Titolo: Coming home
Autore: Phoenix Angel Suyari
Rating:
PG
Pairing:
Sirius/Remus
Desclaimer: Harry Potter e tutti i
personaggi della popolare serie sono proprietà di J.K.Rowling e come tutti gli
autori, io li ho solamente presi in prestito per la mia personale
soddisfazione.
Note dell’autrice: Sequel di
Carried Away. Diventerà una serie? Diavolo, se lo sapessi! Questo è il
risultato di ogni singolo commento in
cui veniva richiesto un seguito. Ciao! Ecco il vostro sequel!
Traduzione: Chu
Note della traduttrice: com’è
evidente dalla nota di Suyari, “Carried Away” era nata come one-shot. L’autrice
ha iniziato una serie solo successivamente alle richieste di un sequel… ^_^’’
ho detto un’ovvietà, ma che volete farci? Era solo per essere più chiara… Quindi,
chiarezza per chiarezza (eh?°_°): siccome l’autrice non è sicura di dove vuole
andare a finire e, soprattutto, COME e QUANDO vuole finire, non si saprà mai se
questa fic avrà una fine… Parlando d’altro: avete visto? Non è adorabile il piccolo Harry? E Remus? …
E’ un papà nato…peccato che è gay XD e non lo dico io! Lo dice metà dei fan
della serie! Inoltre, anche se non sono l’autrice, vi ringrazio da parte sua
per i commenti! Grazie grazie grazie ^^
E comunque…attenti ai pancake! A me
è venuta fame mentre leggevo…
Link diretto alla storia originale:
http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9710.html#cutid1
*
Harry
sbatté gli occhi non appena la porta si aprì, rivelando una stanza così larga
che Harry non era sicuro ci fosse molto di più del loro appartamento. Dopo
tutto, vivevano in un appartamento a Londra. Ne sapeva abbastanza di stanze,
per capire che quella camera era l’intero appartamento. Eppure, c’erano delle
porte, e un ingresso. Guardò in alto e lasciò andare un piccolo sospiro verso
il soffitto.
“Vuoi
toglierti la giacca, Harry?” chiese Remus, con le mani sulle sue spalle.
Harry fu
sbalzato dal suo sogni ad occhi aperti e lo guardò. Annuì lentamente,
spostandosi per toglierla, ma Remus l’aveva messa via e avvolta prima che lui
potesse iniziare a tirare una manica troppo larga.
Harry si
sfregò il naso e guardò dietro di sé. Sirius stava chiudendo a chiave la porta
e Remus stava riponendo il suo cappotto nell’armadio dell’ingresso.
“Bèh
Harry,” disse Sirius, avvicinandosi per intrappolarlo in un abbraccio laterale.
“Che cosa ne pensi?”
Harry non
voleva essere scortese. “Uhmmm…” disse sotto voce. “E’…grande…”
“Andiamo,
ti mostro la tua stanza.”
Harry si
lasciò sfuggire un sussulto quando venne velocemente alzato in braccio,
aggrappandosi sorpreso al braccio e alla spalla di Sirius, mentre veniva
sistemato più vicino. Remus gli diede un sorriso comprensivo e li seguì mentre
Sirius marciava lungo l’ingresso con Harry. Harry pensò, dall’espressione di
Remus, che forse Sirius faceva questo molto spesso anche con lui.
La porta
da sola era intimidatoria. Legno di sequoia finemente cesellato, con rifiniture
d’acciaio. Harry fissò quel blocco a piombo e lo guardò mentre veniva aperto
come se dovesse attaccarlo da un momento all’altro. Remus gli arruffò i capelli
per distrarlo e gli sorrise quando lo guardò. Harry sorrise debolmente di
rimando.
Sirius si
spostò al centro della stanza e allargò il suo braccio libero.
Harry si
guardò intorno. Questa stanza era anche più
grande della prima. Aveva un largo letto, con tende e imponenti finestre
con pesanti drappeggi. Tre intere finestre. Tre intere finestre ciascuna delle
quali era più grande di tutte le finestre del prezioso salotto di zia Petunia
messe insieme. Ed Harry ne aveva tre.
Il
pavimento era di legno lucido. Che brillava e che esibiva orgogliosamente
nessun segno di abuso. I muri sembravano molto lunghi, quasi come se non
finissero, ma come se continuassero a ruotare. C’erano anche altri arredi.
Scaffali, riempiti con un sacco di copertine colorate. Ripiani con qualsiasi
genere di cose, luccicanti e luminose, ed Harry intuì che molta di quella roba
poteva rompersi molto facilmente, quindi avrebbe dovuto tenersi lontano da
loro. Due enormi cassettoni fiancheggiavano un immenso armadio ad entrambi i
lati. All’estremità più lontana c’erano una scrivania ed una sedia che
sembravano come qualcosa proveniente da un museo. C’era una cesta per i
giocattoli ed un comodino con una lampada che sembrava molto, molto costosa appoggiata
su di esso.
Il
soffitto si allargava all’infinito,
facendo sentire Harry anche più piccolo di quando zio Vernon lo sgridava.
Distolse lo sguardo, sentendosi stordito e notò un largo quadro sul muro
accanto al letto. Due persone ricambiarono il suo sguardo. Uno aveva i capelli
scuri, proprio come i suoi. E l’altra aveva capelli rosso fuoco e occhi che
Harry riconobbe.
Stava
guardando oltre la sua spalla verso gli imponenti specchi proprio dietro,
quando pensò di aver visto un guizzo. Guardando di nuovo, sbatté gli occhi, ma
il ritratto era fermo. Si sentì un po’ strano, ma scosse la testa e pensò che
ancora non conosceva quel luogo. Ne sarebbe stato spaventato probabilmente per
un po’. E davvero, i ritratti non si muovono.
“Bèh?”
disse Sirius dopo un po’.
Harry lo
guardò, senza capire.
“Che ne
pensi?”
Harry non voleva
essere scortese. “E’…molto carina…”
Sirius
sorrise e lo strinse. “Sono contento che ti piaccia,” replicò, sistemando Harry
in piedi sul pavimento. Harry non lasciò andare la presa e Sirius si fermò un
attimo, prima di sollevarlo di nuovo.
“Bene…” disse
Remus. “Vuoi cambiarti? Non sapevamo che taglia avevi, ma abbiamo comprato un
po’ di cose…” Si spostò attraverso la stanza, aprendo l’armadio. “Penso di
riuscire a trovare qualcosa qui dentro che ti stia meglio di quello che hai
addosso ora.”
Harry guardò la sua maglietta
troppo grande, e i pantaloni che si tenevano su solo perché aveva legato una
corda lungo la cintola. Sirius piegò la testa, guardando attraverso la frangia
scura di Harry.
“Vuoi qualcosa da mangiare invece?”
Chiese Remus.
Harry non alzò lo sguardo.
“Un bagno forse?”
Harry si curvò più vicino, sulla
spalla di Sirius. Sirius guardò verso Remus, prima di piegarsi a sua volta su
Harry. Lo strinse più vicino, e premette protettivamente una mano sulla schiena
di Harry, prima di iniziare ad ondeggiare. Harry fissò il muro, mentre Sirius
iniziava a canticchiare, ondeggiando ancora, e presto Harry si accorse che era
molto difficile rimanere sveglio, per non dire preoccupato.
Quando si svegliò, era buio. Si
sedette, sfregandosi gli occhi con l’orlo della maglietta che copriva le sue
piccole mani. Quando la sua mente si schiarì, si ritrovò da solo, nel grande
letto, nell’enorme stanza. Sussultò leggermente e strisciò fino all’orlo del
letto, insicuro sul da farsi.
Le finestre tracciavano lunghe, scintillanti
ombre lungo il pavimento. Era tutto molto silenzioso, e guardando in basso,
c’era una lunga strada fino al pavimento. Ora, Harry aveva due possibilità.
Poteva rimanere nella stanza spaventosa, tutto solo, aspettando che i mostri lo
andassero a prendere. O poteva sperare che i mostri che vivevano sotto i letti
dei bambini piccoli e con i capelli neri non l’avrebbero preso mentre
raggiungeva la porta. Guardò in avanti. La porta era molto lontana.
Dall’angolo dell’occhio, gli sembrò
di vedere qualcosa muoversi, e preso dal panico, si decise per l’opzione B.
Tuffandosi giù dal letto, cadde pesantemente a terra, ad una buona distanza dal
letto, per il suo piccolo corpo. Una volta a terra, non perse tempo, correndo
con tutte le sue forse verso la porta. Era leggermente aperta, e lui la spinse
di lato, e schizzò via, verso l’ingresso.
Non sapeva dove stava andando, ma
sapeva di dover andare lontano, molto lontano da quella stanza. Andò a sbattere
contro una sedia nel salotto, e cadde a terra in un mucchietto ansimante,
abbracciando la sedia più vicino e nascondendosi dietro di essa. Gli occhi
cercavano freneticamente i mostri.
C’era un camino nel salotto, che
tracciavano ombre poco familiari in tutte le direzioni. Harry pensò che forse
poteva sedersi sul divano ed aspettare. Uscendo fuori da dietro quella, si
guardò intorno nella stanza per due volte prima di trovare il divano, e correre
verso di esso.
Si fece male alla pancia durante il
primo salto, il divano era più alto di quanto avesse creduto prima. Con uno
sformo molto grande, si sollevò su e si voltò, passando in rassegna tutta la
stanza di nuovo. Ogni cose era ferma dove stava prima. Immobile e poco
minacciosa da vicino al fuoco. Harry sospirò, e affondò giù, stringendo un
cuscino contro il suo petto.
Si ricordò troppo tardi delle
regole di zia Petunia riguardo i piedi sul divano. Comunque, al momento era
molto più spaventato all’idea di far ciondolare i suoi piedi oltre il lato del
divano che cacciarsi nei guai. E poi, non stava indossando le scarpe.
Rimase seduto lì per un po’;
sussultando ad ogni suono strano e ombra che si muoveva. Dopo un po’, cercare i
mostri gli stava stancando gli occhi, e continuava a sforzarsi di guardare
velocemente in alto, non appena si accorgeva di aver abbassato la guardia per
un momento.
Fu in uno di quei momenti, tra il
ricordarsi di rimanere sveglio ed il sentirsi molto stanco, che avvertì il suo
corpo venir sollevato. Si spostò al movimento con un piccolo lamento, ma
sentiva i suoi occhi troppo pesanti per aprirli. Non importava comunque, perché
era steso contro qualcosa di caldo e solido, la sua guancia sostenuta da una
curva, e la sua testa piegata sotto qualcosa di similarmente caldo.
Sospirò quando qualcosa lisciò
gentilmente i suoi capelli, le mani chiudendosi in un pugno sul tessuto. Il suo
corpo non si preoccupava di svegliarsi, e molto presto, non importava più.
La seconda volta in cui Harry si
svegliò, il sole splendeva tramite le finestre e la sua stanza era calda e non
appariva minacciosa. Inspirò piano con il naso e si sedette. Quando si
stiracchiò, calciò qualcosa e la sua risposta automatica fu di bloccarsi.
Ma ciò che aveva calciato alzò solo
una testa pelosa. Sbatté gli occhi e sbadigliò, stiracchiandosi. Harry lo
guardò e non riuscì a ricordare di aver visto un cane nella casa prima. Poi
però, aveva solo visto due stanze. Il cane agitò la coda e si alzò. Harry
trattenne il fiato. Il cane – come qualsiasi altra cosa lì dentro – era molto
grande.
Stava aspettando che…bèh, non ne
era sicuro. Ma non si aspettava di venir leccato sul naso. Sbatté gli occhi e
si strofinò il naso. Ma allora il cane lo buttò a terra, leccandogli la guancia
e il collo fino a che lui non ridacchiò. Alzò un braccio per farsi scudo e
ricevette in risposta un naso freddo e che annusava. Ridacchiò più forte e
rotolò. Il cane lo seguì.
“Ok! Ok!” gridò Harry, tra le
risatine. “Hai vinto tu!”
Il cane gli diede un’ultima leccata
sulla tempia, prima di tirarsi indietro. Harry si sedette, strofinandosi la
faccia. “Geez…”
Il cane piegò la testa,
scodinzolando.
Harry allungò una mano per grattare
dietro un orecchio abbassato. “Dov’era ieri sera?” chiese. “Era spaventoso qui
dentro.” Il cane piegò la testa di nuovo, la coda si bloccò. “Bèh, adesso non è
più così spaventoso,” disse Harry, guardandosi intorno nella stanza. “Ok, è ora
di fare colazione.”
Scese giù – i mostri non vengono
durante il giorno – e camminò con passi felpati lungo la stanza. Era quasi a
metà strada quando si fermò. “Mi dovrei cambiare,” disse e si voltò indietro.
Il cane saltò giù dal letto e lo
seguì dove ricordava che Remus era andato il giorno precedente, mentre parlava
dei vestiti. Trascinandosi fuori dai suoi vestiti troppo grandi, li piegò con
attenzione e li posò sulla sedia. Dall’armadio dei vestiti tirò fuori un maglione
verde e dei pantaloni di velluto a coste che gli andavano bene, ma Harry non
sapeva come chiudere i bottoni, quindi li legò con la corda.
Con il cane alle calcagna, camminò
fuori dalla stanza e guardò l’ingresso. Tutto quanto sembrava più piacevole alla
luce del sole. Molto più…pacifico.
Camminò piano lungo l’ingresso, verso la sala da pranzo, voltandosi verso il
cane quando arrivarono lì. “Lo sai
dov’è la cucina?”
Il cane lo superò ed Harry lo
seguì.
La porta della cucina si aprì e sia
Harry che Remus si guardarono l’un l’altro sbattendo le palpebre. Poi Remus
sorrise. “Buongiorno, Harry.”
“Guarda che ho trovato,” disse
Harry, facendo gesti verso il cane.
Remus lo guardò pensierosamente per
un momento prima di sospirare. “Vedo che hai conosciuto Padfoot.”
“Padfoot?” Gli fece eco Harry,
grattando dietro l’orecchio di Padfoot. “E’ questo il suo nome?”
“Sì.”
“Di chi è?”
“Bèh, si potrebbe dire che Padfoot
è padrone di sé stesso,” replicò Remus, piazzando un largo piatto di pancake
sul tavolo.
“Oh,” disse Harry. “Ma vive qui,
giusto?”
“Occasionalmente.”
Finì di sistemare la tavola e poi si
voltò verso Harry. “Hai fame?”
“So farli anche io i pancake,” lo
informò Harry, arrampicandosi sulla sedia che gli era stata offerta.
“Davvero?” Gli chiese, ignorando
gli sbuffi del cane.
“Uh-huh,” rispose Harry, sedendosi
in ginocchio e allungando una mano verso lo sciroppo.
“Padfoot, perché non vai a
svegliare Sirius?”
Harry guardò oltre la sua spalle,
mentre il cane usciva dalla cucina. “E’ un cane buono.”
“Qualche volta può esserlo, sì.”
“Zia Petunia odia i cani. E, sai,
zia Marge ne ha tanti, ma mordono.”
“Cani cattivi?”
“Sono stato morso tante volte.”
“Hmm,” fu tutto ciò che disse
Remus.
Harry tornò a guardare il suo
piatto e notò quanto sciroppo ci aveva messo, raggelando.
“Harry? C’è qualcosa che non va?”
“Mi dispiace.”
“Per cosa?”
Harry gesticolò verso il suo piatto
tristemente, ma Remus guardò senza dire niente. “Ne ho messo troppo,” suggerì.
A volte, se si è sinceri, si viene puniti di meno. Ma solo a volte.
Remus rimase fermo per un momento
poi sospirò. “Harry, non preoccuparti di questo. Puoi prendere tutto lo
sciroppo che vuoi. E mangiare quanto vuoi. Questa è la tua casa ora e Sirius ed
io non abbiamo così tante regole per cominciare. Le dosi dello sciroppo non le
abbiamo sulla lista.”
“Certamente no,” disse Sirius,
entrando. “Se l’avessimo, Moony sarebbe stato cacciato via.”
“Sirius…”
“Moony?”
Fece eco Harry.
“Sì, che sarebbe Remus qui,” disse
Sirius, abbracciando Remus da dietro. Ondeggiò un poco, e Remus non resistette
a lungo, prendendo la tazza di thé con entrambe le mani, per non farlo versare.
“’Giorno, amore,” aggiunse, baciando Remus sul collo. Remus arrossì lievemente,
occhi che guizzarono verso Harry per qualche breve momento. Harry rimase
semplicemente a guardare. Sirius sembrò non accorgersene.
“’Giorno Harry.” Allungò una mano
lungo il tavolo per scompigliargli i capelli, prima di sedersi di fronte a lui.
“Dormito bene?” chiese, prendendo lo sciroppo e versandolo senza farci
attenzione sui suoi pancake.
“Umm…” disse Harry. Guardò i suoi
pancake, giocherellando con la sua forchetta.
“Era troppo grande?”
“Huh?” chiese, alzando lo sguardo.
“La stanza,” si corresse Sirius,
prima di prendere un sorso del suo thé. “Era troppo grande?”
Remus si sedette.
“Umm…un poco…sì…”
“Deve essere stato abbastanza
pauroso al buio. Non ci avevo pensato.” Guardò Remus. “Dovremmo sistemare
questo, Moony.”
Remus annuì e prese lo sciroppo.
Harry li guardò per un po’. Sirius
sembrava molto interessato ad Harry, e Remus sembrava molto interessato alla
sua colazione. Harry notò che entrambi avevano messo molto più sciroppo di
quanto ne avesse messo lui. Tonnellate.
“Umm…ho visto il cane…” offrì come
argomento di conversazione.
Sirius sorrise. “Cosa ne pensi?”
“E’ grande.”
“E’ sempre stato grande,” rispose
Sirius, ghignando.
Remus sbuffò nel suo thé e Sirius
lo guardò con un sopracciglio alzato. L’altro uomo scosse semplicemente la
testa, rimettendo la sua tazza a posto e nascondendo una risata dietro la mano.
“Ma è amichevole,” continuò Sirius,
guardando con sospetto Remus dall’angolo dell’occhio. “Non farebbe del male ad
una mosca.”
“Questo non va molto bene,” replicò
Harry.
Sirius sembrò sorpreso. “Come mai?”
“Per via dei ladri e dei cattivi e
dei mostri.”
“Bèh, suppongo che ci sia io per
quello.” Ridacchiò. Remus sorrise. “Quello che voglio dire è che Padfoot è
molto socievole, ma riesce a capire quando c’è qualcosa di cattivo in giro.
Quindi, non preoccuparti. Ti proteggerà da tutto quello.”
“Inoltre,” aggiunse Remus. “In
questa casa non vivono cose cattive. Niente ti farà del male finché rimarrai in
questa casa.”
“Giusto,” concordò Sirius,
allungandosi per afferrare la mano di Remus e stringerla. “Non ci sono cose
cattive qui.”
Remus sorrise e strinse di rimando.
Harry pensò che se questo era vero,
forse avrebbe potuto dormire quella notte. Bèh, forse se la porta rimaneva
aperta. E se Padfoot dormiva con lui. Lui avrebbe solo dovuto trovare il cane
prima dell’ora di andare a dormire. Una garanzia contro i mostri era piacevole,
ma avere un grande, grosso cane con le zanne nascoste non avrebbe fatto male,
pensò Harry.
Se questo avesse fallito, c’era
sempre la camera da pranzo. Dove le tenebre fuggivano ad un tocco caldo ed
Harry era cullato al sicuro fino alla mattina.