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Autore: Morgana dei Ghiacci    08/03/2011    7 recensioni
"Berlino, 1940. Sasuke Uchiha camminava veloce verso casa, aveva al massimo cinque minuti prima che suonasse il coprifuoco. Una minima infrazione avrebbe potuto metterlo sotto i riflettori…e farsi notare avrebbe certamente voluto dire una cosa sola: morte."
NaruSasu ambientata nell'Europa di Hitler e della caccia agli ebrei. Se state cercando una stoiella leggera, forse questa non è adatta!
Genere: Guerra, Storico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Dato che per un bel pò non riuscirò ad aggiornare nulla, vi lascio con questo capitolo fresco fresco!



3.

Sasuke, barcollando, con i polsi tumefatti dalle catene e sanguinanti, venne trascinato in una fila: con lui, solo uomini e ragazzi appena adolescenti, in una fila altrettanto lunga accanto, le donne. Poi i bambini.                 
E soldati e cani e fucili e pianti.
Tutti si fissavano negli occhi aspettando di svegliarsi da quell’incubo e di sentirsi dire che andava tutto bene. Nessuno l’avrebbe fatto.

La colonna procedeva lenta, quasi esasperante, fino a che Sasuke si trovò davanti ad un grasso tedesco biondo e glaciale, circondato da soldati armati…e di colpo al ragazzo sembrò che qualcuno avesse abbassato bruscamente il volume dei suoni che lo circondavano…e che qualcuno avesse oscurato l’ambiente…esistevano solo quegli occhi crudeli su di lui…

Un solo sguardo, una sola parola sancirono il destino del moro…


“Idoneo”

**********************************************************************************

Venne portato, insieme a pochi altri prigionieri, in uno stanzino freddo e umido e fu costretto a spogliarsi completamente, a consegnare tutto ciò che aveva con sé, anche i documenti, anche l’orologio che suo padre gli aveva donato tempo addietro.
In quel frangente non si sentì più nessuno, non era più nessuno.

Lo rasarono da capo a piedi. Lo gettarono sotto una doccia ghiacciata.
Ricevette due stracci con cui rivestirsi e degli zoccoli in legno. Per vermi come loro, era fin troppo.
Tremava per il freddo.

E poi un numero, inciso senza riguardo sul braccio sinistro: 1411821.

Ich bin niemand. Io non sono nessuno.

***********************************************************************************

I giorni, o forse i mesi, Sasuke ormai non sapeva più dirlo, si susseguivano uguali e implacabili, spettatori del suo dolore e del dolore di migliaia di prigionieri.
Sua madre era stata subito mandata ai forni…l’aveva vista in fila, pochi giorni dopo il suo arrivo…fiera e determinata come solo lei sapeva essere…e aveva tentato di raggiungerla, ma un soldato l’aveva colpito, facendogli perdere i sensi.
Quella fu l’ultima volta in cui la vide.

Inaspettatamente nel campo aveva ritrovato anche Kakashi, magro e provato, ma ancora vivo.  Insieme si trascinavano avanti…in quel luogo dove la morte era ovunque, manifesta, sussurrata, sotto gli occhi, dietro ogni angolo… in ogni mente…nello sguardo di tutti.

Ogni giorno persone arrivavano, ogni giorno pezzi* morivano.

Ogni giorno il fumo si levava dai forni verso il cielo, e il loro rumore scandiva il tempo, giorno e notte.

E poi arrivò l’inverno.

Sasuke venne colpito da una febbre altissima…lo stava portando alla morte, debole come era diventato.
E  lavorare ogni giorno almeno 20 ore con i piedi immersi nella neve non l’avrebbe di certo aiutato a riprendersi…ma in fondo era quello che tutti si aspettavano no? Che loro, sporchi ebrei, morissero…i Nazisti che avrebbero risparmiato tempo e denaro, gli altri detenuti, per avere più cibo…e persino lui che nella morte aveva imparato a vedere l’ultima speranza. Fu di nuovo Kakashi a salvarlo: riuscì ad ottenere un favore - in cambio di cosa, non glielo disse mai – da uno dei kapò*del loro blocco e lo fece mandare in una catapecchia, fredda e cadente almeno quanto le altre, che fungeva da infermeria, ma dove almeno lo avrebbero esonerato dal lavoro.

E fu lì che lo incontrò di nuovo.

Non si era dimenticato di lui, oh no…quello sguardo l’aveva perseguitato quasi ogni giorno…ma il biondo era un soldato nazista, orgoglio della Germania, e Sasuke era ormai certo di essersi immaginato, forse in un momento in cui non cercava altro che uno sguardo amico, quegli occhi combattuti e infinitamente tristi…i nazisti non avevano sentimenti. L’aveva appreso fin dalle prime ore, in quel luogo.

Eppure…lo vedeva assistere come poteva i detenuti, in segreto, guardandosi intorno di tanto in tanto. Se ne fossero venuti a conoscenza, i suoi superiori non avrebbero punito lui - era una preziosa pedina del Fürer, dopotutto - ma i prigionieri…sarebbe stata un’occasione troppo perfetta per lasciarsela sfuggire…e di certo non era questo che voleva.

Steso su una scomoda branda, tremando ad occhi socchiusi per il freddo e la febbre lo sentì avvicinarsi, bello  e con quello sguardo che stonava terribilmente sul suo viso da bambino…e, inspiegabilmente, Sasuke sentì l’impulso di cancellargli quell’espressione dal volto, consolarlo…anche se a rigor di logica sarebbe dovuto essere lui stesso quello da consolare…quel ragazzo era un suo nemico, dannazione! Avrebbe dovuto odiarlo, maledirlo nel nome di quel ‘Dio degli eserciti’ in cui gli era stato insegnato ad aver fiducia da bambino e in cui ora non credeva nemmeno più.

E invece no. Non ci riusciva.

Rimase immobile a fissarlo mentre si accostava al letto e gli stendeva sopra un’altra coperta, placando almeno un poco il freddo: aveva i capelli del colore del Sole e gli occhi colore del cielo…tonalità che Sasuke non vedeva da tanto tempo in quel luogo freddo e grigio. Le guance solcate da cicatrici leggere, quasi dei baffi…e assurdamente il moro si ritrovò a pensare che quel soldato assomigliava davvero tanto ad una volpe…stava indubbiamente delirando.
Rivolse a Sasuke uno sguardo dolce, che lo fece sussultare, preso alla sprovvista: si aspettava che da un momento all’altro quel sorriso si sarebbe tramutato in un ghigno crudele e che il biondo l’avrebbe picchiato con disprezzo, fino ad ucciderlo. Ma non accadde.
Invece, il ragazzo parlò: “Senti ancora freddo? Vuoi un’altra coperta?”
Il moro non sapeva cosa rispondere: e se fosse stata una trappola? Leggendogli la paura negli occhi, il soldato si affrettò a rassicurarlo: “Tranquillo, non ti mangio! Voglio solo sapere se ha bisogno di qualcosa”
Sasuke fece segno di no…la sua voce sembrava sparita. La stanchezza gli pesava sulle palpebre, ma lo spirito di sopravvivenza urlava nella sua testa di non cedere: se si fosse addormentato, non avrebbe rivisto la luce del giorno…ma a che pro poi continuare a vivere?
Il biondo gli posò le mani sulle spalle magre, spingendolo delicatamente con il capo sul cuscino: “Ora dormi” gli sussurrò. E la debolezza prese il sopravvento, immergendolo in un sonno profondo, dopo molto tempo libero dagli incubi.
 

Note:
*pezzi:  stück. Con questo termine venivano definiti, nel gergo dei campi, i prigionieri; non erano più esseri  viventi ma cose. 
*kapò: detenuti che nel campo avevano ruoli di controllo sugli altri prigionieri, spesso perpetrando vere e proprie violenze degne dei nazisti


********Angolino dell'Autrice**********
Mentre la mia gatta tenta in tutti i modi di staccarmi a morsi le dita dei piedi (simpaticona -_-), ne approfitto per ringraziare  tutti quelli che mi hanno commentato, messo tra i seguiti, i preferiti ecc...abbiate paz ienz a, tornerò prima o poi! (forse) XD A presto!
Kisu


Kisuki XD
  
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