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Autore: Lady Snape    09/03/2011    2 recensioni
Preston A. Lodge III, il banchiere, il direttore dell'albergo di Colorado Springs, ricco, bello, raffinato... eppure qualcosa non quadra a dovere. Dopo la bancarotta del 1873, bisogna riprendere in mano la situazione, far ripartire gli affari e, possibilmente, liberarsi dai debiti. Ma come? A voi la possibilità di scoprirlo leggendo questa Fanfiction!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ passato tanto tempo, lo so, ma gli impegni lavorativi e universitari hanno la precedenza. Non ho avuto molto tempo per scrivere, più che altro passavo giornate al computer per altri motivi e starci ancora mi angosciava. Questo capitolo era pronto da un po’, ma non avevo modo di pubblicarlo. Ora eccolo qui!

Ringrazio ancora ManuBach96 per il chiarimento! ^^

Spero che l’aggiornamento sia gradito! Eva e Preston fanno un po’ di conti e c’è qualcuno che forse sta comprendendo qualcosa…

 

Buona lettura!

 

5 capitolo – IL TERRORE DELL’ATTESA

 

Non aveva mai pensato a come si sarebbe svolta la cerimonia del suo matrimonio. Non aveva mai immaginato esattamente quello che sarebbe successo o quali fiori avrebbero composto il suo bouquet. Forse semplicemente in quel momento non ricordava di aver mai pensato alla cerimonia, probabilmente perché era sicura che una sensazione nauseante, come quella che provava in quel momento, non facesse parte dell’atmosfera tipica delle nozze.

Eva era diventata nervosa dopo l’incontro con il Reverendo. Marciava avanti e indietro nella sua stanza, provava a sedersi allo scrittoio, nel tentativo di lenire quella strana sensazione grazie al romanzo che via via era stato imbastito durante gli ultimi mesi. Purtroppo non riusciva a pensare ai suoi personaggi. Non riusciva nemmeno a leggere un libro che parlasse in qualche modo, anche solo di sfuggita, di matrimonio, che il suo pensiero tornava a ripiegarsi sulla sua situazione bizzarra.

Era stato quasi facile prendere una decisione del genere, promettere e firmare delle semplici carte per salvare la pelle e la reputazione alla sua famiglia, ma la realtà, ciò che davvero avrebbe dovuto fare per mettere in pratica le sue promesse, le piaceva davvero poco. Si era ritrovata a riflettere se una parte del suo animo non avesse sperato di restare nubile, quantomeno per poter pensare a sé stessa senza interferenze, senza compromessi e senza doveri verso altre persone. Si fermò a pensare all’esempio che le aveva lasciato sua madre e no, lei non era stata affatto una donna che avrebbe potuto scegliere una vita solitaria, una vita indipendente e priva di quelle favole romantiche che, in un certo senso, l’avevano pesantemente contagiata. Lei era una donna sì indipendente, sì forte, ma che conservava quella strana predisposizione ai sogni ad occhi aperti e, inutile negarlo, credeva ancora al principe azzurro. Mentre altrove le suffragette combattevano per far valere i diritti politici e civili delle donne, Eva era capace di perdersi nei meandri dell’Eros con enorme facilità. Aveva trovato il modo, bisogna dirlo, di convogliare tutti questi pensieri tinti di rosa nei suoi libri, mitigando l’eccessivo miele con trame complesse e avventure mozzafiato, ma sempre favole d’amore erano.

Uno dei suoi problemi più grossi in quel momento era la convinzione che non stesse per sposare il principe dei suoi sogni. Onestamente non conosceva affatto Preston e quelle poche settimane, passate in un paesino dimenticato da tutti, non erano bastate a far scoccare la scintilla dell’amore, come accadeva nei romanzi più comuni. Sposare un uomo era una cosa seria, molto seria, con cui fare i conti tutte le mattine al risveglio, durante le giornate e ogni volta che si chiudevano gli occhi nel tentativo di addormentarsi. Già, dormire, dormire insieme e nello stesso letto. Questo era un problema imbarazzante oltre ogni dire, tanto che non credeva che sarebbe riuscita a discuterne con Mr. Lodge. Una parte di lei, però, credeva che nemmeno lui sarebbe stato capace di parlarne; le sembrava particolarmente imbarazzato dalla situazione: subito dopo essere usciti dalla chiesa, non era riuscito più a guardarla negli occhi. Se possibile, il loro rapporto era decisamente peggiorato.

                < Quindi ti sposi. > Dorothy era al Gazette con le braccia conserte a fissare l’uomo che leggeva gli annunci pubblicitari in fondo alla pagina dell’ultima stampa del suo giornale. Se c’era qualcosa che la donna sapeva annusare nell’aria molto bene erano le storie strane: più c’era qualcosa di bizzarro e più lei tentava di scoprire la verità. Non era sicura di essere capace di indagare nell’animo di Eva, perché aveva parlato con lei troppo poco, ma Preston lo conosceva benissimo.

< Sì, martedì. > si sentiva la gola secca. Di certo non aveva l’aria di quello che era felice di sposarsi. A dirla tutta gli bruciava molto il fatto che fosse stato suo padre a trovargli una moglie. Ok, lo ammetteva: i suoi affari stavano andando male, il Dr. Mike, con il suo fido consorte Sully, si era messa a mettergli i bastoni tra le ruote volendo istituire un parco includendo la sua proprietà, ma essere costretto a sposare una sconosciuta era troppo, anche per lui.

< Non mi sembri contento. > la giornalista pronunciò queste prole quasi con tono accusatorio, quasi rimproverandolo.

< Troppo lavoro. > tagliò corto, sapendo benissimo che Dorothy era davvero sicura di quello che pensava e Preston sapeva che era la verità: non era affatto contento.

                Camminò a passo svelto dirigendosi verso la banca. Aveva ancora il suo piccolo appartamento al piano di sopra, il luogo dove aveva vissuto agli inizi della sua permanenza a Colorado Springs, quando la banca aveva visto la luce e i suoi affari avevano iniziato a dare frutti. Ora era un piccolo deposito di incartamenti vari, ma c’era sempre un letto e una scrivania per lui. Salì di sopra: aveva bisogno di un posto per sé, per restare in intimità con la propria anima.

Fare il punto della situazione era facile: lui, rampollo di una famiglia di banchieri, doveva, necessariamente e senza possibilità di replica, sposare una scrittrice bostoniana che odiava la famiglia del suo futuro sposo. Probabilmente odiava anche lo sposo e con buone ragioni, per essere sinceri. Per lui significava aggiungere ad un clima difficile, in una città in cui non era esattamente amato, una situazione altrettanto tesa tra le sue mura, oltre, ovviamente, alla scarsa stima che suo padre aveva nei suoi confronti che rendevano anche la casa paterna un luogo impraticabile, se non con una dose massiccia di pazienza. Non era un programma roseo quello che lo aspettava nei giorni a venire.

Si sedette alla scrivania, tirò fuori un foglio, inchiostro e pennino e decise che era ora di scrivere una lettera a suo padre e spiegargli che non aveva intenzione di sposare Eva Simmons. Scartò questa idea in dieci secondi. Beh, nessuno diceva di no a suo padre e lui meno di tutti gli altri: aveva solo due parole per il vecchio leone: “Sì, signore”.

                Era il giorno prima delle fatidiche nozze, la mannaia che sarebbe presto scesa con uno scatto fulmineo. Questo era il paragone che i sogni sconclusionati di Eva le avevano portato alla mente. Aveva avuto degli incubi terrificanti quella notte, in cui, vestita con un abito di seta era stata accompagnata sul patibolo. Un boia panciuto e con una maschera sul volto reggeva una grossa mannaia affilata accanto a un ceppo, pronto per accogliere il suo collo. Ricordava perfettamente il cesto di vimini sotto di esso e la gente sotto il palco a osservare tutta la scena. A spingere la povera Eva, che tentava inutilmente di chiedere perché la stessero condannando a morte, c’era il vecchio leone, Preston A. Londge II, con un sorriso bestiale che le faceva gelare il sangue nelle vene. Dopo che fu fatta inginocchiare e il Reverendo le diede l’estrema unzione, si svegliò di soprassalto. Non era il massimo iniziare la giornata con un’angoscia di quel tipo, ma si tirò fuori dalle coperte per darsi una sciacquata al viso: era decisamente sudata e dell’acqua fresca poteva farle solo bene.

                Preston era stato mattiniero. Ormai lo era da parecchio. Dormiva male, si svegliava spesso e aveva avuto qualche fitta alla schiena, molto simile a quanto accaduto già in passato. Ricordava con orrore l’essere finito nella clinica di Michaela e l’essere stato visitato nudo come un verme da quella donna. Un brivido gli corse lungo la schiena: sperava di non dover ripetere l’esperienza, né della nudità, né del dolore … più che altro della nudità.

< Buongiorno. > disse Eva, appena giunta nella sala da pranzo dell’hotel. Era lì che consumavano i pasti.

L’uomo rispose con un cenno del capo e versò del tè nella tazza della ragazza. Lo faceva sempre, in un certo senso era l’unica cosa che davvero lo distingueva dal resto degli abitanti di Colorado Springs (con le dovute eccezioni): la sua educazione e le sue buone maniere. Tanto era ben educato che, nonostante non fosse esattamente convinto di star facendo la cosa giusta accettando quel matrimonio, aveva preparato ogni cosa. Gli era sembrato molto più semplice agire così che discutere questo genere di preparativi nell’imbarazzo più totale.

< Spero non ti dispiaccia, ma ho fatto preparare tutto per domani. > disse fissando le briciole sulla tovaglia. Eva annuì con il capo, tuffandosi nel tè caldo.

< La cerimonia è alle cinque e poi ho fatto in modo di preparare un piccolo rinfresco all’hotel, niente di impegnativo. > era sulla difensiva, ma era comprensibile. Descrisse la biancheria, le pietanze del buffet e i fiori del centrotavola. Non ci sarebbe stato niente di eccessivo, ma gli ospiti del resort non potevano essere lasciati all’oscuro della faccenda, anche perché sarebbe stato sospetto in abito da cerimonia a quell’ora del pomeriggio senza teatri nelle vicinanze. In più aveva chiesto al Reverendo di celebrare le nozze nel giardino dell’albergo: almeno non ci sarebbero stati troppi curiosi della città.

Eva riuscì solo a dire di sì con il capo, ma parole non riuscì a tirarne fuori. Si sentì un’ingrata: quell’uomo, per quanto non fossero nemmeno amici, era stato molto gentile a occuparsi di tutto. Non riuscì nemmeno a parlare di quella che sarebbe dovuta essere la loro prima notte di nozze, voleva tenere quel pensiero lontano e questo la portò a seppellire in fondo al cuore i suoi timori.

 

   
 
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