La mattina dopo, all’ora di colazione, Gazza s’aggirava sorridente nel corridoio antistante la Sala Grande.
Non vedeva l’ora d’imbattersi in Sirius e soci.
Poco prima della campanella vide arrivare James e Peter, seguiti a debita distanza da Lupin che sorreggeva per un braccio un’alta e bellissima fanciulla, vestita come una Brazz e con le movenze di un bersagliere.
“Sirius le ragazze non camminano così”, lo redarguì Potter girandosi.
“Cerca di andare più adagio e vedi di muovere le anche”.
“Io le donne non le capirò mai, questi vestiti sono una tortura!” sospirò Sirius.
“ La gonna mi si arrampica sui collant, la camicia mi strizza il seno e queste scarpe mi stanno uccidendo”.
“Solo tua cugina Bellatrix ha un piedino taglia quarantadue e le sue scarpe sono tutte a tacchi alti”, si scusò James osservando l’andatura claudicante dell’amico issato su due trampoli tacco 15 centimetri.
“Però la minigonna ti dona molto, soprattutto adesso che Remus ti ha depilato le gambe”.
L’occhiata assassina di Black lo fece ammutolire e il discorso si chiuse con un colpetto di tosse imbarazzato.
Per la gioia di Gazza, l’entrata in refettorio del quartetto non passò certo inosservata agli altri studenti.
Numerosi fischi d’ammirazione si levarono al loro passaggio, soprattutto dalla tavolata dei Serpeverde, la prima vicino alla porta.
Al bidello non pareva vero di vedere quello spavaldo di Sirius preda di rossori e imbarazzi, mentre vezzeggiativi di vario tipo risuonavano per l'aria.
“Wow! E questa bonazza da dove se ne esce?”
Il vocione baritonale di Lestrange fece sussultare i quattro Grifondoro.
“Che sventola, l’avete barattata con quello scarafaggio di Black?”, s’intromise Lucius alzandosi sferragliando dalla sedia - anche se usciva con Alexia Macnair non aveva risolto il problema della sua “maledizione".
Sirius, rosso come un peperone, cercò d’azzannarlo alla giugulare, ma Remus riuscì a bloccarlo appena in tempo.
“Lei è mia cugina arrivata dall'Italia per uno scambio culturale”, disse sbrigativo James.
“Statele alla larga perché morde”.
“Non posso credere che una così deliziosa creatura possa essere feroce”, miagolò con voce mielosa Rookwood, facendo il cascamorto.
“Come ti chiami, bambola?” chiese curioso Karkaroff, sorridendole a tutte gengive.
La ragazza lo fissò con sguardo assassino, poi abbassò pudicamente il capo, dopo un discreto colpo d’incoraggiamento sulla nuca datogli da Lupin.
“Giulietta”, disse precipitosamente James, temendo per le coronarie dell'amico.
“Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome! O, se non lo vuoi, tienilo pure e giura di amarmi, ed io non sarò più una Capuleti”, declamò sognante Piton, guardandola con occhio di triglia.
“Eh?” sussurrò sgomento Sirius.
“Ignorante, questo è Shakespeare! Giulietta e Romeo: atto II, scena II”, sibilò Remus, “e Piton ci sta provando con te!”
A Sirius quasi venne il coccolone.
Strinse il pugno, pronto a vendicare il suo onore infangato, ma una pestata di piedi micidiale da parte di Lupin lo riportò a più miti comportamenti; così abbassò il capo come una pudica fanciulla e sacramentando sottovoce s’avviò al tavolo dei Grifoni, sotto lo sguardo felice di Argus.