Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: minimelania    02/03/2011    2 recensioni
“Scegli me o il fuoco” aveva detto Claude Frollo ad Esmeralda, condannata al rogo.
E per salvarsi la ragazza aveva scelto lui.
Ora, nella carrozza che la conduce al Palazzo di giustizia, lei sembra già sapere quale destino l’attende. Invece, il Giudice ha in mente un progetto da proporle completamente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12: Con la fine dell'Estate 

Claude bussò alla sua stanza che il sole stava già cominciando a tramontare sulla vigilia del Gran Giorno.

- Si può?
Esmeralda tirò su la testa. Era tutto il pomeriggio che pensava a cosa fare, quando l'avrebbe rivisto. Perché l'avrebbe rivisto. L'aveva atteso per tutto il giorno, si era accorta che niente, neanche le torture di Isabeau erano riuscite completamente a distrarla da quel pensiero, quel pensiero fisso. Le mancava, le mancava tanto.
- Qualcosa che non va? - chiese, cercando di essere indifferente. Lo vedeva, era tirato, più tirato del solito. Claude non rispose, si limitò a stirare le labbra pallide, piano piano, a occhi bassi. Lei capì che c'era davvero qualcosa. Stava piangendo?
- Claude? Cosa succede?
Gli andò vicino con un'insolita confidenza. Come se quella specie di muro tra loro due fosse stato abbattuto. Lui, ancora rigido per tutto quel che era successo (le mani in pasta, e la farina, e quel bacio ...), sorrise appena. Ma poi si scostò. Era diverso, molto diverso, pensò Esmeralda.
- Claude, c'è qualcosa che non va?
Lui non parlava. E lei, sfinita dall'ennesima sessione di portamento, trucco e gli altri mille parti malati della mente di Isabeau, sospirò neanche troppo piano. Si scostò subito, provò vergogna per essere stata così sciocca da pensare di poterlo toccare così, con confidenza.
- Quando hai finito e mi vuoi dire che cosa c'è ...
Claude andò verso la finestra.
- Esmeralda.
Così, non come inizio. Una fine. Come una specie di lapide fredda. Lei si limitò a fissarlo, seria.
- Esmeralda - fece lui - Un errore. E' stato un terribile errore. Perdonami. Ma ... è una cosa a cui dobbiamo rimediare.
Era di spalle, il sole d'oro del tramonto lo avvolgeva in un manto di lunghi raggi obliqui e polverosi. Lei scostò una ciocca dai capelli. Pensò che forse avrebbe dovuto alzarsi, chiedere da lui. Ma non lo fece. Quel muro, di nuovo quell'enorme muro tra di loro.
- Ti riferisci a stamattina.
- sì. Ci ho riflettuto. Non va bene. Non va. Non erano questi i patti, lo sai.
Lo disse come se un ragno gli premesse in gola e non avesse il coraggio di uscire.
- Ad ogni modo - continuò lui - era per domani. Ormai sei quasi una signora, davvero. Ti ho visto ieri, come stavi a tavola. E ... stamattina, che comportamento splendido quando mi hai trovato con le mani in pasta. Quindi mi spiace quel che devo dirti. Ma devo dirtelo.
Lei non capiva. Che significavano tutti quei giri di parole? Lui continuava a tenere la testa fissa contro il sole, senza muoversi. Come se i raggi non facessero male, o sempre meno di quel che avrebbe visto se si fosse voltato verso di lei.
- Sai già a che ora arriva il Re? - chiese Esmeralda, aggiustandosi incurante la gonna. Pochi giorni in compagnia di Isabeau le avevano insegnato già decine di soluzioni per l'imbarazzo improvviso. Anche stavolta non fu diverso.
- Sarà per le sette, Isabeau ha già disposto tutto - fece lui.
- Bene.
Ah, Isabeau. Perché allora non presentava lei? Tanto alla fine sarebbe andata così, pensò Esmeralda. L'aveva vista, tutto il giorno, a gongolare. L'aveva vista con che piacere nuovo aveva ripreso a tormentarla mentre spiegava come si tiene il bicchiere e quale calice va portato alla bocca quando viene servito il Borgogna. Non capiva cosa aveva, ma sembrava che covasse un segreto. Esmeralda aveva avuto l'impressione che fosse molto importante.
- Cosa pensi di fare? - chiese lui, sempre guardando fuori dalla finestra.
Lei mise su un'aria finto indifferente.
- Io? Dopo? Tornerò alla Corte dei Miracoli, penso. Al mio posto, dove devo stare.
Lui sospirò.
- E tu?
- Io? - Claude si toccò appena la tempia con una delle sue lunghe dita. Sembrava che la testa fosse sul punto di scoppiargli - Non lo so. Probabilmente ... mi sposerò davvero.
- Con Isabeau?
- Con Isabeau. Sì, certo.
Ecco, pensò Esmeralda. Ecco lo schianto, è arrivato. Com'è che dentro non sento più niente. Certe volte le frane sono talmente improvvise e tanto atroci che non si sente niente. Com'era che stamattina ci stavamo baciando? Come ho potuto pensare che il Giudice, perché alla fine non è che lo sporco Giudice che per poco non mi ha fatta ammazzare, com'è che stamattina rideva insieme a me? Che idiota sono stata, che idiota. Lui vuole sposare la sua bella Isabeau, che altro?
- Perché allora non presenti lei, domani?
Lui sospirò.
- Ero venuto proprio a dirti questo.
- A dirmi cosa?
- Che puoi andare, adesso. Il patto è rotto. Puoi andare ora. Presento lei, domani.
Non può essere vero. No.
- Claude? Che cosa dici, io ...
Non le era mai successo che le parole le venissero a mancare in quel modo. Era come se la Terra, la Terra intera fosse stata appena inghiottita da una voragine.
- Cos'è successo, Claude? - mormorò prima che il ghiaccio cominciasse a soffocarla - Cos'è successo per ...
Lui non rispose. Aveva troppo da fare anche lui con quell'atroce cristallo gelido che aveva preso a tormentargli il cuore.

- Visto Minù? Alla fine ha ceduto.
Isabeau, davanti al grande specchio rideva come non aveva mai riso. Neanche quando suo marito era morto era riuscita a ridere così. Il fatto è che era proprio contenta. E non solo perché alla fine il Giudice sarebbe stato suo, no, no, no. Perché alla fine aveva sconfitto lei. La stupida zingara. La signorina Sono Bella Solo Io. L'Ammaliatrice. E invece lei, con tutto che era vecchia (e anche un po' rugosa, diciamolo) era riuscita a mangiarsi la fagiana in un boccone.
- Tutto merito dei bei ricordi, Minù cara. E della ferrea memoria della Mamma.
Minù, coi suoi occhi bovini, osservò quieto la sua padrona che si andava imbellettando. Era solo uno stupido pechinese, d'accordo, ma se avesse potuto parlare, anche lui avrebbe avuto da dire qualcosa in più. Tanto per cominciare che Isabeau stavolta aveva veramente esagerato, e poi che lui - da cane, almeno - non ci vedeva niente di male nella Zingara. Anzi la trovava anche molto bella. Se,brava stare bene accanto al Giudice.
- Non dici brava, alla tua Mamma, caro? - Isabeau stese le labbra in un sorriso mentre faceva passare il rossetto da un lato all'altro. Schioccò piano un suono che poteva sembrare un risucchio.
- La Mamma Isabeau ha buona memoria. Sai, Minù, che serve sempre, oggidì? E' bastato che minacciassi il Giudice di rivelare ... diciamo, il suo passato. Conosco ancora qualche persona a Corte. Gente del tutto non ininfluente. Gente che pagherebbe a peso d'oro per sapere che Frollo con è figlio di un nobiluomo in disgrazia come dice e ha dovuto dichiarare in tutti quanti i documenti per essere Giudice. Basterebbe che dicessi che è figlio di una povera ragazza madre, una mugnaia, che sussurrassi all'orecchio giusto che il Re si tiene un Ministro bastardo perché la Sua Esimia Carriera fosse stroncata in meno di un secondo. Capisci perché adesso Mamma Isabeau sarà la nuova padrona della casa? Sua Eccellenza ha una paura folle che qualcuno gli tolga il posto di sotto, e sa che io posso farlo facilmente domani sera. Per questo ha accettato ogni mia condizione, e spedirà a casa la Gitana in men che non si dica. Tu non trovi che sia una mossa eccellente?
Minù guardo Isabeau coi grandi occhi. Per un istante parvero attraversati da una colossale espressione disgustata.

- Cosa? Come è possibile, mia cara, ma che dici?
Lydia ululava in cucina, pestando col batticarne sul tavolo tanto forte che ogni volta la cucina ne rimbombava tutta.
- Come sarebbe a dire che ... che ... - scoppiò a piangere dentro il grembiule prima di terminare la frase.
Esmeralda, davanti a lei, tentava invano di riannodarsi la sua vecchia cintura. Maledette mani che tremavano.
- Non mi vuole più, Lydia. Tutto qui. Le storie iniziano e finiscono, sai? E lui adesso si è trovato un'altra, quindi è meglio che sloggi. Ma tu potrai venirmi a trovare quando vorrai, alla Corte dei Miracoli.
Provò a metterle una mano sulla spalla, ma Lydia, al solo sentire prospettare l'idea della sua bambina in quel postaccio, ricominciò ad ululare più forte.
- Non te ne andrai, non te ne andrai in quel ... in quel ... Oddio! Claude, che ha fatto?
- Lydia, tranquilla. E' la mia casa. Lo era anche prima di venire qui.
- Come sarebbe che era la tua casa. Appunto, era, adesso invece è questa. Che cosa ha fatto quella strega al mio piccino? Come si permette di farci questo? Eh? Lui ti amava, ti amava, ti ...
Esmeralda sospirò. Poi la scosse e le tirò sul il mento lacrimoso con una mano. Le asciugò delicatamente la pelle umida.
- Lydia, non era come pensavi. Noi ... non eravamo esattamente quel che pensi.
- Ma come no?
- Non eravamo veramente fidanzati. Piuttosto era una specie di ... accordo, in vista della visita del Re. Una cosa di affari, capisci? Lui mi salvava la vita e io gli facevo questo piacere. Ma adesso non ha più bisogno di me. Adesso che ha una moglie vera, voglio dire.
Lydia la fissò coi piccoli occhi gelidi.
- Come hai potuto? Come avete potuto?
Era delusa. Delusa come essere umano mai forse era stato. Forse perché amava tanto Claude, e perché aveva imparato ad amare lei. Forse perché voleva bene a entrambi, e a quell'amore, ancorché finto era stata la prima credere. Fatto sta che adesso lasciare Lydia tra le sue pentole e i sedani in cucina era quasi come lasciare la vita, la strana vita, bella, felice che avevano trascorsi fin lì.
- Non lo so proprio come sia successo, credimi. Non lo so neanche io. Ma adesso è meglio che vada. Arrivederci. Saluta Claude, da parte mia, se lo vedi.
  
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