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Autore: Phoenix Angel Suyari    07/01/2006    5 recensioni
Alla tenera età di quattro anni, il piccolo Harry Potter si ritrovò davanti la porta d'ingresso tre signori che dicevano di volerlo riportare a casa. Uno di questi era Albus Dumbledore, che gli sorrideva gentilmente. Gli altri due erano niente meno che Sirius Black, il suo padrino dalla fedina penale pulita, e Remus Lupin, il suo padrino non-ufficiale. Cosa sarebbe potuto succedere se Sirius non fosse mai stato rinchiuso ad Azkaban e se Harry fosse andato a vivere con lui e Remus ce lo racconta Phoenix.
Attenzione! Questa storia è yaoi, chi non è d'accordo a leggere fic del genere, giri alla larga. Uomo avvisato...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Potter, Remus Lupin, Sirius Black
Note: What, if?, (E, se, ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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Titolo: Coming home

Autore: Phoenix Angel Suyari

Rating: PG

Pairing: Sirius/Remus

Desclaimer: Harry Potter e tutti i personaggi della popolare serie sono proprietà di J.K.Rowling e come tutti gli autori, io li ho solamente presi in prestito per la mia personale soddisfazione.

Note dell’autrice: Sequel di Carried Away. Diventerà una serie? Diavolo, se lo sapessi! Questo è il risultato di ogni singolo commento in cui veniva richiesto un seguito. Ciao! Ecco il vostro sequel!

Traduzione: Chu

Note della traduttrice: com’è evidente dalla nota di Suyari, “Carried Away” era nata come one-shot. L’autrice ha iniziato una serie solo successivamente alle richieste di un sequel… ^_^’’ ho detto un’ovvietà, ma che volete farci? Era solo per essere più chiara… Quindi, chiarezza per chiarezza (eh?°_°): siccome l’autrice non è sicura di dove vuole andare a finire e, soprattutto, COME e QUANDO vuole finire, non si saprà mai se questa fic avrà una fine… Parlando d’altro: avete visto? Non è adorabile il piccolo Harry? E Remus? … E’ un papà nato…peccato che è gay XD e non lo dico io! Lo dice metà dei fan della serie! Inoltre, anche se non sono l’autrice, vi ringrazio da parte sua per i commenti! Grazie grazie grazie ^^

E comunque…attenti ai pancake! A me è venuta fame mentre leggevo…

Link diretto alla storia originale: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9710.html#cutid1

*

Harry sbatté gli occhi non appena la porta si aprì, rivelando una stanza così larga che Harry non era sicuro ci fosse molto di più del loro appartamento. Dopo tutto, vivevano in un appartamento a Londra. Ne sapeva abbastanza di stanze, per capire che quella camera era l’intero appartamento. Eppure, c’erano delle porte, e un ingresso. Guardò in alto e lasciò andare un piccolo sospiro verso il soffitto.

“Vuoi toglierti la giacca, Harry?” chiese Remus, con le mani sulle sue spalle.

Harry fu sbalzato dal suo sogni ad occhi aperti e lo guardò. Annuì lentamente, spostandosi per toglierla, ma Remus l’aveva messa via e avvolta prima che lui potesse iniziare a tirare una manica troppo larga.

Harry si sfregò il naso e guardò dietro di sé. Sirius stava chiudendo a chiave la porta e Remus stava riponendo il suo cappotto nell’armadio dell’ingresso.

“Bèh Harry,” disse Sirius, avvicinandosi per intrappolarlo in un abbraccio laterale. “Che cosa ne pensi?”

Harry non voleva essere scortese. “Uhmmm…” disse sotto voce. “E’…grande…”

“Andiamo, ti mostro la tua stanza.”

Harry si lasciò sfuggire un sussulto quando venne velocemente alzato in braccio, aggrappandosi sorpreso al braccio e alla spalla di Sirius, mentre veniva sistemato più vicino. Remus gli diede un sorriso comprensivo e li seguì mentre Sirius marciava lungo l’ingresso con Harry. Harry pensò, dall’espressione di Remus, che forse Sirius faceva questo molto spesso anche con lui.

La porta da sola era intimidatoria. Legno di sequoia finemente cesellato, con rifiniture d’acciaio. Harry fissò quel blocco a piombo e lo guardò mentre veniva aperto come se dovesse attaccarlo da un momento all’altro. Remus gli arruffò i capelli per distrarlo e gli sorrise quando lo guardò. Harry sorrise debolmente di rimando.

Sirius si spostò al centro della stanza e allargò il suo braccio libero.

Harry si guardò intorno. Questa stanza era anche più grande della prima. Aveva un largo letto, con tende e imponenti finestre con pesanti drappeggi. Tre intere finestre. Tre intere finestre ciascuna delle quali era più grande di tutte le finestre del prezioso salotto di zia Petunia messe insieme. Ed Harry ne aveva tre.

Il pavimento era di legno lucido. Che brillava e che esibiva orgogliosamente nessun segno di abuso. I muri sembravano molto lunghi, quasi come se non finissero, ma come se continuassero a ruotare. C’erano anche altri arredi. Scaffali, riempiti con un sacco di copertine colorate. Ripiani con qualsiasi genere di cose, luccicanti e luminose, ed Harry intuì che molta di quella roba poteva rompersi molto facilmente, quindi avrebbe dovuto tenersi lontano da loro. Due enormi cassettoni fiancheggiavano un immenso armadio ad entrambi i lati. All’estremità più lontana c’erano una scrivania ed una sedia che sembravano come qualcosa proveniente da un museo. C’era una cesta per i giocattoli ed un comodino con una lampada che sembrava molto, molto costosa appoggiata su di esso.

Il soffitto si allargava all’infinito, facendo sentire Harry anche più piccolo di quando zio Vernon lo sgridava. Distolse lo sguardo, sentendosi stordito e notò un largo quadro sul muro accanto al letto. Due persone ricambiarono il suo sguardo. Uno aveva i capelli scuri, proprio come i suoi. E l’altra aveva capelli rosso fuoco e occhi che Harry riconobbe.

Stava guardando oltre la sua spalla verso gli imponenti specchi proprio dietro, quando pensò di aver visto un guizzo. Guardando di nuovo, sbatté gli occhi, ma il ritratto era fermo. Si sentì un po’ strano, ma scosse la testa e pensò che ancora non conosceva quel luogo. Ne sarebbe stato spaventato probabilmente per un po’. E davvero, i ritratti non si muovono.

“Bèh?” disse Sirius dopo un po’.

Harry lo guardò, senza capire.

“Che ne pensi?”

Harry non voleva essere scortese. “E’…molto carina…”

Sirius sorrise e lo strinse. “Sono contento che ti piaccia,” replicò, sistemando Harry in piedi sul pavimento. Harry non lasciò andare la presa e Sirius si fermò un attimo, prima di sollevarlo di nuovo.

“Bene…” disse Remus. “Vuoi cambiarti? Non sapevamo che taglia avevi, ma abbiamo comprato un po’ di cose…” Si spostò attraverso la stanza, aprendo l’armadio. “Penso di riuscire a trovare qualcosa qui dentro che ti stia meglio di quello che hai addosso ora.”

Harry guardò la sua maglietta troppo grande, e i pantaloni che si tenevano su solo perché aveva legato una corda lungo la cintola. Sirius piegò la testa, guardando attraverso la frangia scura di Harry.

“Vuoi qualcosa da mangiare invece?” Chiese Remus.

Harry non alzò lo sguardo.

“Un bagno forse?”

Harry si curvò più vicino, sulla spalla di Sirius. Sirius guardò verso Remus, prima di piegarsi a sua volta su Harry. Lo strinse più vicino, e premette protettivamente una mano sulla schiena di Harry, prima di iniziare ad ondeggiare. Harry fissò il muro, mentre Sirius iniziava a canticchiare, ondeggiando ancora, e presto Harry si accorse che era molto difficile rimanere sveglio, per non dire preoccupato.

 

Quando si svegliò, era buio. Si sedette, sfregandosi gli occhi con l’orlo della maglietta che copriva le sue piccole mani. Quando la sua mente si schiarì, si ritrovò da solo, nel grande letto, nell’enorme stanza. Sussultò leggermente e strisciò fino all’orlo del letto, insicuro sul da farsi.

Le finestre tracciavano lunghe, scintillanti ombre lungo il pavimento. Era tutto molto silenzioso, e guardando in basso, c’era una lunga strada fino al pavimento. Ora, Harry aveva due possibilità. Poteva rimanere nella stanza spaventosa, tutto solo, aspettando che i mostri lo andassero a prendere. O poteva sperare che i mostri che vivevano sotto i letti dei bambini piccoli e con i capelli neri non l’avrebbero preso mentre raggiungeva la porta. Guardò in avanti. La porta era molto lontana.

Dall’angolo dell’occhio, gli sembrò di vedere qualcosa muoversi, e preso dal panico, si decise per l’opzione B. Tuffandosi giù dal letto, cadde pesantemente a terra, ad una buona distanza dal letto, per il suo piccolo corpo. Una volta a terra, non perse tempo, correndo con tutte le sue forse verso la porta. Era leggermente aperta, e lui la spinse di lato, e schizzò via, verso l’ingresso.

Non sapeva dove stava andando, ma sapeva di dover andare lontano, molto lontano da quella stanza. Andò a sbattere contro una sedia nel salotto, e cadde a terra in un mucchietto ansimante, abbracciando la sedia più vicino e nascondendosi dietro di essa. Gli occhi cercavano freneticamente i mostri.

C’era un camino nel salotto, che tracciavano ombre poco familiari in tutte le direzioni. Harry pensò che forse poteva sedersi sul divano ed aspettare. Uscendo fuori da dietro quella, si guardò intorno nella stanza per due volte prima di trovare il divano, e correre verso di esso.

Si fece male alla pancia durante il primo salto, il divano era più alto di quanto avesse creduto prima. Con uno sformo molto grande, si sollevò su e si voltò, passando in rassegna tutta la stanza di nuovo. Ogni cose era ferma dove stava prima. Immobile e poco minacciosa da vicino al fuoco. Harry sospirò, e affondò giù, stringendo un cuscino contro il suo petto.

Si ricordò troppo tardi delle regole di zia Petunia riguardo i piedi sul divano. Comunque, al momento era molto più spaventato all’idea di far ciondolare i suoi piedi oltre il lato del divano che cacciarsi nei guai. E poi, non stava indossando le scarpe.

Rimase seduto lì per un po’; sussultando ad ogni suono strano e ombra che si muoveva. Dopo un po’, cercare i mostri gli stava stancando gli occhi, e continuava a sforzarsi di guardare velocemente in alto, non appena si accorgeva di aver abbassato la guardia per un momento.

Fu in uno di quei momenti, tra il ricordarsi di rimanere sveglio ed il sentirsi molto stanco, che avvertì il suo corpo venir sollevato. Si spostò al movimento con un piccolo lamento, ma sentiva i suoi occhi troppo pesanti per aprirli. Non importava comunque, perché era steso contro qualcosa di caldo e solido, la sua guancia sostenuta da una curva, e la sua testa piegata sotto qualcosa di similarmente caldo.

Sospirò quando qualcosa lisciò gentilmente i suoi capelli, le mani chiudendosi in un pugno sul tessuto. Il suo corpo non si preoccupava di svegliarsi, e molto presto, non importava più.

 

La seconda volta in cui Harry si svegliò, il sole splendeva tramite le finestre e la sua stanza era calda e non appariva minacciosa. Inspirò piano con il naso e si sedette. Quando si stiracchiò, calciò qualcosa e la sua risposta automatica fu di bloccarsi.

Ma ciò che aveva calciato alzò solo una testa pelosa. Sbatté gli occhi e sbadigliò, stiracchiandosi. Harry lo guardò e non riuscì a ricordare di aver visto un cane nella casa prima. Poi però, aveva solo visto due stanze. Il cane agitò la coda e si alzò. Harry trattenne il fiato. Il cane – come qualsiasi altra cosa lì dentro – era molto grande.

Stava aspettando che…bèh, non ne era sicuro. Ma non si aspettava di venir leccato sul naso. Sbatté gli occhi e si strofinò il naso. Ma allora il cane lo buttò a terra, leccandogli la guancia e il collo fino a che lui non ridacchiò. Alzò un braccio per farsi scudo e ricevette in risposta un naso freddo e che annusava. Ridacchiò più forte e rotolò. Il cane lo seguì.

“Ok! Ok!” gridò Harry, tra le risatine. “Hai vinto tu!”

Il cane gli diede un’ultima leccata sulla tempia, prima di tirarsi indietro. Harry si sedette, strofinandosi la faccia. “Geez…”

Il cane piegò la testa, scodinzolando.

Harry allungò una mano per grattare dietro un orecchio abbassato. “Dov’era ieri sera?” chiese. “Era spaventoso qui dentro.” Il cane piegò la testa di nuovo, la coda si bloccò. “Bèh, adesso non è più così spaventoso,” disse Harry, guardandosi intorno nella stanza. “Ok, è ora di fare colazione.”

Scese giù – i mostri non vengono durante il giorno – e camminò con passi felpati lungo la stanza. Era quasi a metà strada quando si fermò. “Mi dovrei cambiare,” disse e si voltò indietro.

Il cane saltò giù dal letto e lo seguì dove ricordava che Remus era andato il giorno precedente, mentre parlava dei vestiti. Trascinandosi fuori dai suoi vestiti troppo grandi, li piegò con attenzione e li posò sulla sedia. Dall’armadio dei vestiti tirò fuori un maglione verde e dei pantaloni di velluto a coste che gli andavano bene, ma Harry non sapeva come chiudere i bottoni, quindi li legò con la corda.

Con il cane alle calcagna, camminò fuori dalla stanza e guardò l’ingresso. Tutto quanto sembrava più piacevole alla luce del sole.  Molto più…pacifico. Camminò piano lungo l’ingresso, verso la sala da pranzo, voltandosi verso il cane quando arrivarono lì. “Lo sai dov’è la cucina?”

Il cane lo superò ed Harry lo seguì.

La porta della cucina si aprì e sia Harry che Remus si guardarono l’un l’altro sbattendo le palpebre. Poi Remus sorrise. “Buongiorno, Harry.”

“Guarda che ho trovato,” disse Harry, facendo gesti verso il cane.

Remus lo guardò pensierosamente per un momento prima di sospirare. “Vedo che hai conosciuto Padfoot.”

“Padfoot?” Gli fece eco Harry, grattando dietro l’orecchio di Padfoot. “E’ questo il suo nome?”

“Sì.”

“Di chi è?”

“Bèh, si potrebbe dire che Padfoot è padrone di sé stesso,” replicò Remus, piazzando un largo piatto di pancake sul tavolo.

“Oh,” disse Harry. “Ma vive qui, giusto?”

“Occasionalmente.”

Finì di sistemare la tavola e poi si voltò verso Harry. “Hai fame?”

“So farli anche io i pancake,” lo informò Harry, arrampicandosi sulla sedia che gli era stata offerta.

“Davvero?” Gli chiese, ignorando gli sbuffi del cane.

“Uh-huh,” rispose Harry, sedendosi in ginocchio e allungando una mano verso lo sciroppo.

“Padfoot, perché non vai a svegliare Sirius?”

Harry guardò oltre la sua spalle, mentre il cane usciva dalla cucina. “E’ un cane buono.”

“Qualche volta può esserlo, sì.”

“Zia Petunia odia i cani. E, sai, zia Marge ne ha tanti, ma mordono.”

“Cani cattivi?”

“Sono stato morso tante volte.”

“Hmm,” fu tutto ciò che disse Remus.

Harry tornò a guardare il suo piatto e notò quanto sciroppo ci aveva messo, raggelando.

“Harry? C’è qualcosa che non va?”

“Mi dispiace.”

“Per cosa?”

Harry gesticolò verso il suo piatto tristemente, ma Remus guardò senza dire niente. “Ne ho messo troppo,” suggerì. A volte, se si è sinceri, si viene puniti di meno. Ma solo a volte.

Remus rimase fermo per un momento poi sospirò. “Harry, non preoccuparti di questo. Puoi prendere tutto lo sciroppo che vuoi. E mangiare quanto vuoi. Questa è la tua casa ora e Sirius ed io non abbiamo così tante regole per cominciare. Le dosi dello sciroppo non le abbiamo sulla lista.”

“Certamente no,” disse Sirius, entrando. “Se l’avessimo, Moony sarebbe stato cacciato via.”

“Sirius…”

“Moony?” Fece eco Harry.

“Sì, che sarebbe Remus qui,” disse Sirius, abbracciando Remus da dietro. Ondeggiò un poco, e Remus non resistette a lungo, prendendo la tazza di thé con entrambe le mani, per non farlo versare. “’Giorno, amore,” aggiunse, baciando Remus sul collo. Remus arrossì lievemente, occhi che guizzarono verso Harry per qualche breve momento. Harry rimase semplicemente a guardare. Sirius sembrò non accorgersene.

“’Giorno Harry.” Allungò una mano lungo il tavolo per scompigliargli i capelli, prima di sedersi di fronte a lui. “Dormito bene?” chiese, prendendo lo sciroppo e versandolo senza farci attenzione sui suoi pancake.

“Umm…” disse Harry. Guardò i suoi pancake, giocherellando con la sua forchetta.

“Era troppo grande?”

“Huh?” chiese, alzando lo sguardo.

“La stanza,” si corresse Sirius, prima di prendere un sorso del suo thé. “Era troppo grande?”

Remus si sedette.

“Umm…un poco…sì…”

“Deve essere stato abbastanza pauroso al buio. Non ci avevo pensato.” Guardò Remus. “Dovremmo sistemare questo, Moony.”

Remus annuì e prese lo sciroppo.

Harry li guardò per un po’. Sirius sembrava molto interessato ad Harry, e Remus sembrava molto interessato alla sua colazione. Harry notò che entrambi avevano messo molto più sciroppo di quanto ne avesse messo lui. Tonnellate.

“Umm…ho visto il cane…” offrì come argomento di conversazione.

Sirius sorrise. “Cosa ne pensi?”

“E’ grande.”

“E’ sempre stato grande,” rispose Sirius, ghignando.

Remus sbuffò nel suo thé e Sirius lo guardò con un sopracciglio alzato. L’altro uomo scosse semplicemente la testa, rimettendo la sua tazza a posto e nascondendo una risata dietro la mano.

“Ma è amichevole,” continuò Sirius, guardando con sospetto Remus dall’angolo dell’occhio. “Non farebbe del male ad una mosca.”

“Questo non va molto bene,” replicò Harry.

Sirius sembrò sorpreso. “Come mai?”

“Per via dei ladri e dei cattivi e dei mostri.”

“Bèh, suppongo che ci sia io per quello.” Ridacchiò. Remus sorrise. “Quello che voglio dire è che Padfoot è molto socievole, ma riesce a capire quando c’è qualcosa di cattivo in giro. Quindi, non preoccuparti. Ti proteggerà da tutto quello.”

“Inoltre,” aggiunse Remus. “In questa casa non vivono cose cattive. Niente ti farà del male finché rimarrai in questa casa.”

“Giusto,” concordò Sirius, allungandosi per afferrare la mano di Remus e stringerla. “Non ci sono cose cattive qui.”

Remus sorrise e strinse di rimando.

Harry pensò che se questo era vero, forse avrebbe potuto dormire quella notte. Bèh, forse se la porta rimaneva aperta. E se Padfoot dormiva con lui. Lui avrebbe solo dovuto trovare il cane prima dell’ora di andare a dormire. Una garanzia contro i mostri era piacevole, ma avere un grande, grosso cane con le zanne nascoste non avrebbe fatto male, pensò Harry.

Se questo avesse fallito, c’era sempre la camera da pranzo. Dove le tenebre fuggivano ad un tocco caldo ed Harry era cullato al sicuro fino alla mattina.

  
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