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Autore: Alessia Heartilly    08/03/2011    2 recensioni
"Allora va bene così. Giochiamo a carte scoperte."
In quel momento, Squall non si rese conto del senso nascosto in quella frase, pronunciata con una certa malinconia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Laguna Loire, Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono un marchio registrato Squaresoft, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro. Nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

Nota dell'autrice: sono riuscita a mettere da parte questo plot bunny per tutta l'estate. Solo che adesso non ci riesco più! Lo butto fuori, nella speranza che poi mi lasci in pace e mi permetta di continuare sugli altri miei progetti.
Tutte le informazioni utilizzate per ricostruire la storia di Laguna, Julia, Kiros, Ward, Ellione e Raine sono state tratte dalla Final Fantasy Wiki, versione inglese, alle voci relative ai personaggi. Ho preso informazioni anche per i personaggi principali, dove serviva. Considerate questa nota come valida per la storia intera; magari mi limiterò a dire cosa ho inventato io, per maggior chiarezza. Non starò a ripetere i link alla Wikia ogni volta, dato che saranno fondamentalmente sempre quelli. Utilizzate anche alcune traduzioni dall'Ultimania che potete trovare qui.
Il rating è riferito all'intera storia, ed è suscettibile di cambiamenti (sì, come al solito non so dove andrò a parare XD). La struttura della storia penso possiate capirla anche solo guardando i titoli di capitolo... spero solo di non dilungarmi troppo. Buona lettura e grazie in anticipo!

CARDS
I. Carte Scoperte

Il faro di Balamb gettava fasci di luce nel buio, una conca sul mare che sembrava più azzurro.

Una per una, le luci della città di Balamb si accesero ad illuminare la notte, costellando il cielo blu scuro di punti luminosi che sostituivano le stelle.

Era una piovosa serata di fine settembre. In lontananza, sul fondo del mare, qualche tuono squarciava il cielo; era un momento di luce improvvisa e sinistra che lo lasciava sempre incantato e pieno di adrenalina. Come se il tuono gli desse energia. La pioggia cadeva fitta e fredda, una tipica pioggia d'autunno che lui amava molto. Era così intensa che dalla strada, sulla piana laggiù, sembrava quasi levarsi una nebbia.

Sul promontorio in cui era scavata la Caverna di Fuoco, Squall osservava il temporale che spazzava l'isola, il mare in burrasca che arrivava schiumante di rabbia ad abbattersi sulla spiaggia, il faro sferzato dalla pioggia. Erano quelle le serate che amava di più; quando il tempo era piovoso, quando c'era burrasca, e quando anche dal promontorio si poteva guardare il mare e non vedere altro che mare.

Nelle giornate terse e serene, invece, l'occhio si spingeva lontano, fino a lambire le terre di Dollet, e sembrava che il mare che separava Balamb dal continente di Galbadia fosse uno spazio piccolo, quasi umano. Si poteva vedere il ponte ferroviario che sovrastava il mare e passava per Fisherman's Horizon, e sembrava che l'uomo avesse dominato la massa d'acqua che ora, invece, era così furiosa da arrivare a bagnare anche le rotaie. In giorni come quello, i collegamenti venivano interrotti. E bastava voltarsi, nelle giornate terse, per vedere un accenno del continente di Esthar.

Ma Squall non ci teneva a vederlo, e rimase a fissare il mare in burrasca, il buio che gli celava alla vista Galbadia, e si vedeva solo il ponte, che sembrava pronto a cedere a momenti. Era la potenza della natura che gli piaceva.

Quei momenti in cui la natura era così selvaggia nelle sue manifestazioni da far sentire piccoli e insignificanti, e a lui piaceva perché sentirsi piccolo e insignificante gli faceva ridimensionare i suoi problemi. Davanti al mare che sembrava volersi mangiare l'isola, che cosa potevano mai contare le preoccupazioni di Squall?

Alzò il gunblade e ammazzò un Lesmathor che si era arrischiato ad uscire per trovare un po' di cibo.

Sul promontorio c'era solo il rumore della pioggia; Squall era ormai fradicio, e non tremava di freddo solo per non mostrare debolezza.

Piantò il gunblade nel terreno e chiuse gli occhi, alzando il viso perché il temporale potesse sferzarglielo. Rimase immobile, ascoltando i rumori che provenivano dall'esterno per poter mettere a tacere il tumulto all'interno; non era facile, ma oramai erano anni che ci provava. In quelle occasioni, di solito, arrivava Seifer a strappargli un duello. In un'occasione come questa si era guadagnato la cicatrice sulla fronte.

Sentì avvicinarsi dei passi, ma non si mosse; li aveva riconosciuti. Il modo in cui facevano rumore nell'acqua gli parlava di una persona sola – che cercava insieme di fare in fretta e di non bagnarsi troppo. Poi sentì dei fruscii, un grosso sospiro, e finalmente la persona parlò. "Ti ho cercato dappertutto."

Squall abbassò lentamente la testa e aprì gli occhi. Rinoa gocciolava da qualunque parte del corpo, nonostante avesse cercato di proteggersi con un ombrello; notò che si era alzato il vento. Lei parve rinunciare a coprirsi e lo chiuse, avvicinandosi a lui.

"Sapevi che ero qui," disse lui, con la voce arrochita dal freddo e dal silenzio.

"Non perché me lo hai detto tu," rispose lei, e si avvicinò fino a quando ci furono pochi centimetri tra loro. "Ho cercato di darti un po' di tempo da solo, ma..."

"Sei preoccupata," terminò lui, ma era come se stesse parlando di un'estranea.

Lei sospirò, e si passò una mano tra i capelli per strizzare via un po' d'acqua.

"Ascolta... dirò agli altri che vuoi essere lasciato in pace. Davvero, chiederò a tutti di non parlarti di questa cosa fino a quando non lo deciderai tu. Ma per favore, torna a casa... non mi piace saperti fuori con questo tempo."

Squall annuì, allungando una mano per accarezzarle il viso. Rinoa aveva sempre rispettato il suo spazio; il promontorio era un luogo che lui le aveva mostrato, per il suo compleanno di quasi un mese prima, come un gesto di fiducia che sapesse farla sentire parte dei suoi segreti. Se non sai dove trovarmi, sarò qui, le aveva detto allora, mostrandole la città di Balamb illuminata dal sole e che diventava via via sempre più chiara, al calar della sera, mostrandole le luci che la riempivano come piccole stelle in ogni casa, mostrandole il faro che illuminava il ponte, e Dollet, laggiù in fondo, ed Esthar e il ponte su cui l'aveva portata in braccio. Lei aveva capito e non era mai andata a cercarlo lì, perché quello era il suo luogo, il posto dove rifugiarsi, e lei non voleva metterci piede se non dietro invito.

Solo che stavolta era preoccupata, e tanto, e lui pensava che fosse meglio davvero tornare indietro con lei. Lasciare che lei gestisse la cosa al posto suo. Lasciare che fosse lei a coprire le sue carte oramai scoperte.

"Va bene," sussurrò lui, afferrando l'impugnatura del gunblade.

"Sono venuta in macchina," aggiunse lei, come fosse un pensiero secondario e inutile, stringendosi un po' di più addosso l'impermeabile che non la proteggeva dall'acqua.

"Guido io. Dal garage andrò in camera mia. Raggiungimi lì, per favore," disse lui, prendendola per mano mentre iniziavano la discesa. Si chiese come avesse fatto, Rinoa, a salire lì sopra con un ombrello; era difficoltoso salire e scendere con le mani libere per aggrapparsi ora a una roccia ora a una radice, ma con una mano occupata... immaginò che fosse davvero parecchio preoccupata, per rischiare di farsi male ad ogni passo a quel modo.

Giunti nella piana, Squall lanciò un ultimo sguardo alle luci di Balamb. Salì in macchina, grato del riscaldamento acceso, e partì ancora prima che Rinoa avesse chiuso la portiera. C'era qualcosa che lo tormentava, notò lei, e decise di non dire nulla fino a quando non fosse stato lui a decidere di aprirsi. Arrivarono al Garden in un totale silenzio, interrotto solo dalla ventola del riscaldamento spinta al massimo, per non tremare di freddo nei vestiti fradici.

Al Garage lui spense l'auto, senza far cenno di voler scendere. Rinoa lo assecondò, perché oramai, anche se stavano insieme da pochi mesi, aveva capito com'era fatto: c'erano i lunghi silenzi e gli sfoghi precisi, dritti al punto, senza consumare una parola di troppo. Li custodiva nel suo cuore, cercando di essere rispettosa dei suoi tempi, dei suoi spazi, rinunciando ogni volta al pezzo di uomo ideale che avrebbe voluto avere accanto. Bisognava crescere, nella vita, si diceva allora.

"Lo sapevo," disse lui infine, sottovoce, come se stesse parlando tra sé e sé e non a lei. "Prima di Artemisia, sulla Lagunarock... lo avevo capito. Insomma, più o meno. Kiros e Ward mi dissero che somigliavo a mia madre, e che era una buona cosa non somigliare a mio padre. In quel momento, Laguna ha fatto un movimento che non avrei capito se... se Ellione non me lo avesse fatto vivere sulla pelle."

Silenzio. Fu Squall ad allungare la mano per prendere quella di Rinoa, gelo che stringeva il gelo. Avevano bisogno di una doccia calda.

"Un crampo. Quando Kiros e Ward hanno parlato di mia madre e mio padre, Laguna ha avuto un crampo. Un crampo che ha solo in certi momenti della sua vita."

Rinoa si voltò a guardarlo, e lo vide passarsi una mano tra i capelli, il luccicore del suo orecchino che compariva momentaneamente, e poi il viso di nuovo coperto.

"Non avrei voluto saperlo davvero," terminò Squall, senza spiegare, senza elaborare. Rinoa capì qualcosa – capì che erano poche le scelte che Squall aveva potuto fare nella sua vita, e ancora meno quelle che aveva potuto fare nella missione contro la Strega. Ma non chiedere a Laguna se era vero, fingere di non aver visto e sentito, continuare a essere l'orfano che sentiva dentro di sé era una scelta, e di questo era stato defraudato.

Durante una stupida partita a carte con Laguna.

"Dormi da me?" disse poi lui, togliendo le chiavi dal cruscotto e aprendo la portiera per scendere.

"Sì," rispose semplicemente Rinoa. Scesero insieme dalla macchina, e lei lo raggiunse. Cercò di resistere senza riuscirci alla tentazione di prendergli la mano, e se la portò alla labbra, stupendosi quando lui la attirò a sé e la strinse forte al petto. Alzò esitante le braccia per accarezzargli la schiena, mentre il pelo fradicio della sua giacca di pelle si appiccicava alla sua guancia. "Prenderò qualche vestito asciutto e sarò da te. Vuoi... vuoi che parli anche con gli altri, prima?"

"Vieni da me e basta," sussurrò lui, sfregando il naso contro la sua guancia, fino a lasciarle un bacio sulla tempia. La lasciò andare con una tale lentezza che Rinoa pensò che non volesse realmente farlo.

"Ok. A dopo," rispose baciandolo veloce sulle labbra.

Lui non si mosse fino a quando lei non fu sparita nel corridoio principale.

*~*~*~*~*

Laguna arrivò a Balamb accompagnato da Ellione e dai suoi inseparabili amici con la scusa del torneo di Triple Triad.

Per festeggiare la vittoria sulla strega, la cittadina aveva organizzato un torneo di carte, nella speranza di risollevare un po' il turismo che aveva sofferto del periodo di occupazione e guerra. Balamb si riempì di festoni, di luci colorate, di bancarelle ricche di ogni tipo di oggetto, di cartomanti e prestigiatori, che intrattenevano il pubblico tra una partita e l'altra. Il torneo si svolgeva sul molo, al riparo di strutture in legno create appositamente.

Squall e Quistis avevano deciso di partecipare più per essere stati ufficialmente invitati a farlo che per reale interesse all'evento. I loro amici li accompagnavano, e fu Selphie a notare Laguna per prima. Gli corse incontro gridando "Signor Laguna!" e il Presidente di Esthar non riuscì più a separarsi dal gruppo.

Fu Squall a vincere il torneo. Consegnò la targa commemorativa a Rinoa con una faccia che diceva 'io non so che farmene', e lei ridacchiò, accettando il dono mentre lui sistemava di nuovo le sue carte. Fu in quel momento che Laguna invitò tutti a cena, e Squall lo maledisse tra sé e sé – non vedeva l'ora di tornare a casa e stare un po' da solo. Con Rinoa.

Dopo cena, Selphie propose a Squall e Laguna di fare una partita a carte – perché erano stati davvero bravi quel giorno, e magari il signor Laguna voleva una rivincita?

Squall si limitò a scrollare le spalle, e quando Laguna propose di mettere in gioco la sua targa, accettò senza pensarci due volte – tutto pur di disfarsi di quella roba che aveva rifilato a Rinoa, e che lei aveva probabilmente accettato per gentilezza. Tirò fuori dalla borsa di Rinoa la tavola del Triple Triad, la sistemò sul tavolino e chiese a Laguna con quali regole volesse giocare; era lui l'ospite, e quindi stava a lui stabilire le regole di gioco e di scambio.

"Che regole vigono, qui?" chiese il presidente.

"Carte scoperte e scambio differenza," gli rispose Squall. In occasione del torneo, tutte le regole diffuse erano state azzerate.

"Allora va bene così. Giochiamo a carte scoperte."

In quel momento, Squall non si rese conto del senso nascosto in quella frase, pronunciata con una certa malinconia. Toccava a lui iniziare, e posò la sua prima carta sulla tavola da gioco, premendo poi il tasto per accendere l'indicatore di appartenenza della carta. Aveva scelto il blu.

Laguna giocò quasi distrattamente. Abituato com'era a dover ragionare sul gioco, per via delle regole di Esthar, in grado di lasciarti senza niente se solo perdervi la concentrazione, trovava la sfida poco interessante. Squall vinse senza alcuna difficoltà.

"Proviamo con Mano a Caso?" propose Laguna. Squall scrollò le spalle e iniziò a mischiare il mazzo per la nuova partita. "Hai un modo particolare di giocare," osservò poi Laguna, mischiando distrattamente le sue carte, con lo sguardo fisso su Squall.

"Ah sì?" rispose lui, estraendo cinque carte dal mazzo, senza guardarlo. Laguna lo imitò. Fece ruotare la freccina per stabilire a chi toccasse iniziare, e toccò nuovamente a Squall.

Lo osservò mentre guardava le proprie carte e le sue per stabilire quale potesse essere la migliore mossa di apertura. Squall tendeva a giocare in maniera difensiva. Controllava tutti i valori delle carte, calcolava tutti i possibili risvolti di gioco, e poi, se toccava a lui aprire, posizionava la carta più debole nel punto della tavola in cui era più difesa – possibilmente, dove non poteva passare in nessun modo all'avversario. Era difficile che giocasse in maniera più offensiva – anche se a volte tendeva a posizionare carte che era semplice per l'avversario girare, lo faceva solo se sapeva di poter poi rigirarla a suo favore.

Diceva qualcosa su suo figlio, questo modo di giocare?

"Sì," disse Laguna, posando una carta in difesa, per vedere se riusciva a giocare come suo figlio. "Giochi in difesa. Non ti esponi. Non rischi. Se non ci fosse Mano a caso, sceglieresti carte molto forti, vero?"

Squall stava osservando le carte per la mossa successiva, ma riuscì comunque a rispondere. "È solo un'abitudine. Durante la guerra perdere una carta voleva dire perdere oggetti e quindi magie preziose. Sto semplicemente attento a perdere poco e guadagnare molto," disse, facendo la sua mossa. Era in vantaggio.

"Anche..." Laguna si interruppe, deglutì; il crampo saliva lungo la gamba, concentrandosi nel polpaccio e diffondendosi fino alla coscia, uno spasmo doloroso che lo attraversò come un brivido. Non trattenne una smorfia di dolore. Squall la vide, ma finse di non vederla. Non avrebbe voluto vederla. Era il momento che aveva scelto di non vivere – e che avrebbe dovuto vivere comunque, perché le sue scelte alla vita sembravano importare poco.

"Anche... tua madre... giocava così."

Calò un silenzio irreale nella stanza, in cui l'unico rumore erano le carte che Squall posava sull'area di gioco, e poi quello del pulsante che decretava di chi era la carta. La tavola era piena delle luci azzurre di Squall. Laguna lo assecondò, giocando per perdere, giocando per osservare suo figlio che avanzava verso la vittoria, come aveva sempre fatto, incastrandolo nel ragionamento delle possibilità e dei numeri, perso in un mondo dove tutto era preciso ed era azzurro o rosa, senza sfumature strane nel mezzo.

La partita terminò a favore di Squall. Non avevano stabilito di prendersi le carte del vincitore, quindi spense la sua tavola da gioco, radunò le sue carte, rimise il mazzo nella sua scatola e allungò il tutto a Rinoa, perché lo riponesse nella sua borsa. Lei lo prese con le mani tremanti; c'era una rivelazione nell'aria che Squall non intendeva riconoscere, ma che era lì, sospesa sulle loro vite, in attesa della sua sentenza di condanna o di assoluzione.

"Sei mio padre," disse freddamente Squall, alzandosi. Laguna rimase seduto, inchiodato nell'immobilità dal suo crampo. Annuì soltanto.

"Non..." Squall scosse la testa, come incredulo. Si allungò a prendere la mano di Rinoa e la strattonò per portarla via con sé, facendola quasi inciampare addosso a Quistis. Si fermò quasi sulla porta, senza voltarsi. "Non volevo saperlo. Non so cosa ti faccia pensare che volessi saperlo. Non mi interessa. Per quanto mi riguarda sei morto diciassette anni fa."

Gli amici di Squall offrirono delle scuse veloci, si dissero dispiaciuti per lui, e si affrettarono a raggiungere il Garden. Kiros ordinò una porzione doppia di gelato alla vaniglia, per tirare su il morale di Laguna. Ward lo guardò in un modo che non gli riuscì di decifrare.

Quando i ragazzi uscirono dall'albergo, Squall e Rinoa erano già spariti. Avevano noleggiato una macchina ed erano tornati al Garden; Squall non aveva voglia di parlare con nessuno, e aveva cercato di evitare i suoi amici: sapeva benissimo che non avrebbero esitato a dare la loro opinione. Quando arrivarono, Rinoa aveva le dita intorpidite a furia di tenersi aggrappata al sedile; la velocità non le piaceva. Era ciò che aveva ucciso sua madre.

Squall quasi la trascinò in camera sua, e lei non disse una parola per paura di irritarlo ancora di più. Si ritrovò premuta contro la porta chiusa, baciata con una passione che la lasciò senza fiato e con la testa che girava. Lo sentì ansimare ed era più come se la rabbia non gli lasciasse respiro che non per il piacere. Decise che era meglio non dire nulla, e lo lasciò fare anche quando la spogliò, quasi strappandole i vestiti, e la sollevò per portarla a letto. Cercò di rispondere a baci e carezze con la stessa intensità indotta in lui dalla rabbia, per quanto fosse inesperta e avessero fatto l'amore solo poche volte, prima. Voleva quantomeno lenire il suo dolore, chiuso nel fondo del petto, incapace di esprimersi a gesti che non fossero dedicati a lei, come se dare piacere a lei potesse riscattarlo di ciò che stava soffrendo.

Alla fine, quando finalmente la sua furia si spense e lui tornò a baciarla e accarezzarla con la solita dolcezza, Rinoa ricambiò, soddisfatta ed esausta, e avrebbe giurato che lui stesse piangendo, quando le nascose il viso tra i capelli, sparsi sul cuscino. Non ne era sicura, però, perché il movimento delle spalle poteva anche essere dovuto solo al respiro laborioso. Quando lui rotolò via da lei, aveva il viso asciutto. Non gli disse nulla, e lui non cercò di confidarsi. Allungò un braccio per stringerla a sé, e lei gli posò una mano sul petto.

La mattina si svegliarono al suono di qualcuno che bussava alla porta. Squall le chiese se poteva aprire lei, e annuendo Rinoa si infilò la sua maglia, si accertò che la coprisse abbastanza e uscì dalla stanza da letto per andare a vedere chi fosse.

Era Quistis, ed era molto stupita di vedersi aprire da Rinoa, con la maglia di Squall e le gambe nude, che arrossiva sotto il suo sguardo inquisitore. Si fece da parte e la fece entrare nel piccolo ingresso in cui Squall aveva messo un divanetto; Quistis cercò di non mostrare troppo il suo stupore, e chiese solo, "lui c'è?"

"Sì, ci sono," rispose Squall, avvicinandosi alla porta, vestito di tutto punto. Fece cenno a Rinoa di andare pure, e lei si allontanò, grata di potersi sottrarre agli occhi di Quistis, che parevano giudicarla.

"Cosa c'è?" chiese Squall, ben sapendo che si trattava di Laguna, ma ancora con l'assurda speranza che in realtà lei dovesse portargli un ordine di Cid.

Quistis allargò le braccia, scuotendo la testa, e attaccò a parlargli di Laguna, di come lo avesse fatto soffrire il giorno prima, trattandolo a quel modo, e di come avrebbe fatto meglio a sentire almeno cosa avesse da dirgli, e tutta una serie di cose che Squall smise di ascoltare immediatamente. Quistis allora sbottò, dicendogli che doveva almeno provare ad ascoltarlo per tutti loro, che ancora non sapevano di chi erano figli.

"Quistis," sibilò Squall  quando sentì che la misura era colma. "L'unica persona che ha il diritto di dirmi qualcosa su questa faccenda è di là che si riveste. Stai parlando senza sapere di cosa stai parlando. Quindi se non hai altro da dire, piantala e vattene."

Gli occhi di Quistis fiammeggiarono di un miscuglio di rabbia e dolore, ma lei non cedette. "Siamo tuoi amici, e-"

"Gli altri saranno miei amici, ma tu stai dimostrando di non capire cosa ti dico e cosa provo. Cos'è, vuoi dimostrare che non sei un'insegnante fallita? Hai sbagliato persona," sbottò infine Squall. Se lei veniva in quella che lui considerava casa sua a dirgli cosa fare e cosa dire, ferendolo di fatto come nemmeno riusciva a immaginare, perché lui non poteva difendersi con le stesse armi? Afferrò il suo gunblade e uscì sbattendo la porta.

Rinoa uscì lentamente  dalla camera da letto. Si era già vestita e aveva cercato di dare a Squall e Quistis lo spazio per parlare senza intromettersi; ma il rumore della porta sbattuta con tanta violenza la indusse ad entrare. Quistis era immobile e rigida, in piedi dove lei l'aveva lasciata. "...Squall?" sussurrò appena, come se avesse paura di disturbarla.

Quistis parve riscuotersi. "Se n'è andato. Era molto arrabbiato e..."

"Non è ancora pronto per parlare di Laguna," sospirò Rinoa, passandosi le dita tra i capelli. "È ancora un po' troppo scosso, e ferito-"

"Ferito?" Il tono con cui Quistis ripeté quella parola sembrava di  per sé una ferita. "Ha ritrovato un padre, cosa che tutti noi speriamo di fare ogni giorno. Dovrebbe gioirne."

Rinoa la osservò, e si chiese cosa fosse realmente a muovere Quistis. L'invidia? La gelosia? La sua convinzione di essere davvero nel giusto? Scosse la testa, e provò a spiegarsi di nuovo. "Squall non è voi. Gli serve il tempo di digerire la notizia. Non puoi aspettarti che salti al collo di Laguna, lui... lui non riesce nemmeno a parlarne, ancora."

"Non sembra che tu ci abbia provato molto," disse Quistis tra i denti. Non capiva nemmeno lei perché doveva sempre sfogarsi su Rinoa – lo faceva e basta, come Squall si sfogava su di lei.

Rinoa si raddrizzò, con gli occhi stretti e i pugni chiusi lungo i fianchi. "Adesso stai esagerando. Quello che facciamo io e Squall riguarda me e lui e basta. Tu non hai il diritto di giudicare né me né tanto meno lui. Stai parlando di cose che non sai. Ti basi su quello che pensi che proveresti al posto suo, e non ti rendi conto che in questo modo tralasci quello che lui sta provando adesso per davvero."

"Beh, se tu lo sai quello che sta provando, aiutalo ad accettare la cosa. È la cosa migliore..." cercò di rimediare Quistis. Non voleva davvero offendere Rinoa, era solo che il suo carattere dolce la rendeva più incline a prendersela con lei. Rinoa sapeva essere estremamente combattiva, ma non lo era praticamente mai stata con Quistis; era sempre stato con Squall che aveva fatto le sue memorabili battaglie verbali.

"Quistis, il punto è un altro. Sta a Squall decidere cosa vuole fare. Io posso aiutarlo a gestire la cosa, ma accettarla o no deve essere una scelta sua..."

"Ma non credi anche tu che sarebbe meglio, per lui, avere un padre che sia presente?" domandò Quistis, allargando le braccia, come se davvero non riuscisse a capacitarsi di come né Rinoa né Squall capissero.

"Quistis, io... io non so cosa sta provando Squall. Se provo a pensare che domani potrei vedere mia madre, dopo che l'ho creduta morta tutti questi anni... non riesco a immaginare cosa proverei. Lo desidero, è ovvio, se potessi rivederla sarebbe la cosa più bella del mondo. Ma forse mi sentirei anche tradita, abbandonata, rifiutata... e penso che sia questo che Squall sta provando, quello che ha sempre provato. Magari un giorno accetterà Laguna, ma adesso ha solo bisogno di vivere questa cosa come meglio crede. Ha sempre affrontato le cose a modo suo. Sono sicura che farà la scelta giusta."

"E se così non fosse?" le chiese Quistis, del tutto non convinta.

"Se così non fosse," rispose Rinoa, prendendo le sue cose e facendo cenno a Quistis che avrebbero dovuto lasciare la stanza, "Squall è il mio uomo e io darò a lui il mio sostegno. Starò dalla sua parte, anche se non sarò d'accordo con le sue scelte."

Erano già in corridoio, e Rinoa aveva già chiuso la porta dietro di loro, quando Quistis, convinta che l'amica volesse andare a cercare Squall, le disse quasi compiaciuta di sé, "sarà sicuramente al Centro Addestramento, se vuoi parlargli."

"No, non credo," rispose Rinoa dopo averci pensato un po'. "Squall ha bisogno di spazio e non lo andrò a cercare. E non penso sia al Centro Addestramento, sarebbe troppo facile trovarlo, e lui in questo momento vuole stare solo con i suoi pensieri."

"E tu lo lasci fare?" Quistis non riuscì ad evitare il tono incredulo della sua voce – lei ci sarebbe andata dritta filata a cercare Squall, fosse stata nei panni di Rinoa. Sarebbe andata a cercarlo e l'avrebbe spinto a parlarle e l'avrebbe indirizzato verso la scelta migliore. E Rinoa, dopo tutto quello che aveva fatto perché Squall si aprisse un po' di più, lo lasciava in pace così?

Fu fuggevole il pensiero – lei non era nei panni di Rinoa. E forse era proprio perché lei sarebbe andata a cercarlo che nei panni di Rinoa non ci sarebbe stata mai.

"Sì, perché in questo momento gli devo soprattutto rispetto." Sospirò profondamente, e poi si voltò a guardare Quistis. "Tu non... non hai visto in che stato è. La rabbia, il dolore, la delusione, il rifiuto... in questo momento è davvero tutto troppo grande per esprimerlo solo a parole. So dov'è e non mi preoccupo. Quando inizierò a preoccuparmi, so dove andare a cercarlo." Non le disse che in realtà, sperava di sapere dove fosse Squall, non ne era del tutto sicura. "Quistis, davvero... so che lo fai a fin di bene, ma credo che ora come ora rischiamo solo di peggiorare le cose. La notizia è stata più che sconvolgente, per Squall. Lasciamogli il tempo di assorbirla a modo suo – non è ancora così cambiato da buttarsi a fare discorsi lunghissimi su quello che prova."

Quistis tacque, riflettendo sulle parole di Rinoa. Non era ancora convinta che l'atteggiamento di Rinoa fosse il migliore, in un caso come quello, ma la sua amica aveva passato un'intera notte con Squall... qualcosa doveva pur aver percepito. Scacciò il pensiero che si parò davanti alla sua mente – non era ancora pronta a immaginare Squall tra le braccia di Rinoa, né a ignorare il doppio senso che aveva creato da sola – e sospirò. Tanto valeva concederle il beneficio del dubbio.

"Forse hai ragione," disse. Intanto, però, pensava che forse, il giorno dopo, Squall sarebbe stato più incline ad ascoltarla.

*~*~*~*~*

La pioggia continuava a cadere fitta fuori dalla finestra, e di tanto in tanto un lampo improvviso illuminava la stanza e la nudità di Squall.

Rinoa doveva ammettere che essere lì con lui, al caldo e all'asciutto, dopo il freddo che aveva preso andando a cercarlo, era confortante. E poi lui sembrava quasi più tranquillo, ed era bello stare così vicina a lui, con le mani intrecciate e la sensazione strana che le lasciava sempre tra le gambe. Stava coricata su un fianco, dando le spalle alla finestra, e rispondeva ridacchiando ai baci che Squall non sembrava voler smettere di darle.

Era così, decise, che adorava stare nelle serate di pioggia: nuda nel letto di Squall, abbracciata a lui e ancora calda del sesso, a scambiarsi baci e carezze sotto le coperte pesanti, a godersi il pensiero che fuori faceva freddo, e si alzava il vento, e la pioggia era sferzante, ma lì dentro, in quello che considerava il suo nido, si sentiva una dea venerata e adorata, che si divertiva a scoprire la sua sessualità e amava l'effetto che aveva su di lui.

"Sei più tranquillo?" riuscì a dire Rinoa dopo svariati minuti di baci che le avevano impedito di parlare. Sembrava quasi che lui volesse allontanare il più possibile quel momento. Era strano, ridacchiò Rinoa, che decidesse di farlo con i gesti d'affetto che aveva disprezzato solo poche settimane prima.

Squall smise di baciarla. Fu un passaggio lento, pigro, quasi impercettibile, come se smettere di baciarla fosse previsto fin dall'inizio. Senza lasciarle andare la mano, si stese sulla schiena e la attirò contro il petto. "No, non tranquillo," rispose infine quando ormai Rinoa pensava che non avrebbe risposto più. "Rassegnato, direi."

Lei tacque un momento, come riflettendo su come dire le cose con le parole giuste. "C'è... c'è un motivo per cui mi hai voluta qui anche stanotte? A parte questo, dico," gli chiese infine, accarezzandogli il petto, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.

Lo sentì sospirare, mentre il cuore gli rimbombava in petto e il rumore sembrava possederla e riempirla per farla sentire sicura. "Non volevo saperlo," lo sentì dire poi.

Rinoa attese in silenzio che lui continuasse; capiva che in qualche modo voleva riprendere il filo della conversazione di poche ore prima. Lo sentì girarsi di nuovo sul fianco per potersi confidare guardandola. "È difficile da spiegare," iniziò lui poi.

"Lo capisco," cercò di rassicurarlo.

"Io... lo avevo capito. Osservo le persone e... e lo avevo capito. Ma finché non me l'ha detto poteva anche essere soltanto una mia supposizione. Finché era una supposizione..."

"...Potevi metterla da parte?" gli chiese Rinoa quando lo vide in difficoltà.

"Sì."

"E che cosa ti spaventa del non poterla più mettere da parte?" Una domanda del genere era un azzardo, ma in quel momento Squall era aperto, era vulnerabile, aveva bisogno di lei ma soprattutto aveva bisogno di capire. In quel momento Squall era accogliente e non importava quanto faceva male. Era un dolore che sapeva accogliere.

"Non lo so," disse lui infine, dopo averci pensato su. "Se ci penso, adesso, mi fa solo rabbia... perché mi ha sempre lasciato lì, se poteva venire a prendermi? Per Ellione ha smosso mari e monti. Perché per me non l'ha fatto?"

Rinoa si allungò a baciarlo, perché la domanda sottintesa di Squall in realtà era io non valevo abbastanza? Gemette di sorpresa quando lui la strinse più forte e allargò le gambe quando lui le salì sopra baciandola con una passione che le ricordava tanto quella della sera prima.

Riuscì a fermarlo quanto bastava per dirgli, "forse... forse dovresti solo provare ad ascoltarlo, quando ti sentirai pronto a farlo." Squall la guardò, riflettendo sulle sue parole, e lei colse l'occasione per continuare, "lo so che adesso sei arrabbiato e deluso e ferito, e credimi, è perfettamente normale. Gli altri pensano che sia una cosa bellissima ritrovare tuo padre, ma..." Lo baciò furtivamente quando vide il suo viso contorcersi in una smorfia alla parola 'padre'. "Io penso che non si possano capire certe cose se non le si vive. Per cui... magari ti serve solo tempo. E quando penserai che sia il momento, se vorrai farlo, potrai parlare con Laguna. Non pensare a cosa è meglio per lui – pensa solo a te. Io sono sempre dalla tua parte," terminò.

"Qualunque cosa decido di fare?" le chiese lui. Nel buio, la sua espressione le rimaneva celata, e lei non seppe interpretare il tono della sua voce. Sembrava quasi arreso.

"Certo," rispose immediatamente. Si guadagnò un altro lungo bacio appassionato, e ricambiò con tutto l'amore che provava, perché lui sentisse di valere qualcosa, sentisse che per lei era prezioso e importante e insostituibile e lei avrebbe smosso i mari e i monti di questo mondo e di tutti gli altri mondi dell'universo, per lui. Si ritrovò a muoversi addosso a lui quasi senza averne realmente avuto l'intenzione, e gli tenne fermo il viso con le mani per guardarlo negli occhi mentre il piacere lo trasfigurava, e trattenne il respiro quando lui mosse le mani per stringerle i fianchi e poi i seni, abbandonandosi all'orgasmo subito dopo.

"Rinoa," sussurrò lui, quando avevano a malapena ripreso fiato.

"Mmh?" fece lei, sollevando la testa dal suo petto per guardarlo.

"Gli altri me lo dicono continuamente cosa pensano. Io adesso... voglio sapere cosa pensi tu."

"Oh." Rinoa prese tempo per scegliere le parole, separandosi da lui e stendendosi al suo fianco, accoccolata contro il suo petto. Tirò le coperte sulle loro spalle e poi iniziò, "io credo che tu adesso abbia bisogno di tempo.  Per metabolizzare la cosa con calma e decidere che cosa fare dopo. Io non ho nemmeno la più vaga idea di cosa tu abbia passato in orfanotrofio e di cosa stia passando adesso. Solo tu lo sai, e per questo ti dico che... hai bisogno di tempo. Un giorno riuscirai a pensare a Laguna senza provare rabbia, o rancore, o dolore... allora potrai decidere se vuoi vederlo e parlargli oppure no. Lui capirà. Lui si è preso diciassette anni prima di dirti chi è... tu puoi prenderti il tempo che ti serve. Non sentirti in colpa per questo."

Squall non disse nulla, si limitò a stringerla per ringraziarla in silenzio. Lei ricambiò la stretta, e lui si ritrovò a baciarla di nuovo come poco prima, come se dalle sue labbra dipendesse la sua vita. Era anche per questo che l'aveva voluta lì, quella notte. Era perché aveva bisogno di lei, perché il pensiero che lei andasse a parlare con i loro amici prima di andare da lui gli era sembrato insopportabile, al Garage, e perché la sua presenza, i suoi baci, le sue carezze, i suoi abbracci, il sesso, lo rendevano tranquillo, e si sentiva protetto, e amato, e desiderato – tutte cose che Laguna aveva sbriciolato come un biscotto stantio, e lui voleva solo risentirsi come prima.

Lì nel letto, nudo abbracciato a Rinoa, con la pioggia che slavava la terra, fuori dalla finestra, si sentiva in un modo ovattato dove la sua ragazza lo venerava come fosse il suo dio, un mondo caldo dove lui era al centro dell'universo, e in quei giorni avrebbe voluto non separarsi mai da lei, dai suoi baci e abbracci, e avrebbe voluto continuare a possederla per sentirsi preso da lei – perché era strano, se ci pensava, che nel sesso si dicesse che l'uomo prendeva la donna quando in realtà era il contrario. E sentirsi così preso, così affondato, così completamente circondato da lei gli apriva qualcosa nella pancia che era una sensazione sconosciuta, elettrizzante e serena, capace di cancellare qualsiasi altra cosa.

"Rinoa," sussurrò con la voce roca e il respiro affrettato.

Lei si ritrasse lentamente, appoggiando la fronte contro quella di Squall e sospirando soddisfatta. "Mh?" mugolò in risposta.

"Ti ho voluta qui perché..." Si interruppe perché quell'ammissione era così profonda, così travolgente, così folgorante che lui non sapeva nemmeno se dirlo con quelle parole fosse giusto.

Rinoa aprì gli occhi, gli scostò i capelli dal viso, sfiorando con le dita il suo orecchino e spostandosi per strofinargli il naso contro la guancia. Era in attesa, e Squall intuì che l'avrebbe aspettato anche tutta la notte, se tanto gli fosse servito.

La voce gli si spezzò. "Ho bisogno di te," ammise con la voce così bassa che Rinoa avrebbe potuto tranquillamente pensare di averlo immaginato. Ma lui la strinse a sé così forte, affondando il viso contro la sua spalla, che Rinoa non poté fare a meno di pensare che quel gesto dicesse molto di più della frase che aveva appena pronunciato.

Si stese sulla schiena, tenendolo stretto, e poi sentì le sue lacrime bagnarle la pelle.

"Sono qui, sono con te sempre," sussurrò per cercare di rassicurarlo. Poi tacque, limitandosi ad accarezzargli la schiena nuda. Squall continuò a piangere in silenzio, senza sollevare la testa, senza che ci fosse una minima indicazione nel suo respiro che stesse davvero piangendo.

Rinoa continuò a cullarlo fino a quando entrambi si addormentarono.

*~*~*~*~*

La mattina dopo, Squall sembrava più tranquillo.

Si era svegliato presto, ancora abbracciato a Rinoa, anche se durante la notte avevano cambiato posizione. Si era alzato lasciandola dormire ancora, scivolando fuori dalle sue braccia e dal letto, e lei si era voltata su un fianco, stringendosi al cuscino. Lui le aveva tirato meglio le coperte sulle spalle ed era andato a farsi una doccia.

Quando era tornato in camera, lei era già sveglia e si stava stropicciando gli occhi, seduta nel letto con le coperte tirate sul seno. Lo aveva salutato con un sorriso e gli aveva chiesto se poteva farsi una doccia anche lei, e poi lo aveva lasciato solo, andandosene in bagno avvolta da un lenzuolo, come da luogo comune. Squall aveva notato che Rinoa aveva una sua sensualità naturale, ma che a volte cercava di accentuarla ispirandosi probabilmente a qualche scena da film d'amore. Sorrise: in quei momenti era tenera e buffa, anche se l'unico risultato che voleva ottenere era essere sexy. Gli sarebbe piaciuto farle capire che per lui lo era comunque.

Aprì il cassetto del comodino per prendere un paio di calze, e stava finendo di vestirsi quando Rinoa rientrò, avvolta ancora da una maglia di Squall, buttò il lenzuolo sul letto e gli si avvicinò. "Vuoi fare colazione?"

L'espressione di Squall si incupì appena. "No, non ho voglia di vedere gli altri adesso. E poi... in questi giorni ho lavorato poco. Devo recuperare. Penso che non scenderò nemmeno per pranzo."

"Vuoi che parli con loro?" Rinoa si chinò, per avere il viso allo stesso livello di quello di Squall. Lui la guardò e sospirò profondamente, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi.

"Se ci riesci... mi faresti davvero un favore," le rispose dopo una breve riflessione.

"Va bene," disse lei, e gli si avvicinò, allargando le gambe per potersi sedere in braccio a lui, a cavalcioni. Squall lasciò andare lo stivale che si stava infilando, e che cadde rimbombando nel silenzio della stanza. Lentamente, Rinoa gli circondò il collo con le braccia e si allungò, inarcando la schiena, per baciarlo.

Ecco, erano quelli i momenti in cui Rinoa, ai suoi occhi, era sensuale. Si era mossa con naturalezza, come se gli si fosse seduta addosso così da sempre, e il bacio era dolce ma c'era qualcosa che sembrava tirarlo a lei, qualcosa che gli si muoveva dentro e gli faceva venire voglia di tirarla nel letto, spogliarla e uscire solo quando Laguna sarebbe stato un lontano ricordo.

"Grazie," gli stava sussurrando lei, intanto, a fior di labbra. "Ho passato una notte davvero... splendida."

Squall mosse pigramente la mano lungo la sua schiena, sentendo la sua pelle calda della doccia sotto alla stoffa sottile della maglietta. Arrivò alla coscia, lasciata nuda, e risalì lentamente, camminandole scherzosamente con le dita sulla gamba, intrufolandosi sotto alla maglia per salire sempre più fino ad arrivare a sfiorarle il sesso. Era nuda, sotto.

"Anche io ho passato una notte splendida," riuscì a dire, muovendo distrattamente le dita sotto alla maglia. Rinoa non si mosse, non fece nulla né per fermarlo né per incoraggiarlo. Lui continuò a giocare sulla sua pelle, lasciando scivolare ogni tanto un dito tra le gambe della sua ragazza, che si chinò a baciarlo di nuovo. Era diverso, così. Il sesso era sempre stato qualcosa di esplosivo, qualcosa di veloce che aveva saputo essere tanto doloroso quanto piacevole. E Squall era sempre stato particolare, in quei momenti – era stato come la differenza tra le magie donate loro dai GF e la magia pura e primitiva che le scorreva dentro da qualche mese. Squall diventava così, puro e primitivo, ed era acceso e potente nel letto tanto quanto sapeva essere distaccato e freddo fuori. Era come selvaggio, ma selvaggio non era la parola giusta, pensò Rinoa, scivolando sulle sue gambe fino a spingere il bacino contro quello di Squall. Lui reagì spostando le mani dai fianchi al seno, con un movimento lento che la fece gemere a lungo. Sentì le sue dita sfiorarle i capezzoli e poi le sue labbra divorarle il collo. Squall era come selvaggio, nel sesso, preciso e definito, dritto al punto, come quando giocava a Triple Triad passando all'attacco di un avversario che aveva perso in partenza.

Ed era innocente, ed era questa la cosa più bella. Squall la toccava per il piacere di farlo, senza stare a pensare se fosse giusto o sbagliato. Era la cosa che l'aveva stupita di più, quella notte sul promontorio, sotto le stelle, dopo che lui le aveva mostrato il suo luogo segreto. Squall diventava aperto, si permetteva di essere vulnerabile, si permetteva di sussurrarle che aveva bisogno che lei lo toccasse, e a volte sembrava così indifeso, tra le sue braccia, che Rinoa si chiedeva se non gli avesse fatto del male, e subito dopo voleva che quel contatto così intimo potesse inglobarlo completamente, per proteggerlo da tutto ciò che poteva ferirlo – inclusa lei stessa.

"Vuoi farmi iniziare bene la giornata?" sospirò quando lui iniziò a baciarla più delicatamente, e spostò le mani sul suo corpo per sollevarle la maglia.

"Sì," rispose soltanto lui. Preciso, definito e determinato mentre aggiustava la posizione di Rinoa per penetrarla. Preciso, definito e determinato mentre si muoveva lentamente, le baciava il collo, il seno, i capezzoli.

Lui era completamente vestito, riuscì a pensare Rinoa, e lei completamente nuda, e in quel momento erano esposti e fragili, ma tutto quello che contava era uscire da quella stanza con la scia di un orgasmo addosso. Rinoa avrebbe voluto che lui si stendesse, avrebbe voluto muoversi su di lui a suo piacimento, ma Squall era ancora seduto, muoveva appena i fianchi contro di lei, apriva la bocca per succhiarle un seno e lei riusciva soltanto a infilargli le mani nei capelli e fargli capire che lo voleva più vicino, più dentro, più insieme, più tutto.

Il sesso così non era un'esplosione, era come un'arrampicata verso qualcosa che non sembrava arrivare mai, e Rinoa si avvicinava ansimando, con la voce bassa e calda di Squall che gemeva, ogni tanto, riempiendole il corpo di brividi che crepitavano ovunque, come allontanandosi da un centro, e poi andavano a finire tutti in mezzo alle sue gambe, dove c'era lui – anche se in quel momento lui sembrava essere ovunque, dentro e fuori. Il sesso così era una tensione infinita, lacerante e meravigliosa, che non conosceva dolore – ne aveva sempre sentito un po', prima – ma soltanto piacere e anche quel piacere era diverso, come più pieno, come più irraggiungibile, come più a portata di mano.

Si lasciò andare contro di lui, lasciandogli fare quello che voleva, perché tanto era comunque ridotta a una creatura impotente, in balia dei suoi desideri. Quando finalmente lui si lasciò andare e caddero sul letto, lei riaprì gli occhi annebbiati dall'orgasmo e lo guardò sorridere.

"Puoi dormire ancora un po', se vuoi," le sussurrò lui baciandole la fronte.

Rinoa ridacchiò. "Sì, magari sto qui un po' per riprendermi," gli sussurrò a sua volta, adorando immediatamente il sorriso di Squall e il rossore leggero del viso. "Stai con me?"

"Solo poco, però, devo andare," le rispose lui, avvicinando il suo corpo nudo al proprio, cercando di capire come dovesse sentirsi lei a essere senza vestiti mentre a lui mancava solo uno stivale. Ridacchiò leggermente al pensiero.

"Che c'è?" disse lei, sollevandosi a guardarlo.

"Niente," rispose in fretta lui. Passarono alcuni minuti di silenzio prima che lui si liberasse dall'abbraccio e si rimettesse a sedere sul letto per tornare a infilarsi lo stivale che aveva lasciato cadere prima.

"Parlerò con gli altri," disse solo Rinoa, allungando una mano ad accarezzargli la schiena.

"Rinoa..."

Aveva iniziato a parlare senza aver realmente pensato a come dirglielo. Non voleva offenderla, farle pensare proprio quello che non voleva che pensasse, però voleva anche che fosse chiaro, che lei non avesse alcun dubbio.

"Mh?" disse solo lei, dopo alcuni minuti.

Lui parlò senza voltarsi a guardarla. "Questo era... non serviva a farti iniziare bene la giornata," iniziò riallacciandosi alla battuta di lei. "Non... non voglio che pensi che ti ho usato."

La sentì circondargli la vita con le braccia, strofinare la guancia contro la sua schiena. Avrebbe voluto non avere addosso la giacca, per poterla sentire di più. Allungò le mani a sfiorare quelle di lei.

"Non lo penso. So perché mi hai chiesto di restare. Lo capisco. Non mi hai usato. Non lo penserei mai, sciocco." Lo baciò leggermente sul collo, e poi lo lasciò andare. "Fila a lavoro, adesso," ridacchiò.

Lui le trattenne una mano, se la portò alla bocca e le sfiorò sul dorso, "vieni a pranzo nel mio ufficio? Non avrò molto tempo, ma almeno..."

"Sarò lì all'una, quando finirà la mia lezione. Va bene?"

"Perfetto."

Non era poi così difficile ammettere di aver bisogno di lei, pensò uscendo dalla camera da letto, rubando uno sguardo fugace di Rinoa che si infilava la sua maglia per rifare il letto. Anzi.

Era quasi liberatorio, e non si rese conto del suo sorriso fino a quando non si specchiò nei vetri dell'ascensore.

*~*~*~*~*

Rinoa guardava l'orologio ogni due minuti da almeno mezz'ora.

Quando finalmente la lezione finì, radunò i suoi libri in fretta, li infilò a casaccio nella borsa, si fiondò fuori dalla classe e giù dalle scale, troppo impaziente per aspettare l'ascensore. Arrivò alla mensa trafelata, prese il cestino che aveva chiesto le preparassero fin dalla mattina e volò di nuovo verso l'ascensore, per poter riprendere fiato prima di arrivare all'ufficio di Squall.

Era serena, felice – la giornata era iniziata bene, pensò ridacchiando, e anche a colazione chiedere agli altri di lasciare in pace Squall, per un po', era stato meno difficile del previsto. Erano stati tutti piuttosto comprensivi; Zell era stato il primo a dirsi d'accordo – ricordava benissimo come si era sentito quando aveva scoperto che i suoi genitori non erano i Dincht. Selphie era dispiaciuta per il signor Laguna, ma comunque comprendeva che Squall era fatto così. Il suo ottimismo naturale le faceva credere fermamente nel lieto fine in cui Squall avrebbe chiamato Laguna 'papà' e tutti vissero felici e contenti. Irvine l'aveva buttata sul ridere, sottolineando che d'altra parte anche per convincerlo a stare con lei avevano dovuto persino inventarsi musicisti. Potevano sempre dare il bis per ricongiungerlo a Laguna, se serviva.

Era Quistis che la preoccupava un po'. Alla sua richiesta aveva solo annuito, presa dalla sua tazza di caffè e dall'orario delle lezioni mattutine; sembrava che non ascoltasse, ma Rinoa sapeva che in realtà ascoltava cercando di non darlo a vedere. Come se la cosa non le interessasse. Aveva paura che sarebbe tornata alla carica con Squall – era convinta di avere ragione, Quistis, e soprattutto riteneva di sapere da sempre cosa era meglio per Squall. Non si era ancora resa conto che Squall era fuori a metà dal suo guscio, ma la metà che era già fuori era perfettamente indipendente, formata, in grado di decidere e difendersi. Quistis avrebbe preferito lo studente taciturno e scontroso di cui sapeva prevedere i comportamenti. Ma davanti aveva il leader che, anche se non proprio totalmente sicuro di sé, sapeva scegliere e sapeva scegliere bene. Stava diventando un uomo, e anche se i tratti spigolosi del suo carattere si erano ammorbiditi, quando si arrabbiava era perché le persone andavano a toccarlo sul personale, e quando succedeva lui diventava davvero un leone, che spalancava le fauci per difendersi.

Scosse la testa per accantonare quei pensieri: voleva dare a Squall almeno un'ora di svago, di serenità, di sollievo dal lavoro. Uscì dall'ascensore, sistemandosi il cestino e la borsa dei libri su un braccio, quando sentì una porta chiudersi con forza in corridoio. Alzò lo sguardo.

Quistis.

Usciva dall'ufficio di Squall con un'espressione furiosa sul volto. Si dirigeva a grandi passi verso l'ascensore, venendole incontro come senza vederla, e Rinoa capì immediatamente cosa era successo.

Era andata da Squall a parlargli di Laguna.

Avrebbe volentieri gettato a terra libri e pranzo, ma cercò di trattenersi. Quistis la salutò a denti stretti passandole accanto, ma lei l'afferrò per un braccio costringendola a fermarsi. "Voglio sperare di sbagliarmi," sibilò, senza alzare lo sguardo a guardarla. "Ma ti giuro che se sei andata a incasinare Squall un'altra volta te la dovrai vedere con me."

La lasciò andare prima che Quistis potesse aprire bocca per risponderle. Sospirò profondamente per calmarsi prima di entrare da Squall, e poi si avviò senza dire altro verso l'ufficio.

Ancora prima che entrasse, Quistis era sparita dentro l'ascensore.

*~*~*~*~*

Rinoa uscì dall'ufficio lisciandosi i vestiti.

Squall era stato irrequieto, e non appena aveva alzato lo sguardo, quando era entrata, per assicurarsi che non fosse ancora Quistis, le aveva chiesto di chiudere a chiave. Rinoa aveva posato il cesto e i libri per terra, aveva chiuso la porta e si era praticamente fiondata su di lui. Gli si era seduta in braccio, e lui aveva affondato il viso contro il suo seno, respirando profondamente mentre lei gli accarezzava lentamente la nuca.

Cosa era saltato in mente a Quistis? Aveva distrutto in dieci minuti quello che avevano ottenuto in due giorni. Rinoa aveva continuato a consolare Squall fino a quando il suo respiro era tornato normale, e quando lui aveva alzato lo sguardo era stata così materna, accarezzandogli i capelli e il viso, che lui le aveva chiesto se voleva mangiare con la voce spezzata da un singhiozzo.

Rinoa amava Squall – e non aveva paura di usare una parola così importante e profonda e abusata dopo pochi mesi – proprio perché lui sapeva farla sentire in decine di modi diversi. Riusciva a farla sentire bellissima e sensuale quando le mostrava di desiderarla, riusciva a farla sentire importante e preziosa quando le rivelava i luoghi nascosti della sua anima, riflessi nei promontori di Balamb, riusciva a farla sentire materna quando si aggrappava a lei così, come se lei fosse l'ultimo baluardo, riusciva a farla sentire sbarazzina quando la prendeva in giro, e riusciva in generale a farla sentire una regina.

Per questo, decise scendendo le scale, lo avrebbe difeso con le unghie e con i denti, e si sarebbe anche scarnificata le mani nel difenderlo.

Non era più furiosa, adesso, era solo triste, e delusa, e stanca, e irritata. Ma man mano che si avvicinava alla stanza di Quistis, la rabbia e la determinazione crebbero, e si trovò a bussare con più forza di quanto avesse inteso.

Quistis aprì la porta, e quando vide chi era si limitò a dire sbrigativa, "scusami Rinoa, ma sono davvero impegnata-"

Rinoa la interruppe spingendola dentro la stanza e chiudendosi la porta alle spalle.

Fu in quel momento che Quistis ebbe quasi paura – perché c'era una determinazione sul volto di Rinoa, e i suoi occhi erano così scuri e stretti che temette volesse colpirla.

Quando parlò, sembrava quasi che ringhiasse. "Che sia chiaro una volta per tutte, Quistis."

Si avvicinò a lei e si scostò i capelli del viso. Nella stanza in penombra sembrava anche più minacciosa. "Quando stamattina vi ho chiesto di lasciare in pace Squall sulla storia di Laguna l'ho fatto perché volevo essere ascoltata. Non so cosa ti ha fatto pensare che se ci avessi parlato tu lo avresti illuminato, ma non è stato così."

Quistis fece per dire qualcosa, ma Rinoa alzò una mano per bloccarla. "Non mi interessa se ti ha detto qualcosa che ti ha ferito – francamente tu hai ferito lui come nemmeno riesci a immaginare. Il concetto è molto chiaro, Quistis: capisco che per qualche ragione tu credi che Squall dovrebbe accettare suo padre dimenticandosi di aver passato anni in un orfanotrofio, ma ti ribadisco che ti ostini a non vedere cosa lui sta provando davvero. Te l'ho detto anche ieri e a quanto pare non mi hai ascoltato. Te lo ripeto oggi. Fagli del male a quel modo un'altra volta e giuro che non mi limiterò a fartelo capire con le buone."

In quel momento Rinoa era come trasfigurata. Quistis la osservava, presa in mezzo tra il temerla e l'ammirarla, e si rese conto che non la stava minacciando. In realtà era una persona fragile che difendeva una persona fragile. E quando queste cose venivano fatte per amore, evidentemente, le persone guadagnavano una forza che altrimenti non avrebbero avuto. Rinoa era sempre stata dolce e arrendevole, con lei, ma adesso era diventata ancora più combattiva di quando aveva litigato con Squall, quei primi mesi di amicizia forzata.

"Smettila di parlare di Laguna con Squall. Lo farà lui quando sarà pronto. Sono stata chiara, Quistis?" sibilò infine Rinoa.

"Sì," rispose Quistis, cercando di non dare a vedere quanto fosse impressionata. "Pensavo solo-"

"Sì, lo so cosa pensavi. Di sapere cosa fosse meglio per Squall." Rinoa allargò le braccia, scuotendo la testa. "Squall è un uomo ormai, e non ha bisogno che tu gli dica cosa fare. Per favore, Quistis... se continui a distruggere i pochi passi avanti che riusciamo a fare, non verrà mai il giorno in cui Squall non proverà rancore o rabbia. Lascia che affronti la cosa con i suoi tempi. L'ho chiesto a tutti a nome suo. Fallo perché altrimenti lo perderai anche come amico."

Rinoa non le lasciò il tempo di rispondere. Si voltò, aprì la porta e se ne andò.

Quistis rimase a pensare che aveva appena avuto di fronte una leonessa, ed era l'unica leonessa di Squall. Aveva ragione, Rinoa? In fin dei conti lei davvero non sapeva cosa stesse provando Squall. Forse nemmeno lui stesso lo sapeva, però c'erano tante cose di quella situazione che dovevano essere messe al loro posto: sapere come mai Laguna non era tornato, capire se, alla partenza, sapeva che Squall stava per nascere, capire come era morta Raine, capire il ruolo di Ellione... immaginava che, al posto di Squall, lei quelle cose avrebbe voluto saperle. Ma non era forse quello, il punto? Lei non era al posto di Squall. Lui aveva una specie di famiglia, lei invece aveva come unico riferimento due genitori adottivi con cui non era mai andata d'accordo.

Capiva la reazione di Rinoa, ma allo stesso tempo pensava che, comunque, qualcosa di giusto ci fosse anche in quello che pensava lei. Squall era ancora, in parte, quel ragazzo chiuso e taciturno che lei sperava di capire un po' di più, prima che tutto venisse buttato loro addosso. Lo Squall che conosceva lei non avrebbe mai più nominato Laguna nemmeno per sbaglio, e avrebbe aggirato il problema, lasciandoselo alle spalle senza averlo risolto.

Però, vedere Rinoa, rivivere il momento in cui l'aveva spinta nella camera...

Rinoa proteggeva Squall. Aveva intuito qualcosa, vedeva qualcosa di diverso da lei, si metteva nella prospettiva di Squall e andava da tutti loro a chiedere che non gli parlassero di Laguna per un po', perché lo avrebbe fatto lui, quando fosse stato pronto.

E il fatto che Rinoa avesse una certezza adamantina che lui sarebbe stato pronto, un giorno, rimetteva le cose in prospettiva, anche per Quistis. E le permetteva di capire una cosa.

Lei non sarebbe mai riuscita a capirlo così. A difenderlo così. Ad accettarlo così.

Ad amarlo così.

Tornò ai suoi test da correggere con un macigno sul cuore.

*****
Nota dell'autrice: ed eccoci insomma.
Questa storia nasce da un'idea che mi venne riflettendo su Seifer per scrivere Hallelujah. La cosa è particolarmente buffa, se pensate che la storia è su Squall e Laguna, e Seifer non ci comparirà mai nemmeno per sbaglio, ma vabbè XD
Comunque. A partire dal Triple Triad si sviluppa la relazione tra Squall e Laguna, con inserimento di momenti passati. Speriamo non venga malissimo. Questo è il concetto fondamentale.
Come al solito grazie a Little_Rinoa che oltre a betarla si sorbisce i miei sproloqui in chat sulle storie che scrivo o penso di scrivere, e come sempre, il post in cui risponderò a domande, dubbi, critiche, commenti eccetera eccetera. Alla prossima! – Alessia Heartilly

   
 
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