Fumetti/Cartoni americani > Avatar
Segui la storia  |       
Autore: Kuruccha    27/02/2011    7 recensioni
Il destino dipende dalle decisioni prese.
[What if?][Long-fic]
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Katara/Aang
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 9 - Cenere

Era incredibilmente caldo, là dentro. Il fumo impregnava tutte le stanze, rendendo irrespirabile l'aria e facendo lacrimare gli occhi; carico di cenere e colorato appena di rosso, impediva di vedere più distante di un palmo dal proprio naso; sempre più denso mano a mano che saliva, era bloccato dal basso soffitto senza trovare via di scampo.
Zuko ansimò, riportandosi la manica davanti alla bocca, già affaticato.
Chissà dov'è lo zio.
Poco distante da lui, l'inequivocabile suono di legno che si spezza e cede.
Qualcosa di indefinito rotolò ai suoi piedi. E' solo un tizzone. Mantieni la calma, si disse mentalmente, allontanandolo con un debole calcio.
Concentrò i sensi altrove. Provò ad ascoltare i pochi suoni udibili oltre al crepitio, che si faceva sempre più spaventoso col passare dei secondi. Gli parve di udire la voce di Iroh in prossimità di quella che una volta era stata la cucina della casa di Jin.
Sapeva benissimo dove avrebbe dovuto dirigersi; tuttavia, l'impossibilità di vedere dove metteva i piedi - e il terrore di fare un passo falso e di trovarsi sotto un ammasso di legno rovente - gli impediva di procedere di un solo metro. Avrebbe voluto appoggiare una mano alla parete e procedere seguendola, ma ormai anche dei muri rimaneva ben poco. Gli prese una gran voglia di tornare sui propri passi.
Scosse la testa.
Non posso abbandonare lo zio.
Si accucciò, tossendo sommessamente con la stoffa poggiata alla bocca, ben conscio che avrebbe dovuto trattenere il fiato il più possibile. A terra il fumo era un po' meno denso; notò finalmente dei movimenti che potevano definirsi umani, e si diresse in quella direzione.
Aveva visto giusto. Erano i piedi di Iroh.
 - Zio, sono qui!
Iroh sembrava star bene; giusto un velo di fuliggine impregnava le sue vesti, e le sue mani erano leggermente annerite. Voltò appena il viso, senza distrarsi da quel che stava facendo.
 - Aiutami! Dobbiamo spostare questo tavolo! - disse, rivolto al nipote.
 - Li? - chiese una voce terrorizzata da poco distante.
 - Signor Gon? - domandò lui, riconoscendo immediatamente l'inconfondibile tono del padre di Jin. - Sono io! Ora la tireremo fuori di lì!
Si avvicinò ad Iroh e afferrò l'altro lato della grossa tavola di legno che sembrava bloccare il passaggio. Non senza sforzi, riuscirono a smuoverla, spargendo scintille nell'aria già satura mentre la lasciavano cadere al suolo.
Il padre di Jin era rimasto bloccato in uno spazio vuoto, una specie di bozzolo che l'aveva salvato da tutti i crolli; tuttavia, era molto pallido e respirava ansimando. Guardò Zuko con occhi provati ma pieni di gratitudine, e lui non potè fare a meno di afferrare entrambe le braccia che gli venivano tese e di caricarselo sulle spalle, rinunciando all'essenziale filtro della manica del vestito e cercando di respirare il meno affannosamente possibile nonostante la fatica - fin da quando l'aveva conosciuto, il signor Gon non era mai stato un fuscello.
Iroh allontanò, utilizzando il dominio, il fuoco scatenato dalle scintille rilasciate poco prima, che già aveva iniziato a lambire i pochi mobili della stanza salvatisi in precedenza. Nonostante il signor Gon fosse esausto e si fosse letteralmente accasciato come un peso morto sulla schiena di Zuko, il ragazzo lo sentì fremere per la sorpresa, e ne percepì le mani stringersi leggermente attorno alle proprie spalle.
Avvertì un sinistro scricchiolio sopra la propria testa, e non potendo raddrizzare la schiena per guardare verso l'alto decise che la scelta migliore fosse spostarsi da lì. D'istinto, si accostò allo zio.
 - Dobbiamo uscire di qui - si limitò a dire Iroh, aiutando il nipote a caricarsi meglio l'uomo sulle spalle.
Zuko si guardò intorno, cercando di ricordare quale fosse la forma originaria della stanza.
Perchè non sono venuto qui più spesso?, si rimproverò.
Chiuse gli occhi, concentrato, e solo allora notò di avere un colossale malditesta. Contro il proprio dorso sentì una vibrazione cupa che nasceva dalla gola del signor Gon: stava tentando di dire qualcosa, ma la sua voce era coperta dall'implacabile crepitìo.
 - Sta dicendo qualcosa!
Iroh avvicinò l'orecchio alla bocca del padre di Jin.
 - Le finestre... - si sforzò di suggerire l'uomo, riuscendo appena a mormorare per via della gola secca.
I due si guardarono intorno, come colpiti da una fulminazione improvvisa. Sul lato a ovest c'erano una serie di lucernari, era vero, ma erano molto alti e perciò irraggiungibili, e attraverso cui, vista la loro dimensione, non sarebbero mai e in nessun caso riusciti a passare.
Ma nel salone c'era una porta che dava sul giard-
 - Zio! Il salotto! Là c'era un'uscita!
Reggendo il signor Gon con un solo braccio e tossendo per la mancanza di ossigeno nell'aria che respirava, Zuko allontanò le fiamme con un gesto secco dell'unica mano libera; si affrettò poi verso l'apertura sull'altra stanza. L'architrave della porta avrebbe retto ancora per poco. Si appiattì al muro per evitare un mucchio di macerie in fiamme - quello che rimaneva del soffitto crollato poco prima - sempre seguito dallo zio, che con gesti abili utilizzava il proprio dominio per aprire un passaggio in quell'inferno di calore e cenere.
Se possibile, nell'altra sala faceva ancora più caldo; il soffitto era curvo verso il basso, carico del peso di ciò che rimaneva del piano superiore. Gli occhi di Zuko vagarono implacabilmente attraverso il denso fumo rossastro, in cerca del varco che li avrebbe salvati.
La testa continuava a dolergli terribilmente. Si passò una mano sul viso, e lo trovò innaturalmente caldo.
Laggiù. Era laggiù, si ripetè. Strizzò forte le palpebre.
 - Sei pronto a correre? - disse tutt'a un tratto Iroh, arrivato in quel momento al suo fianco.
Si voltò appena per cercare il suo sguardo. Si intesero in un attimo.
Zuko afferrò più forte le gambe del signor Gon, strette ai suoi fianchi.
Iroh portò le braccia davanti al viso ed inspirò profondamente, con energia. Con un gesto secco - proprio come aveva fatto appena prima di entrare, benchè quei pochi minuti fossero parsi un'eternità - le aprì portando i palmi aperti verso terra, con tutta l'energia che gli era rimasta in corpo.
Tutte le fiamme sembrarono ritirarsi verso i muri laterali portando con sè buona parte del fumo grazie all'onda d'urto. Il soffitto, però, come se all'improvviso avesse perso tutti i suoi supporti, scricchiolò ancora più forte.
 - VIA! - gridarono entrambi, sfrecciando verso lo spiraglio appena più luminoso che si poteva vedere in lontananza, augurandosi che quello fosse davvero l'ambito passaggio.
Grazie alla rincorsa e al peso complessivo dei loro tre corpi, riuscirono a sfondare quel che rimaneva della porta, già annerita dal fumo.
Furono finalmente fuori.
Mai aria sembrò loro più fresca e pura di quella.

 - Oddio, state bene? Vi prego, ditemi che state bene! Papà! - gridò Jin, frenetica, tuffandosi verso di loro. Reggeva la madre - che apparentemente doveva essersi ferita a una gamba - tenendole un braccio stretto in vita, ansiosa quanto lei di verificare che fossero tutti in salute.
Il signor Gon rotolò via dalla schiena di Zuko, che giaceva prono schiacciato dal suo peso, e si portò pancia all'aria cercando di prendere qualche boccata di aria buona. Sua moglie, accompagnata da Jin, si precipitò subito su di lui, liberandogli il viso dai capelli e pulendolo come poteva con la manica già lercia del vestito. Fece loro intendere che avrebbe voluto dell'acqua, ed entrambe si guardarono intorno per verificare se il pozzo fosse ancora in piedi.
Zuko si mise a sedere di scatto, cercando di respirare a pieni polmoni l'aria che, pur essendo fumosa, era incredibilmente più dolce di quella che gli saturava i polmoni. La testa gli martellava a ogni fiato, e gli girava così tanto che pensò fosse meglio distendersi di nuovo.
Iroh si passò le mani aperte sul viso, strofinando appena gli occhi e spostando dalla fronte i pochi capelli che erano scappati all'elastico.
Sono tutti sani e salvi, pensò osservando prima il nipote e poi la famiglia degli amici, e sospirò di sollievo.
 - Tutto bene? - domandò a Zuko, avvicinandosi a lui e passandogli un morbido palmo sugli occhi, salendo poi fino alla fronte e all'attaccatura dei capelli.
Zuko alzò appena lo sguardo per incrociare i suoi occhi preoccupati.
 - E' sempre stato così dannatamente caldo?
La domanda risvegliò in Iroh un principio di risata.
 - Sempre - rispose semplicemente, rilassando finalmente le spalle. - E' fuoco.
 - Li! Zio! - chiamò Jin, strisciando verso di loro sulle ginocchia, incurante del terreno polveroso e del vestito già rovinato e delle ginocchia sbucciate, - Siete feriti? - domandò, la voce incrinata.
 - Aiuto! Qualcuno mi aiuti! Mia figlia è rimasta là sotto! - urlò una donna in lacrime, poco distante da loro.
Gli sguardi di Iroh e di Zuko si diressero insieme verso l'autrice di quella richiesta, per incrociarsi poco dopo. Entrambi si diedero una spinta a terra per alzarsi in piedi.
Zuko fissò Jin con espressione colpevole. Lo zio, serissimo, abbassò la testa e le spalle in direzione della ragazza, e si scusò sottovoce. Senza aggiungere altro, si incamminò voltandole la schiena, e Zuko lo seguì senza dire una parola.

Jin li guardò allontanarsi e sparire quasi totalmente nel fumo che ancora avvolgeva il quartiere.
Pensò che, se li avesse lasciati andare in quel momento, non li avrebbe visti mai più.
Guardò i genitori, ancora accovacciati a terra vicino al pozzo; sua madre stava aiutando suo padre a bere. Alle loro spalle, il grigio della cenere che vorticava nel cielo ancora colorato di rosso.
 - Torno presto! - gridò loro, e corse in direzione di Li e dello zio.

Fu un pomeriggio molto lungo. Per ogni persona che il terzetto riusciva a tirar fuori dalle macerie, ce n'erano almeno altre due che ne rimanevano schiacciate; così, mentre il gruppo si allargava con nuovi superstiti che volevano dare una mano, e mentre la stanchezza si faceva sentire ogni minuto di più, piano piano le fiamme finirono di divorare tutto ciò che di combustibile c'era nel quartiere e poi, dissolvendosi progressivamente come non fossero mai esistite, iniziarono finalmente ad estinguersi. Fili di fumo, a volte sottili e a volte grossi come colonne, si allungavano verso il cielo dalle macerie disseminate ovunque; l'acre odore del legno trasformato in carbone si diffondeva tutt'intorno.
L'aria si era fatta leggermente meno satura, portando però - sotto forma di quell'odore inconfondibile - la notizia dell'incendio attraverso tutta Ba Sing Se. In nessuna zona della superficie interna alle mura si poteva respirare dell'aria che si potesse definire pulita; la cenere era già arrivata in ogni angolo, trasportata dal vento bollente generato dal fuoco, e in alcuni tratti era giunta anche fuori dalle mura interne.
Jin si asciugò la fronte con il dorso della mano, pensando solo poco dopo alla possibilità che il suo viso fosse totalmente annerito. Aveva la gola secca.
Chissà se c'è un pozzo qui intorno, si domandò, facendo vagare lo sguardo da destra a sinistra, e nella sua mente si risvegliò per l'ennesima volta il ricordo dei propri genitori. Ti prego, ti prego, fa' che stiano bene.
Scorse finalmente un serbatoio, e si avvicinò ai bordi di pietra semidistrutti. Era pieno d'acqua, ma non c'era modo di tirarla su - probabilmente il secchio preposto a tale scopo era stato utilizzato per tentare di spegnere l'incendio, o era bruciato a sua volta. Sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e sentendosi improvvisamente ancora più stanca. Le ginocchia le cedettero. Appoggiando la schiena al pozzo, decise che sarebbe stato meglio aspettare di riprendere un po' di forze prima di provare a rialzarsi.
Da quel punto di vista leggermente più basso, provò di nuovo a guardarsi intorno. Non era certo l'unica a trovarsi in quelle condizioni; molte persone erano sdraiate a terra, chi assistito dai propri cari e chi lasciato a se stesso. Un uomo - i cui capelli non erano apparentemente sopravvissuti alle fiamme - si avvicinò al punto in cui si trovava lei, sicuramente con lo stesso miraggio di trovare qualcosa da bere; non ottenendo nessun risultato, si incamminò verso est, nella speranza di avere più successo nella sua ricerca.
Udì, in lontananza, il suono di qualcosa che franava rovinosamente - forse un tetto annerito che era improvvisamente caduto. I suoi sensi si acuirono per un secondo, per tornare poi lentamente nello stato di catalessi da cui erano usciti.
Poi, tra il fumo che si faceva piano piano meno denso, vide Li avvicinarsi a lei e si chiese come avesse potuto essere così cieca, fino ad allora. Il suo modo di camminare, con quella tendenza a non appoggiare a terra tutta la superficie del piede, che sempre aveva apprezzato tanto; il suo modo di stringere i pugni, così insolito alla loro gente; il modo in cui teneva le spalle, non dritte, ma impercettibilmente piegate in avanti, come a voler attaccare. Nulla in lui richiamava l'atteggiamento di un abitante del Regno della Terra. Nemmeno il suo viso, pensò, mentre lui le si avvicinava per controllare che stesse bene, e ne notava la forma, e il taglio degli occhi, e il perenne pallore, vedendolo sul serio per la prima volta.
 - Sei ferita? - le chiese, afferrandole le spalle con entrambe le mani.
Incrociò gli occhi di Li. Guardando i suoi capelli arruffati, che lo rendevano così diverso dal Li che lei conosceva, e la cicatrice che, immutata, ne percorreva il viso, non potè far altro che chiedersi chi fosse in realtà quel ragazzo che fino a poche ore prima credeva di poter dire di conoscere, e a cui voleva bene.
E mentre lui se la caricava in spalla per portarla via di lì, Jin non potè fare a meno di appoggiarsi a quella schiena che tante volte aveva sognato di stringere, cullandosi in quel profumo che per tutto quel tempo aveva sentito solo da lontano - e che i suoi vestiti emanavano ancora, pur misto all'odore di bruciato - e di versare sommessamente lacrime bollenti per la sua casa distrutta, per il dolore dovuto alla bruciatura che le percorreva l'avambraccio, per i suoi concittadini che non sembravano volersi rialzare da terra, ma soprattutto per quel Li che non sarebbe più tornato.



*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*
27-2-2011
OTTO GIORNI sono un tempo troppo lungo per un capitolo. Non ne potevo davvero più. XD Non vedevo l'ora di passare oltre. Nel prossimo capitolo non vedremo Zuko, ve lo giuro XD
Grazie mille a Talpy e alla Podda per i betaggi vari, e alla Podda anche per il titolo <3
Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare ._. Spero di far meglio la prossima settimana.
Nel frattempo ho anche fatto una traduzione, andatevela a cercare :D! Si chiama "Ambizioni" :D
Fatemi sapere come vi è parso questo capitolo, ne ho davvero bisogno ò_ò Vi prego! Ho scritto su cose che non avevo mai trattato prima, e spero sia almeno vagamente verosimile :)
Buona serata a tutti :D
Kuruccha
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: Kuruccha