Più si va
avanti, più è difficile imparare incantesimi
complessi. A Hogwarts hai il tempo
e il modo per farlo, hai gli insegnanti che ti rovinano la vita
finché il tuo
incantesimo non è perfetto, “alza il gomito,
più sciolto con il polso”.
“Leviooooooosa”.
Harry non
aveva mai pensato tanto ad Hermione come in quelle settimane infernali.
Per fare
un paragone babbano, è come cercare di insegnare a qualcun
altro a guidare
l’auto. Se non sei un istruttore, tutto quello che hai da
dire alla persona
seduta al posto di guida che normalmente è tuo è:
“ehm, cioè, io di solito
faccio così e così”, senza la minima
idea di che cosa si debba esattamente sapere
per guidare.
Con gli
incantesimi è ancora peggio, perché se a te viene
e agli altri no, non sai
davvero come spiegartelo, e l’unica cosa che riesci a dire
è “riprova,
riprova”, che magari Merlino avrà pietà
di te e al centosessantesimo tentativo
te la darà vinta.
Insegnare
non è il suo forte, ma deve ammettere che ne vale la pena.
Quando ormai sei
sicuro che sia un difetto di fabbricazione della bacchetta –
o del suo
proprietario – eccolo lì, ecco che riesce, e la
casa si riempie subito di un
tenue colore azzurrato.
Draco
aggira con una mezza piroetta la volpe di fumo e luce che lo osserva
con aria
concentrata.
Non poteva
essere che una volpe. Harry se lo ripete dalla prima volta che
l’ha vista
sgorgare dalla bacchetta di Draco. Un furetto sarebbe stato troppo
banale, non
poteva che essere una volpe, per il modo in cui Draco sa guardarlo a
lungo, in
silenzio, scoperchiando la sua testa come fosse un calderone e facendo
uscire
fuori tutti i suoi pensieri come vapore. E poi, le facce che fa quando
combina
qualcosa di orribile e immorale come usare i suoi dopobarba babbani per
farci
delle pozioni, o incantare il poster dei Cannons in modo che tutti i
giocatori
cantino “Potter puzza” con tanta enfasi che alla
fine ti convincono a farti un
bagno.
È
soprattutto di notte che Draco gli ricorda una volpe. Gli si accoccola
contro
il petto, sotto al piumino, premendogli le gambe sul petto e
acciambellandosi
nel suo abbraccio come se fosse una grossa coda soffice.
Draco torna
in salotto con due tazze di tè bollente, e proprio a quel
punto il suo Patronus
decide che è il momento migliore per balzare in groppa al
cervo di Harry.
Frusta il pavimento con la coda gonfia di pelo e balza dritta contro il
cervo
che, con un certo scetticismo, la osserva aggrapparsi disperatamente
alla sua
spalla troppo grossa, sgraffignando con le unghiette per cercare di
salire.
Draco
scocca ad Harry un’occhiataccia critica, come se fosse colpa
sua se la sua
volpe è così in difficoltà. Alla fine,
il cervo si muove a pietà e abbassa la
testa per offrire il suo palco di corna alla volpe, come fosse una
scala.
Finalmente la meta è raggiunta.
Harry
osserva il suo Patronus che, con infinita pazienza, gira indietro il
muso,
badando che l’altra bestiola non scivoli giù per
il troppo entusiasmo. Si sente
orgoglioso di lui più di quanto gli sia mai successo in vita
sua. È sempre
stato con lui nei momenti più disperati, mentre adesso sono
a casa, dove il
massimo pericolo che corrono è scottarsi con il
tè. Ma è diverso, perché si
tratta di Draco. E Draco è la cosa più pericolosa
che abbia per le mani, al
momento. Harry prova una vertigine all’idea che il suo legame
con Draco sia
diventato talmente profondo e potente da influenzare tutto
ciò che li riguarda,
persino al di fuori di loro stessi. Il cervo sta accarezzando il
musetto della
volpe con il suo; lei si affloscia sulla sua groppa, fiduciosa.
All’improvviso,
Draco sospira. – E’ strano. –
- Che
cosa? Che il mio Patronus giochi con il tuo, o che tu sia riuscito a
farne uno?
–
Draco
inarca le sopracciglia e fa uno di quei suoi sorrisi ampi e supponenti
per i
quali Harry regalerebbe la sua bacchetta ad un troll di montagna.
- È una
domanda seria, la mia. Insegnarti l’Incanto Patronus
è stata la mia Azkaban
personale. –
- Sei il
solito esagerato Potter, avanti! Sono ancora un bravissimo scolaro.
–
- Mmmh, lo
sei quando permetti al tuo insegnante di spogliarti, e non protesti se
ti
mordicchio un po’ qua e là. –
- Quello
si chiama sbranare, e non vedo una sola ragione per cui dovrebbe
piacermi. …
Stai per saltarmi addosso, vero? –
- Come
l’hai indovinato? Mi sto preparando al balzo. –
- Non
farlo. –
Troppo
tardi.
Gli
occhiali di Harry volano per terra appena balza addosso a Draco e,
nella
frenesia della lotta, lo solletica sui fianchi mentre lui scalcia come
un
forsennato. Harry lo bacia, e poi ride, e poi lo bacia di nuovo, e
Draco ride
anche lui e cerca
di divincolarsi, ed è
tutta una giostra stupida e piuttosto provante per il fisico, da cui
nessuno
dei due vuole scendere.
- Ssssh.
Guardali, Draco, guardali. – fa Harry
ad un tratto. Draco si volta e vede che
il cervo si sta accucciando con estrema delicatezza, per non sbalzare
via il
volpino mezzo addormentato. La sua coda è così
provocante, così gonfia e
soffice, che viene
voglia di andargliela
a tirare, ma qualcosa suggerisce ad Harry che, se lo facesse, finirebbe
incornato seduta stante dal suo stesso Patronus.
- Tu sei
così con me. – dice Draco. È una
constatazione, la sua. Harry non è tenuto a
fare domande. Gli grattina i capelli corti della nuca, ringraziandolo
per
essere lì a rendergli la vita impossibile, e preso da un
impeto di masochismo
che ha dell’incredibile gli sussurra: - Adesso quale altro
incantesimo vuoi
imparare? –