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Autore: kelleyrose    02/03/2011    2 recensioni
è incredibile come grazie a una semplice occhiata sia riuscito a cambiare definitivamente il mio mondo, sorrido avrei dovuto trovare un modo per ringraziarlo, prima o poi, spengo la luce e mi accoccolo accanto all'uomo che amo, lo sento sospirare al contatto con la mia pelle, intreccio le mani nei suoi capelli, sento le sue labbra posarsi delicate sulle mie...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kellan Lutz
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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“lui sarebbe?” quella domanda mi risuonava nella testa. Era come il fruscio del vento tra le foglie, costante e  seppur fragile, Fastidioso… Angelica mi aveva salvato dal mio panico < ovviamente lui è Kellan Lutz il motivo per cui noi siamo qui > lo avevo visto arrossire leggermente e abbassare lo sguardo, si sentiva colpevole? L’ultima cosa che desideravo era farlo sentire in colpa, aveva fatto molto per me…
Avevo preso le sue difese poi nel bel mezzo del discorso mi ero appoggiata al cuscino e mi ero addormentata.  Lo rividi su di me di nuovo. Come tutte le notti, come ogni sera che tornava ubriaco, pieno di aspettative, desideroso di sporcare il mio corpo con la sua pelle, con l’unico risultato di farmi piangere tutte le lacrime. Rividi i suoi occhi neri, le sue labbra piene e screpolate, le sue mani dure e schifose sul mio corpo. < Hey piccola lasciami andare > quella parole mi salvarono dall’orrore. Aprii gli occhi e ritrovai il viso di Kellan davanti al mio, le mie mani strette alla sua camicia. Aprii le mani lentamente, respirando a fatica, gli occhi mi si riempirono di lacrime. Un moto di nausea mi riempì lo stomaco all’odore d’ospedale, storsi il viso in una smorfia < ti prego fammi uscire da qui > ansimai . Mi accarezzò il viso e premette  un pulsante per chiamare il dottore.  Non feci caso alle loro parole non feci caso a niente mi alzai dal letto e mi vestii e mi avviai verso la porta, Kellan mi cinse la vita con un braccio < hey aspetta che fai scappi? > sorrisi e mi appoggiai a lui, non ero nel pieno delle mie forze ma ero decisa a non farlo capire a nessuno non vedevo l’ora di uscire di lì. Due ragazzi in divisa ci guardarono uscire  e uno di loro ci bloccò dicendo di aver ricevuto l’ordine di tenermi in ospedale, riuscii a convincerli che non ce ne era bisogno e Kellan rimase sorpreso dalle mie capacità di persuasione.
 
 
< W-O-W > non diceva altro da cinque minuti,  osservava la mia camera quasi incantato, schioccai le dita davanti ai suoi occhi. Scosse la testa come per riprendersi, allungò la mano come per toccare il muro, ma si fermò a pochi millimetri, come se avesse paura di rovinarlo < è è così > sorrisi     < infantile? Stupido? Inutile? > scosse la testa con vigore < no è W-O-W >. Si effettivamente era molto bella AMAVO quella stanza. Era quadrata il letto rotondo al centro di essa, delle quattro pareti una era coperta dall’armadio enorme a specchio che rifletteva la mia stanza, delle altre tre una era ricoperta di foto, immagini, ritagli di giornale che viste da vicino sembrava solamente un miscuglio di immagini ma con la giusta prospettiva sembrava un viso sorridente, sulle altre due pareti era dipinta Londra, il soffitto era celeste con qualche nuvoletta qua e là, avevo impiegato un anno per farla e ancora dovevo terminare di dipingere una parte dell’autobus a due piani rosso che si vedeva in primo piano. I suoi occhi si posarono lì < è solo per fare scena o vuoi davvero dirmi che l’hai dipinto tu > risi e annuii < sai dipingere? > feci una smorfia < in realtà  Angelica, sai la ragazza che è venuta oggi in ospedale, è l’artista io mi sono limitata a finire di colorare gli autobus seguendo le sue indicazioni >  fece un giro su se stesso < ti piace Londra? > mi limitai ad annuire non ero certa di volergli raccontare la mia storia. Mi sdraiai sul letto e battei dolcemente accanto a me. Mi imitò si sdraio accanto a me osservammo in silenzio per qualche istante il “cielo”. Poi mi venne un’idea se gli piaceva così, doveva ancora vedere il meglio < voglio farti vedere una cosa non muoverti > mi alzai dal letto abbassai la serranda della finestra  e spensi la luce. Mille stelle apparvero sul soffitto e sulla parete se prima era rimasto solo lui incantato anch’io adesso rimasi senza fiato non riuscivo ad abituarmi alla bellezza di quel posto. Mi sdraiai di nuovo accanto a lui, si voltò a guardarmi, sembrava titubante < posso farti una domanda? > sospirai annuendo, sapevo che prima o poi l’avrebbe chiesto, era visibilmente confuso < posso sapere come ti chiami? > spalancai gli occhi, voleva sapere il mio nome?  < non sai nemmeno come mi chiamo, Eppure sei qui? > sorrise < eppure sono qui >. Ci pensai su, quale nome potevo dirgli? Quale dei tanti che avevo avuto, non sapevo se Michele aveva intenzione di cambiarmi di nuovo identità. Lo guardai per qualche istante negli occhi e presi la decisione più insensata, ma quella che per me era la più giusta < per rispondere a questa domanda devo raccontarti una storia > presi un lungo respiro.
< immagina una ragazza Londinese di appena diciotto anni, una musicista, innamorata del mondo, senza genitori, senza famiglia. Immagina che questa donna incontri un uomo, molto più grande di lei, pieno di soldi, che le riempie la testa di promesse, che le promette di rimanergli sempre accanto, di renderla felice e perché no di aiutarla a realizzare il suo sogno di diventare una musicista di successo. Ora immagina che quest’uomo perfetto abbia un solo difetto, quello che gioco d’azzardo e che perda tutto, i soldi, la casa, la credibilità per questo quale pensi sia stata la sua reazione di fronte alla scoperta che quella che ormai era la suo futura moglie portava in grembo  suo figlio? > mi voltai a guardarlo mi guardava senza capire < la fuga ovviamente è stata la sua unica scelta, lasciando così lei e suo figlio nella miseria totale, ma la donna non si lascia scoraggiare, trova un lavoro si fa degli amici e quando la sua Bambina nasce ormai è riuscita a rifarsi una vita, semplice modesta eppure felice. Poi un giorno, il giorno del quarto compleanno della piccola riceve una visita del tutto inaspettata e indesiderata. Quella del padre della bambina, come ovvio lei lo manda via in malo modo, ma lui reagisce brutalmente picchiandola senza paura, lasciandola priva di sensi o addirittura morta a terra, prende la bambina e la porta via lontana > senza rendermene conto mi alzai e aprii la finestra per far entrare la luce < si trasferirono in Italia in un paese poco conosciuto nei pressi di Milano, costrinse la bimba a fare tutti i lavori di casa la faceva studiare con un maestro privato, non la faceva mai uscire per giocare in giardino, in realtà non la faceva mai giocare punto. Nei primi cinque o sei  anni tutto andò bene nessuno si accorse di nulla e poi beh la curiosità dei vicini ebbe la meglio e iniziarono a curiosare così lui fu costretto a cambiare città e si trasferì con la bimba nel Texas, lì le cose cambiarono, lui cominciò a bere tanto solo di sera però, la mattina si svegliava e andava a lavorare, faceva il dottore, aiutava la gente che stava male, e lei ne era orgogliosa, poi quest’uomo divenne sempre più stimato e rispettato tanto che divenne primario dell’ospedale dove lavorava, riceveva continue lettere di ringraziamento, e ogni tanto era costretto a fare anche qualche cena con i colleghi a casa sua, tanto per non destare sospetti, raccontò loro che sua moglie era morta di parto e che si era occupato della bambina da solo, lei doveva comportarsi come la più perfetta delle figlie, altrimenti veniva rinchiusa, nella soffitta, fredda e buia, quelle pareti bianche erano diventate un incubo, e lì perfino un ramo fuori dalla finestra diventava un mostro venuto dalle tenebre per portarla via, ma lei se inizialmente ne aveva paura, quando cominciarono ad arrivare le botte, niente a che vedere con gli schiaffoni che prendeva se si comportava male, botte vere, calci, pugni. E poi una sera la bambina, ormai diventata una giovane ragazza di 14 anni, decise di uscire di andare da quel mostro e farsi portare via, preferiva le tenebre e il male a suo padre. Lì conobbe per la prima volta il mondo reale, conobbe un uomo diverso da suo padre, che ogni sera le raccontava della sua vita a Londra, prima di trasferirsi lì le raccontava di sua moglie e della loro bambina che aveva più o meno la sua età, la consigliava dicendo che doveva parlare con qualcuno, ma spesso lei era andata a finire in ospedale, ma il padre la giustificava come una ragazza estremamente distratta che riusciva a cadere su una superficie liscia e priva di ostacoli, rompendosi la testa. Nessuno el avrebbe mai creduto. Poi una sera suo padre tornò a casa e pretese di più, ancora di più. Quella notte la violentò  e quella fu l’ultima goccia, lo disse a quell’uomo che tante volte gli aveva chiesto di scappare, riempì la borsa dei suoi vestiti, prese la chitarra di sua madre, unico oggetto rimastole di lei e se ne andò da quella casa. Non poteva sporgere denuncia verso suo padre sarebbe stato inutile. La famiglia del suo amico la ospitò e la adottò a tutti gli effetti due settimane dopo erano a Londra, quella città che lei aveva sempre desiderato rivedere, di cui avevi vaghi ricordi con la madre, si sentì finalmente a casa. Dovette cambiare di nuovo nome, ma non le importava.  Divenne finalmente una ragazza felice, con la sua nuova famiglia, con sua sorella e i suoi genitori adottivi. Un giorno mentre usciva da scuola lui la prese di nuovo, la violentò di nuovo e cercò di portarla di nuovo con se, era riuscito chissà come a trovarla. Beh tutta la storia è un gran casino fatto sta che suo padre adottivo ormai diventato ispettore di polizia, riuscì a trovarla anche se sanguinante e in fin di vita, lui le aveva inciso una specie di stella sulla base del collo, le rimase la cicatrice. Si vide costretta a subire un nuovo trasloco , ad abbandonare al sua amata Londra e a cambiare di nuovo nome, la sua famiglia la seguì in tutti i suoi 10 cambiamenti di vita seguenti.> i suoi occhi si posarono immediatamente sul mio collo e, ne ero certa, stava osservando la mia cicatrice a forma di stella che il maglione copriva solo in parte. Alzò lo sguardo verso la chitarra bianca nell’angolo della stanza, sorris aveva capito tutto < mi chiamavo Kelley Nicole Weith, mia madre mi mise un nome un po’ strano, quando mio padre mi cambiò nome decise di chiamarmi Rosalie, poi si susseguirono altri 11 nomi Margaret, Sarah, Sophie, Gloria, Joy, Natasha, Clarisse, Clerine, Rossella, Katerine ed infine il nome che porto da ormai 5 anni, il mio vero nome Kelley Nicole Portoli.> un misto un po’ strano mi faceva ridere sempre. Mi guardò a bocca aperta non sapeva cosa dire, poi vidi improvvisamente i suoi pugni stringersi < è tutta colpa mia lui non ti avrebbe trovata se non fosse stato per me, mi dispiace Kelley mi dispiace davvero> mi avvicinai a lui e lo abbracciai senza pensarci su, mi strinse a se e mi accarezzò la schiena, ci sdraiammo sul letto, e mi lasciai cullare da lui, mi sentii improvvisamente stanca…. 



Macciaoooo =) è da tantissimo che non posto, lo so scusate.... troppi impegni troppi imprevisti.... adesso devo proprio scappare, mai un attimo di respiro, spero che il capitolo vi piaccia (so già che fa schifo) fatemi sapre cosa ne pensate vostra KelleyRosE
  
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