CAPITOLO 16
Rivelazioni
(POV
Lina)
Un
raggio di sole entrò dalla finestra e mi
fece svegliare.
“mmmhh…accidenmmhh…”
Mugugnai
nella lingua dei dormiglioni.
Stavo
ancora imprecando mentalmente verso il sole, quando una lampadina si accese con
un ‘tlin’.
-Alec-
Mi
voltai di scatto verso destra dove si era sdraiato questa notte, ma non lo
trovai. In compenso vi trovai un biglietto.
“Piccola, non
preoccuparti. Sono tornato a Palazzo per parlare con i miei Signori, ma tornerò
nel pomeriggio. (dovrebbero tornare le nuvole).
Mi manchi già.
Ti amo
Alec”
Magramente
consolata, quel piccolo pezzo di carta riuscì a bloccare sul nascere quella
sensazione di vuoto che si stava facendo largo in me.
Sapevo
che l’avrei rivisto fra poche ore e questo mi tranquillizzava.
Guardai
l’ora. Le 7.10. E se non sbaglio oggi era lunedì.
Se
la matematica non era un opinione avrei dovuto andare a scuola giusto?
Non
riuscivo a crederci come in due giorni tutta la mia vita fosse cambiata. Avevo
scoperto di vivere in un mondo fantastico e di essere innamorata di una
creatura della notte. La stessa creatura che io stessa avevo deciso di
diventare.
Strano
ma vero, il solo pensiero di andare a scuola quella mattina, non mi dispiaceva
affatto, anzi. Di sicuro era perché credevo mi avrebbe fatto sentire un po’ più
come prima, quando ignara di tutto, svolgevo la mia normale vita da umana di
questo mondo. Sapevo che non avrei più provato emozioni umane così e un po’ di
nostalgia iniziava a farsi sentire.
Mi
alzai quindi piuttosto attiva e dopo un giretto veloce in bagno, mi vestii.
Quella
mattina, compii volontariamente tutte le gesta che facevo prima di incontrare
Alec. Passeggiatina tranquilla verso scuola. Pausa colazione presso il mio bar
preferito e poi dritta verso l’istituto finendo di mangiare la mia brioche.
Una
volta in classe salutai la moretta con cui avevo preso sempre più confidenza
durante la mia missione ‘mantenimento promessa’.
Serena.
Come
un fulmine a ciel sereno, il suo nome mi si materializzò in testa.
Come
avrei potuto diventare un vampiro e non vedere mai più la mia carissima amica?
È
vero, lei ora si trovava all’estero, però non sarebbe stata via per sempre. E’
vero anche però, che era da un pezzo che non ci sentivamo. Lei mi diceva che
era sempre super impegnata con lo studio, e comunque neanche io mi perdevo
tanto in chiacchere perché ero sempre presa da Alec.
Alec.
No
basta. Avevo deciso. E poi che scelta avrei potuto avere? O quello o la morte.
Quindi tanto valeva farci il callo. Forse il fatto che già da un po’ non ci
sentivamo era meglio. Forse avrei potuto non farmi più sentire oppure dirle che
non la volevo più come amica. Forse odiandomi non avrebbe sofferto, quando
tornata, non mi avrebbe trovato ad aspettarla. Forse sarebbe stato più semplice
così. Tutti questi forse mi stavano letteralmente annebbiando il cervello.
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Le
lezioni in assenza di Alec passarono inesorabilmente lente. Buffo. Ero venuta a scuola per fingere
di far parte ancora di questo mondo che una volta credevo normale e ciò
nonostante, non potevo fare a meno di non pensare al mio vampiro e al suo
mondo, di cui presto ne avrei fatto parte.
Buttai
un occhio fuori dalla finestra e vidi che le nuvole di cui Alec mi aveva accennato
erano arrivate e avevano ormai coperto tutto il cielo. Erano le 11.45.
Cominciai
a battere furiosamente il piede a terra. No, non riuscivo a resistere. Dovevo
andarmene da lui. Non ero in agitazione sapendo che avrei dovuto vedere questo
Aro. Io volevo solo vedere lui. Subito.
Andai
dall’insegnante e sfoggiando le mie doti recitative finsi di stare male. Dovevo
essere molto brava, perché mi credette subito, anzi pareva al quanto
preoccupato lui stesso.
Hi
hi hi. Che perfida.
Mi
feci un permesso e mi fiondai subito a casa, dove sapevo Alec non avrebbe tardato
ad arrivare non appena le nuvole avessero coperto tutto il cielo. E mancava
davvero poco.
Appena
entrai mi diressi prima in cucina a bere un po’ d’acqua, poi siccome
l’agitazione anche per l’incontro con il vampiro millenario, iniziava a farsi
sentire decisi che sarei andata a farmi un bagno nell’enorme vasca con
idromassaggio che c’era nella camera dei miei genitori.
Andai
nella mia stanza e una volta tolta i vestiti mi infilai in un accappatoio. Mi
avviai poi verso la stanza dei miei genitori. Più mi avvicinavo, più mi
sembrava di sentire dei strani suoni provenire dalla loro camera da letto. Chi
ci poteva essere? I miei genitori avrebbero dovuto essere entrambi fuori casa,
come sempre del resto. Spalancai senza indugio la porta e quel che vidi mi fece
rivoltare lo stomaco. Mio padre in piena attività, che si scopava una, che non
era affatto mia madre. Aprendo la porta avevo fatto volontariamente rumore, non
sapendo a quello che sarei andata incontro e mio padre alzò lo sguardo verso di
me.
“Lina…”
mugugnò con un tono di voce esausto.
Piena
di rabbia corsi in camera mia, mi chiusi dentro a chiave e mi rivestii
velocemente. La finestra era aperta e stavano entrando folate di vento sempre
più gelide, come quelle che provavo nel mio cuore. I nuvoloni nel cielo si
erano fatti ancora più grigi, il sole non sarebbe mai riuscito a vincerli.
“Piccola
cos’hai?”
Alec
era appena entrato dalla finestra e mi guardava con aria preoccupata.
“perché
piangi?”
Piangevo?
Non me ne ero accorta. Mi fiondai su di lui e lo abbracciai.
Per
quanto stronza avessi potuto essere in passato e per quanto potessi detestare i
miei genitori. Io avevo sempre creduto che il matrimonio fosse una cosa
splendida. E che una volta promesso davanti a Dio il proprio amore, si avrebbe
cercato per sempre di tenere salda quella promessa.
Aver
scoperto mio padre in quella stanza con quella donna, era stata per me
l’ennesima conferma che la mia famiglia non era altro che una gran cazzata e
basta.
In
lacrime dissi tutto ad Alec.
Restai
per un po’ tra le braccia del mio amore, poi gli dissi:
“forse
è meglio che mi dia una calmata. Il tuo signore ci starà aspettando”
“no
Lina. Non mi sembri ancora nelle condizioni di affrontare Aro. È meglio
aspettare ancora un po’. Ora chiamerò Heidi e le chiederò di avvisare Aro, che
arriveremo stasera . Che potrà pure mandare qualcuno a controllarci, che tanto
non stiamo pensando di scappare.”
E
così fece. Prese il telefono e chiamò questa Heidi. Non appena riattaccò gli
dissi:
“ti
prego, andiamo via di qui”
Senza
rispondermi, mi prese in braccio e saltò giù dalla finestra atterrando
silenzioso in giardino. Era stato fantastico.
Uscimmo
mano nella mano dal cancello e ci avviammo tranquillamente a piedi.
“Lina!”
Mi
sentii chiamare da una voce familiare proveniente dalle mie spalle. Il mio
stomaco si strinse in una morsa.
Mi
voltai e la vidi correre verso di me. Quando si fermò, si accorse anche del mio
accompagnatore.
“oh,
e chi è questo bel giovanotto?”
Tesissima
come una corda di violino dissi:
“mamma
lui è Alec. Alec mia madre Ginevra.”
“piacere
signora” disse lui cortese offrendo la sua mano, che mia madre afferrò
sbigottita, forse dalla bellezza del mio amore. Mi erano ora chiare le doti
vampiristiche di Alec di attirare tutti, anzi tutte.
Prima
però che mia madre contraccambiasse dissi:
“perché
sei qui?”
Lei
mi guardò timorosa e preoccupata, facendomi provare ancora più dolore dentro,
dopo che mi rispose:
“mi
ha telefonato tuo padre.”
“come
scusa?”
Le
dissi gelida ed incredula.
“credo
sia giunto il momento di dirti una cosa, piccola.”
Sentirmi
chiamare così da mia madre mi fece schifo. Sembrava un insulto a confronto di
quando era Alec a farlo.
“cosa
stai dicendo?”
Non
capivo più niente. Che sapesse?
“credo
tu sia abbastanza grande per capire alcune cose, di cui tu ignori l’esistenza”.
Stavo
impazzendo. Non capivo davvero più niente. Il mio cervello non avrebbe retto
ancora per molto. Alec parve accorgersene, e passò un braccio attorno alla mia
vita per sorreggermi. Sapeva sempre cosa fare.
“credo
dovremmo parlare in privato “
Mi
disse mia madre.
“io
ed Alec non abbiamo segreti. Quindi che ci sia o meno non importa, tanto o
prima o dopo verrebbe a saperlo lo stesso.”
Con
aria un po’ tesa e un po’ sognante mi disse che andava bene.
Ci
avviammo in silenzio verso un parco lì vicino, dato che a casa non ci volevo
tornare.
Una
volta seduti su un tavolo di legno stile picnic lei parlò.
“Lina
è molto difficile per me dirti quello che tra poco sentirai. Ti prego solo di
non odiare i tuoi genitori. A modo nostro noi ti vogliamo bene.”
Provai
istintivamente un moto di nausea per quelle parole. Cosa voleva dirmi? E poi
loro mi volevano bene? A modo loro? Si, ma che gran bel modo del cazzo.
Nel
dire quella frase, mia madre era veramente seria. Non credevo di averla mai
vista così. Lei in viso di solito aveva sempre una maschera di beata
superficialità.
“non
ti prometto niente. Vai avanti.” Dissi.
Lei
prese un grosso respiro, poi disse:
“se
ti chiedi, se io so che tuo padre mi tradisce, ti rispondo subito dicendoti si,
lo so. Lo so e non mi da più fastidio
ormai, perché purtroppo non ci amiamo più. Da anni ormai. 12 a dire la verità.”
Ma
che diavolo stava dicendo? Non potevo credere alle mie orecchie.
“cosa…”
provai a dire.
“non
interrompermi ti prego. È già difficile così…”
Allora
tacqui.
“Lina…
tuo padre ha smesso di amarmi, quando ha scoperto di non essere il tuo padre
biologico.”
SURPRIIIIISE!!!!
HA HA HA
Chiedo perdono a chi
si aspettava l’incontro con Aro, ma dovevo inserire questa parte e ho trovato
giusto farlo ora. vedrete come si incasinerà ora la storia, ma almeno in
seguito capiremo molte cose inerenti a Lina.
Fatemi sapere
l’effetto della bomba che ho appena lanciato!!!
Un bacio
Deba