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Autore: 9Pepe4    11/03/2011    2 recensioni
Oh, perché te ne sei andato?! Perché sono stata così sciocca, così infantile? Come ho potuto darti tanto disgusto, perché mi sono lasciata sopraffare dalla gioia che provavo, distruggendola in un colpo? Perché ho distrutto la mia Giulietta?
Dorian, dove sei?
Non mi vuoi più.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sibyl Vane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ho ucciso il tuo amore

Il tempo pare essersi sospeso.
No, non sospeso.
Pare essere finito.
Deve essere finito, perché ormai non v’è più niente ch’abbia importanza, non esiste più nulla che possa colmare i battiti dei minuti.
Per un momento mi guardo allo specchio del camerino; la superficie riflettente, che in quest’attimo sembra rimandarmi solo colori fievoli, sul punto di spirare, mi restituisce un’immagine che ferisce più a fondo di quanto avrei potuto credere possibile. E mi fa meno effetto di quanto avrei potuto immaginare. Ma non c’è d’essere sorpresi: tutto il mio corpo trema per lo shock e il panico, per l’angoscia. Ormai non c’è più niente che possa distruggermi di più.
Fisso il mio viso, pallido e sconvolto.
Le guance sono completamente bianche, d’avorio, in spaventoso contrasto con i capelli neri. In un attimo di incredibile consapevolezza, mi domando come abbia fatto mia madre a non accorgersene.
La risposta arriva da sola, come se avessi ancora la forza di pensare: la vita del palco fa pallidi; i raggi del sole non arrossano le guance truccate degli attori, nonostante si sforzino – e come si sforzano!
No. Ho sempre avuto un viso in avorio. In grado però d’illuminarsi e risplendere quand’ero felice e in quest’ultimi giorni è avvampato così tante volte... Di gioia, di incredulità, di piacevole imbarazzo. Sempre imporporata, come se quel fiato fosse frizzante quanto il vento pungente della sera.
Ma era questo, e molto di più, e molto altro. Era il mio ossigeno, quello sano e fresco, che mi colmava i polmoni. Ho respirato così tanto di lui, che ora credo di soffocare.
Sto soffocando?
Alzo esitante il dito a sfiorarmi le labbra tremanti.
Il ricordo della bocca calda che le ha rese sue mi travolge, costringendomi a piegarmi in due, per tenermi il petto ed impedire che si squarci per il dolore.
Improvvisamente i singhiozzi mi squassano il petto, talmente violenti che mi lascio scivolare sul pavimento polveroso del camerino, raggomitolandomi strettamente, le labbra agonizzanti, le lacrime in strisce brucianti sul viso.
Senz’arte non esisti.
No, Dorian, hai sbagliato, dicendo così freddamente quelle parole.
Le posso sentire intente a lacerare il mio cuore, strappando malamente la mia anima, pungendo ogni singola parte di me, ma so che non sono vere.
È senza di te che non esisto, amor mio.
Oh, perché te ne sei andato?! Perché sono stata così sciocca, così infantile? Come ho potuto darti tanto disgusto, perché mi sono lasciata sopraffare dalla gioia che provavo, distruggendola in un colpo? Perché ho distrutto la mia Giulietta?
Dorian, dove sei?
Non mi vuoi più. Non mi vuoi più.
Singhiozzo ormai senza ritegno, inghiottendo lacrime salate e gemendo tanto da farmi dolere la gola. So che quando smetterò di piangere sarà tutto come prima, che questo sfogo non sarà valso a nulla, se non a farmi arrossare e gonfiare gli occhi. Mi duole ogni singola parte del corpo, come se bruciassi dalla testa alla punta dei piedi, come se qualcosa mi sfregiasse dall’interno.
Questo mondo non vale nulla. Non esiste più la gioia, i colori sono deformi, i suoni stridenti, ogni singola cosa è spogliata da sé. E la vedo chiaramente, la disperazione che inghiotte tutto quel che esiste.
Non smetterò mai di piangere.
Non aspetterò di smettere di piangere.
Non aspetterò nulla.
Non mi aspetto nulla.
Perché nulla può venire, se non altra sofferenza, a fiotti, a imprigionarmi, a sommergermi sempre più, senza fine.
Qualcosa dentro di me sa che arriverà una qualche primavera, prima o poi. Ma non mi importa: non voglio più sentire il cinguettio degli uccelli tra le fronde verdeggianti di vita degli alberi; non voglio più scorgere i boccioli pronti a sbocciare nei primi fiori. Non voglio vedere il sole sorgere, non voglio sentirlo scaldarmi le guance.
Non voglio. Non me la sento. Non mi servirà.
A fatica, tremando incontrollabilmente, deglutendo a vuoto, mi rialzo. Un brivido mi scuote le spalle con violenza, come spingendo le scapole a cozzare l’una contro l’altra. Cerco di fermare le lacrime, le asciugo in gesti meccanici.
Dovrà sembrare un incidente, Dorian, perché nessuno arrivi a te.
Oh, quanto fa male il tuo nome!
Ho tentato di metterlo a tacere dal nostro ultimo incontro, da quando avrei voluto affondare giù, sino agli inferi, e non uscirne mai più. Perché ferisce e distrugge, come il peggiore delle armi, graffia e stermina tutto ciò che è in me.
Ma ora non importa più: tra pochi istanti ogni cosa finirà.
Allora lo lascio andare, lascio che mi invada ogni fibra, lascio che urli dentro di me, spaccandomi la testa, bruciandomi la gola, esplodendo nel mio petto.
Non toccatemi.
Un sussulto mi percuote a quel ricordo. Con il tuo nome, è tornata ad invadermi la tua voce, e non se ne va più. No, non se ne va.
Tremo, nel desiderio impossibile di un tuo abbraccio, nella voglia devastante di essere circondata dalle tue braccia calde, le sole che sarebbero in grado di tenere insieme il mio ego devastato. Voglio udire la tua voce, amor mio, calda come quando ci incontrammo. Voglio poter giocare con i tuoi riccioli d’oro – al loro confronto anche il sole sbiadiva!
Voglio, ma so che è semplicemente qualcosa che non posso – e mai potrò – fare.
Il ricordo del tuo volto invade la mia mente con prepotenza. Rammendo il tuo pallido sdegno, così crudele e rabbioso eppure così splendido. Il tuo sprezzo tanto bello da farmi male al cuore...
Ho freddo. C’è troppo freddo. Un freddo insopportabile: mi è strisciato nelle ossa e nel cuore, gelido e secco come ghiaccio.
Non posso combatterlo, senza le tue braccia. E le tue braccia non ci saranno più per me.
Non ho desiderio di rivederti. Mi hai deluso.
Non mi rivedrai mai più, Dorian, è una promessa. Nemmeno per strada, per sbaglio o per caso; nemmeno di sfuggita. E se non potrai più rivedermi, non voglio che mi veda nessun’altro. Non voglio tornare a vedermi nemmeno io stessa.
Mi sento troppo ingombrante, come se il mondo fosse stretto ed io stessi invadendo un luogo che spetta solo a te.
Come posso vivere in un mondo senza di te, dopo aver scoperto la magia del mio Prince Charming? Pensavo mi avresti portata via. T’avrei adorato per sempre.
Ti amo, Dorian, ti amo da morirne.
Prendo con mani tremanti un prodotto di bellezza poggiato presso lo specchio.
Non penso.
Non sono.
Agisco.
Inghiottisco quanto posso. Trovo una fiamma in più di quella che mi brucia il cuore da quando mi hai lasciata – questa mi incendia le viscere, ardendo nelle mia gola.
Ed è allora, nel culmine dell’atroce dolore, che il tuo nome mi invade da ogni parte, come se fosse acqua che giunge improvvisa. Mi pervade, mi scorre nelle vene incenerite, esplode nel fuoco di dolore che rosseggia dentro di me.
Dorian. Dorian. Dorian. Dorian. Dorian.
Vedo il tuo viso, con chiarezza. Non il viso gelido che m’hai mostrato qualche tempo fa, al nostro ultimo incontro, quello che mi ha imprigionato il cuore in una morsa. No, il viso arrossato e felice, sorridente, luminoso, quello che avevi quando mi dicevi che m’amavi.
Allungo la mano debole, cercando di sfiorare le tue labbra vermiglie. Non riesco a toccarle e tu ti limiti a guardarmi con quei tuoi occhi blu, ombreggiati dai riccioli biondi.
A stento mi sento crollare sul pavimento, troppo spossata per rimanere in piedi.
La vista mi s’appanna, ma la tua immagine rimane. Ferma, mi guarda. Sembra riflettere, come se non capisse qualcosa. E di colpo pare aver indovinato la soluzione del suo enigma, perché le labbra rosse si schiudono in un sorriso, tanto magnifico da spezzarmi il fiato già rauco.
Hai ucciso il mio amore.
Provo ancora a toccare il tuo volto, d’una bellezza così sfolgorante. Sei un angelo? Sei forse un angelo?
Senti le foglie che cadono, Dorian. Forse mi credevi un fiore, prima che io spezzassi la mia arte per te, prima che tu mi vedessi appassita. Sarei rifiorita per te, Dorian, se non fosse stato troppo tardi; per te sarei sbocciata mille e mille volte.
Ma sono caduta in pezzi, in mille petali inutili.
Ho ucciso il tuo amore e pagherò con la vita questo peccato.







Spazio dell'autrice sulle spine:
Che dire?
Ho scritto questa breve storia il 6 Ottobre 2009, subito dopo, credo, aver letto della tristissima fine di Sybil. Spero di aver fatto bene a decidere di pubblicarla >_>
Spero di non essere stata troppo banale, spero che non risulti troppo sdolcinata, perché non è affatto così che volevo renderla. Spero che Sybil non sembri debole e patetica, perché non la vedo affatto così, anzi. Ne “Il ritratto di Dorian Gray” la sua tragedia ha un dramma incredibile.
Non per niente Oscar Wilde era un Genio.
Ohibò, spero di non aver rovinato questo suo personaggio. Sì, sì, sto zitta e me ne vado, e perdonatemi questa intromissione in un capolavoro come “Il ritratto di Dorian Gray”.
Uh, dimenticavo. Le frasi di Dorian sono prese dalla prima versione del libro da me letta (sì, ne ho lette più di una versione... Addirittura avevo pensato di mettermi a collezionare varie traduzioni, ma mia madre non la reputò una buona idea T^T).
  
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