Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: shuichi chan    15/03/2011    5 recensioni
In una coppia affiatata come la loro, le coccole, i baci e il sesso non può mancare, e difatti tutti questi elementi sembrano esserci, ma il vero problema è: come farlo senza essere disturbati?
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ok, questo è un capitolo piuttosto lungo, e sinceramente non mi sono nemmeno soffermata a rivedere gli errori di battitura, di grammatica e di sintassi (che nabba che sono! D:) quindi divertitevi a trovare errori XD
Buona lettura!






Capitolo 1 - Piccole sorprese



Dopo alcune ora di straziante viaggio, si ritrovò finalmente nella città desiderata, la grande e piovosa Londra.
Il clima e il tempo atmosferico erano notevolmente cambiati rispetto a quelli in America, il cielo al solito era di un grigiastro morto, che non valorizzava per nulla la città, rendendola quasi triste e morta.
Si avviò per la città con una grossa valigia tra le mani. Aveva portato il minimo indispensabile: ricambi, i suoi boxer preferiti con disegnata la bandiera americana, la Psp , l’i pod, 3 sacchetti di hamburger, in caso Arthur non avesse voluto andare al Mc Donald (cosa assai probabile), due bottiglie di coca cola, manette pelose se avesse voluta voglia di “giocare” con il suo amato e ovviamente il cellulare per essere sempre raggiungibile da chissà quale vittima bisognosa di aiuto.
Di quei tempi era stato poco a Londra, ma riusciva ancora a ricordare le vie colme di negozi, pasticcerie e ristoranti. Pensare al cibo Inglese gli fece venire un brivido terrificante lungo la schiena e un po’ di nausea, meno male che si era portato il cibo da casa!
La villetta di Inghilterra non era lontana dal centro, si affrettò agitato, voleva vederlo al più presto, non poteva aspettare un minuto di più.
Finalmente si ritrovò davanti al portico di casa, prima di suonare contemplò nostalgico il piccolo e modesto giardino, vi era ancora il tavolino e le sedie di quando era piccolo dove lui e Inghilterra si fermavano a bere il the. Quella semplice dimore fece fiorire in lui splendidi ricordi, ma forse, anche dolorosi.
Cercò di ritornare al presente prima che l’altro lo trovasse lì, impalato come un idiota a fissare commosso il giardino.
Suonò il campanello tutto esaltato, il piede destro picchiettava ritmico sul terreno e un sorrisetto ebete non voleva scollarsi dal suo volto. La causa di quella improvvisa agitazione non fu per paura di una chissà quale reazione dell’altra nazione, ma il vero problema era come avrebbe reagito lui dopo essersi trovato davanti il proprio ragazzo, magari con la solita espressione imbronciata dall’aria tanto sexy. Era consapevole del fatto che avrebbe dovuto tener represso i suoi istinti felini e non saltargli addosso subito, ma ci sarebbe realmente riuscito?
Questi dubbi gli affollarono la mente quando notò che ancora nessuno aveva risposto. Suonò una seconda volta senza ottenere conferma alcuna, cominciò a preoccuparsi.
E se in quel momento non fosse in casa?
Ma dove poteva essere senno?
Inghilterra non era tipo da uscire spesso di casa, ad esclusione di quando doveva fare spese o andare ad un pub per bere, ma questo succedeva di mattina e sera non alle 6 di pomeriggio. Aveva calcolato il fuso orario, e il suo orologio era giustissimo, aspettò ancora qualche secondo suonando una terza volta ormai impaziente.
Era intento di fare dietrofront quando sentì una lieve voce provenire al di là della porta, era burbera e scocciata, si, era la sua.
“Arrivo, arrivo, un attimo di pazienza!” fu una gioia sentirlo
America si mise sull’attenti sfoggiando uno dei suoi radiosi sorrisi aspettando che l’altro aprisse la porta, in quel momento tutto sembrò molto più lento e i secondi parevano minuti.
Finalmente Arthur varcò la soglia:
“si può sapere cosa vuo….”  Non riuscì a finire la frase del tutto spiazzato dalla visione parsa dinnanzi ai suoi occhi increduli.
Alfred, il suo amato Alfred era proprio di fronte a lui, spalancò gli occhi e la bocca si aprì leggermente, lo fissò senza parole chiedendosi se stesse sognando.
America fu soddisfatto della reazione dell’altra nazione, nulla di imprevedibile.
“Ciao Iggy!” lo salutò con occhi sfavillanti.
“A-America…che ci fai qui?” fu la prima cosa che gli venne in mente da poter chiedere, era troppo confuso e sorpreso, ancora lo fissava.
“non eri a casa a giocare a quel videogioco? Hola qualcosa…”
L’americano scoppiò a ridere “prima di tutto si chiama Halo e secondo, sono venuto a trovarti finalmente!”
Inghilterra arrossì leggermente sfoggiando un mezzo sorriso, però, non gli mostrò l’immensa felicità che provava in quel momento, si trattene, come era solito fare.
“Sono felice di vederti dopo tanto tempo, su entra” gli sorrise nuovamente facendogli cenno di entrare.
Appena Alfred mise piede in quella casa, fu invaso da un forte e dolce profumo, maledettamente nostalgico, il profumo di Inghilterra invadeva ogni angolo della casa.
Eppure era talmente buono che non si trattene ad inspirarlo a pieni polmoni, quella fragranza lo fece impazzire nonostante nascondesse un pizzico di amarezza. In fondo, quella casa, quel profumo e lo stesso Inghilterra racchiudevano migliaia di ricordi della sua infanzia, felici, spensierati che con il tempo diventò un guerra insistente per la libertà.
Ma non era il caso di pensare al passato in un momento del genere, cavolo, c’era il suo ragazzo che non vedeva da mesi davanti ai suoi occhi, e lui va a pensare alla sua infanzia!
E svegliati fuori!
“ per quanto rimarrai qui?” chiese poi il suo ragazzo svegliandolo dal trans.
“mi hanno dato ben dieci giorni di libertà, quindi una settimana se per te va bene!”
“ah quindi per una settimana ti approfitterai del mio cibo, del mio letto, del mio bagno e della mia tv no?” scherzò Arthur con un filo di acidità.
“perché, ti da fastidio?” America si avvicinò fissandolo profondamente negli occhi smeraldini
“io non ho mai detto questo…” rispose in rima il ragazzo con aria di sfida.
Ma perché doveva essere così sexy?
Si chiese spontaneamente America, mentre il suo sguardo era perso negli occhi dell’altro.
Era bellissimo, soprattutto quando si arrabbiava.
E solo ora, che dopo tanto tempo non aveva avuto occasione di poterlo scrutare dal vivo, se ne rese conto più di ogni altra volta.
Si rese conto che ogni suo particolare gli era mancato da morire: i suoi capelli biondo cenere, i suoi occhi verdi scintillanti, il suo visino candido e imbronciato, le sue grosse sopracciglia (particolare che riteneva molto sexy nonostante non lo siano per niente, ma America è …America!) ed infine il suo corpicino esile che aveva carezzato e lambito tantissime volte.
Avrebbe voluto farlo ancora, baciare quel viso, quel collo, toccare quel corpo, desiderava ardentemente poterlo stringere a se e non lasciarlo mai più.
Avvolto in quei pensieri non si ricordò nemmeno più il contesto del discorso, ma importò poco, perché Inghilterra si ritrovò stretto tra le braccia dell’altra nazione. Sentì il suo respiro caldo sfiorargli dolcemente l’orecchio, le sue mani gli stavano accarezzando la testa e finalmente ebbe l’onore di percepire il suo calore e il suo profumo.
“mi sei mancato da morire…” sussurrò poi l’americano facendolo arrossire violentemente.
Come risposta questo affondò il viso contro il suo petto e si strusciò.
Alfred scoppiò in una solare risata, sciogliendo l’abbraccio. I due si concessero ancora pochi secondi per scrutarsi a vicenda per poi, senza aggiungere nulla, si scambiarono un bacio, lungo nonché passionale e dolce.
Quelle labbra, da quanto tempo le aveva bramate, così sottili e gustose, come solo Arthur poteva avere. Gliele morse gentilmente, gliele leccò per poi cercare la sua lingua con la propria.
Entrambi non avevano intenzioni di staccarsi, troppo concentrati, troppo eccitati da quel semplice bacio che in quel momento sembrò valere più di una scopata lunga tre ore.
No vabbe, così si esagera!
Lo strinse di nuovo, immergendo le dita nei morbidi capelli. Dire che si stava eccitando non era per nulla un eufemismo, nella sua mente cominciarono a vagare strani pensieri, in quel momento si chiese cosa lo stesse trattenendo dal prenderlo e sbatterselo fino al giorno dopo.
Non importava dove, in camera, in bagno, sul pavimento, nel giardino, lui lo voleva, lo aveva desiderato per quei stramaledetti tre mesi di solitudine e astinenza. Sebbene la voglia era grande, quel piccole tratto di coscienza che era riuscito a conservare in quel bacio tanto coinvolgente, gli impose di non andare oltre…per il momento.
Avrebbe continuato ancora per molto se solo i loro polmoni non avesse avuto bisogno di aria, così si staccarono lentamente e Inghilterra si sistemò nell’incavo del suo collo.
“anche tu mi sei mancato, tantissimo” sussurrò sperando che America fosse distratto.
Ma ovviamente l’altro sentì benissimo le sue parole e ne fu davvero felice, sorrise soddisfatto e lo baciò teneramente sulla fronte facendolo divenire di nuovo rosso.
“hai fame? Ora vado a preparare gli scones!”
Argh! Stava andando tutto così bene, perché quel testone doveva proprio fargli mangiare quel obbrobrio che erano i suoi piatti?
Per quanto lo amasse non riusciva proprio a farsi piacere il suo cibo. Erano quei piatti che alla vista facevano venire l’urlo al vomito e difatti lo facevano anche mangiandoli.
“ah… ehm no grazie! Ho già mangiato tanto durante il viaggio e sono sazio!” la solita scusa, ma quella volta era vera.
“dai…nemmeno un piccolo assagino? Voglio sapere se sono migliorato!” Sfoggiò un dolcissimo faccino da cucciolo bastonato (raro vederlo in questo stato) e con il ditino cominciò a creare dei piccoli cerchi sulla sua giacca.
Alfred cercò di non incontrare il suo sguardo, invano ed infine (come ogni santa volta) cedette e accettò di provarne almeno uno.

La cena era stata un disastro: lui che cercava di evitare di farsi ficcare in bocca quell’ intruglio osceno di colore nero o viola che il suo ragazzo gli porgeva su un piatto argentato con un sorrisetto convinto.
Ed Inghilterra che ostinato, all’inizio cercava di convincerlo con parole dolci, poi quasi lo obbligò a provarne almeno un pezzetto. Stringeva i denti e gli metteva il veleno sotto il naso infuriato, così il povero americano fu obbligato ad ingoiarne uno tutto in fiato.
Lasciando stare la nausea successiva, per il resto andò tutto bene: parlarono di tutto e più, fecero un giro per la città, risero, discussero, si abbracciarono e poi si baciarono.
Era tornato tutto come prima, e non chiedevano di meglio.
Ora erano seduti sul divano, vicini con gli occhi incollati al televisore.
Arthur non amava la Tv, preferiva di gran lunga leggere un buon libro, ma l’altra nazione aveva insistito per guardare il suo programma preferito. Lo fissò per un attimo, non riuscendo ancora a credere che fosse lì, accanto a lui, gli era mancato troppo. Non gli disse però delle sue svariate serate al pub, ubriacandosi, come una volta, piangendo, e pregando che tornasse.
Ma adesso non aveva di che preoccuparsi, eri lì, e non lo avrebbe abbandonato.
 Difatti aveva approfittato del primo momento di libertà per andare da lui, ne era davvero felice, significava moltissimo per lui questo picciolo gesto.
Così decise, lui non era solito ad esternare a parole i suoi sentimenti, allora avrebbe usato altri mezzi, glielo avrebbe fatto capire.
“hei Al!” lo chiamò, avrebbe cominciato con frasi ambigue e maliziose.
“mh?” accennò America preso dal programma
“sai… mi è venuta voglia di…em…ecco…banane…” istintivamente il suo cuore cominciò a pulsare forte e le sue gote divennero bordeaux, non era da lui dire frasi del genere!
“prendine una!” rispose semplicemente il cretino in parte a lui.
Ah si, aveva dimenticato, il suo ragazzo era un ritardato!
“beh ma…non potresti darmela te?” ci riprovò
Alfred lo fissò con sguardo interrogativo “ma io non ho nessuna banana! E poi in questa stagione mica ce ne sono! Ahah!”
Ma perché, perché doveva essere così stupido? Lui non intendeva quella banana idiota!
Arthur non volle rispondere, si limitò a far scivolare una mano sul suo viso rassegnato, con lui ci volevano i fatti, non le parole.
Si alzò di colpo e si precipitò in camera, solo dopo alcuni minuti l’americano si accorse che se n’era andato da lì, spense il televisore ed andò a cercarlo.
“Arthur? Dove sei?” lo chiamò preoccupato.
Lo cercò in cucina, ma non vi trovò nessuno, poi in bagno, ma anche lì non vi era anima viva, finche vide un piccolo filo di luce provenire dalla camera da letto.
Aprì delicatamente la porta “Arth…”
Le sue parole furono interrotte da una visione a dir poco sconvolgente: dinnanzi al suo sguardo ebete si ritrovò Inghilterra, seduto sul letto che lo fissava in modo indecente. Ma la cosa che colpì maggiormente la nazione, furono i suoi “vestiti”: un piccolo grembiule nero, che sembrava coprigli solamente le parti intime, un papillon legato accuratamente sul collo, dei polsini bianchi e neri abbinati con il grembiule e il resto era del tutto in bella vista, anche il piccolo sederino liscio che adorava.
Lo conosceva quel costume, ma era da tantissimo tempo che non glielo vedeva addosso, si stupì della velocità in cui i suoi pantaloni cominciarono a farsi stretti, proprio lì, dove non batteva il sole.
Non disse nulla, si limitò a fissarlo ad occhi aperti, eccitato, accaldato, pronto a farlo finalmente suo.
“Allora?” esordì poi Inghilterra con perizia “non vuoi darmi ancora sta banana?”
Alfred rise, si, adesso aveva capito.
Tranquillo Inghilterra, vedrai che questa banana ti piacerà molto,anzi, più del solito.

 



Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! (e via abbia fatto un po' ridere) Al prossimo capitolo gente! XD
Adesso si, che arriva il bello ;D
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: shuichi chan