V
Dove
Annie arriva a San Francisco;
si scopre che Danny viaggia anche per amore e che Annie lo
fa per vivere.
- Sai,
mi è sempre piaciuto scrivere, sin dalla
scuola elementare. Da quando ho imparato a scrivere, insomma.
E’ una di quelle
passioni che ti senti dentro e che non ti abbandonano mai. Un rifugio
sicuro
dove nascondersi nei momenti di confusione e di dolore; un luogo di
libertà
dove urlare la propria gioia o la propria disperazione. Una presenza
costante
in te. Come quando, da piccolo, dormi con un pupazzo che hai sempre
avuto e che
credi ti accompagnerà per tutta la vita. La scrittura
è esattamente questo, per
me. Una fidata compagna di vita e, in questo caso, di viaggio
– disse Josh
sognante, guardando alternativamente le proprie grosse mani e il
piccolo e
delicato volto di Annie che lo osservava ammirata e colpita
dall’animo
estremamente sensibile che risiedeva nel cuore di quell’omone.
Erano saliti sul treno da quasi un’ora e mezza, ma nessuno
dei due aveva intenzione di guardare l’orologio per
accertarsi della durata
della loro conversazione. Fino a quel momento, si era trattato,
più che altro,
di un lungo monologo che Josh aveva tenuto sulla propria vita e sulla
propria
passione. Le aveva raccontato di un libro che aveva scritto da poco e
che stava
ritoccando, della prima storia che aveva scritto e della sensazione di
pura
felicità che aveva provato quando qualcuno gli aveva detto
che aveva talento e
potenzialità di scrivere qualcosa di importante e che
avrebbe cambiato la vita
delle persone. E’
quello che cerco di fare da cinquant’anni, alla fine. Non
sono ancora vecchio, ma mi sono sempre sentito tale. Ho sempre pensato
di avere
una ventina d’anni in più di quelli che in
realtà avevo. Era
stata una
delle prime cose che le aveva detto quando si erano seduti nello stesso
scompartimento.
- Riesci a capire quel che voglio dire? – chiese per
accertarsi che Annie non fosse annoiata da quel discorso.
- Certo, lo capisco. Non ho mai pensato che scrivere potesse
significare così tanto per una persona. –
- Ah, ragazzina, conosco persone che vivono per la scrittura
e che morirebbero per essa. –
Annie era incredibilmente affascinata dal potere che lo
scrivere aveva su alcune persone, addirittura su quelle grandi e grosse
come
Josh. Lei aveva sempre considerato la scrittura un semplice mezzo per
comunicare, per scrivere un compito in classe, per dare informazioni di
vario
genere; qualcosa di funzionale ad un’azione più
importante. Non aveva mai
pensato che ci fossero persone che togliessero tempo alla propria vita
quotidiana per digitare parole su una macchina da scrivere,
anziché andare a
bere qualcosa con gli amici o vedersi con una ragazza. Certo,
immaginava che la
scrittura significasse molto per gli autori di grandi romanzi, ma non
credeva
che persone comuni avessero la capacità di scrivere cose di
una certa bellezza.
Avrebbe tanto voluto chiedere a Josh di farle leggere anche solo un
passaggio
di un suo racconto, ma si vergognava e, inoltre, l’uomo le
ispirava rispetto e
quella richiesta le sembrava fuori luogo. Nonostante le desse
un’idea di
persona stimata e saggia, però, Annie non aveva timore di
parlare con lui.
- Ma sto parlando solo io e non va bene. Perché non mi dici
perché sei in viaggio? Prima te l’ho chiesto, ma
hai evitato di rispondere.
Adesso siamo qui insieme nello stesso vagone e sei praticamente
costretta a
dirmelo – disse, interrompendo le elucubrazioni di Annie.
- Già, presumo di sì – rispose lei
distogliendo lo sguardo
dal volto rosso e non rasato dell’uomo.
- Beh, allora racconta. Sai, le storie più belle nascono dai
semplici racconti di vita quotidiana. –
- La mia vita non è particolarmente eccitante. –
- Nemmeno la mia, eppure ho parlato per più di
un’ora. E
poi, non è necessario che sia eccitante, basta che sia una
storia ben
raccontata. Lo stile e il tono fanno tutto. Ricordalo. Una stessa cosa
si può
dire in mille modi differenti, tutti ugualmente giusti a seconda delle
situazioni. Per cui, hai… - diede un’occhiata
all’orologio che portava al polso
- …esattamente due ore e mezzo per parlarmi di qualunque
cosa tu voglia –
concluse. Fissò il proprio sguardo su di lei e non lo
distolse finché Annie non
si decise a parlare.
- Ok…allora, se ci tieni tanto, posso raccontarti il viaggio
che ho fatto fino a qui – disse Annie, cercando di evitare
l’argomento “motivo
della fuga”, così interessante per tutte le
persone con cui parlava e così
difficile da affrontare, per lei.
- Certo. E’ un buon inizio – disse lui, sedendosi
meglio sul
sedile, con la schiena appoggiata e le braccia incrociate davanti al
petto. –
Ah, scusa, ti dispiace se fumo la pipa? – chiese prima che
lei iniziasse a
raccontare.
- Ah, ma non è vietato? – chiese la ragazza,
guardandosi
attorno per cercare il cartello che indicasse il divieto di fumare in
luogo
pubblico.
- Sì, presumo di sì, ma, sai, non me
n’è mai importato molto
delle regole. Forse è per questo che faccio il Babbo Natale
per la strada, tra
un lavoretto e l’altro – disse estraendo dalla
tasca del lungo cappotto beige
una pipa marrone. – Sempre se non ti disturba, ovviamente
– aggiunse,
allontanandola dalla bocca.
- No, no, fai pure. –
Josh riempì di tabacco la pipa e l’accese con un
fiammifero,
poi, dopo aver aspirato la prima boccata, disse, rivolgendosi ad Annie:
- Vai
pure, sono tutto orecchie. –
La ragazza, confortata da quel clima di confidenza e
dall’espressione veramente interessata dell’uomo,
iniziò a raccontare quello
che le era successo, da quando aveva messo il piede fuori di casa a
quando si
era avvicinata a lui, davanti alla stazione, descrivendo ogni persona
che aveva
incontrato nei minimi particolari.
Parlò per circa due ore, senza fermarsi un attimo, se non
per riprendere fiato e per accertarsi che l’uomo non si
annoiasse. Certo che
no, racconti bene, vai avanti,
rispondeva lui, e lei andava avanti,
osservando, ogni tanto il paesaggio al di là del finestrino
socchiuso ed ogni
tanto le volute del fumo che fuoriusciva dalla bocca di Josh.
- E questo è tutto – concluse Annie dopo avergli
descritto
le sensazioni provate all’entrata nella stazione.
- Un’ottima storia, Annie, ma manca una cosa fondamentale, a
mio parere – osservò l’uomo, togliendo
la pipa dalla bocca. – Una vera
motivazione per il tuo viaggio. Ok, è bello viaggiare ed
ognuno dei tuoi
personaggi aveva un vero motivo per farlo, ma tu, tu perché
lo fai? Non si sa,
non si capisce, non lo spieghi. E senza quel particolare, è
una storia senza
cuore. –
Annie rimase profondamente colpita da quelle parole. Una
storia senza cuore,
l’aveva definita. Quelle, le ultime ventotto ore della
sua vita, erano senza cuore? Rimase qualche minuto in silenzio a
riflettere. I
suoi pensieri spaziavano dall’odio verso la situazione nella
propria casa, alla
paura di essere sola in mezzo al nulla e senza nessuna meta. Dalla
felicità che
le avevano dato le parole del libro di Hans, alla stanchezza che
sentiva
pervaderle il corpo. Dalla strana conversazione avuta con Danny a
quelle
inutili e lacunose con Rosalyn. Dalle poche ma importanti risate con
Lucy
all’assurda voglia di parlare con quell’uomo che
ora sedeva davanti a lei
osservandola. Pensò a tutto e si rese conto che in quelle
ore aveva provato
emozioni forti e vere come poche volte le era successo nella vita,
anestetizzata, ormai, dall’abitudine ad uscire con Anthony e
i suoi amici e dall’odio
verso la famiglia.
- Vivere – disse, all’improvviso.
Josh annuì ripetutamente e calò il silenzio nello
scompartimento.
Dopo un quarto d’ora circa, l’uomo sfilò
la pipa dalla bocca
e la ritirò nella tasca, dicendo: - Credo che questa sia la
nostra stazione.
Andiamo su, a scrivere un altro capitolo di questa tua splendida
storia. –
Annie prese in spalla il borsone e sorrise. Uscirono dallo
scompartimento e si avvicinarono alla porta. Accanto a loro, una donna
orientale, con in spalle uno zaino dall’aspetto pesante,
cercava di far
smettere di litigare i propri due figli, mentre quello che aveva
l’aria di
essere suo marito leggeva il giornale senza curarsi di aiutare la
moglie.
Parlavano una lingua che poteva essere cinese o giapponese, Annie non
avrebbe
saputo distinguere tra le due; erano evidentemente in vacanze
lì a San
Francisco e stavano tornando in albergo, probabilmente per andare a
passare la
serata in qualche locale della città o, semplicemente, per
andare a dormire
dopo una lunga giornata passata a visitare una città. Annie
si aspettava di
rimanere colpita da quell’immagine di una famiglia non
completamente felice,
come la sua, ma invece non provò nessun tipo di sensazione.
Pensava solamente
al motivo del proprio viaggio, alla conclusione a cui era giunta dopo
averne
parlato con Josh. Pensava a se stessa, solo a se stessa ed era quasi
felice.
Era fiduciosa del proprio futuro e delle proprie capacità e
non si chiedeva più
se scappare fosse stata la scelta migliore. Josh la guardava
compiaciuto e, quando
il treno cominciò a rallentare, si girò verso la
porta e diede le spalle ad
Annie.
Lei, distolto lo sguardo dalla giovane famiglia, fece un
passo in avanti e, quando il treno di fermò, scese subito
dopo Josh. La
stazione era molto più grande di quella da cui erano partiti
e tantissime
persone stavano in piedi, davanti alle porte, in attesa di salire sul
treno.
Annie, disorientata dalla moltitudine di gente, perse di vista Josh.
Quando poi
la gente fu salita sul treno, lo riconobbe di spalle, mentre
abbracciava una
donna che doveva avere, più o meno, la sua stessa
età. Sciolto l’abbraccio,
Josh si voltò verso Annie e si avvicinò a lei,
indicandola alla donna: - Ecco,
questa è Annie. Annie, lei è mia sorella Susan.
–
- Molto piacere – rispose la donna con un grosso sorriso
sulle labbra. Era piuttosto robusta, ma indossava un cappotto marrone
che la
rendeva un po’ più magra.
- Scusaci, Annie, ma dobbiamo andare via subito – disse Josh
dopo che le due si furono presentate.
- Già. Mi dispiace non poterti conoscere meglio. Devi essere
una persona interessante se hai spinto Josh a presentarci.
Però devo andare,
perché ho lasciato mio marito da solo con tutti gli ospiti.
Ed in più deve
tenere d’occhio quelle due pesti dei miei figli! Che vita!
– aggiunse la donna,
gesticolando continuamente con le mani.
Josh si avvicinò ad Annie e diede le spalle alla sorella,
perché non potesse sentire quello che si dicevano.
- Beh, Annie, credo sia il momento di salutarci. Sai, io non
abito qui vicino, ma nel caso ti servisse una mano, questo è
il mio numero di
casa – disse infilandole un bigliettino nella tasca del
grosso maglione. – Hai
visto, in quattro ore sarei qui, per cui, non farti scrupoli. Ti
aiuterei
volentieri. –
- Grazie, Josh, ma credo che starò bene, in un modo o
nell’altro – rispose Annie.
- Ok. Allora ciao. Abbi fiducia in te stessa, è la cosa
più
importante, alla fine. E vai avanti con la tua storia, sarà
sicuramente
fantastica – disse l’omone, accompagnando le parole
con un saluto con la mano.
- Ciao Josh – salutò Annie.
L’uomo e la donna s’incamminarono verso
l’uscita della
stazione ed Annie osservò le loro figure allontanarsi in
mezzo alla gente che
si affollava nell’edificio. Lesse su un grande orologio
digitale che erano le
dieci e mezzo della Vigilia di Natale, eppure molte persone erano
ancora in
giro per la strada.
Si avviò verso l’uscita e, camminando, si rese
conto che
erano undici ore che non mangiava. Non aveva fatto caso alla fame
durante il
lungo discorso con Josh, ma adesso che era da sola e che
l’unica cosa che la
disturbava dai propri pensieri era il fruscio di vestiti e il brusio
della
gente che la circondava, si rese conto di essere molto affamata. Si
guardò
attorno, chiedendosi se nella stazione ci fosse un bar aperto dove
mangiare
qualcosa, quando si sentì chiamare da una voce vagamente
familiare.
Si girò e si guardò attorno, ma non
riuscì a capire da dove
provenisse la voce finché non giunse un secondo grido. Si
accorse, allora, che,
in lontananza, una figura alta e dai capelli neri agitava la mano per
farsi
notare. Annie aguzzò la vista per riconoscerla, ma era
troppo distante, così
decise di andarle incontro. Quando fu abbastanza vicina da distinguere
i
lineamenti del volto, riconobbe in quegli occhi verdi, quelli di Danny
e, colta
da un’inaspettata gioia, affrettò il passo verso
di lui e lo salutò con un
grande sorriso.
- Ehi, Annie, che ci fai a San Francisco? – chiese lui,
ricambiando il sorriso.
- Ho deciso che forse è la mia città. Tu hai
appurato se
fosse la tua o meno? –
- Oh, io ne ero già sicuro quando te lo dissi sul pullman,
ieri. –
- Solo ieri? Mi sembra passata un’eternità di
tempo. –
- Ah si? A me no. Oggi è volato come niente e adesso eccomi
qui, ad aspettare un maledetto treno 567 da Los Angeles –
disse lui, sedendosi
su una panchina lì vicino.
- Io giusto dieci ore fa ero in viaggio verso Los Angeles –
lo informò lei, prendendo posto accanto a lui.
- Davvero? Che bel giro ti sei fatta per poi venire a finire
qui – esclamò lui ridendo.
- Già, decisamente lungo ed assurdo! –
concordò lei,
annuendo col capo.
- Ma, d’altronde, la cosa più bella dei viaggi
è l’imprevedibilità.
–
Annie dimenticò di essere affamata e si sentì
immediatamente
a proprio agio, seduta lì vicino a Danny, che
l’aveva aiutata sin dall’inizio,
con le sue frasi e le sue considerazioni pungenti.
- E adesso che sei qui, che intenzioni hai? – chiese Danny
guardandola negli occhi.
- Non ne ho idea, a dire il vero. Non so neanche dove
dormire. O solo mangiare – rispose sinceramente. - Non so
niente. E’ un Natale
così strano, questo – considerò.
- Ah già, Natale – osservò lui, - me
n’ero quasi dimenticato!
Viaggio da così tanto tempo che ho quasi perso il conto dei
giorni. Comunque,
se mi dici che è Natale, auguri! – disse ridendo
ed alzandosi.
Proprio in quel momento, infatti, il treno 567 si stava
fermando davanti al binario.
- Ehi, giusto, perché sei in stazione, chi stai aspettando?
– chiese Annie.
Danny sembrò non sentire la sua domanda e
continuò il
discorso di prima: - Comunque – disse, guardandola per un
secondo e poi
girandosi verso le porte del treno che si aprivano – se vuoi
puoi stare a casa
nostra finché non ti sistemi per bene. –
Annie lo guardò cercare qualcuno con lo sguardo, in mezzo
alla folla di persone che scendevano dal treno.
- Nostra? – chiese lei, stupita dal plurale utilizzato dal
ragazzo, che, dopo qualche secondo di osservazione, aveva trovato chi
cercava e
gli faceva segno di avvicinarsi.
- Sì, nostra – rispose Danny cingendo con il
braccio
sinistro la vita di un ragazzo appena sceso dal treno. –
Questo è Neil, il mio
splendido ragazzo di Los Angeles, venuto fino a San Francisco per
vivere una
splendida vita in un appartamento in periferia – disse
scherzando. Il ragazzo
che gli stava affianco era molto magro ed alto quanto lui; portava un
paio di
occhiali ed aveva l’aria di chi sa perfettamente cosa
aspettarsi dalla persona
che lo accompagna.
- Già, splendido a dir poco, Danny – disse
avvicinandosi per
baciarlo.
Annie rimase a guardarli sorpresa e quando Danny si accorse
della sua espressione le chiese, scherzando: -
Cos’è, credevi davvero che la
mia omosessualità fosse una finzione per attirare ragazze?-
- No, ma va, solo non credevo che avessi già un ragazzo e,
soprattutto, che venissi a San Francisco per vivere con lui. Credevo
che il tuo
fosse un viaggio spirituale verso uno dei luoghi simbolo della
tradizione di
trasgressione – rispose lei, continuando lo scherzo iniziato
da Danny.
- In parte è stato anche per quello, sicuramente. Ad ogni
modo, Neil, questa è Annie, quella di cui ti ho parlato al
telefono. –
- Ah, ecco, la ragazza mora del pullman? – chiese
rivolgendosi ad Annie.
- In persona – disse lei sorridendo.
- Oh, che onore! – esclamò lui, tendendole la mano.
- L’onore è tutto mio, ragazzo finora a me
sconosciuto –
rispose lei, stringendogli la mano.
- Beh, io non so voi, ma sto morendo di fame. Non mangio da
stamattina ed è tutto il giorno che viaggio –
disse Neil, guardando
alternativamente Annie e Danny.
- Io ho mangiato prima di venire qua, ma credo che Annie
abbia fame – rispose il ragazzo.
Annie annuì.
- Perfetto, allora, visto che l’esperto sono io, vi
condurrò
in un pub che ho scoperto ieri sera qui dietro e che mi ha
piacevolmente
colpito per la sua aria assolutamente ordinaria – disse
Danny, avviandosi verso
l’uscita dalla stazione. Gli altri due lo seguirono,
affiancandolo nel cammino.
- Annie, credo che tu abbia deciso di accettare la mia offerta di
ospitalità,
non è vero? – chiese rivolgendosi alla ragazza.
- Se non è un problema, sì. –
- Nessun problema, ho dormito con gente molto meno carina e
molto più puzzolente – rispose Danny, dandole un
buffetto sulla guancia. –
Ragazzi, si preannuncia un periodo molto interessante. Il primo giorno
di
questa mia nuova vita, festeggio il Natale con il mio ragazzo e con
quella che
potrebbe diventare con estrema facilità la mia migliore
amica! – esclamò,
eccitato.
Annie sorrise e sentì che aveva finalmente trovato il
proprio posto e la propria vita.
La radio interna alla stazione trasmetteva una canzone dei
Nirvana ed Annie pensò immediatamente a
Tedd
e Rosalyn, che stavano sicuramente passando il loro Natale in famiglia,
davanti
ad un camino acceso; all’uscita dalla stazione, non
poté fare a meno di notare
una prostituta bionda, appoggiata al muro di una stradina secondaria,
che le
fece tornare in mente Lucy, che, per una notte, era a casa di sua madre
a
festeggiare; appena entrarono nel pub, una folata di fumo la
investì e le fece
ricordare le ultime parole che Josh le aveva rivolto: vai
avanti con la tua
storia, sarà sicuramente fantastica.
Pensò a tutti quegli strani personaggi che aveva incontrato
e, soprattutto, pensò che Josh aveva ragione, che dopo tutti
quegli anni
passati a reprimere i propri sentimenti, dopo quel breve ed assurdo
viaggio che
l’aveva aiutata ad evadere dal passato, il futuro non poteva
che essere
fantastico. Aveva fiducia ed era pronta, finalmente, a vivere davvero.
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Finita
così?
Sì, finita così. Qualcuno mi ha detto che avrei
potuto trovare un finale migliore, che si aspettava qualcosa di
più definitivo. Ma, oltre al fatto che per il concorso vi
era un limite di pagine, ho pensato che la vita degli adolescenti non
può essere scritta con certezza. Sono così
imprevedibili e lunatici da rovesciare ogni situazione, come mi disse
la ragazza, l'amica, a cui dedico questa storia.
Spero vi sia piaciuta. Spero vi sia servita. Spero vi abbia fatto
riflettere e, soprattutto, spero che vi abbia comunicato qualcosa.
Vorrei ringraziare soprattutto l_s, la mia adorata Lucretia, per avermi
regalato quel fantastico libro che è "On the road", che mi
ha cambiato la vita e che mi ha ampiamente ispirata per scrivere questa
storia.
In secondo luogo ringrazio chi ha messo questa storia tra le
seguite/preferite, ma soprattutto chi l'ha commentata, in particolare
Ss904, che ha sempre sempre commentato. Grazie (:
Beh, direi che questa cinquantesima storia della miss è
finita.
Io ne sono estremamente soddisfatta, e voi?
Alla prossima,
Miss dark.