E' Lui, è stato Lui sempre
E consacrai il mio spirito ad adorare
Te, semprepresente, casa fantasma;
Mio schiavo, mio compagno, mio re,
Le parole del suo Diavolo, travestito da Angelo, pervenuto sulla terra per dannare la sua anima, le rimbombavano continuamente nel cervello, facendo da colonna sonora a quel dolore lento ma costante che le attanagliava il cuore.
Non sarebbe potuto essere diversamente.
Che sciocca a pensare che si stesse allontanando da lui, ogni passo che muoveva era verso la sua dannazione eterna, ogni singolo gesto era calibrato a finire tra le spire infernali.
Era schiava del suo carnefice e carnefice del suo schiavo al tempo stesso.
Schiavo, perché sempre ti domino;
Ti piego al mio mutevole volere,
E l'influsso tuo rendo buono o malo:
Compagno, perché notte e giorno
Sei la mia intima delizia,
Mia cara pena che brucia e ferisce
E strappa alle lacrime un dono
Per me spegnendo ogni terrena cura;
Tuttavia un re, sebbene Prudenza
abbia insegnato ribellione alla tua schiava.
In quel preciso momento realizzò che nulla poteva spegnere quel fuoco maledetto che le incendiava il cuore e le corrompeva l'anima, tanto da indurla a chiederne ancora.
Qualunque fosse stato il suo destino, il loro destino, lei sarebbe sempre appertenuta a lui e lui a lei.
Era un amore maledetto il loro, due nemici naturali uniti da un sentimento inumano, ma divisi dalle leggi umane.
Quale Dio era stato così beffardo da permettere tutto questo?
Quale divinità del destino poteva godere della disfatta del suo cuore?
Sbaglio a genuflettermi dove
Fede non dubita, nè speranza dispera,
Poichè l'anima mia stessa esaudisce la mia preghiera?
Parla, Dio delle Visioni, intercedi per me,
Spiega perché ho scelto te*
Ma infondo, le divinità sono per gli umani.
Il diavolo tentatore e la sua anima dannata non appartenevano a quella categoria.
Se in loro fosse rimasto un briciolo di umanità, forse tutto sarebbe andato diversamente.
Per una frazione di secondo ripensando al discorso fatto da lui sull'amore, si trovò d'accordo.
Quando si ama qualcuno non si è disposti a vederlo soffrire e il solo pensiero che la causa di tanto dolore possa essere tu, ti porta a scivolare lentamente in un'inesorabile follia.
Lei aveva ferito, aveva inflitto dolore al suo ragazzo, alla sua famiglia e a chi le stava intorno, li aveva ingannati, traditi e bisfrattati, aveva giocato a fare la vittima quando lei era per prima carnefice.
Quali che siano stati i comportamenti tenuti dalle persone a lei care, lei ne era per prima responsabile.
Ginevra non amava la sua famiglia.
Ginevra non amava il suo ragazzo.
Ginevra non amava se stessa.
Perchè, tutta la capacità di amare, contenuta nel suo essere, era rivolta a lui, ogni pensiero, ogni azione, avveniva nella scenografia di loro due.
E nel realizzare ciò non era cambiato nulla, oppure tutto.
Nulla, perché loro erano comunque divisi dal quel velo invisibile dalla consistenza d'acciaio.
Tutto, perché se prima fosse tendente all'abnegazione e al rifiuto di quel sentimento, ora non le sarebbe stato più possibile.
Non avrebbe più potuto fingere che non esisteva.
Ginevra Weasley aveva scoperto l'intensità di quel sentimento dannato, aveva eretto il rogo e aveva dato fuoco alla sua anima.
La cena era terminata, i tavoli erano stati spostati, per fare spazio ad una pista da ballo improvvisata.
Le luci erano calate e la musica le rimbombava prepotentemente nelle orecchie.
Ballava, si muoveva, osservava, tutto senza la cognizione della realtà.
Le sembrava di essere circondata da un'enorme campana di vetro a specchio, dove lei osservava il mondo esterno, ma l'esterno non poteva vedere lei.
Si sentì tirare per un braccio.
Davanti a lei, due occhi verdi la sfioravano languidamente, prima il suo corpo, poi il suo volto.
Solo quando riuscì a distaccare gli occhi da quelle pozze smeraldine, fu in grado di dare un nome e un volto al suo propretario.
Harry Potter, suo ex ragazzo, salvatore autonominato della sua anima ormai dannata.
Le prese la vita e la trascinò con se in un lento.
Le sfiorava la schiena nuda in una carezza continua, il loro sguardi erano incatenati.
Fu lui il primo a rompere quel silenzio.
"Ginny, ti prego, parliamone!"
Era stato poco più che un sospiro, sussurato al suo orecchio; e lei sapeva a cosa si riferisse, senza bisogno di chiedere spiegazioni, così come sapeva che non poteva dargli quello per cui lui tanto si struggeva, Harry Potter non poteva reclamare il cuore di Ginevra Weasley, semplicemente perché questo non gli era mai appartenuto.
Lei non accenava ad una risposta, e lui classificò il suo silenzo come un invito a proseguire.
"Non ce la faccio a stare senza di te, lo so che forse negli ultimi tempi non ho brillato per accondiscendenza nei tuoi confronti, ma ti amo, lo sai che è così, e non posso immaginarmi senza te."
Che situazione assurda e drammatica allo stesso tempo.
Lei sorrise, poi portò una mano ad accarezzargli il volto sfiorando appena la ruvidezza della barba.
E Harry Potter pensò di aver vinto.
Lo vide dai suoi occhi, specchi sinceri dei suoi pensieri.
Ma lei era dannata due volte, perché il suo era l'attegiamento di un Dio paterno, in tripudio per la punizione terrena che avrebbe scagliato sulla sua creatura.
Lei sorrise ancora, prima di spezzare per sempre il fragile cuore di colui che aveva creduto d'amare.
"E' lui Harry, è stato lui sempre!"
Col senno di poi avrebbe potuto immortalare l'istante preciso in cui il suo interlocutore aveva appreso appieno la grandezza delle sue parole.
Ma lei non gli diede tempo di replicare, non sarebbe cambiato nulla, avrebbe solo portatato più disperazione per lui e più dolore per lei.
Scappò nel bagno, con passo eretto e fiero, una maschera di freddezza nel tentativo di non abbandonarsi al dolore.
Soffriva, non per Harry, per la sua famiglia o per Draco, ma per se stessa, perché nell'esatto istante in cui aveva fatto la sua confessione a Harry, era stata una rivelazione anche per lei.
Nell'abitacolo che separava il bagno degli uomini da quello delle donne, sentì tirarsi per un braccio nella costrizione a voltarsi.
Quegli occhi, quelle pozze ghiacciate erano lì, che la guardavano, che la cercavano, che la lambivano nella più dolce delle torture.
I loro corpi si avvicinarono ulteriormente, spinti da chissà quale forza di gravità.
"Non rinuncierò a te, dovessi andare all'inferno a poi tornare, non ti lascierò andare questa volta!"
E quelle parole valsero più di tutti i ti amo del mondo.
Si unirono in un bacio infuocato dal retrogusto dolciastro.
Calde lacrime le solcavano il viso, mentre si stringeva ulteriormente al suo diavolo.
Gli echi dei festeggiamenti erano lontani, il nuovo anno era subentrato.
Loro due, stretti l'uno all'altro, scossi dai troppi eventi, percossi dalla felicità e al tempo stesso dal terrore per quella scoperta.
Si erano odiati, erano stati amanti, poi si erano odiati ancora, ma mai, mai una sola volta avevano compreso realmente quello che erano l'uno per l'altra.
L'intensità di quel sentimento li lasciò impauriti ma appagati.
E così il primo dell'anno, testimone solo quella stessa divinità beffarda che li aveva unite, due anime così diverse si amarono.
*La poesia appartiene ad Emily Bronte
Bene, ecco un nuovo chappy...che dire, credo che sia abbastanza intenso...
In ogni caso ringrazio coloro che hanno letto e vi prego mi lasciate un commentino?? Uno piccino piccino??!! XD ps: che ne dite della mia funart??
A presto
Gin90