Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: controcorrente    10/03/2011    9 recensioni
"Una volta ho letto la favola della Canna e della Quercia, madame. La Quercia si faceva beffe della Canna accusandola di debolezza, perché quest'ultima non possedeva la stessa corteccia ruvida, né il tronco imponente. Quando però una forte tempesta si abbatté su di loro, la Quercia, dopo aver fatto resistenza alla forza del vento, fu abbattuta mentre la Canna, per quanto violente fossero le raffiche, si piegava senza mai spezzarsi. Mi è sempre piaciuta quella storia e sapete perché? Perché anche la pianta più debole all'apparenza, può resistere alle difficoltà più insopportabili, se mantiene la flessibilità. Per questo motivo, non credo che siate una persona priva di temperamento. Non conosco molto di voi ma so che avete un buon carattere e se siete riuscita a mantenerlo in questo modo malgrado tutto, allora dovete sicuramente avere una qualche forza che vi ha permesso di conservarvi in questo modo." Questa è una nuova storia nella quale trovere una protagonista un po'insolita ma che secondo me merita attenzione. Auguro a chi volesse darci un'occhiata, buona lettura.
STORIA CONCLUSA
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Madri, famiglie e vicende varie'
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Benvenuti al secondo capitolo di questa fic. Dal momento che la mia ispirazione mi ha portato a dare inizio a più storie, non so quando posso aggiornare, nel senso che non posso dare giorni precisi. Mi fa piacere che apprezziate questo personaggio spesso troppo sottovalutato.

Spero di essere all'altezza in ogni capitolo, o per lo meno ci provo.

CAPITOLO 1 NEL GIARDINO

Come Madame aveva previsto, la carrozza raggiunse tre ore dopo la loro destinazione e, man mano che il mezzo divorava la distanza che la separava da quel luogo, l'animo della donna era sempre più preda del nervosismo.

Abitava ancora là?

Stava bene?

Nanny era con lui?

Come stavano Oscar ed il nipote della governante?

Tutti quei dubbi vorticavano nella sua testa, come dei gorghi sulla superfice di un lago. Non si vedevano a prima vista, eppure erano lì, ad increspare lo specchio liquido riflettente. Agli occhi di chi la guardava, Madame sembrava il ritratto della quiete ma il suo animo era sballottato qua e là, tra preoccupazioni diverse e quasi opposte tra loro.

La carrozza improvvisamente si fermò, con un rumore secco.

La donna si affacciò alla finestrella del mezzo. "Wilbur" fece "siamo arrivati, non è così?"

Il conducente, un uomo alto e massiccio di origine anglofrancese, si volse verso di lei. Aveva i capelli rossi ed il viso increspato di lentiggini, benché fosse un adulto. Con un balzo scese dalla carrozza, avvicinandosi allo sportello della vettura. Si era messo dei vestiti scuri e smorti, per dare nell'occhio il meno possibile, una precauzione che aveva voluto prendere prima di accompagnare la signora.

"Madame, siamo arrivati a destinazione."confermò l'uomo, un po'incerto.

La dama scese elegantemente dal mezzo, seguita da un'impacciata Marie. La ragazza si guardò perplessa intorno. Erano in piena campagna, in una zona coperta dalla boscaglia e dall'abbandono. Sembrava che, a differenza dei campi che aveva visto durante il viaggio, non vi fosse traccia di civiltà. Quando aveva incontrato la signora, si era immaginata, vista la grazia dei modi e l'ossequio che la madre superiora le riservava, che vivesse in un magnifico palazzo, nel quale lavoravano stuoli di servitori, e che ogni giorno indossasse vesti meravigliose e colorate, come quelle che si immaginava leggendo di nascosto i romanzi di Chretien de Troyes. Una volta scesa dalla carrozza, tuttavia, Marie si rese conto che ciò che aveva pensato era poco realistico. Le erbacce sbucavano ovunque posasse lo sguardo e qua e là facevano capolino dei pezzi appuntiti di ferro. Lentamente si allontanò dalla sua accompagnatrice, incuriosita da quegli oggetti dall'aspetto singolare. Quando fu ad una distanza opportuna, poté vederli con maggiore attenzione. Erano sottili e taglienti come la lama di una baionetta ma non abbastanza leggere da poter essere sollevate. A quella vista, aggrottò la fronte perplessa.

Non aveva mai visto simili oggetti, ma forse non doveva stupirsi troppo: in fondo era stata scacciata dal mondo quando aveva meno di dieci anni. Incerta allungò la mano, facendo ben attenzione a non ferirsi. Quella strana cosa era coperta da un leggero strato di muschio e da dei fili d'erba che contribuivano a nascondere quelle strane aste di ferro. Lentamente, tastò la superfice metallica, togliendo parte di quella vegetazione che, spontaneamente la stava coprendo, poi si rimise in piedi e fece qualche passo indietro.

Ormai non aveva più dubbi.

Quell'oggetto doveva essere sicuramente parte di un cancello.

"Madame!" chiamò a voce leggermente più alta del solito.

L'interessata si avvicinò a lei, con il suo solito passo leggero e felpato. "Che cosa hai trovato Marie?" domandò. L'altra non rispose, limitandosi a indicare con la mano l'oggetto che aveva attratto la sua attenzione. La dama la seguì con lo sguardo, per posarsi infine sull'oggetto che la ragazza aveva trovato.

"Si direbbe che questo sia un cancello o, per essere più precisi, il cancello del palazzo della famiglia De Jarjayes. E'stato sicuramente buttato a terra." osservò seria mentre la sua attenzione era sempre più presa da quell'immagine tutt'altro che rassicurante.

"Poco prima di partire, ho sentito Suor Therese parlare con la Madre Superiora. Non volevo origliare ma l'oggetto della loro conversazione mi ha impedito di fare diversamente."disse la ragazza, attorcigliando nervosa un ricciolo attorno ad un dito.

"Parla pure liberamente, cara. Dalla tua titubanza posso dedurre che si tratta di una questione molto importante." la esortò l'aristocratica.

Marie si morse il labbro inferiore, incerta, chiedendosi se stesse agendo in quel momento in modo retto ed onesto. Lo sguardo della donna che si trovava di fronte a lei però la spinse in qualche modo ad abbandonare ogni forma d'indugio."Dicevo, poco prima della nostra partenza, mi ero recata nuovamente in quella che era la mia stanza, perché avevo dimenticato una cosa. Mentre stavo facendo ritorno, ho udito Suor Therese dire alla Reverenda Madre dei tumulti che in questi giorni hanno reso Parigi un campo di battaglia. La madre superiora le ha domandato se gli scontri erano limitati esclusivamente alla capitale ma Suor Therese ha negato, riferendo che nelle campagne, a causa dei raccolti scarsi, stanno infuriando rivolte ovunque. Pare che la popolazione delle zone rurali si sia ribellata all'autorità degli aristocratici e abbiano assaltato le loro abitazioni. Questo è ciò che sono riuscita a sapere, madame." riferì, con sempre più incertezza nella voce.

La dama rimase in silenzio, come una perfetta statua di sale. Era stata in quel convento per qualche anno, era uscita solo da poco tempo ed ora che cosa vedeva? Il suo Paese non era più quello che aveva lasciato per motivi di salute, e non sapeva cosa pensare. Le notizie che aveva ricevuto durante il suo isolamento erano state piuttosto rade. Suo marito le aveva scritto poco e raramente, tanto che aveva quasi iniziato a pensare che si fossero tutti dimenticati di lei. L'immagine del cancello sfondato poi, non la rassicurava affatto. Non aveva mai visto quella barriera danneggiata. Aveva sempre pensato che fosse qualcosa di resistente e solido, che la isolava ed, in qualche modo, proteggeva dalle insidie dell'esterno. Vedere quella costruzione a terra la fece sentire quindi, in qualche modo, indifesa.

Istintivamente si coprì, come se fosse nuda.

Si guardò perplessa attorno, cercando d'identificare meglio i tratti di quello che un tempo era il giardino della sua casa, ma non riusciva a riconoscerne i contorni. Non vedeva più l'erba tagliata del giardino all'inglese che circondava la sua dimora. La dama ricordava bene le sue passeggiate su quei prati, in compagnia di Nanny e, talvolta, del suo consorte.

A quel pensiero una ruga di preoccupazione le attraversò il viso, subito scacciata dalle preoccupazione che l'avevano spinta a lasciare il convento. Le parole di Marie l'avevano messa in allarme ed una strana inquietudine aveva iniziato a farsi strada dentro di lei. La sentiva, nitida e tremante espandersi in ogni parte del suo corpo, come un incendio silenzioso.

"Madame" fece improvvisamente la voce della sua compagna di viaggio ma lei non rispose, immobilizzata da un senso di angoscai che non riusciva a spiegarsi. Era come se le sue membra appartenessero a qualcun altro. Le immagini del passato, che l'avevano vista passeggiare in quei luoghi, insieme all'austero compagno iniziarono a farsi strada prepotenti.

La giovane dama passeggiava nel giardino, insieme al consorte, stretta al suo braccio. Sembrava incerta e quasi goffa, forse per via del vestito e delle scarpe che non percorrevano più i lisci pavimenti del palazzo, forse a causa della presenza del marito. Istintivamente si voltò verso di lui e, come era prevedibile, non riuscì a sostenerne la vista.

Troppo timida, avrebbe commentato pignola sua madre.

Troppo femminile, sarebbe stato il giudizio, indifferente di suo padre.

A quel pensiero, abbassò la testa, rammaricata.

- Qualcosa non va, Marguerite? Volete riposarvi un po'?- chiese, dopo qualche istante.

L'interessata, sentendosi chiamare, sussultò, poi, con uno sforzo, non indifferente per la sua cronica insicurezza, sollevò lo sguardo. Il viso di suo marito era rivolto avanti, di fronte a sé, in un'espressione seria e corrucciata. Marguerite continuò ad osservarlo, rapita. Si erano sposati da poco e lei era la seconda moglie. Sebbene non fosse passato nemmeno un anno da allora, si sentiva a disagio quando era in compagnia di quell'uomo. Per quanto fosse attraente ed affascinante non rideva mai e sembrava quasi avercela con il mondo intero. Non aveva nemmeno un grosso senso dell'umorismo e spesso le sembrava quasi ingessato, bloccato nel suo ruolo militare. Sperava in qualche modo di poter intavolare qualche conversazione ma il suo entusiasmo si era spento quasi subito, non appena aveva compreso che non avevano niente in comune. Come Francois non era interessato alle questioni mondane e naturalmente alle ultime tendenze di moda, così la giovane Marguerite era colpita da violenti attacchi di emicrania quando l'altro inavvertitamente citava qualcosa che riguardasse l'esercito. Il tutto casualmente, perché il giovane aristocratico parlava di questioni militari solo con i suoi colleghi e se, innavvertitamente la moglie udiva qualcosa, ciò era dovuto alla sua presenza improvvisa in quella determinata situazione.

Poiché la ragazza non rispondeva, Francois decise di parlare di nuovo, nella speranza che almeno aprisse bocca. "Il dottore Lasonne"iniziò burbero "mi ha raccomandato di farvi riposare. Dovete riprendere le forze e soprattutto rilassarvi,altrimenti la vostra salute peggiorerà." Fu allora che la donna rispose. "Ma, marito...la vostra precedente sposa, Marie-Anne Louise Bourcet de La Saigne è stata in grado di darvi cinque figlie femmine, prima di lasciare questo mondo ed era incinta, quando voi la conduceste all'altare. Non voglio...non voglio che il nostro matrimonio sia per voi una delusione." farfugliò con un tono a metà tra l'impacciato ed il rammaricato.

Subito si pentì delle sue parole. L'argomento della prima moglie era quasì tabù per il generale. Infatti gli occhi di Francois divennero delle lastre di ghiaccio, che ebbero il potere di intimidirla. Marguerite abbassò la testa e chiuse gli occhi, in attesa. Non doveva parlare della prima moglie del Generale, non finché quest'ultimo non le avesse dato il permesso, e lei non aveva rispettato i limiti che le erano stati dati. Istintivamente tremò. I pettegolezzi a corte e le lamentele delle sue sorelle sulla loro vita matrimoniale le avevano istillato la convinzione che i mariti fossero violenti, ma quando era andata in sposa a Francois, uscito fresco fresco dalla morte della prima moglie, non aveva incontrato alcuna prova che i suoi timori fossero fondati. Era anche vero che fino a quel giorno non aveva espresso alcun parere che lo potesse irritare, eppure si aspettava che comprendesse il suo stato d'animo, o la sua condizione.

Evidentemente aveva peccato d'ingenuità e ora avrebbe sperimentato per la prima volta quanto un consorte potesse essere pericoloso.

Attese la sua punizione per diverso tempo, poi all'improvviso sentì un fruscio freddo accarezzarle le spalle, tiepido e allo stesso tempo privo di calore. Aprì gli occhi e vide sbigottita le spalle di suo marito. Non si era accorta che si era allontanato da lei. "Non parlate di cose che non conoscete o che avete sentito nominare solo da quelle pettegole che affollano la reggia. Voi non siete Marie Anne e non avete alcun diritto d'imitarla. Il medico, dopo che avete perso il bambino, vi ha ordinato tassativamente di prendervi cura della vostra salute ed è quello che intendo fare. Darmi un erede è sicuramente il vostro scopo e desidero che lo portiate a termine, ma non dovete trascurare la vostra salute." disse deciso.

A quelle parole, Marguerite arrossì.

Non era stato delicato, anzi si era espresso con lo stesso piglio minaccioso che aveva imparato a conoscere poco dopo le nozze, eppure, dietro quel tono autoritario, la donna aveva notato qualcosa di diverso. Le sembrava...sì, le sembrava quasi apprensivo. Uno strano calore iniziò a germogliarle nel petto. Le sue nozze erano giunte inattese per la sua famiglia. Era la primogenita ma la salute cagionevole aveva fatto disperare i genitori dall'idea di poterla dare in sposa a qualcuno. Quando quel militare si era presentato alla loro casa, non credevano quindi alle loro orecchie. Nemmeno lei ci aveva creduto, convinta com'era che l'unica soluzione dignitosa per lei fosse la monacazione, ma Francois l'aveva scelta e lei desiderava ripagarlo, non importava quale fosse il prezzo: per la prima volta in vita sua, sentiva di valere qualcosa.

"Madame!Madame! Mi sentite?" chiese improvvisamente la ragazza.

Marguerite si riscosse dai suoi pensieri e mentalmente si dette della sciocca. Come era possibile cadere in quel momento preda dei ricordi? Si massaggiò delicatamente la fronte, rivolgendo poi la sua attenzione alla sua accompagnatrice che le lanciava di tanto in tanto degli sguardi confusi. "Perdonami se non ti ho risposto subito, ma questo cancello e la vista di questo spazio erboso mi ha distratto." si scusò.

"Cosa cosa significa per voi questo luogo così trascurato?" domandò la novizia.

La dama la osservò, riflettendo sulle parole che stava per dirle. Quel parco era stato testimone di alcuni episodi della sua vita passata, quando suo marito era ancora relativamente interessato a lei. Si chiese nuovamente dove fosse e se stesse bene.

"Questo era il giardino di quella che un tempo era la mia dimora, appartenente al casato dei De Jarjayes. Vi ho vissuto per buona parte della mia vita, dopo aver sposato mio marito. Che ne dici di addentrarci? " esordì e, senza attendere risposta, iniziò a farsi avanti.

Mosse alcuni passi, quando un tossicchiare sommesso la costrinse nuovamente a voltarsi.

Vide allora il viso lentigginoso del cocchiero e solo in quel momento si rese conto che aveva lasciato quel pover uomo lì, sulla carrozza, in attesa.

"Wilbur, non mi sono scordata di voi." disse, sorridendo "Per piacere, portate a terra i nostri bagagli. Non sono molti, per cui possiamo portarli noi."

Il rosso le lanciò un'occhiata perplessa. Sapeva che cosa volevano dire le parole della dama e non era molto convinto. "Ne siete certa? Avete davvero intenzione di fermarvi qui? Non mi sembra molto sicuro..."iniziò a dire.

"Non temete" lo interruppe Marguerite "questa è la mia casa e anche se non sembra siamo determinate ad andare fino in fondo. Non ho lasciato la Normandia per altri motivi che non fossero questi."

"Avete ragione, madame" ribatté deciso il nocchiero "ma nel periodo in cui voi vi siete chiusa in convento, il nostro Paese è cambiato molto e non esiste più la stessa distanza tra gli stati come un tempo. Con la presa della Bastiglia poi, la popolazione ha preso coraggio e non teme più la nobiltà. Quello che voglio dirvi è che nessuno vi riserverà più lo stesso riguardo di un tempo e ciò mette in maggior pericolo la vostra incolumità."

Marguerite lo ascoltò in silenzio, assimilando tutte le sue notizie. "Grazie per la tua preoccupazione ma non credo che potrei fuggire dal mondo, rinchiudendomi in un luogo chiuso, perché io stessa faccio parte del mondo. Non ho intenzione di scappare. Se questo Paese è destinato a cambiare, voglio vederlo con i miei occhi e non provare timore, vedendone le ombre deformi sulla parete di un chiostro. Torna pure dalla Madre Superiora, Marie resterà con me se vorrà. In fondo, se sono sopravvissuta ai rischi del parto, non significa forse che ho un fisico sufficientemente resistente?" replicò, non senza ironia.

L'anglo-francese, di fronte a quella testardaggine, inaspettata in una persona così pacata, non seppe ribattere. Ritornò alla carrozza ed iniziò lentamente a scaricare il magro bagaglio della dama. Erano poche borse, una vera miseria se si teneva conto dello status della più anziana.Quella eccessiva sobrietà comunque si era rivelata piuttosto provvidenziale al momento ed era una fortuna che la dama non fosse propensa a fare capricci e richieste irragionevoli. Improvvisamente, si volse verso la strana coppia che stava per lasciare e fu attraversato da un pensiero improvviso. Lasciò quindi le borse a terra e si allontanò nuovamente, diretto verso il retro della carrozza. Da lì estrasse una scatola.

"Madame" fece, porgendola alla piccola Marie e nello stesso tempo fissando serio l'altra "prima di andarmene, vorrei che prendeste questi."

Marguerite lanciò un'occhiata perplessa a quel dono inaspettato, poi lo aprì titubante.

Non appena vide il contenuto però, richiuse di scatto il regalo, non potendo fare a meno di trattenere un sussulto. "State scherzando, spero. Non posso accettarlo." disse, ferma.

"Signora, non è uno scherzo e lo faccio per il vostro bene. Fino a pochi giorni prima, le pallottole in aria erano più numerose dei piccioni che affollano i dintorni di Notre-Dame. Se volete andare a Parigi e girare senza temere troppi pericoli, non potete pretendere di andarvene così, disarmata."rispose, sicuro.

Marie, incuriosita dalla conversazione si avvicinò ai due, per osservare meglio il contenuto. Erano due pistole, provviste di un sacchetto di polvere da sparo e di alcune pallottole, e due pugnali. Ne aveva visti in giro, ma non sapeva a cosa potessero servirle.

"Sarà anche vero quello che dite" ribatté la dama, decisa a non dargliela vinta " ma io non so usare una pistola. Non so nemmeno tenerla in mano, a cosa pensate che mi possa servire?"

Il rosso però non si fece intimidire.

"Ah sì? Ma non siete la moglie di un grande generale dell'esercito francese. Non lo avete mai visto sparare?" chiese, come se fosse ovvio.

Marguerite rimase zitta e dopo pochi secondi abbassò la testa. Wilbur, vedendola in silenzio, sorrise trionfante e consegnò la scatola alla più giovane. La più anziana non ebbe la forza di rispondere ma non perché fosse a corto di argomenti. La verità era che sì, aveva assistito talvolta alle esercitazioni di Francois con le armi da fuoco ma non aveva mai guardato il modo in cui usava quegli strumenti. Allora la sua mente era presa non tanto da quegli oggetti, quanto piuttosto da chi le maneggiava.

Ritenendo l'immagine sconveniente da esprimersi a parole, preferì il silenzio, che aveva il privilegio di poter essere interpretato in molti modi da chi lo ascoltava ma solo raramente con il giusto significato attribuito da colui che se ne serviva.

"E comunque" continuò il cocchiere "quando la vostra vita sarà in pericolo, sarà la necessità stessa ad istruirvi in merito."

Marie depose la scatola a terra, poi decise di parlare. "Wilbur" domandò " che cosa ci suggerite di fare? Noi non siamo mai state nella Capitale."

"Non vi posso essere di grosso aiuto" disse quello grattandosi nervosamente la testa " ma, se l'intuito non mi inganna, vi conviene non mostrare che siete in qualche modo legati alla nobiltà e, soprattutto, tenetevi stretti i vostri bagagli. Se andate in una locanda per passare la notte, non illudetevi che una stanza in questi posti vi possa proteggere dai pericoli esterni: il mio consiglio è di fare i turni, qualora qualcuno si introducesse nei vostri alloggi per derubarvi. Non avete idea di quanti sono stati sgozzati nel sonno per pochi soldi. Se volete cercare le notizie che vi servono, inoltre, recatevi nelle chiese. Durante i tumulti che hanno preceduto la presa della Bastiglia, le varie parrocchie sono state il centro di registrazione dei feriti e dei caduti a seguito degli scontri. Date un'occhiata là per iniziare la vostra ricerca."

"Lo faremo, Wilbur" disse Marguerite, riconoscente.

"Grazie Wilbur" fu invece la risposta, commossa di Marie.

"Fate attenzione tutte e due. Parigi è diventata un luogo molto pericoloso." fece il cocchiere, prima di salire sulla carrozza. Dopo ciò, dette un colpo deciso alle redini, spronando i cavalli a partire. La dama lo osservò allontanarsi con il suo mezzo.

La sua figura si faceva sempre meno distinta, perdendo i tratti che lo rendevano riconoscibile.

Quando scomparve dalla loro vista, Marguerite provò una spiacevole sensazione di vuoto. Quale sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi?

Lasciare il convento era stata per lei la scelta migliore?

Questo Marguerite non poteva saperlo.

Era una persona, non una divinità.

Di una sola cosa era certa: da quel momento, avrebbe dovuto provvere da sola per la propria sopravvivenza, in un mondo a lei da sempre estraneo, che continuava tuttora a cambiare di ora in ora. Non sarebbe stato facile per lei e questo era impossibile da evitare. Eppure, malgrado i rischi evidenti, nel suo animo albergava uno strano entusiasmo che la spingeva ad osare più di quanto aveva mai fatto prima di allora. Per la prima volta, si sentiva libera.

Bene anche questo capitolo è concluso. Sto già pensando al successivo ma non posso dirvi quando lo pubblicherò. Spero che lo abbiate apprezzato. Quanto al sogno di Marguerite, lo saprete prossimamente. Mi sono ispirata in parte al personaggio storico e questo ha fatto sì che invece di aver dato al generale sei figlie, ha messo al mondo solo Oscar. Ho cambiato un po'la trama ma lo vedrete meglio in seguito. Spero che vi piaccia. Vorrei inoltre ringraziarvi per i vostri commenti. Grazie ancora.

 

 

   
 
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