Titolo:
Mocking bird
Autore:
Phoenix Angel Suyari
Rating:
PG
Pairing: Sirius/Remus
Riassunto: chi siamo, chi saremo…
Note dell’autrice: Questo è il
sequel di Coming Home, che è a sua volta il sequel di Carried Away. *sospiro*
Sembra proprio che alla fine sia diventata una serie. Questo è anche il
vincitore del mio sondaggio di scrittura più recente (Suyari ha un livejournal
in cui fa sondaggi sui suoi scritti, per vedere qual è quello più
apprezzato…NdTraduttrice)
Traduttrice: Chu
Note della traduttrice: Scusatemi
per il ritardo, ma sono stata fuori casa per via dell’università. Comunque, vi
ringrazio a nome di Suyari per le vostre entusiaste recensioni! Grazie mille!!!
Riguardo il capitolo… penso che qui vedremmo il lato, come dire, ‘da
professore’ di Remus…*_* come le spiega lui le cose le capisce anche Sirius! A
proposito di lui…fatevi quattro risate alle sue spalle XD e…Niente scuola! Niente scuola! Niente scuola!
Link diretto a questo capitolo: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/12220.html#cutid1
*
Harry sospirò, con le braccia che
penzolavano oltre il lato della vasca da bagno. Quell’appartamento aveva un
sacco di grandi stanze, e il bagno non faceva eccezione. Avrebbe potuto nuotare
nella vasca, ma non era buona educazione. Non riusciva a ritrovarsi a giocare
con i giocattoli da bagno, o provare più gioia nelle bolle che ricoprivano
l’acqua in diverse, scintillanti tonalità. Era strano. Tutto ciò.
Harry non era speciale, ma nessuno
l’avrebbe mai detto dal modo in cui i suoi padrini si comportavano. Lo
trattavano con così tanto affetto che lui si sentiva in colpa per non aver
fatto nulla per essersi meritato quella devozione.
L’acqua si agitò appena lui si
mosse, facendo gocciolare senza accorgersene acqua dalle punte delle sue dita
sbadate. Le gocce caddero giù su del pelo nero, e Padfoot si scosse un po’.
Alzò lo sguardo verso Harry, mettendosi seduto per leccargli la guancia.
Harry sapeva che al cane non
importava se lui era lì, anche se lui non ne faceva parte. La verità era che
Harry non faceva parte di nessun posto.
Padfoot guaì e premette il muso
contro la mano di Harry. Lo fece diverse volte fino a quando Harry gli grattò
il muso e si alzò. “Okay…è ora di uscire.”
L’asciugamano che Remus aveva
lasciato era molto largo e abbastanza caldo. Harry premette il viso contro di
esso e prese un profondo respiro. Il profumo era piacevole. Non come gli
asciugamani di zia Petunia. Quelli odoravano di troppo sapone e del miscuglio
di fiori dei vestiti asciutti che stavano nell’armadio della biancheria. No,
l’asciugamano qui profumava d’estate. Come se fossero stati messi al sole e al
venticello ad asciugarsi lentamente e ad impregnarsi di tutto ciò che
apparteneva alla natura. Avvicinandolo di più, rimase lì in piedi per un po’,
sentendo il suo petto stringersi ed i suoi occhi pizzicare. Padfoot guaì e
Harry lasciò andare un piccolo gemito, accasciandosi sul pavimento e stringendo
l’asciugamano. Il cane si spostò accanto a lui, poggiando il suo muso sul
piccolo ginocchio di Harry e aspettando che finisse di piangere.
Quando Harry riprese conoscenza,
era nel letto. Raggomitolato, con un pigiama leggero che aveva disegnate delle
buffe palline d’oro con le ali. Quando mosse il suo braccio, sembrò come se le
palline brillassero. La porta della sua camera era aperta ed era ancora giorno.
Decidendo che aveva fame – e davvero troppo spaventato per giocare con uno
qualsiasi dei bei giochi che adesso aveva – Harry si liberò con attenzione
delle coperte, si girò e dopo aver penzolato e saltato, raggiunse il pavimento.
Voltandosi di nuovo, si ritrovò faccia a faccia con una creatura che aveva
circa la sua stessa altezza, orecchie che penzolavano e occhi della grandezza
di una pallina da tennis. Entrambi sbatterono gli occhi, prima che Harry
gridasse come un pazzo e corresse alla porta.
Andò a sbattere contro un paio di
gambe, aggrappandosi ai pantaloni. La creatura dietro di lui stava strillando agitata
e Harry chiuse forte gli occhi, sperando che il mostro andasse via. Una mano
premette contro la sua schiena, per rassicurarlo, e lui udì Sirius dire,
“Nettie, torna in cucina.”
Con un gemito ed un sonoro pop, la creatura sparì.
“Harry…Harry, va tutto bene,” disse
Sirius cercando di calmarlo e piegandosi in giù. Harry scosse la testa,
stringendo la presa. “Harry…Harry, vieni qui.” Sirius aprì le braccia e Harry
si lanciò fra di esse, tremando come una foglia. Sirius emise un debole suono,
alzando Harry dal pavimento e tenendolo stretto. Solo quando iniziò a calmarsi
– Sirius stava di nuovo facendo quell’ipnotico movimento ondeggiante – Harry
ebbe il coraggio di alzare lo sguardo dalla camicia. Remus gli sorrise, non essendosi spostato minimamente dall’uscio
della porta. Harry ipotizzò che entrambi fossero arrivati correndo. Guardando
in su, Sirius gli sorrise.
Harry aveva paura che si
arrabbiassero, ma Sirius gli mise una mano dietro la testa – e con grande
sorpresa di Harry – gli baciò gentilmente la fronte. “Va meglio?” chiese, come
se Harry si fosse appena sbucciato un ginocchio. Harry sbatté gli occhi, tirando
rumorosamente su con il naso, strofinandoselo con il polso. “Co-… Voi
ave-avevate detto che non c’erano mostri qui.”
Sirius gli sorrise comprensivo,
mentre Remus si avvicinò a loro, asciugando il naso di Harry con un fazzoletto.
Harry lo guardò, non sapendo cosa fare in una situazione del genere. “Soffia,
amore.” Quindi, fece così. Remus gli pulì il naso e poi diede un piccolo
colpetto sulla punta, con quel sorriso che Harry pensava non lasciasse il suo
viso molto spesso.
“Bene,” iniziò Sirius. Gli diede un
colpetto al sedere e attraversò la stanza. Remus lo seguì, sedendosi accanto a
Sirius sul letto. Harry stava sulle gambe di Sirius. “Speravamo di far
trascorrere la settimana prima della grande rivelazione, ma…” Rivolse lo
sguardo a Remus, che gli sorrise di rimando e gli strinse un braccio per
appoggio. “Sembra che questo abbia cambiato il piano.”
Sospirò e diede ad Harry un piccolo
abbraccio. “Harry, hai mai sentito delle storie sulla magia?”
Harry sbatté gli occhi. “Magia?”
gli fece eco con curiosità.
Sirius annuì. “Magia,” confermò.
“Come streghe e draghi, forse con
una principessa?” suggerì prontamente Remus.
Harry tirò di nuovo su con il naso,
guardando le mani di Remus. Sopra la sua testa, i suoi tutori si guardarono
l’un l’altro.
“E riguardo i prestigiatori?”
chiese Remus, con una punta di entusiasmo, come se avesse appena pensato a
qualcosa di grandioso. “Qualche volta sono alle feste di compleanno.”
“Stai parlando di quei tizi che
tirano fuori i conigli fuori dai cappelli e che segano le persone a metà?”
chiese Sirius.
Remus annuì. “Sì, proprio loro. Hai
mai assistito ad uno spettacolo di magia, Harry?”
“Dudley è andato ad una festa di
compleanno e me ne ha parlato,” replicò Harry, con un cenno della testa.
“Quello aveva fatto della roba con i palloncini. Dudley ha avuto una tigre.”
Harry lanciò loro un’occhiata
attraverso la sua frangia. Sirius stava fissando Remus, come se Harry avesse
detto qualcosa di folle. Remus sospirò. “Li piegano, Sirius,” disse, dando una
pacca sulla spalla dell’altro uomo. Sirius lo guardò come se ci credesse poco.
“Io l’ho visto il palloncino…”
continuò Harry a voce bassa. “Era blu…”
“Sì,” disse Remus, piegandosi in
avanti per guardare Harry negli occhi. Gli accarezzò la spalla. “E qualche
volta tirano fuori una moneta o qualcosa del genere dall’orecchio di qualcuno.
O fanno un gioco con le carte.” Si sedette di nuovo, gesticolando con le mani.
“Indossano cappelli neri e qualche volta mantelli. Hanno anche delle
bacchette.”
Harry e Sirius alzarono di nuovo lo
sguardo su di lui con espressioni simili. Remus sospirò di nuovo. “Ad ogni
modo, i prestigiatori…fanno la magia.”
“Davvero?”
Harry guardò Sirius; sorpreso che
il suo padrino stesse facendo una domanda del genere. Remus lasciò andare un
gemito e fece scorrere una mano fra i suoi capelli. “Del tipo babbano,” gli
disse. “Fumo e illusioni con gli specchi… Non complicare le cose, Sirius!”
“Babbani?” chiese Harry debolmente.
Sirius guardò in basso. “Babbani è
come noi chiamiamo la gente che non ha la magia,” spiegò.
“La magia è vera?”
“Verissima, piccolo Prongs,”
Harry era abbastanza certo che
‘piccolo Prongs’ era riferito a lui, quindi incontrò gli occhi di Sirius.
“Quindi i prestigiatori…” iniziò, cercando di capire. “Fanno magia vera?”
“No, amore. I prestigiatori sono
persone che fingono di fare magia,” lo corresse Remus.
“Solo i maghi e le streghe possono
fare della vera magia,” concluse Sirius.
Harry si appoggiò a lui, sentendosi
un po’ male.
“Vedi,” continuò. “Ci sono
due…um…mondi è un po’…vedi, Harry, ci sono due tipi di persone…così non va
bene… I Maghi-”
“Sirius, così lo confondi.”
“E’ più difficile di quanto
pensavo, Moony.”
“Solo perché lo stai complicando,”
replicò, allungando una mano verso Harry. Harry rimase immobile mentre Remus lo
prendeva in braccio, mettendolo sulle sue gambe e guardandolo. “Il mondo è un
posto molto grande, Harry. E ci sono un sacco di tipi diversi di persone in
esso. Un sacco di gente può fare un sacco di cose differenti. Alcune persone,
come i medici, possono farti sentire meglio quando stai male. Altre sono molto
brave negli sport e fanno sì che quello sport diventi il loro lavoro. Alcune
persone sono brave a cucinare, quindi diventano cuochi e fanno questo. Fin qui
hai capito?”
Harry annuì. “La gente ha un lavoro.”
“Sì, Harry. Ha un lavoro. Non tutti
hanno un lavoro che piace, ma spesso le persone scelgono i lavori in base a ciò
che sono bravi a fare. Sirius, per esempio è bravo a cacciarsi nei guai, quindi
è una specie di poliziotto, perché era il lavoro più pericoloso che ha trovato.”
“Moony…”
Remus gli sorrise.
“Sei un poliziotto?” chiese Harry.
“Una specie…Remus…”
“Ci sto arrivando, amore.”
“Qual è il tuo lavoro?” gli chiese
Harry, alzando lo sguardo.
Il sorriso di Remus non era così
felice come Harry lo conosceva, ma rispose. “Lavoro con i libri.”
“Ohhh,” disse Harry, come se avesse
capito. Non voleva far arrabbiare Remus per non aver compreso ciò che lui aveva
perso tempo a spiegare così attentamente. Anche se forse era un po’ troppo
piccolo.
Remus si schiarì la voce. “Quindi,
vedi, Harry… La gente può fare qualsiasi cosa. Alcune persone possono anche
fare della vera magia. E queste persone si chiamano maghi, se sono uomini, e
streghe, se sono donne.”
Harry lo guardò sbattendo gli
occhi.
“Devi andare in una scuola speciale
per imparare ad essere una brava strega o un bravo mago. Solo che non tutti
possono decidere di voler essere maghi quando crescono. Diversamente dai
pompieri e dai dottori e dagli avvocati, le persone che da grandi saranno maghi
e streghe sono nate così. Hanno un talento speciale dentro di loro, che resta
assopito fino a che non ne hanno bisogno.” Premetto la punta delle sue dita sul
piccolo petto di Harry. “Tu ce l’hai, che dorme ancora dentro di te, Harry.”
Harry si puntò i piccoli palmi sul
petto. “C’è qualcosa dentro di me?!” chiese, incredulo, con gli occhi
spalancati. “Non è niente che possa ferirti, Harry. Ci sei nato, fa parte di
te, come il tuo sangue.”
“Ho del sangue magico?”
“Ehi, ottimo Moony! Ce l’hai
ancora!”
Il sorriso che ora Remus aveva era
uno nuovo. Harry non riusciva a dargli il giusto significato, perché era
abbastanza sicuro che i sorrisi non potevano essere sia così felici e tristi
allo stesso tempo. “Giusto, Harry. Tu hai sangue magico.”
Sirius si avvicinò, piegandosi in
avanti. “E se hai sangue magico? Questo cosa significa?”
Harry aggrottò la fronte cupamente
per un momento. “Che devo diventare un mago da grande?”
Sirius lanciò un allegro grido
d’approvazione e lo abbracciò, mentre Remus disse quasi troppo piano, “Non è
che devi.”
“Voi-voi siete…” chiese Harry,
guardando fra di loro, da in mezzo alle braccia di Remus, seduto sulle sue
gambe. “Entrambi…”
“Maghi?” domandò Sirius.
Harry annuì.
“Certamente,” rispose.
Allontanandosi, mise una mano nella manica. “Vuoi vedere?
Harry era consapevole che adesso
era il momento giusto per tirarsi indietro, ma la sua curiosità batté il suo
istinto di auto-difesa. Quindi, annuì.
Sirius tirò fuori ciò che sembrava
un rametto liscio, o forse la gamba tagliata di una vecchia sedia, e la tenne
in mostra. Harry guardò in basso verso quella cosa, su verso Sirius, poi verso
Remus e di nuovo in basso.
“Questa è la mia bacchetta,” spiegò
Sirius. “Non si può fare la magia senza una bacchetta. Bèh, effettivamente si
può, ma-”
“Sirius.”
“Faccio qualcosa!”
“Che cosa farai?” chiese Harry, la
curiosità che faceva capolino.
Sirius scrollò le spalle. “C’è
qualcosa che vuoi?”
Harry si morse il labbro, facendosi
inconsapevolmente piccolo piccolo sulle gambe di Remus. Non era ancora abituato
ad aver il permesso di volere qualcosa, figuriamoci richiederlo. Remus gli
strofinò le spalle, in segno di sostegno.
“Hmm…” disse Sirius, cacciando un
po’ fuori la lingua e battendo la bacchetta contro il palmo di una mano. “Cosa
c’è di emozionante, ma non spaventoso…?”
“Lascia che lo faccia io,” replicò
Remus, alzando Harry e riposizionandolo sulle gambe di Sirius. “Combineresti un
casino.”
“Apprezzo molto la tua fiducia!”
disse ironicamente Sirius, circondando Harry con le braccia in un lento abbraccio.
Remus si alzò e attraversò la
stanza, prendendo la sua bacchetta e trascinando una sedia al centro della
camera. Harry osservò, affascinato, mentre faceva un passo indietro, tenendo la
bacchetta. Disse una parola che Harry non capì e la sedia lasciò andare un
piccolo suono, come un ‘poof’, un po’ di fumo e poi…
“Uaoooo…”
“Moony è sempre stato bravo in
Trasfigurazione.”
Remus agitò di nuovo la bacchetta,
dopo aver sorriso ad Harry, ed il comodo divano rosa diventò una poltrona
coperta di peluria blu. E poi fu una lampada verde con i pois rosa, un tavolo
di marmo, un orologio giallo, e alla fine tornò alla sua vita di sedia di legno
di cedro.
Harry batté le mani.
Remus si spostò un po’ imbarazzato,
lanciando un’occhiata a Sirius quando si unì anche lui all’applauso. Fece un
breve inchino, dopo esser stato spinto a farlo, e rimise a posto la sedia.
Tornando al letto, Harry salì allegramente sulle sue gambe, facendo versetti
all’oggetto che aveva fatto il lavoro.
“Ne avrò una anche io?”
“Quando compirai undici anni,”
rispose Sirius, con una risata nella sua voce. Scompigliò i capelli di Harry.
“Appena prima di andare a scuola.”
Harry si fermò, e ci fu una lunga
pausa, che fece preoccupare i suoi tutori, i quali si guardarono l’un l’altro,
prima che il loro sguardo tornasse su di lui. Lui sbatté gli occhi, alzando lo
sguardo. “Non devo andare a scuola fino a quando non avrò undici anni?” chiese,
sconvolto.
“Ehm, sì, piccolo Prongs,” rispose
Sirius, poggiando cautamente una mano sulla sua schiena. “I Maghi non iniziano
la scuola finché non compiono undici anni.”
“Niente scuola?” domandò Harry,
guardandoli, con grandi occhi verdi che scrutavano.
“No.”
“Sebbene, se vuoi-” iniziò Remus,
ma si fermò non appena Harry saltò sulle sue gambe, con le braccia per aria.
“EVVIVA!” gridò. Con il saltò
superò i suoi tutori, finendo sul letto, dove iniziò a saltellare con
entusiasmo. “Niente scuola! Niente scuola!” canticchiò.
Remus sospiro, mentre Harry
continuava, e guardò Sirius afflitto. “Questo è opera tua e di Prongs.”
“Non preoccuparti, Moony…”
“Niente scuola! Niente scuola!”
“Gli insegneremo noi tutto ciò che
necessita di sapere prima di allora.”
“Niente scuola!”
“Sarà semplice.”
Harry lanciò un grido, e cadde in
maniera scomposta sul letto, nascondendosi dietro Remus e sbirciando fra le
braccia di Remus e Sirius. I due seguirono il suo sguardo, trovando Nettie,
l’elfo domestico che si torceva le mani nervosamente. Remus guardò Sirius, che
ghignò.
“Okay…inizieremo dalle basi per
costruire tutto il resto!”
*