Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: __Di    12/03/2011    7 recensioni
Fu come se per un momento tutto ciò che stava succedendo fosse stato cancellato, come se sotto di lui non ci fosse più il pavimento, come se le pareti girassero lì. I suoi pensieri cominciarono a rimbombargli in testa e all’improvviso si fermarono di colpo, per poi ricominciare a girare, un’altra volta, senza avere un senso compiuto o una logica. E si ritrovò a sfiorare appena quelle labbra con le sue, senza nemmeno rendersene conto.
Si staccò da Kurogane con una lievissima tachicardia e con il volto in fiamme, coprendosi la bocca con le dita e quasi non si accorse che quegli occhi vermigli lo stavano scrutando.
«Cos'era quello?» biascicò una voce assonnata e stupefatta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Otto-De Eerste Kus
















I dolori erano peggiorati esponenzialmente nell'ultimo periodo, ma Kurogane non demordeva affatto: aveva smesso di urlare, molto probabilmente per l'assenza quasi totale della voce, dormiva molto di più, ogni tanto, quando la nausea, la tosse, l'acido e i crampi glielo permettevano, mangiucchiava qualcosa, poco, ma almeno mangiava.
Ormai Souma e Tomoyo si davano il cambio spesso, ad orari prestabiliti, la prima faceva il più delle volte la notte lì accanto al suo letto, mentre Tomoyo passava buona parte della giornata lì con lui. Entrambe erano state onorate solo di un paio di insulti grugniti in un gemito ogni volta che si offrivano di imboccarlo, ma poi ovviamente loro avevano la meglio: del resto anche il ninja riconosceva che, tra la vista annebbiata e la tremarella, e la paresi quasi totale del braccio destro, il cibo che sarebbe arrivato alla sua bocca, sarebbe stato sicuramente in una percentuale troppo bassa da essere definito propriamente pasto.
Il dolore, sperava, sarebbe presto o tardi scomparso, dopo un po' ci si sarebbe abituato, non ci avrebbe più fatto caso, ma si sbagliava. Così si accorse che il suo braccio destro l'aveva abbandonato, si svegliò nel cuore della notte in preda a un incubo strano che per fortuna alcuni processi cerebrali avevano già provveduto a rimuovere, fece per stropicciarsi gli occhi ma il suo braccio di carne decise di disertare l'ordine. Quando il medico con l'alito pesante lo visitò gli disse che il problema poteva essere riconducibile al decorso della malattia. Plausibilmente il suo organismo stava reagendo al veleno eliminando la prima fonte nella quale esso si era annidato. La ferita infatti risultava purulenta e gonfia, come se fosse infetta. E ovviamente ogni volta che quell'essere flatulento cercava di medicarlo, la ferita riaperta durante l'operazione per arginare il danno, che era conseguita alla diagnosi gli pulsava mostruosamente, eppure il suo braccio stava ancora lì fermo.
Tomoyo, così come Souma e la stessa Amaterasu, gli aveva detto che non era poi così grave, aveva comunque l'altro braccio. Inoltre c'erano dozzine e dozzine di ninja con un braccio offeso che riuscivano benissimo a lottare e a cavarsela egregiamente. Kendappa gli aveva perfino elencato una quindicina di nomi di ninja dell'impero precedente che in quanto a forza erano quasi al suo livello, non che la cosa lo facesse stare meglio, anzi, però almeno anche lei ci aveva provato.
Oltretutto, la sua testa era confusamente offuscata da un pensiero fisso, quel mago imbecille, del resto, non era più apparso lì, Tomoyo non gli dava alcuna notizia, e il mese stava già volgendo a termine, e lui cominciava a perdere le speranze, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Però sentiva un peso strano addosso, come se avesse perso tutte le speranze, o peggio, come se gli avessero appena detto che lui non
Nah, non poteva essere morto! Malgrado tutto, quel biondino imbecille, aveva un enorme potenziale, e a quanto pareva era più che deciso ad usarlo. Però, anche se non aveva alcuna intenzione di ammetterlo, la preoccupazione rimaneva. Per questo si era convinto che a nulla giovava chiedere a  Tomoyo sue notizie. Ed erano tre i motivi per cui aveva deciso di non farlo: primo, quella mocciosa era troppo arguta e sicuramente si sarebbe accorta che era più-o-meno in pena per lui; secondo, era deciso a chiedergli di smettere di cercare, pertanto se mai si fosse presentato lì malconcio e pressappoco vivo, si sarebbe sentito spaventosamente in colpa; e il terzo punto era decisamente devastante, quel mago, la sua condotta eccentrica, le sue attenzioni, i suoi sguardi decisamente adoranti, i suoi sorrisi più o meno sinceri e addirittura i nomignoli gli mancavano tanto da non riuscire a respirare a dovere. Non aveva mai provato una cosa del genere e ne ebbe quasi paura all'inizio, ma poi associò la cosa al fatto che, in fondo era davvero poco lucido e gli faceva male più o meno tutto e quindi pure l'inutile esistenza di quel mago e di quell’esondazione di nomignoli gli pareva decisamente vitale.
Il secondo punto era quello che, assieme al dolore,lo teneva sveglio il più delle notti. Era la prima volta che si sentiva così, inerme, probabilmente l'idea che la sua vita dipendesse da qualcuno in un modo simile, oltre a scalfire il suo orgoglio di ninja, lo faceva quasi sentire insicuro. Quasi. Ma il tutto era imputabile tranquillamente al dolore, o almeno di questo era convinto lui, certo non si poteva mica pretendere che lui chiedesse aiuto per quei crampi allo stomaco e per quella strana brachicardia che lo colpiva praticamente tutte le volte che si rendeva conto che un altro giorno era passato e non aveva ancora notizie di quel mago imbecille. In fondo era anche normale che il suo cuore perdesse di un battito, vista la condizione in cui si trovava. Era sempre meno lucido e il più delle volte che stava sveglio faceva dei viaggi mentali non indifferenti, la povera Tomoyo aveva sentito sì e no quindici volte, solo negli ultimi tre giorni, la descrizione dettagliata di quando quel mago aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta a Lecolt. E ovviamente aveva anche provato a fargli fare dissertazioni inerenti ad altri paesi, ma era stato pressappoco inutile, visto e considerato che l’argomento preferito di Kurogane-malato-vaneggiante era quel mago. Fortuna che non se n’era uscito con niente di simile quando c’erano Souma o l‘imperatrice, almeno quel po’ di lucidità che latitava tornava in presenza di quelle due, sennò che figura ci avrebbe fatto? Non che se ne rendesse conto più di tanto quando ne parlava con Tomoyo, eh, e lei non è che glielo facesse notare, però aveva intuito da certe frecciatine che lei sapeva e ogni tanto sentiva che stava parlando di lui e quindi un minimo rinsaviva. Ma tanto anche questo era imputabile ai dolori, alla febbre, ai crampi, alla pseudodepressione che avrebbe accusato presto o tardi, al fatto che dovesse pure essere imboccato oltre che praticamente aiutato ad espletare certi bisogni fisiologici, di certo il minore dei mali era parlare a tavoletta di quel tipo che ancora non si faceva vedere.
Inoltre, pensandoci, a forza di starsene a letto gli sarebbero pure venute le piaghe da decubito, per non parlare del fatto che stava cominciando a far freddo quindi avevano deciso di avvolgerlo per bene nelle coperte! Ora sembrava davvero un rotolo di riso stretto in un’alga verde, e non solo perché era pallido pallido e la coperta era verde, ma anche perché era stata Souma in persona a coprirlo a quel modo, quindi anche a volerlo non sarebbe mai riuscito a uscire dal letto. Il che di certo non aiutava granché alla luce del fatto che ogni tanto aveva dei bisogni fisiologici anche lui, o che il più delle volte avrebbe volentieri vomitato per il dolore, ed era successo. E quando queste cose capitavano a letto -perché plausibilmente capitavano a letto- ovviamente lo facevano rotolare di peso fuori dal futon e cambiavano materasso, lenzuola e coperta, Souma poi lo riavvolgeva nella coperta come prima ed erano di nuovo punto a capo.
Pensandoci, anche per questo sarebbe stato meglio se il mago non fosse proprio tornato più e non si fosse più fatto vedere, in fondo, gli avrebbe evitato di vedere un’altra persona—
In fondo era meglio così. Ogni giorno che passava, anche se un pochettino nel profondo del cuore gli mancava, anche se non l’avrebbe mai ammesso a sé stesso -mica era un debole lui!-, ne era sempre più convinto. Farsi vedere così debilitato, inutile e vulnerabile, quasi, era uno smacco al suo onore, oltre che un altro colpo violento al cuore di quell’imbecille.
E se avesse avuto una crisi davanti a lui, se mai si fosse fatto vedere? O, peggio, qualora avesse avuto bisogno di andare al bagno in sua presenza? Che avrebbe fatto? Gli avrebbe detto “Scusami, mago, potresti accompagnarmi al bagno visto che io non riesco nemmeno a muovermi?” oppure “Mi avvicini quella tinozza lì per favore?” a quel punto meglio farla a letto! Ma non si trattava solo del suo orgoglio, che evidentemente sarebbe andato a farsi benedire in situazioni simili, ma anche un po’ dei sentimenti di quel tizio, e proprio non voleva vederlo triste ancora.


Fay si nascose in cima a un albero. Ansimava e malgrado le ferite, era riuscito ad arrampicarsi su quello che aveva tutta l'aria di essere un cipresso. I leoni antropomorfi che lo inseguivano, imbracciavano arco e frecce e queste gliele avevano tirate appresso quando aveva cercato di usare la magia. E ora si ritrovava ad annaspare, con una serie di ferite più o meno gravi e la tachicardia.
Non era certo la prima volta che gli toccava fronteggiare un mucchio di bestie armate, solo che le altre volte non avevano reagito così violentemente subito. Fondamentalmente, non poteva nemmeno pretendere che lo trattassero tutti adeguatamente, in fondo era lui quello che appariva dal nulla e che faceva domande assurde e quindi non si sentiva nemmeno in diritto di poter contrattaccare, per cui scappava. In compenso, era giunto alla conclusione che alcuni paesi in cui cresceva quella pianta, erano abitati quasi interamente da animali, che ovviamente agli esseri umani non è che avrebbero facilitato la vita e condiviso con loro i segreti erboristi, anche se probabilmente quei leoni non sapevano nemmeno che farci con buona parte delle piante con cui vivevano.
Quando era arrivato in quella che aveva tutta l’aria di essere una specie di savana, con delle piccole abitazioni in mezzo a uno spiazzo brullo, a ovest però c’era una specie di foresta molto simile ad altre che aveva incontrato nell’ultimo mese, per cui quelle piante potevano trovarsi lì. Ma la popolazione di quel posto l’aveva guardato sbalordito, e l’aveva subito attaccato, plausibilmente perché non somigliava nemmeno lontanamente a quelle persone lì. Aveva cercato di evitare uno scontro, ma era stato inutile, l’avevano colpito di striscio alla coscia, senza nemmeno dargli il tempo di spiegarsi. Allora lui era corso via, senza nemmeno badare più di tanto al dolore, ma poi l’avevano colpito alla spalla sinistra, e si era veduto costretto ad attaccare con la sua magia per tenerli lontani, senza ammazzarli o cos’altro, solo per avere un minimo di vantaggio su di loro, per trovare un posto tranquillo per avviare di nuovo il trasferimento. E ora cercava di non fare uscire troppo sangue dalla ferita, del resto i leoni, come buona parte degli animali, riconoscevano l'odore del sangue, e anche se quelli erano antropomorfi, la cosa non doveva essere tanto differente.
Si sfilò la freccia dalla spalla con un leggero gemito e la tirò altrove, in mezzo alla foresta, facendo in modo di crearsi un diversivo decente, per avviare il trasferimento prima che fosse troppo tardi. La sua magia lo avvolse e lo risucchiò in breve tempo, avendo finalmente raggiunto almeno la soglia di concentrazione minima per attuare il tutto più velocemente possibile.
Negli ultimi giorni, quando aveva visitato un paese che gli aveva ricordato parecchio Jade, aveva pensato a lungo a Kurogane. Si era ritrovato ad alloggiare in una locanda tenuta da due simpaticissime persone, che avevano chiesto in cambio solo un minimo del suo aiuto. Un certo Saiga, in particolare era spesse volte tagliente, mentre, più raramente, era scorbutico come il ninja, soprattutto quando tornava dal lavoro in miniera affamato, e si sedeva a tavola e trangugiava il suo pasto senza nemmeno alzare gli occhi dalla scodella e guardava di sottecchi ma con una fin troppo eloquente espressione, quello che si occupava tutto solo soletto della cucina, il signor Kakei.
Kurogane era diventato un pensiero fisso, pressante, sempre di più negli ultimi giorni. Certe volte si riscopriva, terrorizzato, a pensare di non ricordare più che faccia avesse, ma poi si dava dell'imbecille, perché lui non sarebbe mai stato in grado di dimenticarsi di quella persona. Gli mancava talmente che ogni tanto aveva pure pensato di tornare a Nihon anche solo per vederlo dormire, ma lui non aveva tempo per sentimentalismi del genere, lui doveva trovare una cura per Kurogane il prima possibile. Ogni tanto, aveva perfino sognato di ritornare lì, di corrergli al collo e di abbracciarlo, alla solita maniera, magari coniando un nuovo nomignolo e raccontandogli quanta gente nuova aveva conosciuto, sentendosi morire praticamente subito perché sicuramente lui non ce l’avrebbe fatta, per quanto fosse determinato, a trovare un modo per riavere il Kurogane di prima— E soprattutto perché quell’assenza gli stava scavando nel profondo e, per quanto sputasse sangue ormai ogni volta che arrivava in un altro mondo, e le gambe non reggevano più il suo peso inconsistente, sapeva che non era abbastanza quello che stava facendo.
Ma non stava pensando a lui quando aveva avviato il trasferimento, per cui, quando si era trovato davanti al castello di Shirasagi, restò sconvolto.
Aveva evitato quel posto come si evitano i lebbrosi. Ogni volta che gli veniva voglia, accampava scuse con se stesso, cercando di darsi una motivazione decente che valesse più di quel "però mi manca" che continuava a ronzargli in testa. E ora non sapeva che fare: non sarebbe riuscito a guardare Kurogane negli occhi, non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli che non aveva ancora trovato la cura per lui, doveva andarsene prima che gli venisse di nuovo voglia di rivederlo.
Ma prima ancora di riuscire ad avviare il trasferimento, il suo organismo rifiutò di muoversi, lo stomaco si attorcigliò e qualcosa raschiò nella sua gola. Eppure non era mica successo niente di simile nel paese dei leoni antropomorfi, ma tanto lui non ci faceva quasi più caso, un mondo sì e uno no si ritrovava piegato in due dal dolore e sputava una quantità così grande di sangue dal portarlo quasi a svenire, il più delle volte, anche perché ora si aggiungevano la tachicardia e le ferite, per cui non era mica facile sopportare lo sfinimento.
Si sentì chiamare da una voce più o meno conosciuta, mentre i suoi occhi si chiudevano.


Kurogane si svegliò e vide Tomoyo nelle immediate vicinanze del suo letto.
Ormai non cercava più nemmeno di sembrare minimamente più composto, tanto come faceva insalamato com'era?
«La febbre è scesa.» gli fece presente sorridendogli. «Beh, è una buona notizia, no?».
«Mh...» mugugnò piano.
«Hai sete? Dovresti bere, mangiare qualcosa e prendere le medicine, che dici?» sorrise.
«Non ho tanta fame...» sbuffò piano, stiracchiandosi appena.
«Kurogane, se Fay dovesse tornare, e dovesse trovarti così, come pensi la prenderebbe?» bofonchiò lei.
Kurogane ormai s'era abituato a ignorare le frasi che cominciavano con "Se Fay..." e non ci faceva quasi più caso, Tomoyo poteva brontolare eventualità anche per altri mille anni, tanto quel mago imbecille non si sarebbe fatto vedere tanto presto.
«Slegami da questa coperta, non la sopporto più.» replicò in tutta risposta.
«Hai sentito il medico che ha detto?» ringhiò la principessa guardandolo storto.
«Sì, ma non mi sento più le gambe!» grugnì il ninja.
Lei sbuffò, ma non si mosse. «La principessa Sakura m'è venuta in sogno stanotte, sai?».
«Oh, come sta?» mugugnò.
«Ti racconto se mangi un po'.» farfugliò lei.
«Che maledetta rompiscatole! Guarda che così non vale!» sbraitò.
«Dai, non agitarti, solo un po' di riso, così magari se prendi le medicine non ti fanno tanto male, no?» sorrise.
«Mh. Va bene.» sospirò.
Proprio mentre la principessa era riuscita a farlo desistere, e si stava già chinando per sollevarlo su un mucchio di cuscini in modo da non farlo strozzare, qualcuno spalancò la porta.
«Tomoyo-hime, dovete venire subito, c'è una persona che—» farfugliò un tale con un kimono tutto sporco.
Kurogane, che non aveva spostato lo sguardo dal  viso della principessa, si rese conto che la sua espressione parve decisamente cambiare, gli sembrò, a dire il vero, che fosse improvvisamente diventata pallida. «Vai pure, dovrei riuscire a prendere due cucchiaiate di riso da solo, eh».
«Mangia qualcosa, mi raccomando!» sussurrò lei alzandosi in piedi, dopo aver allentato appena la coperta, in modo da permettergli di tirarsi su a sedere.


La porta si aprì, scivolando lungo il muro, proprio mentre il medico gli finiva di medicare la ferita alla spalla.
«Fay-san! Sei tornato, sei—» bofonchiò Tomoyo restando immobile proprio sulla porta, con gli occhi strabuzzati e un'espressione strana in viso, eppure quel servitore doveva averla ragguagliata della situazione a dovere, del resto ci aveva messo pure un’eternità a trovarla e a ritornare indietro, per cui avevano chiacchierato a lungo sicuramente. Però, evidentemente, vedere Fay pallido quanto un cencio, con gli occhi cerchiati dalle occhiaie e una espressione fiacca e sommariamente malconcia, per non parlare del sangue che macchiava le bende e i vestiti strappati e sporchi, non è che potesse rinfrancarla più di tanto.
«Che è successo?» domandò muovendo titubante un passo dietro l’altro, fino a raggiungere il futon sul quale quel mago era seduto.
«È meno grave di quanto non sembri, hime-sama.» cinguettò coprendosi la bocca col fazzoletto prima di tossire. «Lui come sta?».
«Non mi hai risposto Fay!» tuonò lei facendo valere un minimo di autorità principesca che aveva.
«Sto bene, è capitato, sono solo delle ferite superficiali, niente di grave.» continuò pulendosi le labbra. «Non so nemmeno perché sono finito qui, dovevo andare da un'altra parte, e invece eccomi qui».
«Saresti andato da qualche altra parte nello stato in cui sei? Ma sei impazzito?» ringhiò lei.
«Te l'ho detto, non è grave... Non devi preoccuparti così tanto, sai?» stiracchiò un sorriso. «C’è di peggio, in fondo, no?».
«Ma Fay-san—» bofonchiò lei, cercando di obiettare, ma con scarso successo.
«Lui come sta?» ripeté tentando di sistemarsi il tessuto di cotone pesante del kimono sulla spalla, in modo da coprire a dovere le fasciature.
«Ti aiuto, aspetta...» mugugnò Tomoyo recuperando l’haori candido e cercando di infilarglielo senza fare movimenti troppo violenti. «Ti fa male?».
Fay tossì di nuovo, continuando a coprirsi la bocca col fazzoletto che sembrava essere stato usato per pulirgli la ferita, per quanto era coperto di sangue. «No, sto bene, non è così grave. E comunque lui non deve saperlo, starò qui solo per poco, mi dispiace, anzi, di aver arrecato tutto questo disturbo».
«Disturbo?» la principessa arricciò il naso e fu quasi tentata di sferrargli un pugno in testa. S’era domandata più di una volta perché Kurogane avesse voglia di picchiarlo tutte le volte che parlava di lui, e ora se ne rendeva conto: quel tipo era davvero un cretino! Ma in fondo in fondo Tomoyo era comunque una principessa, picchiare un tale imbecille non avrebbe reso onore al suo alto lignaggio. Poi sospirò profondamente. «Non lo saprà, tranquillo».
«Sennò si preoccupa.» annuì il mago.
«Dovresti riposarti un po‘, almeno non ti vedrà così smunto. Mangia qualcosa e riposati, okay?» bofonchiò lei. «E, per favore, non farmelo ripetere! Già questo palazzo è pieno di capoccioni, ci manchi solo tu...».
Il biondo ridacchiò: tanto comunque non sarebbe riuscito a dormire, nemmeno un po', avrebbe preferito stare lì accanto, parlargli un po' e ripartire subito. «Dimmi dove si trova, vorrei vederlo, poi mi riposo, te lo assicuro».
«Sai che non ci credo?» replicò la principessa sospirando.
Fay continuò a ridacchiare. «Mi conosci bene, eh?».
«Te l'ho detto, Kurogane parla spesso di te, e si è raccomandato più di una volta di non prenderti tanto sul serio.» annuì.
«Gli ho tolto tutte le speranze, eh?» sospirò.
«Ma lui è un inguaribile ottimista, Fay-san! Però forse a vederti così si preoccuperebbe, come dici tu, per cui sarebbe gentile da parte tua almeno apparire meno fiacco, magari mangiando qualcosa e dormendo un paio d'ore...» continuò lei accompagnandolo in corridoio. «Tanto anche lui dovrebbe mangiare adesso, dormirà dopo pranzo... Per cui—».
«D'accordo.» annuì il mago ostentando un sorriso falso in piena regola, degno dei suoi tempi migliori.
«Ti faccio portare la cena, resta pure qui a riposare.» pigolò lei avviandosi verso la porta.
«Tomoyo, non mi hai risposto.» bofonchiò.
Lei restò bloccata di nuovo, davanti alla porta. «Te ne sei accorto, eh?».
Alle sue spalle, Fay fece un lieve cenno col capo, restando seduto sul futon. «Non devo aspettarmi molto, eh?».
«Sta male. Dall‘ultima volta che ci siamo sentiti è peggiorato molto.» mugugnò lei poggiando la testa contro il tramezzo della porta.
«Beh, questo è normale.» sospirò. «In fondo era abbastanza presumibile, no? Ce lo aspettavamo, no?».
Tomoyo si voltò e gli sorrise, cercando d’imitare degnamente il mago. «Sono sicura che troverai una cura».
«Devo farlo.» annuì l’altro. «Gli devo come minimo questo».
«Se te ne esci con una cosa del genere davanti a lui, morirai, questo lo sai, vero? Per quanto non riesca quasi più a muoversi può sempre incenerirti con lo sguardo.» replicò.
«Non riesce più a muoversi?» ripeté il biondo sgranando gli occhi.
«Te l‘ho detto è peggiorato molto.» gli ricordò la principessa.
Fay balzò in piedi con un gesto decisamente troppo affrettato e fluido, tanto che vacillò per un momento per poi ritrovare il suo baricentro traballando. «Ma non mi hai detto in che termini è peggiorato! Io credevo potesse ancora prendermi a pugni!».
«Con la sinistra dovrebbe ancora riuscirci...» fu come se volesse rassicurarlo. «Per favore, ora sdraiati».
«Non riesce a muovere l‘altro braccio?» mugugnò Fay eseguendo l‘ordine.
«Beh, è quello che è stato ferito, praticamente il suo organismo sta cercando di confinare il danno, stando a quel che dice il medico.» scosse piano il capo lei aiutandolo a coprirsi. «Però ciò non toglie che il dolore sia molto forte e generalmente diffuso in tutto il corpo...».
«Sta molto male? Mangia almeno qualcosa?» incalzò ancora.
«Te l‘ho detto anche l‘altra volta, detesta essere imboccato, piuttosto preferisce digiunare, ma sia io che Souma siamo molto più testarde di lui, per cui mangia qualcosa... Quando il senso di vomito glielo permette. Tipo stamattina sembrava non avere nausee o quant‘altro, per cui dovresti vederlo un po‘ più in forze.» replicò. «Certo volte il dolore è talmente forte—».
Ma proprio mentre stava continuando a sferrare colpi pressanti e duraturi al cuore del mago, qualcuno la interruppe, aprendo la porta con impudente veemenza. «Principessa!» si trattava di un altro servitore.
«Oggi non posso finire un discorso, mi interrompono sempre!» sbuffò. «Tu riposati. Ti accompagno da lui tra un po‘.» sorrise raggiungendo chi l’aveva appena interrotta e chiudendosi la porta alle spalle.
Fay restò a pancia all’aria a guardare le trame lignee del soffitto intrecciarsi.
Si stava immaginando una storia dietro ogni singola venatura che graffiava ogni lastra di legno, cercando di non pensare più di tanto a quello che gli aveva detto Tomoyo. Anche mentre la principessa parlava, infatti, aveva cercato in tutti i modi di concentrarsi su certi disegni del proprio kimono che indossava, su come gli cadesse addosso il cotone pesante e quanto fosse difficile indossare in fretta quel genere di abiti, tentando soprattutto di non accorgersi più di tanto di quella mano nera che gli teneva tra le dita il cuore e minacciava di stringerlo sempre di più.
Ma ora era da solo, e le venature del legno non potevano tenerlo impegnato più di tanto. Lui stava male. Stava male abbastanza da non riuscire a muoversi, tanto da non opporsi molto alle attenzioni della sua principessa e di chi altro. E ora non sapeva nemmeno che fare, cosa avrebbe fatto lui? Sarebbe andato lì e gli avrebbe mostrato il solito sorriso sornione o l’ennesima faccia accorata? Che avrebbe potuto dirgli? Qualcosa di simile a uno “Scusami se non mi sono fatto vedere fino ad oggi, ma stavo cercando una cura per te che tra l’altro non ho ancora trovato” oppure “Sono così contento di vederti ancora vivo, ti trovo anche meglio di quanto mi aspettassi!”, a quel punto era meglio evitare proprio di passare nella sua stanza e andarsene.
Però.
Però era anche vero che non era nemmeno certo di riuscire ad vederlo vivo ancora un’altra volta, anche se i suoi momenti passati con lui erano più che sufficienti a farlo vivere almeno con un ricordo di un Kurogane sano per almeno altri cento anni -come se avesse avuto la forza o il coraggio di vivere oltre-, per cui doveva almeno impegnarsi a salutarlo a dovere, anche perché mica era detto che il ninja sarebbe spirato prima di lui.
All’improvviso si ritrovò seduto, col cuore che batteva a mille e il sangue che gli ribolliva in gola, come se stesse di nuovo avendo un attacco, eppure non stava usando alcun tipo di magia oltre a quella quasi del tutto automatica che usava per tradurre gli idiomi locali. Tossì un paio di volte e si coprì in automatico la bocca col fazzoletto ormai logoro di sangue. Di buono c’era che ora sapeva cosa dirgli, con una faccia da finto imbronciato, magari: “Non vale, Kuro-tan, avevi detto che mi avresti ammazzato tu—”. Ricacciò indietro quel pensiero, se a Kurogane restava un minimo di forza, l’avrebbe usata contro di lui se mai gli avesse detto qualcosa di simile!
Si picchiò la fronte con la mano e si accucciò con la testa tra le braccia incrociate sulle ginocchia. E restò seduto lì con gli occhi fissi sulla porta e un mucchio di pensieri a ronzargli per la testa. Doveva sbrigarsi, perdere tempo a riposare era totalmente inutile -anche perché non sarebbe riuscito a dormire- e doveva trovare una cura per Kurogane, poco importava se il suo corpo aveva deciso di abituarsi sempre più lentamente agli sbalzi di potenziale magico, doveva farlo e basta.


Kurogane era ancora tutto intento a cercare di prendere una cucchiaiata di riso, senza riuscire a portare alla bocca quel maledetto arnese, Tomoyo doveva dargli una mano e aiutarlo anche a ripulirsi visto che più della metà del riso era addosso a lui e sul suo letto, ora.
Chissà che cosa era successo, quel servitore aveva una faccia così strana, e sembrava anche avesse addosso l’odore di sangue. Che vi fosse stato un attacco da parte di qualche nemico dell’impero? Ma perché bisognava chiamare la Tsukuyomi, tanto fondamentalmente lei era piuttosto inutile senza poteri no? E se invece fosse successo qualcosa a quel tizio? Se invece fosse tornato?
Si agitò di botto e cominciò a smaniare, bisognava avere notizie il prima possibile da quella mocciosa!
Ed ebbe modo di farla richiamare anche piuttosto in fretta. Un altro servitore, si capiva dagli indumenti non troppo pretenziosi, aveva aperto la porta e gli aveva portato da bere.
«Dov‘è la principessa? Vorrei parlarle, valla a chiamare.» bofonchiò.
«Sissignore.» annuì quell’altro senza nemmeno alzare gli occhi verso i suoi.
Era una possibilità talmente recondita che quel mago imbecille fosse tornato, che non ci pensò più di tanto, del resto, se Tomoyo fosse arrivata lì in poco tempo la cosa non poteva essere grave, magari sua sorella l’aveva chiamata per una qualche consulenza che al momento sfuggiva al suo ragionamento geniale.
E la principessa non si fece attendere più di tanto.
Quando quella entrò, Kurogane era tutto intento ad allungarsi verso la caraffa d’acqua che quel servitore imbecille aveva messo troppo lontana dal suo letto, e ovviamente non è che fosse così presentabile di suo, col kimono tutto slacciato, i capelli disastrati in testa e il riso praticamente ovunque. «Yoo?».
«Ho sete, potresti aiutarmi?» bofonchiò lui cercando di reggersi sul palmo d’acciaio.
«Siediti, dai...» sorrise lei inginocchiandosi accanto al letto e porgendogli un gotto pieno a metà d’acqua. «Hai mangiato qualcosa?».
«Che è successo? Perché ti ha chiamato quel tizio?» domandò cercando di far arrivare il bicchiere alla bocca, ma la mano artificiale gli tremava da morire.
Le dita di Tomoyo raggiunsero la sua mano e lo aiutarono a prendere poche sorsate d’acqua. «Niente di speciale... Piuttosto, pensavo, che ne dici se ti rendi un po‘ più presentabile? Sai non sarebbe male se per una volta mia sorella o Souma vedessero il miglior ninja del Giappone in uno stato semidecente, sai?».
«Mi hanno già visto stare male...» replicò Kurogane stringendo il pugno sinistro con tutte le forze che poteva.
Lei ridacchiò, poggiandogli una mano sulla spalla. «Sì, ma con il kimono aperto a quel modo sembri un ubriacone, per non parlare del riso che hai addosso, chiamo qualcuno per farti fare delle spugnature, così ti metti un kimono pulito, che ne pensi?».
«Stai dicendo che puzzo, per caso?» borbottò. «Puoi anche dirlo più schiettamente!».
«Non tutti non hanno peli sulla lingua come te, Yoo!» gli fece notare. «Comunque dai, uno yukata pulito e magari più pesante di questo che indossi e una bella lavatina ti faranno sentire meglio, no? Così poi dormi serenamente...».
«Uffa! Quanto puoi essere pedante!» brontolò di nuovo lui.
Lei ridacchiò, decisamente soddisfatta e si avviò verso la porta. «Bravo, vado a chiamarti qualcuno, intanto riposati...».
«Tsk!» sibilò digrignando i denti.
Proprio poco prima di chiudere il battente scorrevole dell’uscio, la sua principessa gli rivolse un sorrisetto strano, quasi malizioso. «Ehi, Yoo, è tornato».
Kurogane restò con gli occhi amaranto sgranati. Doveva aver sentito male, era per lui tutto questo clamore? Dov’era e come stava? Doveva necessariamente apparire presentabile, quel tizio mica doveva preoccuparsi per lui!
Per cui fu più mansueto del solito quando uno stuolo di servitori prese a occuparsi di lui, come se non gli pesasse affatto che quelli gli risistemassero il letto, gli lavassero la schiena e lo rivestissero. La sua dignità era stata calpestata così tante volte ultimamente che quasi non si rese conto del bruciore intenso al petto e alla gola, probabilmente imputabile agli oli da bagno e all’odore delle lenzuola fresche di candeggio, e nemmeno si accorse quasi di lottare con tutte le forze per non cadere addormentato come una principessa di sua conoscenza, ma non ci riuscì.


Fay aveva dormito sì e no due ore, con tutti quei pensieri per la testa
Si alzò in piedi, si mosse rapidamente verso la porta, che aprì senza una minima esitazione. Percorse all’inizio in fretta uno dei decisamente troppi corridoi senza nemmeno sapere dove stesse andando e poi un altro e un altro ancora, seguitando a camminare finché non udì qualcosa.
Tese di più l’orecchio in direzione sud-est, intuendo che cosa fosse quel rumore che aveva catturato la sua attenzione: un grido forte, rauco e strozzato in gola.
Il suo cuore impazzì di nuovo, stavolta però non era il principio di un’altra crisi: quella voce era la sua, Kurogane stava gridando dal dolore, e ora era insicuro sul da farsi, e nemmeno si accorse che stava già camminando, lungo un altro, ennesimo, corridoio.
Arrivò davanti a una porta che riconobbe essere quella della stanza in cui aveva lasciato il moro, prima di partire -non che le altre porte fossero differenti l’una dall’altra-, ma lui sapeva che Kurogane si trovava lì.
Spinse il pannello senza troppi complimenti e varcò la soglia, tenendo gli occhi bassi, fissi sui suoi tabi bianchi.
Il ninja era contorto in maniera innaturale sul materasso, con la testa tirata indietro oltre i cuscini, innumerevoli, la schiena curva, le grosse dita di latta aggrappate al tessuto verde della coperta, pronto, probabilmente a lanciare un altro grido.
«Kuro... Kurogane?» bofonchiò Fay senza davvero voler dire niente.
Il moro tossicchiò piano e parve quasi tornare in una posizione minimamente rilassata, ma dormiva ancora.
La principessa gli lanciò un’occhiataccia, ma non disse più di tanto, si fece semplicemente da parte e gli lasciò il posto, con un’espressione più che eloquente sul volto, come a dirgli che era del tutto normale, che non doveva stare tanto in pena stavolta.
Fay si inginocchiò accanto al letto di Kurogane e gli prese la mano, stringendo forte le palpebre, senza voler dire o fare niente. Tomoyo era uscita senza proferir parola e ora non aveva nient’altro da fare che evitare quel contatto visivo socchiudendo gli occhi con tutte le forze che aveva e cercando di ignorare quel peso stretto attorno al collo che gli permetteva a stento di respirare. Ma poi bastò un battito di ciglia per rendersi conto che era tutto finito, quella persona che aveva davanti non era più il ninja che conosceva lui. Era pallido, cereo quasi, sudato, sciupato, aveva un colorito giallo livido, gli occhi incavati e le labbra screpolate e bluastre. Bene, non poteva nemmeno dirgli che lo trovava meglio di quanto credesse, perché la sua testa non era mai arrivata a immaginarsi il moro ridotto in quello stato, però i capelli erano rimasti più o meno gli stessi, forse un po' più lunghi, ma sempre neri erano.
Kurogane tossicchiò piano e strinse le dita di latta attorno alla manina ossuta del mago, gemette appena e inalò a fondo, c’era un odore strano, familiare che però non aveva sentito negli ultimi mesi, tanto che non gli diede il voltastomaco. A quel punto spalancò gli occhi cremisi e incontrò subito quelli azzurro intenso del mago.
Gli occhi cremisi del ninja incontrarono quelli azzurro intenso del mago. «No». Sembrava lui, anzi era lui, era quel mago! Non l’avrebbe mai ammesso, ma i suoi sogni, quei pochi che riusciva a ricordarsi e che non somigliavano tanto a degli incubi e i suoi ricordi non gli rendevano giustizia, in quel kimono celestino sbiadito stava d’incanto anche se sembrava piuttosto sciupato anche lui.
«No?» Fay, non sapendo che fare, gli propinò un sorriso ostentato e falso. «Ben svegliato, Kuro—Kurogane!».
«Sei davvero tu?» biascicò. Allora non se l‘era sognato, Tomoyo aveva davvero detto che era tornato! «Allora è proprio vero».
«Mi aspettavi, eh?» sospirò l'imbecille. «Non l'ho ancora trovata però».
«Sembri molto stanco.» farfugliò appena, battendo le palpebre due volte. «Perché non stai riposando?».
Fay stiracchiò un sorriso sincero. «Sto bene, volevo vederti, tutto qui... Come stai?».
«Sto bene.» l'espressione che lo shinobi gli riservò lo fece tornare indietro di mesi, ma non è che lo fece sentire meglio.
Provò a inghiottire in tutti i modi il grosso nodo alla gola che non accennava a lasciarlo in pace. «Sei sempre il solito, eh?»
«Anche tu. Non devi sorridermi così, lo sai? Preferirei vedere la tua vera faccia, almeno stavolta.» replicò il moro.
«Kurogane che stai dicendo? Questa è la mia faccia, lo sai.» continuò a sorridere.
«Quell'espressione... Non mentirmi.» ringhiò.
Qualcosa tremò sul volto del mago. «La verità è che non voglio farti vedere quello che provo, non ti farebbe bene, meglio un sorriso no?» replicò.
«Meglio un sorriso sincero, magari.» replicò. «Guarda che lo sappiamo bene entrambi che sto male».
Fay socchiuse gli occhi. «Sai? Mi ha contattato Mokona, qualche giorno fa e, non so in che modo, mi ha restituito questo...» mugugnò facendo apparire un pupazzo nero e peloso a forma di cane. «Almeno ti ricorderai di pensare alla tua mogliettina, ogni tanto».
«Io penso sempre a te.» bofonchiò Kurogane come soprappensiero.
«Oh. È molto... È molto romantico, Kuro-koi!» sorrise.
Tale espressione a Kurogane parve fin troppo sincera, tanto che sentì di dover ringhiare qualcosa di rude, giusto per fargli presente che non voleva intendere ciò che pensava quella sua testa bacata di mago. «Certo che no! Ogni giorno ho una gran voglia di prenderti a pugni!».
«Te lo metto accanto a letto, che dici? Ha proprio gli occhioni rossi e i sopracciglioni come te!» continuò a dire.
«Tienilo tu. Sei tu quello che deve pensare a me, del resto secondo il tuo gusto quel coso mi assomiglia, e poi tu sei quello che crede a certe smancerie!» bofonchiò.
Le dita di Fay incontrarono il lieve tepore della pelle di Kurogane. «Io la troverò».
«Io so che lo farai. Anche se sei decisamente sfortunato e impacciato in certe situazioni...» tossicchiò.
Fay si apprestò ad aiutarlo, spostandosi in fretta, lo sollevò per la schiena e lo aiutò a ventilare, poggiandosi la sua testa sulle gambe. «Respira, tranquillo. Tu non parli così tanto, per cui è anche abbastanza normale avere scompensi simili...» ridacchiò piano, tirandogli indietro i capelli delicatamente con le dita, scoprendogli il viso.
«Dovresti riposare, sai?» bofonchiò il moro abbandonandosi ad un leggero gemito in quella posizione. «Idiota come sei, di certo non avrai mangiato né dormito!».
«Non sono stanco.» ripeté il mago. «Wow, Kuro-koi, non ti opponi nemmeno un pochettino a questa cosa che ho fatto? In fondo siamo in una posizione sconveniente, entrambi».
Gli occhi scarlatti del giapponese fissarono il mago dal basso, come a fargli presente che doveva smetterla con questi del tutto vani tentativi di evitare di parlare seriamente con lui. «Tu dormi qui stanotte».
Il volto di Fay si contrasse in una smorfia strana, sbigottita per un solo secondo. «Cosa? Questo sarebbe più sconveniente di—».
«Tu dormi qua, tu dormi con me, stanotte. Non saresti in grado di dormire senza che nessuno supervisioni il tuo sonno. Per cui è necessario che io ti controlli.» replicò con una facilità tale da sembrare che stesse chiedendo da bere o che gli stesse parlando del tempo.
Quanto era schietto quel Kurogane! Ne era da sempre rimasto affascinato. «Non posso farlo, devo ripartire... E poi ho dormito, puoi chiedere anche a Tomoyo... E poi, in realtà volevo solo salutarti».
Il ninja sospirò e socchiuse gli occhi. «Mi saluterai come l‘altra volta? O farai come al solito, una delle tue assurde dimostrazioni d‘affetto?».
Il biondo non rispose, si trattenne con tutta la forza che gli restava dal fare qualcosa che sicuramente avrebbe rimpianto in futuro, così come s’era trattenuto l’ultima volta che l’aveva visto dal saltargli al collo per salutarlo. «Tanto non sarebbe un addio, non devo nemmeno impegnarmi più di tanto.» gli sorrise, poi.
«Ti ho detto di smetterla.» ringhiò Kurogane senza nemmeno badare al fatto che ad agitarsi così ne avrebbe sicuramente risentito. «Evidentemente sei troppo stanco per cui, per favore, fai come ti dico almeno stavolta... Sdraiati qui, riposati un po‘. Quando starai meglio potrai ripartire».
«Io ti ho detto che non abbiamo tanto tempo.» brontolò l’idiota continuando a restare in quella posizione.
L‘espressione del moro era dura, seria, severa, peggio del solito. «Tu non mi lasceresti mai morire, questo lo so. Ma non puoi nemmeno logorarti così. Come pensi che mi senta io?».
Fay poggiò la fronte contro quella di Kurogane, senza pensarci. «Io so come ti senti. Ci sono passato anche io, ricordi?».
«Ma io non ti ho lasciato solo.» chiosò il giapponese stringendo le palpebre.
Il mago ridacchiò e gli accarezzò i capelli. «Oh, è questo?».
«No! Zitto, imbecille, e prendimi dell‘acqua!» brontolò.
«D‘accordo, Kuro-chan!» pigolò con fare condiscendente gli sollevò piano la testa e gliela sistemò su uno dei tanti cuscini.
A quel punto Kurogane lo agguantò per l’orlo del kimono e lo tirò a sé, facendogli perdere l’equilibrio, ragionevolmente e facendolo sbattere con la faccia contro il pavimento.
«Che fai, Kurogane?!» sbraitò il mago.
«Ora stai qui e dormi.» ringhiò l’altro facendogli posto sul futon.
«Ma—» cercò di obiettare inutilmente, si accucciò lì accanto, in un angolino remoto del materasso, ma comunque anche da lì sentiva il calore che emanava quel corpo grande e forte. «D'accordo, però tu ora devi essere sincero».
«Senti chi parla!» brontolò fiaccamente.
«Ti fa tanto male, vero? Ti ho sentito urlare dal dolore... E Tomoyo-hime dice che non riesci a muovere il braccio...» sospirò.
«Mh, sì fa male. Non sto malissimo sempre, e non urlo tanto spesso... Non doveva succedere oggi, non dovevi sentirmi.» ammise. «Ora dimmi di te».
Fay gli sorrise, sinceramente, stavolta. «Non devi preoccuparti, per me. Ho incontrato tante persone strane...».
L'espressione dello shinobi sembrò leggermente rilassarsi per poi contrarsi di nuovo. «Stai usando tantissima magia, non è che ti finisce?».
«La mia magia non finirà tanto facilmente... Anzi, aumenta ogni volta che la uso, Kuro-myu, non preoccuparti.» continuò a dire.
«Non mi sto preoccupando per te.» mentì. «Stai facendo del tuo meglio, lo so, ma non vorrei vederti ridotto un mucchietto d'ossa».
«Parli te che mi facevi bere il tuo sangue!» brontolò.
«È normale! Io ho scelto di tenerti in vita, dovevo tenerti in vita in qualche modo!» sbraitò.
«Non agitarti tanto, Kurogane.» bofonchiò Fay poggiandogli una mano sulla spalla sinistra.
«Pensavo avessi capito le mie intenzioni quella volta, e che più o meno mi avessi perdonato!» continuò a borbottare quell'altro.
«Perché, c'era bisogno di perdonarti? Ti sei tagliato un braccio per portarmi con te, questo è folle! Quello che sto facendo io è il minimo... non ti ho mai ringraziato abbastanza e in fondo io non sto rischiando niente.» replicò.
L'espressione di Kurogane si fece ancora più seria. «Però io non ti ho lasciato solo. Tu non stavi fermo in un maledetto letto mentre io cercavo un modo per salvarti!» era già la seconda volta che lo diceva e ora stava cercando un modo per rimangiarsi tutto.
Ma il sorriso di Fay in quel momento si eclissò. «Ho sonno, Kurogane».
«Io non intendevo dire ciò che pensi...» bofonchiò il ninja.
«Cosa credi che stia pensando?» domandò il biondino.
«Sicuramente a qualche assurda smanceria!» annuì convinto.
«Veramente pensavo a—» “a te” si fermò di botto. «Kurogane, volevi che dormissi, ora lasciamelo fare» lo disse con un tono calmo e tranquillo, ma si voltò di fianco, come a voler evitare di guardarlo in faccia.
«Ehi guarda che io non intendevo dire niente di—» fece per dire, ma quell'altro lo interruppe.
«Lo so, Kurogane, non preoccuparti.» replicò.
«Perché mi chiami Kurogane, allora?» bofonchiò come se non riuscisse a fermarsi. «Ti ho ferito in qualche modo?».
«Niente di tutto questo. Perché dici così?» domandò il mago idiota girandosi nuovamente a pancia all'aria. Stava sorridendo.
Questo rinfrancò appena l'ego del giapponese, per una volta sembrava sincero. «Niente, mi pareva... Dai, dormi».
«Pensi che a me piaccia viaggiare da solo, sapendo che tu ogni giorno stai peggio?» replicò. «E comunque tu non sei mica solo, c'è Tomoyo ad esempio, qui sei in mezzo alla tua gente».
«Io non sto dicendo questo.» sibilò.
«Stai facendo dei ragionamenti troppo arcani rispetto al solito "attacco-e-poi-penso"...» gli fece notare l'idiota lì accanto.
«Io sto dicendo che non ti ho mollato da qualche parte e non sono andato tanto lontano a cercare un modo per farti stare bene.» sintetizzò.
«Certo, del resto sei tu che mi hai fatto stare bene.» annuì Fay, accorgendosi solo dopo di quello che aveva detto, coprendosi le labbra con un dito. «Purtroppo però io non sono in grado di farti stare bene».
«Ngh, comunque... Io non ho fatto questi enormi sacrifici per farti stare meglio.» mormorò Kurogane a voce bassa.
«Ma perché tu sei un tipo impulsivo e non ci hai proprio pensato.» replicò l'imbecille girandosi sul fianco destro stavolta, a guardarlo. «E comunque non vorrei fartelo notare ancora, ma ti sei tagliato un braccio per me. E questo è un sacrificio enorme! Oltre al fatto  che mi hai dato il tuo sangue...».
«Ma io volevo tenerti in vita! E comunque il mio discorso era volto ad altro. Tu eri al mio fianco, maledizione, io vedevo se stavi male, mi sono beccato tutte le tue occhiataccie! Sotto questo punto di vista è meglio così, tu non mi hai visto stare male, ma tu viaggi tantissimo e ti stancherai tantissimo.» si fermò e prese fiato. Aspettò per qualche secondo una risposta che non arrivò per cui cercò di incalzare. «Mi capisci, idiota?».
Quando voltò lo sguardo verso di lui, si accorse che il biondo era con gli occhi socchiusi e il suo respiro era regolare. Chissà da quanto tempo s’era addormentato, e lui aveva blaterato a lungo cercando di spiegarsi aprendo il suo cuore a quell’imbecille, senza che lui ascoltasse nemmeno una parola. Beh, in fondo, meglio così, almeno non avrebbe fatto la figura del debole.
Senza nemmeno accorgersene, la sua spalla sinistra fece un lieve movimento involontario e si ritrovò di fianco a guardarlo. Si rese conto di non essersi mai soffermato più di tanto a guardarlo dormire, in fondo che bisogno aveva? Del resto, quel tizio e le sue opprimenti dimostrazioni d’affetto lo avevano disturbato per così tanto tempo da diventare quasi una sottospecie di consuetudine, e quindi ora che quelle dimostrazioni d’affetto erano sparite del tutto dal suo mondo, probabilmente si sentiva in dovere di fare qualcosa di decisamente stupido e stucchevole, ma tanto quello lì dormiva, ed era talmente stanco che sicuramente non si sarebbe nemmeno accorto se avessero cominciato a dar fiato ai cannoni in quella stessa stanza. Con sua immensa sorpresa il suo braccio destro sembrò nuovamente sensibile, quel tanto che bastava a raggiungere la coperta verde per condividerla, ora, con lui.
Appena le sue dita lasciarono la coperta e si poggiarono fiaccamente all’altezza della spalla di Fay, questi gemette piano. A quel punto, Kurogane spostò appena il colletto bordato del kimono celeste che quel biondino indossava, era tutto fasciato, era ferito, maledizione!
Però non riuscì a ritrarre la mano indietro, e probabilmente nemmeno volle farlo, la lasciò scivolare fino alla terza vertebra toracica e rimase col braccio così, intorno a quelle spallucce gracili. E se lo guardò sentendosi la faccia in fiamme, ma senza capirne il motivo. Dopo un po’ sentì le palpebre pesargli sempre di più, finché non gli si chiusero e si appisolò.


Fu Fay il primo a svegliarsi, con il sole del mattino che filtrava dalla trama di cartapecora delle imposte scorrevoli.
Prima ancora di aprire gli occhi sentì un lieve peso sulle spalle e un soffio tiepido a increspargli i capelli. Quando batté le palpebre e i suoi occhi si abituarono alla luce, si rese conto che Kurogane era lì accanto, vicinissimo, che quasi lo abbracciava, che gli respirava addosso.
Impallidì all’improvviso. Aveva sentito qualcosa la sera precedente, mentre stava crollando addormentato, aveva percepito un minimo di risentimento nelle parole del ninja, ma aveva cercato in tutti i modi di rimuoverne il ricordo in automatica e c’era riuscito!
Sì guardò quell’espressione tranquilla e pacifica per qualche secondo, prima che il nodo alla gola cominciasse a stringere di nuovo. Così spostò delicatamente quel braccio grande e forte, tutto sommato, che gli pesava sulle spalle e lo sistemò sul suo cuscino. Poi si mosse lentamente, sgusciando fuori dal letto silenziosamente.
Però, sentì il bisogno di svegliarlo, d’accordo che era affetto da una grave e rara forma di vigliaccheria cronica, ma quella persona, quel burbero ninja dormiente, era importante per lui e doveva salutarlo adeguatamente, almeno per questa volta.
Le sue dita sfiorarono quel viso caldo e pallido, senza fare troppa pressione, anche se presumibilmente la voglia di stiracchiargli la faccia come al solito c’era sempre, però si chinò senza nemmeno accorgersene, abbreviando la distanza tra quel volto e il suo.
Fu come se per un momento tutto ciò che stava succedendo fosse stato cancellato, come se sotto di lui non ci fosse più il pavimento, come se le pareti girassero lì. I suoi pensieri cominciarono a rimbombargli in testa e all’improvviso si fermarono di colpo, per poi ricominciare a girare, un’altra volta, senza avere un senso compiuto o una logica. E si ritrovò a sfiorare appena quelle labbra con le sue, senza nemmeno rendersene conto.
Si staccò da Kurogane con una lievissima tachicardia e con il volto in fiamme, coprendosi la bocca con le dita e quasi non si accorse che quegli occhi vermigli lo stavano scrutando.
«Cos'era quello?» biascicò una voce assonnata e stupefatta.
«Ti-Ti salutavo... Io eh— Non era niente.» sbuffò scotendo il capo e mosse in fretta e furia le labbra per far avviare l’incantesimo.
«Ehi, aspetta—» Kurogane fece per afferrarlo ma sparì all‘improvviso senza nemmeno dargli il tempo di ricambiare o di sbraitare.
E lo guardò svanire avvolto da quella magia luminescente senza riuscire a fare nulla, cercò anche di alzarsi per agguantarlo e dirgli di restare, ma non ci riuscì, si limitò a guardarlo sparire.

 













 







Salve, salvino!

Allora, permettetemi di dire due o tre cosettine, pensavo di scrivere un paio di cose a commentare questo capitolo, ma visto che mi fanno pressioni, posterò così e tanti saluti. Volevo dirvi però comunque un paio di cose: tipo, questo capitolo è venuto davvero molto lungo e temo di aver ripetuto a lungo i concetti, spero di non avervi disturbato più di tanto, volevo anche spezzarlo, per far gravare gli errori che sicuramente saranno da qualche parte in entrambi, di modo che fosse tutto più omogeneo, però poverini non si vedevano da troppo (un capitolo T^T) è quindi è più che giusto che siano così. Spero che la scena del bacio non vi abbia fatto storcere più di tanto il naso, non sapevo come metterla in modo da renderla accettabile e da non far uscire i personaggi troppo malconci xD e poi è pur vero che questa è la seconda volta che butto giù questo capitolo, perché mi pareva che Kurogane fosse troppo apatico, ed è uscito davvero parecchio depresso, ma ci va bene uguale, no? xD Boh, me ne vado nell'angolino dopo aver commentato le vostre recensioni, aspettando una serie di insulti maleficherrimi per questo capitolo =_= "


oceanredwhite: Salve, ti ringrazio per la recensione! Sono molto lieto che Kurogane ti sia risultato coccoloso, e che abbia receduto dai propositi di far prostituire il povero Fay *fa pat al povero Fay*. Spero che il capitolo ti sia piaciuto!

Herit: Salve! Hai visto signorina che ho postato? Tutto sommato sono un bravo ragazzo anche se mi dimentico di recensire e di postare e anche se cancello i capitoli a cavolo di cane v__v questo capitolo è decisamente lungo (mi scuso per l'altro troppo breve xD) sono contento che ti sia piaciuto e mi scuso per la mancanza di certi spazi, ma il dannato programma, come ti ho già detto, ha deciso di fare di testa sua e inghiottirli T^T ti ringrazio moltissimo stavolta il commento alla recensione sarà breve perché voglio postare e andarmene a letto v__v pardon, grazie per avermi aiutato a far chiarezza nella mia testolina bacata!

yua : Salve anche a te! Visto che mi hai permesso di rispondere "alla carlona" alla tua recensione, ti ringrazierò soprattutto perché la recensione è geniale, lunga e molto precisa xD sono cattivo e mi scuso per questo (in realtà ci gode in fondo in fondo) comunque ti ringrazierò mille volte! E mi scuso anche per la mancanza di spai e per le innumerevoli ripetizioni che sicuramente avrai trovato! Spero che anche questo capitolo ti piaccia!

pralinedetective: Salve, anche per te questa volta il commento sarà breve! dapprima grazie per la recensione, spero vivamente che tu abbia "awweggiato" anche stavolta in certi punti, spero che anche questa volta mi farai notare gli errori visto e considerato che sicuramente ne troverai anche qui. Spero che anche a te il capitolo piaccia!

harinezumi: Ed eccola, lei! Intanto grazie per aver recensito anche l'altra storia *W* spero che questo capitolo ti piaccia xD Comunque l'idea di Fuuma me l'ha data Herit, quindi ringraziamola xD, probabilmente però -mi sento di dire- Kurogane così tanto depresso e demotivato sicuramente sforerà nell'ooc se non oggi domani v__v spero che tu non storca più di tanto il naso *W* scusa per la risposta breverrima, ma ho sonno xD e devo ancora incorsivare le parti in corsivo =_= "

Beh, mi sa che ho detto tutto! Grazie mille ancora, soprattutto a MaleficaGgggì che ha avuto il buon cuore di sopportarmi anche questa volta! Anche a voi lettori-non-recensori, anche se vorrei sapere proprio cosa ne pensate xD!.


D.


   
 
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