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Autore: Shainareth    14/01/2006    2 recensioni
Dopo One Piece, la prospettiva del Piece Main riuscirà a riunire sotto lo stesso Jolly Roger la ciurma di Monkey D. Rufy, con una consistente aggiunta! Non si tratta solo di una storia avventurosa o d'amore, è più che altro un mix di umorismo, avventura e azione... ehm... sì, l'azione c'è, per quel poco che sono stata capace di fare... ç______ç Ma in verità, "Piece Main" racchiude un po' tutti i generi (eccetto il fantasy e il porno, credo! ^^'), quindi, come si suol dire, ce n'è per tutti i gusti! ^___-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piece Main' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo LXIX – “Padre…”

 

Capitolo LXIX – “Padre…”

 

            - Dannato tempaccio!! – imprecò Shu aiutando Usop a riparare le falle che si erano aperte a causa del mare in burrasca, ora finalmente tornato ad essere inverosimilmente una tavola piatta e blu, non più torbido, ma limpido al punto da poterne scorgere i meravigliosi fondali.

Sanji si fermò a prua, i gomiti al parapetto, le mani penzoloni, gli occhi affissi a quello straordinario spettacolo. “L’All Blue…” fin da bambino lo aveva sognato, allorquando ne sentì parlare dai cuochi della nave sulla quale faceva da apprendista. Ma ogni volta che esprimeva il suo desiderio di mettersi un giorno alla ricerca di quel luogo incantato, quelli lo canzonavano. “Sanji, anche se dici che lo troverai… una leggenda è sempre una leggenda… quel mare non c’è… Ascolta, prova a pensare… se esistesse un mare dove vivono tutti i tipi di pesci che nuotano nell’East Blue, nel West Blue, nel North Blue e nel South Blue… per noi cuochi sarebbe un paradiso… Un mare con tutti i tipi di pesci… sarebbe bellissimo! Varrebbe la pena di cercarlo anche a costo della vita… se esistesse davvero! Ma è impossibile! Non esiste il Mare All Blue! Basta che ci ragioni un po’… forse lo ha inventato un cuoco sognatore… Su, smettiamola di dire sciocchezze! Al lavoro! Sanji, va’ a sparecchiare!”. Parlarne con loro era sempre la medesima storia: “sciocchezza”. Ma lui lo sapeva, l’All Blue non era una “sciocchezza”, non poteva esserlo, non per il suo entusiasmo di bambino. Poi arrivò lui, un pirata, uno dei più terribili, appena tornato dalla Grand Line, per giunta. Era piombato proprio all’arrembaggio della sua nave. “Quando si dice il destino…” si disse il cuoco a quel ricordo, un mesto sorriso nostalgico sulle labbra, la mano che afferrava le sigarette. Ne accese una e aspirò. Alla mente gli balenò ancora una volta il viso di quell’uomo. “Smettila di fumare, ti rovinerà la salute…”. Cacciò il fumo dai polmoni e gettò la sigaretta appena accesa in acqua. Anzi, ci gettò tutto il pacchetto.

Anche quel giorno c’era tempesta, ma lui non ci aveva badato nemmeno. La nave era stata presa d’assalto dai pirati e lui non si sarebbe mai, per nulla al mondo, lasciato uccidere. “Tanto avete intenzione di ucciderti tutti, no? Ma prima vi uccido io!” aveva gridato impugnando due coltellacci da cucina, poco prima di ricevere uno degli spietati calci di Zef dai Piedi Rossi, così chiamato per via del colore del sangue di cui si tingevano le sue scarpe alla fine di ogni combattimento, il capitano della banda Kook. Ma nonostante tutto, lui si era rialzato perché la sua voglia di vivere e i suoi sogni erano più grandi di tutto il resto. “Io… un giorno… troverò l’All Blue!” aveva ringhiato aggrappandosi con i denti alla caviglia dell’uomo. Zef lo aveva fissato senza fiatare, mentre tutti gli altri pirati avevano preso a farsi beffe di lui. “Ah! Ah! Ah! Parla dell’All Blue! Capitano, glielo dica che non c’era nemmeno nella Grand Line!”. Il capitano sferrò al ragazzino un secondo colpo. Pur tuttavia, Sanji aveva persistito gridando a pieni polmoni: “Non posso farmi uccidere da un pirata in un mare come questo!”. Poi era arrivata quell’onda che lo aveva investito in pieno, e lui era finito in mare. Avrebbe potuto, Zef, caricare il bottino e andar via mettendosi in salvo col suo equipaggio, abbandonando tutti gli altri al proprio destino, ma no: aveva preferito invece gettarsi in acqua per cercarlo, per tentare l’impossibile pur di salvarlo. Poco dopo, le due navi furono travolte dai flutti, quegli stessi che in seguito avevano trasportato il pirata ed il bambino su di un isolotto roccioso, unico scoglio in mezzo all’oceano.

Sebbene gli avesse salvato la vita, Sanji lo aveva odiato perché se erano finiti in quella situazione era solo per colpa sua. Infine, quando stremato dalla fame, dopo giorni e giorni di digiuno forzato, quando era ormai ridotto l’ombra di se stesso e forse anche peggio, su di lui aveva preso il sopravvento l’istinto di sopravvivenza: lo avrebbe ucciso per rubargli le provviste. E fu in quel momento che avvenne la tragica scoperta… Zef non possedeva cibo, lo aveva dato tutto a lui, e per tenere in vita se stesso, si era nutrito del suo stesso corpo… Aveva perso una gamba per lui. “Ma senza quella gamba non potrai più fare il pirata, non è vero?!!” aveva urlato tra le lacrime, furibondo per i sensi di colpa che gli attanagliavano il cuore. “Perché hai fatto questa stupidaggine?! Io volevo ucciderti! Non avevi nessuna ragione per trattarmi così bene! Perché lo hai fatto?! Perché?!!”. “Perché noi abbiamo lo stesso sogno…” era stata la risposta che lo aveva scosso ancora di più. “…All Blue! Per i tuoi compagni non esisteva…” aveva balbettato con voce tremula. “E invece sì… Quando sarà il tuo momento, vai verso la Grand Line… Noi abbiamo girato in mare per un anno, ma penso che ci siano buone probabilità di arrivarci…”.

Aveva ragione Zef, perché lui, poi, l’aveva visto per davvero, il sogno dei cuochi del mare, il loro sogno. Lì, in fondo alla Grand Line, dove i sette campi magnetici si convergevano in un unico punto, c’era l’All Blue. E probabilmente di lì a qualche tempo lo avrebbe rivisto. Avrebbe voluto con tutto se stesso che il terribile pirata dai Piedi Rossi fosse stato lì con lui: glielo doveva a quell’uomo che dentro di sé chiamava “padre…”.

            Sospirò e si girò indietro cercando Zoro con lo sguardo. Non c’era. “Nami…”. Lui ormai aveva perso Zef, ma era sereno perché gli era comunque rimasto vicino fino alla fine. Sperava di cuore, ora, che Nami potesse riabbracciarlo, che Shanks fosse ancora vivo, perché il rancore provato fino a quel momento verso di lui, non esisteva più, e anzi aveva lasciato posto ai sensi di colpa, lo aveva capito dalle sue lacrime, sgorgate dalla paura di averlo perso per sempre.

 - Ehi… Usop

Il vicecapitano, che poco distante aveva appena finito di riparare una delle colonnette della balaustra del galeone, gettò un occhio verso di lui.

 - Rufy?

 - Non lo so… - rispose rigirandosi il martello in mano e guardandosi intorno, mentre si rimetteva in piedi. – Forse è di sotto…

 - Sì, forse… - sospirò di nuovo il cuoco.

 - Sanji…?

Sapeva quel che gli avrebbe chiesto, ma lo lasciò continuare senza interromperlo.

 - Cos’ha? Perché ha pianto? – domandò l’altro con voce mogia, andandogli vicino e poggiandosi anche lui al parapetto.

 - Soprattutto perché si sente in colpa…

 - “In colpa”? Per cosa?

Sanji non rispose, gli voltò le spalle e cominciò ad allontanarsi dicendo solo: - Vieni con me…

Insieme, allora, scesero sottocoperta. Usop non aveva capito nulla, ma dalla faccia del compagno, aveva per lo meno intuito che si trattava di una faccenda seria. Non avrebbero avuto senso, altrimenti, le lacrime di Nami e la reazione di Zoro. “Shanks…” che c’entrava lui con la sua amica? L’aveva vista di nuovo piangere, e il cuore gli si era stretto al punto da provare quasi un dolore fisico. Amava la sua compagna esattamente quanto l’amavano Sanji, Rufy e Zoro, e tanto era bastato per fargli dimenticare la preoccupazione per l’aver perso di vista l’East Wind a causa della coda del ciclone in cui per poco non erano finiti, e che li aveva però allontanati parecchio persino dall’isola verso la quale stavano facendo rotta. Ma in fondo non c’era motivo di stare troppo in ansia, lo sapeva bene che Shanks, suo padre Yasop e tutti gli altri, erano persone in gamba. Era per questo, quindi, che concentrò il suo pensiero principalmente su Nami: era lei, ora, ad avere la priorità.

Trovarono Rufy da solo, nel corridoio, le spalle poggiate alla parete, gli occhi alla porta della sua cabina, le braccia incrociate sul petto. Anche lui aveva un’espressione greve in volto. Si fermarono a pochi passi dal loro capitano, il quale non batté ciglio sentendoli arrivare.

 - Che succede…? – chiese Usop con titubanza, timoroso di disturbare i suoi pensieri.

 - Sto aspettando… - rispose quello con voce atona, senza scollare lo sguardo dalla porta.

Sanji, le mani in tasca, il capo chino, si volse anche lui a fissarla.

 - Cos’è che stai aspettando? – domandò ancora il vicecapitano, non avendo ben afferrato la situazione.

 - Aspetto che escano da lì…

 - Da quanto sono chiusi là dentro? – sospirò il cuoco, gettando un’occhiata all’uomo.

 - Da parecchio. – fu la risposta.

 - Cosa? Nella tua cabina? Ma perché? – s’incuriosì il terzo.

 - Di preciso non so… - fece Rufy grattandosi la nuca. – So solo che ci hanno dato dentro parecchio… - concluse con una smorfia demoralizzata e seccata al tempo stesso.

L’altro sbigottì per la collera. – Cosa?! In un momento come questo, loro…?!!

 - E quel che è peggio, è che hanno pensato bene di usare il mio letto, te ne rendi conto?!! – contestò il pirata di gomma disgustato.

Sanji non badò nemmeno ai loro commenti e si avvicinò alla porta. Sfilò la mano dalla tasca dei pantaloni, e bussò.

Usop sussultò. – E-ehi, SanjiC-cerca di calmarti… in fondo hanno già avuto una figlia…

 - Tranquillo, è solo preoccupato per Nami… - mormorò il capitano calandosi il cappello sugli occhi. - …come lo siamo anche noi…

Si udirono dei bisbigli, dei passi, poi la porta si aprì. Era Zoro, lo sguardo serio, che fece loro cenno di entrare. Piano, uno dopo l’altro, obbedirono. La porta fu richiusa. Nami era seduta al centro del letto, la testa tra le ginocchia rannicchiate al petto. Nessuno fece il minimo rumore, né tanto meno osò proferire parola. Si limitarono chi ad appoggiarsi alla parete, chi alla scrivania, chi a sedersi sulla poltrona di vimini, chi a cavalcioni sulla sedia. E aspettarono che fosse lei a parlare. E ripreso fiato, finalmente la donna dette loro voce, anche se in un bisbiglio appena udibile. – Mi dispiace… - disse soffocando la gran voglia di tornare ad abbandonarsi alle lacrime. Doveva resistere, doveva esser forte per loro. – Rufy… - continuò quindi, alzando un po’ la voce. - …ti chiedo scusa… lo chiedo a tutti voi… - tacque per un istante, poi chiese: - La East Wind?

 - Non lo sappiamo… - rispose Usop con gentilezza. – La corrente ci ha trascinati lontani dal punto in cui eravamo…

 - Capisco…

 - Nami… - prese parola il capitano. - …devi dirci qualcosa?

La donna si strinse più forte alle ginocchia, e annuì con la testa. – Sì…

 - Di che si tratta?

 - Non è una cosa grave… - cominciò cercando di rasserenare anzitutto se stessa. - …solo… mi spiace di non avertelo detto prima…

 - Riguarda Shanks? – osò l’uomo.

Nami non ebbe il coraggio di aprir bocca, e da quel silenzio, Rufy capì di aver centrato in pieno il problema. Sorrise con fare tenero, guardandola lì, accoccolata su se stessa fra le lenzuola che le coprivano il bel corpo ancora nudo, i crini spioventi tutt’intorno al capo: era meravigliosa, la sua Nami. – I capelli rossi… - cominciò lasciandosi andare sullo schienale della poltroncina di fronte al letto, la testa verso l’alto, le palpebre calate, le labbra stese leggermente curvate in su. - …i grandi occhi scuri… il sorriso immenso… il grande amore per il mare…

Gli altri lo fissarono per un secondo, attendendo che finisse di parlare; non che ce ne fosse stato bisogno, tra l’altro. Il solo Zoro continuava, lì poggiato alla parete, le braccia conserte, a tenere lo sguardo su di lei. Il loro amico era sempre stato svampito, sbadato, incline solo al gioco e alla fantasia come un bambino mai cresciuto, e anche se alle volte appariva anche stupido, in realtà aveva un dono immenso: riusciva a leggere nel cuore della gente come fosse la cosa più facile del mondo.

 - …siamo compagni da tanto tempo… ci conosciamo praticamente da una vita… - continuò Rufy fermandosi per un attimo come ci stesse ancora riflettendo su. - …che stupido sono… - rise amaramente. - …Nami… sono io che devo chiederti scusa… io, il tuo capitano, il tuo migliore amico… io che non avevo mai capito un accidenti prima di oggi… io che mi illudevo di essere una sola cosa con tutti voi… - la sua voce era mesta, quasi tremula per la commozione. – Perdonami, angelo mio… Ti chiedo scusa se non me ne sono accorto prima… -. Si chinò nuovamente il cappello sul viso per paura di cedere alle lacrime, perché ora, lo sentiva, lei avrebbe ripreso a piangere e a tremare per non farsi prendere troppo dall’emozione.

 - Io… io l’ho odiato… - sussurrò la cartografa con voce rotta dai singulti. - …l’ho odiato con tutta me stessa… davo a lui la colpa di tutto quanto, di quello che era accaduto in passato… ma… ma se le cose fossero andate diversamente… io non vi avrei mai incontrato… e voi siete forse… la cosa più bella ch’io abbia mai avuto…

Sanji si lasciò sfuggire un sorriso: Dio quanto l’amava! C’era da restare col cuore spaccato a metà per lei, si sarebbe gettato nudo nel fuoco pur di saperla felice. Si sarebbe beato solo a restare così, a guardarla per sempre com’era ora: bellissima. Sentì gli occhi inumidirsi e volse lo sguardo verso Zoro che, preso dal suo stesso impulso, lo vedeva, avrebbe voluto correre da lei e stringerla forte a sé, pronto a non lasciarla andare mai più.

Usop, zitto e col capo chino, pareva inanimato come una statua. Non voleva guardarla perché sapeva che non ce l’avrebbe fatta a resisterle. Tuttavia, fu l’unico che ebbe il coraggio di parlare ancora. – Sono vivi, ne sono più che certo. Non sono mica dei novellini… conoscono i pericoli del mare e sanno come cavarsela molto meglio di noi… Sono sicuro che presto li rivedremo, e potremo ridere insieme… Tu potrai riabbracciarlo, Nami… e potrai finalmente dirgli che gli vuoi bene…

Quando finì, lui e Rufy si mossero quasi simultaneamente per uscire dalla stanza, ma non fecero in tempo a farlo, perché Nami si alzò di scatto, precipitandosi ad abbracciare entrambi. Rimasero stretti gli uni agli altri, in silenzio. Poi, il capitano scherzò tuffandole il proprio copricapo di paglia sui capelli sottili: - Nami, mettiti qualcosa addosso o Zoro non ci farà uscire vivi da qui!

 - Già, - convenne il suo vice ridendo. – e vorrei ricordarti che anch’io adesso sono un uomo sposato, dovevi pensarci prima a tentarmi così, avrei ceduto più che volentieri!

Lei rise con loro, di cuore, e piano li lasciò andare, infischiandosene di esser nuda o meno. Li adorava tutti e quattro al punto tale da far male, ma la gioia che loro sapevano darle, era di gran lunga maggiore. Sentì Sanji avanzare dietro di lei, e con fare gentile l’avvolse nel lenzuolo, posandole un bacio su una guancia. – Guai a te, se piangi di nuovo… - le disse passandole accanto e carezzandole il viso con fare affettuoso.

Infine, uscirono tutti e tre dalla camera, richiudendo silenziosamente la porta alle loro spalle.

            Abbassò le palpebre e rimase ferma lì, al centro della stanza, il sorriso sulle labbra, gli occhi ancora grondanti di lacrime. Era vivo. Ne era sicura. “Papà…” che bella parola…

Si volse indietro e incrociò lo sguardo del padre dei suoi figli. Era felice, perché Silk, suo padre, lo aveva conosciuto sin dall’inizio, e di questo era grata a Zoro prima ancora che per tutto il resto, che non era certo poco, lo riconosceva.

 - Non vi merito… - bisbigliò con un filo di voce.

Lo spadaccino allora le si fece incontro, le prese il viso fra le mani e la fissò dritta in quegli occhi scuri di cui tanto era innamorato. Scosse impercettibilmente la testa. – Un solo sorriso… - le sussurrò con fare dolce. - …per uno solo dei tuoi sorrisi, noi saremmo disposti anche a dare la vita…

 

            - Ora capisco… - cominciò Usop mentre tornavano di sopra.

 - Cosa? – chiese Rufy.

 - Beh, il perché quei due non si siano sposati…

 - Davvero? – strabuzzò gli occhi. – C’è un perché?

Sanji si fermò sulle scale e lo guardò in malo modo. – Per l’ultima volta… ma tu ci sei veramente, o ci fai per farci saltare i gangheri?! – ringhiò spazientito.

 - No, no! Davvero! – esclamò il capitano, curioso come un bambino. – Perché non si sono sposati?! Non è stato per via dell’orgoglio di Zoro?! Voi lo sapete?! Ditelo anche a me!!

I due sospirarono demoralizzati. – Possibile che tu le cose le capisca sempre a metà? – domandò il nasone sconsolato. – Anche con Silk è stata la stessa cosa… - aggiunse agitando una mano su e giù.

 - Allora? Me lo dite o no?!

 - Cerca di usare il cervello, idiota! …ammesso che tu ne abbia uno, ovvio… - sbottò il cuoco al quale stava montando un nervoso assurdo. – Nonostante Silk, quei due non hanno potuto sposarsi per il semplice fatto che prima, Nami, non conosceva le sue origini…

 - Eh?

 - Lei è sempre stata convinta di essere orfana di entrambi i genitori, e per la legge, anche lei perì durante lo scontro tra pirati e Marines nel suo villaggio natale… - spiegò pazientemente Usop, mentre Sanji assestava uno scappellotto a quella testa bacata dai capelli neri e arruffati che aveva appena esclamato un “C’è stato uno scontro al villaggio di Coco?!”. Quando ebbero raccontato anche a lui quel che Nojiko aveva detto loro vent’anni prima, quando anziché ascoltare del triste passato di Nami, lui e Zoro avevano preferito farsi i fatti loro affermando che se avessero saputo o meno di quanto accaduto fino a quel momento, non sarebbe cambiato nulla, e che avrebbero comunque ripreso la ragazza con loro a qualunque costo, finalmente il vicecapitano poté proseguire la spiegazione. – Bellmer, la donna che l’ha cresciuta, non l’ha mai adottata realmente, né lei né quella che Nami chiama “sorella”, cioè Nojiko. Davanti alla legge, Nami non esiste, se non fosse per il fatto che è ricercata dal governo… Pensaci bene… - continuò. – Nojiko ci raccontò che quando Arlong arrivò al villaggio di Coco, si impossessò di tutti i documenti degli abitanti dell’isola, e stando a quel che c’era scritto, Bellmer viveva da sola, non aveva marito né figli… Fu per questo che quel maledetto era sul punto di fare marcia indietro una volta incassati i centomila Berry prima che Bellmer parlasse delle bambine, perché ignorava la loro esistenza… Hai capito ora?

 - Aaaah… - balbettò il pirata di gomma. - …sì… Certo però che quell’Arlong era un vero farabutto! – inveì incrociando le braccia al petto, corrucciando la fronte e digrignando i denti.

 - E TE NE RENDI CONTO SOLO ADESSO?!!! – strillarono i due pestandolo a sangue.

Quando Rufy si riebbe, volse lo sguardo indietro, verso lo stretto corridoio buio che portava alla sua cabina. – Però Nami poi ha scoperto almeno chi era suo padre… quello vero, intendo… Allora perché non…

Ma non finì di formulare la domanda che Sanji lo interruppe. – Perché ha rifiutato il suo nome… Non accettava l’idea che per colpa dell’uomo che l’aveva messa al mondo, non solo Bellmer, ma anche la sua vera madre, fosse morta, e che lei sia stata costretta a vivere otto anni di inferno a causa di quei maledetti uomini pesce…

 - Stai… stai dicendo che tra i pirati che misero a ferro e fuoco l’isola in cui lei è nata… c’era lui…?! – chiese l’altro incredulo.

 - Beh, no, non ho detto questo…

 - Sanji, scusa… - s’intromise Usop toccandosi la punta del naso con fare pensieroso. - …ma tu come fai a sapere tutto così nei minimi dettagli?

 - E’ stata lei stessa a raccontarmi ogni cosa… - confessò l’uomo con espressione seria.

 - Davvero? E quando?

E il biondo cominciò ad andarsene di testa. – Durante una delle infuocate notti di passione passate insieme… - si gongolò con faccia da idiota.

Gli altri due lo colpirono energicamente sulla nuca, facendolo tornare in sé. – Stiamo parlando di cose serie… e vere!

 - Beh, perché?! Non potrebbe essere successo per davvero?! – s’indispettì lui.

 - Pfuì! – sbuffarono quelli deridendolo. – E’ più facile che tu ti faccia la figlia, che la madre… - lo compatirono per fargli capire che era cosa davvero impossibile.

 - Uhm… effettivamente con Silk mi basterebbe uno schiocco di dita… - rifletté serio Sanji a mezza voce, reggendosi il mento tra le dita e beccandosi altri due colpi più violenti dei precedenti, al punto che gli occhi gli schizzarono fuori dalle orbite fin quasi a schiantarsi contro il pavimento.

 - Vuoi tornare con i piedi per terra o no?!! – urlò il nasone, innervosito, mentre Rufy cominciò a ridersela, prendendo nuovamente a salire le scale.

 

 

 

 

 

Spero non siate stati colti tutti da infarto nello scoprire che, almeno nella mia storia, Shanks e Nami sono padre e figlia… ^^;

Ho letto fanfic in cui i due erano innamorati, amanti; ma onestamente non ce li vedo proprio in questa veste, anche perché ormai mi ero già convinta di questa loro parentela. Come mi è venuta in mente una pazzia del genere? Da una delle prime illustrazioni dello stesso Oda, in cui viene raffigurata la sola Nami in mezzo alla ciurma di Shanks. Quindi mi sono chiesta “Che ci fa lì? Perché Nami e non Rufy?”. E così… pam! La mia fantasia ha cominciato a viaggiare come non mai… ^^;

Un bacio a tutti, alla prossima! ^O^

Shainareth J

 

  
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