulso trio di fare di lui un facile prigioniero, per poi sparire sotto i suoi occhi.

 

“Andiamo al rifugio, ci penserà Dennis a sorvegliarlo”, aveva detto la piattola Weasley. Ma…
 
Chi cavolo era Dennis?

 

Non aveva nemmeno fatto in tempo a chiederselo che un ragazzino emaciato, con sguardo ingenuo e capelli color topo, era spuntato dal bosco e aveva cominciato a sorvegliarlo con atteggiamento superiore; senza staccargli gli occhi di dosso, come se avesse potuto scomparire da un istante all’altro…

 

Malfoy era sicuro che, se l’avesse voluto, avrebbe potuto allontanarsi in qualsiasi momento: prendersi gioco dell’idiota che lo stava sorvegliando era fin troppo facile.

 

Disarmarlo. Zittirlo. Incarcerarlo. Scappare

 

Ma dove?

 

Per quanto orribile, l’alternativa era più conveniente. Le pietose streghe gli avevano persino fornito una tenda nella quale passare la notte, un po’ di cibo e coperte.

 

Inoltre, se non si era mosso da lì era solo perché doveva fare qualcosa di più importante: recuperare i propri ricordi.

 

E per farlo, aveva già un piano.

 

* * *

« Che cosa?! »

 

Ginny cacciò un urlo che fece rizzare i capelli a tutti i presenti nella piccola stanza: Neville, Harry, Ron, Hermione e Luna.

 

« Io non ci penso nemmeno a starmene qui con le mani in mano! » protestò accaldata. Trovava assurdo, quasi offensivo, che Neville avesse deciso di tagliarla fuori dalla missione di salvataggio… E con che scusa, poi! Affiancare sua madre e Madama Chips durante il parto di Angelina!

 

Una cosa ridicola.

 

« Sarei inutile qui, Neville, » si lamentò agitando una mano nell’aria, i suoi capelli rossi erano un tutt’uno con il viso in fiamme, « e poi… mia madre ha abbastanza esperienza per tutti quanti, non credi? » aggiunse sarcastica.

 

Harry osservò l’orgoglio con cui si batteva: una grinta che non aveva dimenticato, ma che ora la rendeva straordinariamente bella. Non immaginava d’essere lui stesso causa della furia che le arrossava le guance. Ginny, infatti, era convinta che quell’esclusione fosse il risultato di un accordo tra lui (esageratamente protettivo) e Neville. Non aveva nemmeno lontanamente considerato d’essere stata tagliata fuori per la sua lunga assenza dall’Esercito, motivo per cui erano stati inizialmente esclusi anche Harry e Ron.

 

Neville tentò di spiegarle le proprie ragioni, smussando i dettagli con cura: « Ginny, hai faticato molto in questi giorni: hai bisogno di riposo. Inoltre, qui servirà una guida nel caso dovessimo fallire... tu sei la persona più adatta per… »

 

Lei lo interruppe ostinata: « Non falliremo. E comunque, Hannah è certamente più adatta di me ad un ruolo di comando. »

 

Neville fece per dire qualcos’altro, ma lei non lo lasciò parlare: « Vengo con voi, non provare a fermarmi: non mi serve nemmeno un compagno di squadra, sono in grado di cavarmela da sola. »

 

« Non posso lasciarti senza un compagno di squadra… »

 

« Be’, allora… »

 

« Può unirsi a Harry e Ron, sono solo in due… » Luna intervenne nella discussione senza immaginare le conseguenze della sua affermazione.

 

Hermione si fermò di respirare: nessuno le aveva detto che Harry e Ron avrebbero preso parte alla missione. Era convinta che sarebbero rimasti al rifugio per esercitarsi con lei negli incantesimi e poter raggiungere rapidamente il livello di preparazione dei compagni.

 

I pochi secondi di silenzio che seguirono l’affermazione di Luna le servirono per assimilare la notizia e volgerla a suo vantaggio: « Bene, allora andrò io con Ginny. »

 

Neville si passò una mano fra i capelli: la situazione era fuori controllo…

 

« Va bene, » si rassegnò, « ma tutte le squadre saranno composte da tre persone. Voi due andrete con Dennis; Cho starà con Harry e Ron. Hannah rimarrà al rifugio, come mio sostituto... Tra un paio d’ore ci troveremo qui per definire i dettagli della missione, » concluse.

 

Prima che uscisse dalla stanza, Ginny lo raggiunse, seguita da Luna. « Neville, aspetta. Dobbiamo parlarti… » disse lanciandosi una cupa occhiata alle spalle, « in privato. »

 

* * *

 

Il Rifugio dell’Esercito di Silente era costruito su due livelli all’interno di una grotta. Al piano superiore vi erano i dormitori, cui si accedeva attraverso una scala a chiocciola in legno di quercia, posta accanto al camino della grande sala d’ingresso a forma circolare. Appena giunti sul pianerottolo s’incontravano due piccole porticine identiche, una di fronte all’altra, con appeso al centro un quadretto ricamato, capace di cambiare forma e colore per indicare la presenza di qualcuno all’interno.

 

Il quadretto sulla porta di destra riportava la scritta “Arthur e Molly Weasley”.

In realtà, Arthur Weasley viveva a Villa Conchiglia da quasi un anno. Da quando era rimasto gravemente ferito durante un’avventata incursione al Ministero (tra l’altro, mai approvata dalla moglie) e il figlio Bill l’aveva trasportato laggiù per la lunga convalescenza. Il San Mungo, infatti, era caduto da tempo nelle mani dei Mangiamorte ed assomigliava ormai più a un luogo di tortura, che a un ospedale.

Da allora, Molly era rimasta sola.

 

Sul quadretto della porta di fronte vi era invece scritto “Madama Chips”. Una terza porta, dritto in fondo al lungo corridoio, aveva un quadretto identico che però, congelato dal tempo e dal dolore, aveva perso la facoltà di cambiare forma e colore: era la camera della Professoressa McGrannit.

 

Ginny attraversò il corridoio fino a metà poi si volse a destra e bussò alla porta a due ante del dormitorio maschile.

 

Justin aprì e lei domandò subito di Harry. Il ragazzo abbozzò un sorriso malizioso e richiuse. Pochi istanti dopo Harry Potter s’affacciò seminudo sulla soglia. Alle sue spalle era tutto un ridacchiare ed un confabulare, ma Ginny non gli diede alcun peso.

 

« Puoi uscire un momento? » domandò.

 

Harry, decisamente meno bravo ad ignorare i commenti dei compagni, borbottò un “sì” imbarazzato e sgattaiolò fuori dalla stanza richiudendo alla svelta la porta dietro di sé.

 

Si allontanarono di alcuni passi, poi Ginny lo guardò negli occhi: « devo parlarti. »

 

Harry fece un cenno del capo ed incrociò le braccia sul petto, sfregandosi le mani sulla pelle.

 

« Che cosa c’è, ti vergogni? » lo provocò Ginny. Lui arrossì di colpo: « Fa freddo, » si giustificò.

 

Lei sorrise, ma si fece subito seria: « C’è una cosa che non ti ho detto, » cominciò, « che non ho detto a nessuno, a dire il vero…»

 

« Di cosa si tratta? »

 

« Ricordi il quadro di Dexter Fortebraccio che ho rubato all’avvocato…»

 

Harry annuì.

 

« Non ti sei mai chiesto come ho fatto ad eludere la sorveglianza e rubarlo? »

 

Harry Potter spalancò gli occhi: aveva smesso di pensare al caso McKenzie da un pezzo. In effetti non tutto era stato spiegato, ma quello per lui era diventato un problema insignificante ed era strano che Ginny ne volesse parlare.

 

« No, » rispose, « però, ora che ci penso, potresti aver utilizzato un Incantesimo di Disillusione…»

 

« Sì, avrei potuto, » ribatté lei, « ma in realtà ho usato una Pozione Polisucco per assumere le sembianze di una babbana, poi mi sono nascosta con questo, » disse porgendogli un quadretto di tessuto ripiegato con cura.

 

A Harry balzò il cuore in gola per l’emozione: era il Mantello dell’Invisibilità!

 

« Ginny…. » riuscì appena a balbettare.

 

« Me lo ha dato la McGrannit dopo avervi nascosto a Londra, » iniziò lei, ma per riuscire a continuare dovette prendere un profondo respiro, « mi disse di custodirlo con la stessa cura con cui avrei dovuto celare il vostro segreto, e così ho fatto. Intendevo restituirtelo al più presto, ma è passato molto tempo e… l’ho usato senza il tuo permesso. Scusami. »

 

Harry alzò le spalle per dirle che avrebbe potuto servirsi del Mantello altre mille volte, e che era lui a doverla ringraziare. « Credevo che fosse perduto per sempre, » mormorò.

 

« Prendilo, » disse lei mettendoglielo in mano, « potrebbe servirti per la missione. »

 

« È meglio che lo tenga tu, » insistette lui protettivo, « io posso arrangiarmi. »

 

Ginny respinse risoluta l’offerta: « Ho imparato a cavarmela meglio di quanto tu creda. Non sottovalutarmi. E non sottovalutare Tu-Sai-Chi: è diventato ancora più potente. »

 

« Non l’ho mai sottovalutato, » ribatté Harry cupo, « ma io sono l’unico che può… »

 

Ginny non lo lasciò finire: « È per questo che devi tenere tu il Mantello. »

 

Lui, testardo, insistette ancora, ma Ginny lo zittì. « Ho un’altra cosa che ti appartiene, » annunciò.

Harry la guardò curioso. Non immaginava cos’altro potesse nascondere Ginny nella mano sinistra che teneva dietro la schiena; quando lei glielo mostrò, perse la voce.

Era una piccola bisaccia di stoffa.

 

« In piena Battaglia, dopo la tua scomparsa, ho raggiunto Hagrid per cercare di capire quello che stava accadendo, e lui teneva in mano questo sacchetto; ha detto che ti era caduto, » spiegò Ginny, poi infilò una mano nella custodia ed estrasse la sua bacchetta magica, con il nucleo in piuma di fenice, irrimediabilmente spezzata, « mi dispiace, era così e non c’è stato modo di ripararla. »

 

Lui lo ricordava fin troppo bene. Commosso, prese la bacchetta con delicatezza, quasi fosse di cristallo, e la ripose nella custodia.

Colmo di gratitudine, avrebbe voluto saltare al collo di Ginny e stringerla forte, ma riuscì solo a guardarla attraverso gli occhi lucidi.

 

Era davvero straordinaria.

 

« Perdonami, » mormorò.

 

Ginny lo scrutò, interrogativa. « Per cosa? » chiese dolcemente.

 

« D’essere mancato per tanto tempo. »

 

Lei sollevò le spalle e sorrise comprensiva. « Non devi scusarti. Non è stata una tua scelta. »

 

Lui continuò, afflitto: « Mi dispiace di non aver combattuto insieme a voi e di non esserti stato vicino. »

 

« Ci siamo visti quasi tutti i giorni » sdrammatizzò lei.

 

« Ma io… non ero io. »

 

« Non importa, » asserì Ginny, ma in realtà era felice d’essersi gettata alle spalle quel periodo così difficile, lontano da Hogwarts e dal cuore di Harry, « mi hai voluto bene ugualmente, e questa è la cosa più importante. Significa che… - tossì imbarazzata, le guance s’imporporarono - … che il nostro legame è forte. »

 

Questa volta fu Harry a sorridere. « Il nostro legame è forte, » ripeté, « ma se siamo noi stessi, e mille volte meglio. »

 

Poi s’avvicinò, le prese una ciocca di capelli fra le mani e le accarezzò il viso.

 

« Ti amo, » disse in un timido sussurro.

 

«Oh Harry!»

 

Ginny, emozionata, gli gettò le braccia al collo e lo baciò.

 

Una, due, tre volte,… facendolo indietreggiare fino a sbattere contro la porta alle sue spalle.

 

E mentre lui le cingeva la vita con un braccio e con l’altra mano si sistemava gli occhiali, lei tirò fuori la bacchetta magica.

 

« Alohomora »

 

Harry sussultò, il tono di voce allarmato. « Gi-Ginny, ma che fai? Que-questa è la stanza di Madama Chips! »

 

Lei non gli diede ascolto. Lo zittì con un altro bacio e lo spinse dentro la camera buia.

 

Lui, un po’ nervoso e un po’ eccitato, borbottò una flebile supplica tra un bacio e l’altro: «

A-almeno chiudiamo la porta… Ginny… potrebbe… arrivare… »

 

Lei sbuffò divertita e senza staccarsi dalle sue labbra puntò la bacchetta magica verso l’uscio.

 

Non si prese nemmeno la briga di parlare.

 

Colloportus.

 

* * *

 

Neville, dopo essersi ripreso dallo shock che Ginny e Luna gli avevano provocato riferendo della presenza di Malfoy, aveva deciso di comune accordo con le ragazze che fosse saggio mantenere il silenzio ancora per un po’. Sarebbe stato troppo difficile contenere le reazioni che quella notizia avrebbe creato tra i membri dell’Esercito, soprattutto in prossimità della missione. Certamente sarebbe nata una sorta diffidenza, più o meno celata, nei confronti di Hermione e… come aveva detto Ginny, non erano da escludere crisi isteriche da parte di Harry e Ron.

Tuttavia si era reso necessario avvisare Hannah Abbott: a lei Neville avrebbe affidato il comando l’indomani all’alba, nonché la responsabilità di sorvegliare il prigioniero.

 

Per questo, dopo cena, era stato assegnato proprio a Hannah il compito di raggiungere Dennis Canon, portargli l’equipaggiamento per la missione e assicurarsi che anche lui mantenesse il segreto.

 

Avvolta in un mantello scuro dal quale uscivano appena gli ultimi riccioli delle sue trecce bionde, Hannah Abbott uscì dal rifugio e attraversò guardinga la radura con lo zaino di Dennis stretto sul petto, quasi temesse un’imboscata nemica.

Se Neville non l’avesse avvisata per tempo, la figura di Draco Malfoy seduta sulla grande pietra le sarebbe sembrata un’allucinazione.

Nonostante una tenda calda pronta ad accoglierlo al limite della radura, il ragazzo si ostinava a starsene al freddo. Apparentemente assorto nei propri pensieri, era in realtà più che mai vigile e sospettoso, per questo notò immediatamente la figura scura che gli stava passando davanti e raggiungeva il suo sorvegliante porgendogli uno zaino. Il passo veloce e circospetto di Hannah, il fitto bisbigliare che scambiava col compagno e le rapide occhiate che i due continuavano a dirigere verso di lui lo incuriosirono come non mai.

 

Così aguzzò lo sguardo sotto la luce lunare e rizzò le orecchie.

 

Nonostante il profondo silenzio, spezzato soltanto dai rari stridii dei rapaci notturni, origliare la conversazione era quasi impossibile poiché i due ragazzi confabulavano sottovoce. Allora scivolò lentamente lungo la pietra e s’incamminò con passo felpato in direzione della tenda, che era collocata più vicino ai due ragazzi. Man mano che s’avvicinava, aumentavano le parole che riusciva a distinguere… “missione”, “castello”, “Lago Nero”, “Testabolla”…

A pochi passi dalla tenda colse una frase quasi completa di Dennis Canon: « Domani mattina all’alba mi farò trovare laggiù, davanti al passaggio… » aveva detto facendo un cenno con la testa alle proprie spalle. Malfoy spostò lo sguardo in quella direzione e vide che sul bordo della radura s’apriva un piccolo sentiero.

La figura ammanta disse qualcos’altro e porse lo zaino a Dennis, che lo aprì.

Malfoy udì chiaramente la parola “pesante”… Poi, per pochi istanti, la voce femminile divenne abbastanza chiara: « Abbiamo aggiunto del preparato per la Polisucco, della Metropolvere, diverse pozioni corroboranti.Ah, dimenticavo: sei in squadra con Ginny ed Hermione. Vuoi che ti dia il cambio di guardia? Così puoi riposare… » domandò premurosa.

 

« Non preoccuparti, me la caverò, » ringraziò Dennis rifiutando la proposta d’aiuto di Hannah, e per puro scrupolo alzò gli occhi verso il centro della radura.

 

Quasi gli prese un colpo: il prigioniero era sparito!

 

Allarmato seguì con lo sguardo la scia di orme fresche nella neve e tirò un sospiro di sollievo quando vide il Serpeverde, stretto nel proprio mantello, che entrava sornione nella tenda.

 

* * *

 

   
 
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