Ringraziamenti:
Freddy Barnes: Ciao bella! Don't worry, sono felice che i cappy 18 e 19 ti siano piaciuti e che tu abbia recensito il 20, grazie :-)! Sono contenta che il cappy abbia avuto successo anche se era poco orginale ;-), con qst però si cambia registro e la farina torna ad essere per la maggior parte del mio sacco (per quanto può esserlo una ficcy ovviamente hhihihi^^). Concordo con te, Susan è proprio fortunata, però personalmente continuo a preferire Peter, il biondo paladino della giustizia (immagino che nn si sia minimamente notato dal mondo in cui lo descrivo nella storia, nu nu >.>!). La parte dove Aslan e Cate risvegliano insieme la foresta è nata da un'idea improvvisa, quindi sn felice che sia piaciuta :-), come anche quella di Cathy che si difende dal telmarino (lì era il mio femminismo a scrivere...!). Non hai idea di quanto mi faccia felice sapere che questa fan fiction ti piace tanto, davvero, grazie :-) purtroppo però si avvicina la fine, anche se mi dispiace . Spero solo di riuscire a scrivere un degno finale per i protagonisti :-) Fammi sapere cosa pensi di questo penultimo cappy cara :-) un bacione grande e ancora mille grazie ^^!!!!!
ranyare: Ciao cara! Sono felicissima di leggere la tua recensione e ancora di più nel sapere che gli ultimi due cappy ti sono piaciuti^^! No, non ho letto i libri di Narnia, mi sn fermata ai film, ma nei libri racc qualcosa sul passato della strega :-)? Perchè purtroppo il film la lascia nel mistero! Cmq incredibile ma vero anche il ghiacciolo un po' di calore lo ha provato, ho pensato fosse più giusto che un personaggio dello spessore psicologico di Jadis avesse anche un altro lato, nn solo la facciata della Regina di Ghiaccio sadica, secondo me nn era realistico che si limitasse a fare la parte della super cattiva! Non so come ringraziarti per quello che mi hai scritto, sapere che la mia fan fiction è riuscita a suscitarti quelle emozioni è il più bel complimento che potessi farmi, davvero grazie**! Spero che anche qst cappy riesca a renderti così partecipe! Hai fatto bene a dirmi dell'errore, grazie :-) così posso correggere la svista XD, (nn che io abbia confuso i nomi perchè durante il film ero più concentrata su Peter e Caspian, no no, sia mai hihihihihi!!) . Non vedo l'ora di sapere la tua opinione su qst capitolo, specie sulla sua penultima parte :-) grazie ancora e un bacio grade grande!
bex: Ciau!!! Tranquilla, ti capisco benissimo x gli esami, io sn ancora in quarta liceo ma già qui trovare un po' di tempo libero è un'impresa epica! Però grazie per aver trovato il tempo pe commentare la mia storia :-) e davvero grazie infinite per apprezzarla così tanto!! Nn hai idea di come sia felice nel sapere che sono riuscita a trasmettere delle emozioni, poiché questo secondo me è lo scopo principale di una storia, quindi glasie glasie glasie! Concordo con te sul fatto che Peter sia fantastico, bello, eroico, onesto, intelligente e dolce, cosa può desiderare una donna di più? *ricorda mentalmente a se stessa che il buon re è una finzione letteraria* *si dice che ha ragione* *alza le spalle e decide di continuare ad ammirarlo lo stesso* hihihi, ok a parte il piccolo sclero, sono contenta che anche la battaglia e il risveglio di Narnia siano piaciuti ^^ spero che anche qst cappy ti piaccia, ci sn un bel po' di novità e colpi di scena, nn vedo l'roa di sapere cosa ne pensi! Un bacione e grazie ancora!
Niji_Shoku no Yume: Ciao bella! Dunque: 1) nn sapevo che i titoli dei capitoli piacessero così tanto, anzi delle volte nn so cosa farmi venire in mente, quindi grazie!! 2) si le frasi le ho inventate io, la prima in particolare è tratta dal capitolo 8 "Quello che posso e non posso essere" :-). Sono felice che la metafora di Susan sia piaciuta e ancora di più che sia riuscita a far comprendere i suoi sentimenti, che trovo più difficili da trattare rispetto agli altri a causa del carattere del personaggio, e che sia trasparita l'ansia generale per la battaglia. Quella di trasmettere le emozioni dei personaggi è sempre la parte più complicata e sapere che ci sn riuscita mi fa davvero felice, grazie!!! Devo ammettere che per un attimo ho pensato di far partecipare Cathy alla battaglia, ma ho scartato quasi subito l'idea. Cate è dopotutto una ragazza dei nostri giorni, nn è un soldato, nn avrebbe nemmeno avuto la capacità e la prontezza per buttarsi nella mischia e poi avrebbe fatto l'effetto da supereroina come dici giustamente tu e non era proprio il caso, però ho pensato che sapendo i suoi amici in pericolo nn se ne sarebbe nemmeno stata con le mani in mano, quindi farla agire a distanza mi è sembrato un giusto compromesso! Grazie infinite per apprezzare tanto la storia e per tutti i tuoi complimenti, grazie davvero! Spero di leggere presto cosa ne pensi di qst cappy e che ti piaccia! Un bacio grandeee!!!! P.S. Scusa la curiosità ma posso chiederti cosa significa il tuo nuovo nick? Cmq suono davvero bene :-)! E tranquilla nn sei pazza ad ascoltarti la soudtrack mentre leggi, io ho registrato il pezzo della colonna sonora di Pirati dei Caraibi 1 dove prima di partire con la musica c'è Jack che fa "yo-oh beviamoci su!" con la sua voce meravigliosa! hihihi!!!!!
DreamWanderer: Ciao!!! Non ti preoccupare per il tempo, la mia storia nn scappa :-) e poi le tue recensioni sono sempre così belle e accurate che sarebbe un piacere enorme leggerle anche tra un anno, quindi don't worry! Concordo sia con il fatto che gli spoiler rendono più interessante una storia, anche perchè spesso mettono l'accento su un particolare magari passato in osservato e quindi ci porta a ragionare sui prox capitoli aprendoci mille domande e aumentando la nostra voglia di leggerla, sia sull'avere un contatto con gli autori o/e i lettori, è interessante mettere le opinioni a confronto, avere chiarimenti o avere la possibilità di spiegare il perchè o come una cosa è stata scritta :-)! E con questo e per questo ti ringrazio per la tua ultima recensione e passo a risponderti cap per cap :-):
Recensione per "Apri gli occhi mia stella": La scena dove Cathy finalmente inizia a comprendere che qualcosa nn va è una di quelle che avevo in mente dall'inizio come anche la discesa nelle prigioni :-) ho pensato che il desiderio della ragazza di avere una madre fosse così grande da farle ignorare la realtà finché nn se la fosse palesemente trovata davanti, solo allora avrebbe potuto accettare che Jadis non fosse quella che sperava, anche se è dispiaciuto anche a me per la nostra stellina, alla fine tutto quello che aveva sempre voluto era una famiglia che la amasse, ma purtroppo non era nel suo destino, anche se come hai detto giustamente tu, l'amore di Peter è talmente grande da poter compensare la mancanza :-) Grazie per aver notato il parallelismo tra il cambio di luogo e il cambio di personalità di Jadis, tra la nascosta aula del castello e il celato carattere malvagio di Jadis, sei l'unica che lo ha fatto :-)! Jadis ovviamente nn si smentisce nel trattamento che riserva ai nostri beniamini, in particolare al suo avversario principale, Peter, che però ho immaginato fiero e d'un pezzo anche in una situazione critica. Dopotutto è Re Peter il Magnifico, nn avrebbe mai dato a Jadis la soddisfazione di vederlo abbassare la testa! L'idea che Cathy andasse a vedere personalmente il misfatto è nata invece all'improvviso, e si è collegata quasi da sola alla prima apparizione di Aslan, visto quasi come una guida spirituale, che invece avevo messo in conto di far apparire in maniera diversa, meno ad affetto, quindi sono contenta di sapere che la scena sia piaciuta! :-)!
Recensione per "La madre e la strega": Sono felice di sapere che Cathy in "missione salvataggio" sia piaciuta, mi è piaciuto molto descriverla forte nel momento del bisogno, nonostante il dolore che provava per colpa di Jadis, senza contare che ora che è una strega riconosciuta può davvero fare la differenza con i suoi poteri! (qui però c'era anche una sfumatura femminista dato che per una volta è la donzella che salva il principe e nn vicerversa. Caspita, sono quasi duemila anni che noi donne ci facciamo salvare mi sembra giusto far vedere che possiamo anche noi all'occorrenza essere capaci di badare a noi stesse e alle persone che amiamo XD!). Anche secondo me sono tenerissimi Peter e Cathy, mi piace l'idea che riescano a ritagliarsi degli spazi per loro anche in mezzo alla bufera, come se traessero forza per affrontare i loro problemi proprio dalla consapevolezza che sono insieme e che si amano :-) (ad avercela una storia d'amore così! XD) Sono contenta che la tensione e i sentimenti di Cathrine siano stati compresi, ho rivisionato quella parte venti volte, nn ero mai convinta di essere riuscit aad esprimere tutte le sfaccettature di quello che prova, quindi grazie per avermi rassicurata! Per il castello che si trasforma alla morte della proprietaria ho voluto attenermi al primo film, quando alla fine si vede il ghiaccio che si scioglie dopo che Aslan ha ucciso Jadis, mi sembrava giusto rispettare questa particolarità (anche se fa molto fiaba disney stile La bella e la Bestia ^^). Sconfitta Jadis-Strega Bianca, mi sembrava doveroso per Cathrine mettere in evidenza anche l'altro aspetto della donna, la Jadis-madre, libera di venire a galla nel cuore della nostra stella ora che nn è più un imminente pericolo, che è poi il fulcro del cappy successivo. Non ero però convinta che venisse apprezzata come scelta, spesso il cattivo vuole essere visto solo come cattivo e basta, non si accetta che possa avere anche un altro lato, quindi sono felice di sapere che invece la decisione è stata appoggiata! Thanks^^!
Recensione per "Gigli e segreti nascosti dal tempo": era più che giusto che dopo lotte, intrighi, spade e catene finalmente Caspian e Susan trovassero un po' di tempo per stare assieme, liberi da ogni pensiero e felici di essere ancora vivi! Sono felice che la scena sia piaciuta :-) la parte più difficile però è stata farla diversa dalla scena dove Cathy chiede a Peter di restare con lei, non volevo ripetere frasi e atteggiamenti simili, non sarebbe stato corretto dato che i personaggi sono molto diversi tra loro, spero di esserci riuscita! Si, con Susan come regina dubito che anche solo una foglia osasse cadere nella stagione sbagliata, hihi con lei pace e ordine erano assicurati! La riunione è stata la parte più divertente da descrivere, me li immaginavo tutti coordinati e affiatati con Peter come supervisore, anche se purtroppo ciò significava il ritorno delle difficoltà, della serie mai che si possa star tranquilli! I diari rappresentano un'altra lampadina accesa mentre scrivevo l'altro cappy. Volevo che Jadis facesse sentire la sua campana e che Cathy avesse la possibilità di conoscerla interalmente, ma mi sembrava irrealistico far si che fosse la strega a parlare direttamente di se stessa alla figlia, così ho sfruttato un intermediario cartaceo. Questa era la parte di cui temevo di più il giudizio, non sapevo se far vedere Jadis anche come donna capace di amare sarebbe stata apprezzata come idea, avevo paura che molti vedessero irrealistico questo suo lato o poco coerente con i precedenti capitoli, sono sollevata quindi nel sapere che sia stata capita e che sia piaciuta come parte, grazie^^. Si, decisamente a Peter possiamo perdonargli di non essere così propenso al perdono, anche se personalmente a lui potrei perdonare qualsiasi colpa, come si fa a tenere il muso al biondo e giusto re? XD!
Recensione per "La speranza in un miracolo": qst è stato il cappy meno originale della storia, ma dato che la mia fan fiction si inserisce nel film mi sembrava giusto restargli fedele nelle scene che hanno in comune come questa, sono contenta però che sia piaciuto ugualmente e non sia stato visto come una trascrizione pura e semplice delle scene del film ma che le piccole personalizzazioni siano state notate e apprezzate, grazie! L'idea di far aiutare Aslan da Cate è nata principalmente proprio per farla riscattare completamente dall'essersi fidata di Jadis. Cathy ovviamente non ha colpa per aver creduto di avere una madre che la amasse, ma con il suo buon cuore non può fare a meno di sentirsi in parte responsabile per il disastro avvenuto. Si, anche io voglio un Peter!!!!!! Tenero, dolce, cavalleresco, sempre tutto dedito alla sua amata....ahhhhh, ma dove sono???? XD!
Altro che doverti perdonare, non so come ringraziarti per l'attenzione che dedichi alle recensioni che mi lasci, ognuna è un grande regalo che mi fai! Anche se grazie è una piccola parola spero che tu capisca quanto mi facciano felice le tue recensioni!!!!! In più come sempre hai appianato i miei timori su molti punti :-)! Sono curiosa di sapere cosa ne pensi di questo capitolo che torna a distaccarsi dal film e (spero) a sorprendere! In particolare la penultima parte dove ci sono diverse rivelazioni sulle quali spero di leggere presto la tua opinione! Grazie ancora, ti mando un bacio grandissimo cara!!! XD
sweetophelia: ciau!! Sono contenta che il cappy ti sia piaciuto anche se nn brillava per fantasia dato che riprendeva da vicino le scene del film :-) Si effettivamente la capacità dei protagonisti dei film di essere spiritosi in ogni momento è presente in quasi ogni racconto, però personalmente nn mi dispiace, anzi, riesce a rompere la tensione di una scena. Il colmo in qst cose era Buffy che mentre impalava vampiri e uccideva demoni riusciva anche a pensare a non sporcare la maglietta o a rovinarsi il trucco, però sono scene talmente ben inserite che nn mi sn mai dispiaciute XD! Davvero Miraz fa quella fine nel libro? Ahahahah, poveretto, alla faccia della fine gloriosa che dovrebbe fare un sovrano! Però hai ragione, con tutto quello che ha fatto gli sta solo bene! Spero di spaere presto cosa pensi di qst ultimo cappy e che ti piaccia! Grazie mille per la recension, un bacio grande!
SamanthaShadow24: Ciao! Grazie per la recensione, sono contenta che la storia ti piaccia e spero che qst cappy nn ti deluda! Un bacio!
Grazie infinite anche a coloro che hanno aggiunto la fan fiction tra le seguite e/o le preferite e a tutti coloro che solo leggono! Ovviamente chi volesse farmi sapere il suo parere è sempre il ben accetto :-)!
Vi auguro buona lettura
Kisskisses
68Keira68
21_Il ballo della
felicità illusoria
Sentii Peter stringermi la
mano. Mi volsi verso di lui ma i suoi zaffiri erano ancora puntati sul
felino.
“Andiamo” disse
con tono
vibrante di impazienza.
Non riuscivo ad immaginare
cosa significasse per lui rivedere Aslan, colui che lo aveva
trasformato da
semplice ragazzo a Re Peter il Magnifico. Se provavo io il desiderio di
vederlo, senza che avessi spartito con lui particolari avvenimenti, il
ragazzo doveva
agognare di incontrarlo.
Lo seguii senza esitazioni
mentre si immergeva nel fiume, imitato da Susan, Edmund e Caspian. Per
fortuna
l’acqua era bassa, tanto che in centro, dove era
più profonda, mi arrivava di
poco sopra la vita.
Sentivo il battito del mio
cuore rimbombarmi nel petto mentre vedevo la maestosa figura del
fantomatico re
avvicinarsi. Quando giungemmo alla riva opposta, Peter estrasse la
spada con un
lieve stridore metallico e la piantò davanti a lui nel
terreno,
inginocchiandosi, come i suoi fratelli e il principe. Timorosa e con le
gambe
tremanti, mi inchinai anche io, conscia che davanti a me si trovava il
felino
che con la sua magia regnava su Narnia da tempo immemore, il cui sapere
era
pari a quello di una divinità come la venerazione con la
quale i suoi sudditi
parlavano di lui.
“Alzatevi, sovrani di
Narnia” ci salutò il Grande Felino, con voce
profonda e possente quanto la sua
persona.
Peter, Susan e Edmund si
alzarono. Caspian ed io invece rimanemmo nella nostra posizione, certi
di non
essere compresi nel richiamo.
“Tutti i
sovrani” sottolineò
Aslan.
Non comprendendo corrucciai
la fronte. Chi altri intendeva? Poi però mi ricordai di un
particolare
importante. Miraz era morto, di conseguenza la corona tornava ad essere
di
Caspian, come sarebbe sempre dovuto essere. Caspian ora era dunque re.
“Non credo di essere
pronto”
mormorò intimidito il ragazzo.
Lo guardai di sottecchi,
sorridendo intenerita. Si addiceva all’indole di Caspian non
sentirsi degno di
un trono che aveva dimostrato in innumerevoli occasioni di meritare
molto più
dei precedenti sovrani, non ultima quella di risparmiare Miraz per
amore della
giustizia.
“Proprio
perché dici così so
che sei pronto” gli disse Aslan, con benevolenza.
Scorsi Caspian tentennante
guardarsi attorno prima di alzarsi, accettando definitivamente quel
titolo
nuovo che a prima vista gli faceva timore.
“Anche tu, giovane
Cathrine”
aggiunse poi rivolgendosi a me.
Sobbalzai, colta di
sorpresa. Scossi la testa, confusa. “Io non sono una sovrana,
sono solo una
strega” asserii con voce, purtroppo per me, molto
più flebile di quello che
avrei voluto. Mi sarebbe piaciuto apparire forte e sicura di me, ma la
sua
presenza mi intimoriva. Avevo già avuto un incontro con
Aslan, oltre a sentire
la sua voce guidarmi, ma nel turbine di neve nella cristallizzata
Telmar era
parso come una figura evanescente, quasi un miraggio. Una visione ben
diversa
da quella più concreta che mi si presentava dinanzi. Ora
potevo avvertire tutta
l’aura di magnificenza che emanava. Era quasi schiacciante,
ci si sentiva
inevitabilmente soppesati, sotto esame. Non avevo idea di come Lucy,
come gli
altri Pevensie, riuscisse ad essere così a suo agio. Forse
era una semplice
questione di abitudine.
“Sei la figlia di Jadis.
Per
diritto hai ereditato il suo regno” mi ricordò.
“No. Ho rinunciato a quel
diritto cedendo il regno ai Pevensie” lo informai, trovando
finalmente il
coraggio di guardarlo negli occhi. Grandi, dorati e verticali,
corrispondevano
alla descrizione degli occhi dei felini, eppure la
profondità che possedevano,
la saggezza che nascondevano, la capacità di penetrare il
prossimo che
emanavano, li faceva essere unici e peculiari.
“Temo tu sia in errore.
Da
ciò che ho capito i Pevensie si limiteranno ad amministrare
il regno, ma ciò
non ti toglie il titolo e i tuoi doveri nei suoi confronti. E questo fa
di te
una regina, appena vorrai essere incoronata.”
Rimasi senza repliche.
Lanciai uno sguardo supplichevole a Peter, ma lui si limitò
a sorridermi compiaciuto
e concordante. Ovvio, fosse stato per lui sarei salita al trono appena
tornata
dal pallazzo di ghiaccio…
Priva di altre
possibilità, trovai
il coraggio di alzarmi, accettando silenziosamente un titolo che, a
differenza
di Caspian, non avrei mai meritato né sentito.
“Bene miei cari amici.
Avete
vinto una lunga e faticosa battaglia, ora, dopo tante fatiche, potrete
finalmente rilassarvi” affermò rivolgendosi a noi
tutti. “Prima però resta
ancora una cosa da fare.” Il suo sguardo millenario si
posò su Caspian, il
quale si immobilizzò per il timore reverenziale che nutriva.
“Il tuo titolo di
re ha bisogno di una cerimonia ufficiale di legittimazione e vorrei
svolgerla
subito, in modo che quando rientrerai a Telmar potrai farlo da suo
sovrano.”
Il moro rimase senza fiato.
Chinò il capo balbettando grato: “Sarebbe un onore
essere incoronato con la sua
benedizione”.
Aslan inclinò a sua
volta il
muso, annuendo. “Peter, Edmund, sareste così
gentili da radunare l’esercito per
assistere?” chiese.
“Ma certo”
Immediatamente vidi i due
ragazzi adoperarsi per eseguire gli ordini del felino. I soldati di
Telmar
stavano ancora uscendo dal fiume, mentre i narniani a riva
costringevano chi
tra loro possedesse ancora armi ad abbandonarle, osteggiando la loro
vittoria.
Peter, utilizzando la sua
attitudine al comando, impiegò poco tempo ad ottenere
l’attenzione dei presenti
e ad informarli su cosa stava per succedere. Felice, constatai come sia
gli
abitanti di Narnia che quelli di Telmar accogliessero con gioia la
notizia. Per
i narniani significava la possibilità concreta che le
promesse fatte da Caspian
di restituirgli la loro terra divenissero realtà, mentre per
i telmarini voleva
dire essere nuovamente governati da un sovrano più propenso
ad occuparsi del
benessere del suo popolo che non della gloria personale.
In poco tempo si formò
un
cerchio attorno al Grande Leone. Caspian con passo infermo e sotto
sollecitazione di Susan, si pose davanti ad Aslan e si inginocchio con
il capo
chinato.
Riuscii a scorgere
l’emozione sul suo viso, sentimento che veniva condiviso da
tutti i presenti,
me compresa. Il nuovo re di Telmar stava per essere incoronato e un
nuovo regno
era alle porte, con speranze di felicità e
prosperità.
Peter mi si avvicinò e
mi
strinse la mano. Volsi lo sguardo verso di lui ed ebbi la gioia di
vedere il
suo volto sereno.
“La prossima potresti
essere
tu” mi sussurrò allusivo all’orecchio.
Gli sorrisi scettica.
“Non
ci contare”.
“Vedremo”
sogghignò.
“Popolo di Telmar e di
Narnia.” La voce di Aslan riecheggiò possente
nello spazio circostante.
“Abbiamo combattuto aspramente tra di noi per motivi
sbagliati quali vecchi
pregiudizi, diffidenza, sete di potere, motivi portati avanti da
persone non
degne di guidare il prossimo. Ora però il destino ci da la
possibilità di
renderci conto dei nostri errori e di porvi rimedio. Possiamo deporre
le armi e
cominciare una nuova era. Farsi ché dei motivi giusti ci
uniscano per coabitare
insieme e in pace in una grande terra, motivi come l’amore,
la tolleranza, il
rispetto reciproco e l’amicizia che può esistere
anche tra razze così diverse
esteriormente ma accumunate da interessi e sentimenti
identici.”
Le parole del sovrano
rimbombarono nel petto e dagli sguardi attenti e coivolti dei presenti
seppi
che non ero la sola ad essere rimasta colpita dal quel discorso e dalla
sua
schiacciante verità. Era vero, la diffidenza verso
ciò che non si conosce era
stata facilmente utilizzata come stimolo per condurre una guerra la cui
sola
vera giustificazione era il desiderio di governare di pochi individui,
ma
adesso si poteva cambiare. Narnia e Telmar potevano imparare a
conoscersi e a
convivere, ad apprezzarsi a vicenda.
“Una nuova era che
comincerà
dall’incoronazione di questo ragazzo, giovane ma con il cuore
e l’animo pronti
per farsi carico di un impegno così grande, guidare questa
città verso la
pace.” Proseguì focalizzandosi sullo scopo
principale di quella riunione.
Aslan si fermò e
soppesò con
uno sguardo serio Caspian ad un metro di distanza prima di emettere un
fragoroso ruggito che colse di sorpresa ogni uomo o creatura. In
quell’istante
una corona scintillante apparve a mezz’aria, circondata da un
leggero bagliore
dorato. Circolare come si conviene, sul bordo superiore si alternavano
delle
croci stilizzate con rubini incastonati nel loro centro. La corona
volteggiò
sopra il capo di Caspian tra il silenzio rapito degli astanti, fino a
poggiarsi
sul suo capo scuro. Solo a quel punto il ragazzo, ora ufficialmente re
di
Telmar, alzò lo sguardo, uno sguardo dalla quale era
scomparsa l’agitazione di
poco prima per far spazio ad una nuova consapevolezza, ad una nuova
forza.
“Alzati, Re Caspian X,
sovrano di Telmar” lo nominò Aslan.
Caspian si alzò, il
mento
alto, le spalle dritte, emanante un’autorevolezza che non gli
avevo mai visto
prima addosso, una fermezza che ero solita associare a Peter, del tutto
nuova
sul solitamente timido e riservato Caspian. Un sicurezza che sembrava
discendere direttamente dal peso e dal significato della corona
postagli sul
capo.
Un applauso fragoroso,
sentito, spontaneo, non tardò a nascere insieme ad ovazioni
e auguri di un
regno felice. Sentii le lacrime agli occhi per la commozione mentre mi
rendevo
conto che il principe che non riusciva nemmeno a confessare il proprio
amore a
Susan non c’era più, sostituito da un re che era
stato accolto con giubilio dal
suo popolo. Caspian era maturato e si apprestava ad iniziare il suo
destino da
re forte e magnanimo.
Susan gli corse vicino e lo
abbracciò di slancio, il viso illuminato dalla
felicità. Non riuscivo a sentire
ciò che si stavano dicendo a causa della distanza e del
frastuono dei
festeggiamenti, ma potevo ben immaginare le lodi e i complimenti che la
regina
stava rivolgendo al giovane.
“È
finita” la voce di Peter
condusse la mia attenzione su di lui.
Mi accarezzò la guancia,
contemplando il mio volto. “È finita”
ripeté. Il tono non era gioioso, ebbro di
felicità, affaticato o incredulo, ma d’immenso
sollievo. Sollievo per essere
riuscito ad assolvere il suo compito, a salvare Narnia e i suoi cari.
Ce
l’aveva fatta.
È
finita.
Ribadii a me stessa.
Era vero, era davvero
finita. La guerra, la paura, l’ansia, l’incertezza,
le perdite. Era tutto
cessato, appartenente al passato. Mi resi conto in quel momento che non
avevo
ancora assimilato il concetto. Era accaduto tutto così in
fretta che non ne
avevo avuto tempo. Ma ora la consapevolezza di ciò si fece
strada lentamente in
me, procurandomi un grande e vivo calore al petto.
È
finita.
Non avrei più dovuto temere per le sorti di Narnia, temere
di vederla ridotta
in cenere da Telmar. Non avrei più dovuto vedere Susan,
Edmund, Lucy e Caspian
partire per qualche pericolosa missione. Non avrei più
dovuto salutare Peter
all’inizio di un combattimento con la schiacciante paura di
non rivederlo in
vita.
Un sorriso si allargò
sul
mio volto, mentre gli occhi si illuminarono di quella presa di
coscienza.
“è
finita” dissi ad alta
voce.
Ci guardammo. Nei suoi
zaffiri vidi riflessi i miei stessi sentimenti, il mio stesso desiderio
di
lasciarsi ogni cosa alle spalle e di guardare solo avanti.
Piano piano iniziammo
entrambi a ridere, prima sommessamente poi sempre più
fragorosamente. Era
finita e noi avevamo vinto. Era la realizzazione di ogni nostra
speranza.
Peter mi afferrò per la
vita
e mi fece volteggiare in aria continuando a ridere finché le
nostre labbra non
si incontrarono per condividere in modo intimo e unicamente nostro quel
momento
che avrebbe dato una svolta alle nostre esistenze.
Quando ci separammo, mi
sentii abbracciare da più persone. Edmund e Lucy ci avevano
raggiunti, nelle
loro espressioni la nostra stessa felicità. Presto si
unirono anche Caspian e
Susan e tutti insieme ci stringemmo in un abbraccio, senza riuscire a
frenare
quel riso che costituiva lo sfogo di giorni di ansia e di paura.
Abbandonarsi
alla gaiezza era l’unico modo per liberarsi dai vari timori
di cui eravamo
stati preda, cedere al momento di catarsi l’unica porta da
attraversare per
avviarci verso la via del futuro.
*
“Ahi!” mi
lamentai
inclinando il capo.
“Vuoi stare
ferma?”
Lucy mi sgridò,
procurandosi
un’occhiataccia da parte mia attraverso lo specchio davanti
al quale ero
seduta.
“Se tu evitassi di
ridurmi
la testa a un colabrodo io starei ferma.” mi difesi.
La piccola sbuffò.
“Chi
bella vuole apparire un po’ deve soffrire” mi
rispose saccente, continuando ad
infilare forcine tra i miei capelli con sadica nonchalance.
Feci una smorfia di
disappunto. Una smorfia probabilmente molto divertente
perché la regina scoppiò
a ridere.
“Ecco brava, io sono qui
che
soffro e tu ridi alle mie spese” l’accusai,
simulando un tono lagnoso.
“Ma sai che per essere
una
potente strega ti lamenti più di un bambino?” mi
prese in giro. “Comunque la tortura
è terminata.” Aggiunse mettendo
quella che speravo essere l’ultima infida forcina.
“Sei pronta”.
Analizzai il risultato alla
grande superficie riflettente. Dovetti ammettere che Lucy, nonostante
mi avesse
procurato un tremendo male alla testa, aveva fatto un capolavoro. Mi
sentii in
colpa per aver avuto remore nell’accettare il suo aiuto
quando si era proposta
di acconciarmi i capelli per la festa di quella sera. Nel campo
dell’estetica
la ragazzina sapeva il fatto suo. Aveva raccolto i miei ricci in
un’elegante
crocchia, lasciando però libero qualche boccolo di ricadere
sulle spalle
lasciate scoperte dal vestito. Il mio ciuffo era poi stato tirato fino
a
diventare liscio e assicurato al lato sinistro da una pinzetta. Come
tocco
finale Lucy aveva poi inserito delle forcine con perline verdi ad
un’estremità,
una decorazione fine e unica, anche se un poco dolorosa.
“Ti piace?”
Mi volsi verso di lei
regalandole un sorriso raggiante. “Non sai quanto, grazie
infinite” e le diedi
un bacio sulla guancia.
Tornai a contemplarmi nello
specchio. Stavo dando prova di un’immensa vanità,
me ne rendevo conto, ma
quella pettinatura era talmente bella che non potevo esimermi
dall’ammirarla.
Così agghindata mi ricordavo le damigelle dei film in
costume, immagine alla
quale contribuiva il vestito. Da un corpetto a cuore verde speranza,
sopra il
quale erano ricamate delle rose stilizzate, partivano due fini spalline
d’argento che cadevano morbide sotto le spalle, lasciando
quest’ultime
scoperte. Ad esse erano cucite due maniche lasciate aperte in velo
verzino chiaro
lunghe oltre la vita, evidenziata da una cintura anch’essa
argentata sotto la
quale si apriva una gonna morbida in seta leggera non molto ampia.
“Questo intendi
metterlo?”
Lucy richiamò la mia
attenzione porgendomi un medaglione dorato con incisa una
“J”. Presi tra le
mani l’oggetto e lo fissai indecisa, poi con un sospiro lo
appoggiai sul
tavolino.
“Questa sera
no”. Non
sarebbe stato corretto indossare il simbolo della Strega Bianca alla
festa per
la vittoria di Narnia e il ritorno di Aslan. Lucy si limitò
ad annuire ma non
aggiunse altro e gliene fui grata.
Anche la piccola regina
sembrava uscita da un libro di fiabe per quella serata. Si era
arricciata i
capelli e aveva posto un nastrino dorato sul capo per fissarli. Colore
che
veniva ripreso in molti particolari del vestito come le maniche a
sbuffo e la
cintura e che si sposava alla perfezione con il rosso predominante
della stoffa
in velluto dalla quale era composta la gonna ampia e il bustino morbido
con
scollo a barca.
“Credo siamo pronte per
degnare il mondo della nostra presenza” proposi con falsa
vanità.
“Concordo” mi
assecondò la
ragazza adottando il mio stesso tono.
Lasciammo la camera che
Caspian aveva gentilmente messo a disposizione mia e di Peter, una
delle tante che
il castello di Telmar contava. Il nuove re si era assicurato di persona
che
fossimo tutti sistemati nelle stanze della zona patronale, e
benché fossero lontane
dall’idea di sfarzo che i film sul Medio Evo avevano creato
nella mia mente,
erano confortevoli e arredate con elegante sobrietà. Quella
assegnata al biondo
e a me comprendeva un letto matrimoniale sormontato da un baldacchino
dalla
quale pendeva un drappo blu scuro lungo fino al tappeto di una
tonalità più
chiara. Attaccati alla parete, alla sinistra del letto,
c’erano due armadi di
media grandezza, mentre in quella di destra, oltre a contenere la porta
posta
in corrispondenza della testata del baldacchino, si trovava un tavolino
da
toiletta. Il tutto illuminato da un ampia porta-finestra ad arco che
dava su un
piccolo balconcino rettangolare.
La regina minore ed io
scendemmo al piano di sotto e percorremmo il corridoio illuminato da
torcie e
candelabbri fino ad arrivare alle porte del salone, sorvegliato da due
guardie
che si affrettarono a consentirci l’accesso.
Quando le porte si aprirono,
restai senza parole. A discapito dello spoglio corridoio e
dell’austerità della
sala del trono, quella sera il salone brillava di luce propria. Una
scalinata
coperta da un tappeto rosso immetteva in una sala ampia e rettangolare,
che a
sua vola permetteva l’accesso ad un terrazzo dalla parte
destra. Lungo il
perimetro erano stati disposti tavoli allestiti con ricche portate in
abbondante quantità, tanto che ero sicura che avremmo potuto
sfamare l’intera
città per una settimana intera. Il centro della sala invece
era adibito alle
danze accompagnate da un’orchestra posta alla sinistra della
fine della
scalinata. Ma ciò che più mi riempì il
cuore di gioia e meraviglia, fu vedere
che gli invitati erano sia creature di Narnia che telmarini e che
stavano
festeggiando assieme in allegria. Brindavano alla pace, si passavano le
portate
con spensieratezza e ballavano tra le risa, in un turbinio di vestiti
di seta
colorata e zoccoli.
In quel momento ebbi la
prova tangibile che la prosperità tanto propugnata fosse
davvero alle porte. Se
la tolleranza e l’amicizia si fossero instaurate nei cuori
dei sudditi di
Telmar e Narnia, allora la pace era davvero realizzabile in quella
grande
terra.
Sorridendo raggiante scesi
gli scalini con Lucy individuando tra la folla Edmund e Caspian che ci
vennero
incontro. I due sovrani erano impeccabili nei loro vestiti da festa. Il
re di
Telmar aveva una casacca verde acqua con un motivo di una
tonalità più chiara,
in contrasto con gli occhi e i capelli scuri. Il giovane Pevensie
indossava
invece una casacca grigia smanicata con sotto una camicia nera. E
finalmente,
per una volta alla loro cintura non scorgevo alcuna spada.
Caspian, facendo sfoggio
della cavalleria medioevale, mi porse la mano per aiutarmi a scendere
gli
ultimi tre scalini.
“Siete splendide
ragazze” si
complimentò Edmund.
“Grazie, ma anche voi vi
difendete bene. Già qualche cuore infranto tra le
invitate?” gli rispose Lucy
ridendo maliziosa.
Mi unii a lei distrattamente
facendo scorrere lo sguardo tra la folla. C’erano giovani
ragazze, centauri,
eleganti lord e fieri minotauri, ma mancavano…
“Peter e
Susan?” domandai
delusa dalla loro assenza.
“Sono con Aslan. Voleva
parlargli prima della festa” mi informò Caspian.
“Ma credo che tra poco si
uniranno a noi” rassicurò Edmund. Corrucciai la
fronte impensierita. Cosa
doveva dirgli il felino di così importante?
“Nel frattempo”
aggiunse il neo-re
ricatturando la mia attenzione. “Potete concedermi
l’onore di questo ballo?”.
Le nuvole appena
condensatesi sul mio umore si sciolsero dall’eccitazione per
la proposta. Era
la prima volta che ballavo ad un ricevimento simile e da brava ragazza
del
duemila cresciuta con la fiaba di Cenerentola, sognavo da tutta una
vita di
volteggiare con un abito lungo fino ai piedi in una sala illuminata da
candele.
Avevo persino supplicato Lucy di tenermi un corso accelerato nel
pomeriggio
sulle danze tradizionali per prepararmi all’augurata
evenienza.
“Più che
volentieri” risposi
con un lieve inchino.
Caspian mi condusse al
centro della sala mentre cominciava una nuova ballata. Dalla
disposizione dei
ballerini riconobbi di quale danza si trattasse, la Danza dei Fiori, e
mi
affrettai a dispormi nella fila delle ragazze, opposta a quella dei
ragazzi.
Alla prima nota di mandolino, le dame si inchinarono. Toccò
poi ai signori, ma
subito il ritmo della ballata si fece più allegro e appena
allo strumento si
aggiunsero altri due mandolini, un piano e una fisarmonica, le file si
spezzarono per formare gruppi da tre ragazze con i rispettivi
cavalieri. Ci
prendemmo per mano e cominciammo a girare in tondo formando un cerchio,
finché
il ritmo non raggiunse il culmine, invitandoci a fare tre salti verso
destra,
poi tre verso sinistra e ancora tre verso destra. Quando il suono
rallentò un
poco, i gruppi si divisero e i presenti si sistemarono a coppie di due,
ogni
ragazzo con la sua dama. Caspian mi prese una mano e
appoggiò l’altra sulla mia
vita, iniziando a condurmi tra i ballerini, saltando di lato e
cambiando
direzione ogni tre salti. Era un’eccellente cavaliere,
portava onore
all’educazione da principe che aveva certamente ricevuto. Io
invece cercavo di
stare al passo, quella danza fortunatamente era semplice da eseguire,
bastava
lasciarsi trasportare dal ritmo. Un ritmo incalzante, così
allegro che era
impossibile non restarne contaggiati, tanto che la mia espressione,
come anche
quella del giovane sovrano, era raggiante. Gli occhi mi brillavano, e
nonostante iniziassi ad avere il fiatone non avrei mai smesso di
danzare. Ogni
riflessione si confondeva con le note che leggere e liete si libravano
nell’aria a smuovere risa che saturavano la sala di buon
umore. Ogni preoccupazione
si perdeva nel frusciare di vesti scintillanti e non c’era
posto per i pensieri
se non per quello sul passo successivo.
Quando la musico
rallentò
fino a fermarsi dovetti aggrapparmi al braccio di Caspian per
riprendere fiato.
Caspita, altro che pesi e flessioni, ero più che convinta
che due ore a
settimana di danze medioevali avrebbero fatto più miracoli
delle palestre
londinesi!
“Vi dispiace se vi rubo
il
cavaliere, madame?”
Una voce allegra precedette
la radiosa figura di Susan alle spalle del re di Telmar.
“Affatto. È
tutto vostro”
risposi. Non potei evitare di ammirarla. Fasciata in un vestito di seta
azzurra
con ricami dorati, metteva in mostra il suo fisico snello e sinuoso in
modo
elegante e ammaliante al contempo. Le maniche lunghe erano arricciate
in tre
punti, particolare che impreziosiva il vestito, mentre sulle spalle,
scoperte in
parte dalla scollatura a barca, ricadevano soffici i boccoli castani
sciolti. Ma
il dettaglio più bello era il dolce sorriso che rivolse a
Caspian, sorriso che
creava tenere fossette ai lati della bocca…ma che non si
spandeva agli occhi,
constatai confusa. Sembravano adombrati per qualche motivo, anche se
nessuna
spiegazione logica mi si affacciava nella mente per giustificare
ciò.
Lanciai un’occhiata al
giovane moro. Le mie labbra si curvarono all’insù
osservando l’espressione
rapita di Caspian. Fissava Susan a bocca aperta, come se fosse
un’apparizione,
una dea giunta per miracolo da lui. Ne era letteralmente stregato. O
meglio, ne
era innamorato.
Senza aggiungere altro, mi
allontanai silenziosamente, lasciandoli la loro giusta
intimità, pensando che
se davvero Susan aveva qualche problema era compito di Caspian
occuparsene. E
sperando che si accorgessero che erano al centro della pista da ballo
prima che
iniziasse un’altra danza…
Ma riuscii a percorrere solo
pochi mentri prima che un braccio mi circondasse una vita e delle
parole mi
venissero sussurrate nell’orecchio.
“Il mio cuore aveva mai
amato?” il soffio del suo respiro mi procurò un
brivido lungo il collo mentre
riconoscevo la voce tanto attesa. “Occhi rinnegatelo,
perché non ha mai
conosciuto la vera bellezza fino ad ora”.
Mi girai nel suo abbraccio
per ritrovarmi vicino alle sue labbra.
“È il vostro
modo per dirmi
che sono carina, messer Romeo?”
Sul suo volto apparve un
sorriso accattivante che mi fece perdere un battito.
“Carina?” ripeté
fingendosi alibito. “Credo che molto più che
splendida sia ciò che Shakespeare
intendesse, mia Lady” mi contraddisse.
Appesa finalmente la spada
al chiodo, con addosso una casacca blu notte aperta sul davanti a
lasciar
vedere la camicia bianca decisamente troppo aderente al petto per la
mia
precaria lucidità, Peter mi apparve come il più
bel Romeo che mai film e libri
avrebbero potuto mostrare.
Gli scostai con una carezza
il ciuffo biondo che gli nascondeva parzialmente le iridi zaffiro e
solo allora
mi accorsi che a discapito del suo sorriso, qualcosa non andava.
Un’ombra
offuscava i suoi occhi, specchio di pensieri che evidentemente lo
preoccupavano.
“C’è
qualche problema?” indagai
corrucciando la fronte.
La domanda lo colse di
sorpresa ma parve riprendersi subito simulando un’aria
sbarazzina. “E me lo
chiedi? La musica suona da un’ora e noi non abbiamo ancora
danzato assieme.” Si
lamentò fingendosi offeso.
Scrutai il suo viso in cerca
di qualche segnale che mi svelasse se i miei sospetti fossero fondati o
meno,
ma a parte quell’ombra che mi pareva di vedere nel suo
sguardo non c’era
nient’altro. Che stessi diventando paranoica?
“Vogliamo
rimediare?” proposi
accantonando i miei timori.
“Ovviamente”
Mi prese per mano e mi
condusse sulla pista da ballo che una nuova canzone stava per cominciare.
Il primo pezzo era suonato al piano, inizio che
preannunciava
quella che Lucy mi aveva informata essere la Ballata della Primavera.
Era più
lenta e complicata di quella che avevo eseguito con Caspian
poiché comprendeva
un maggior numero di passi. Sperai di riuscire a ricordarmeli tutti ed
evitare
figuracce pubbliche.
Come la danza precedente, si
crearono due file parallele di ragazzi e ragazze. Quando un violino si
aggiunse
al piano, tutti facemmo un passo verso il nostro accompagnatore o
accompagnatrice. Un passo lento, quasi strascicato, con le braccia
lungo il
fianco e lo sguardo fermo sul viso dell’altro. Alla seconda
nota di violino,
avanzammo di un altro passo, trovandoci uno dinanzi
all’altro, per poi superare
il nostro compagno senza interrompere però il contatto
visivo. Alla fine della
quarta nota ci ritrovammo nuovamente separati in file, occupando
però posti
opposti rispetto i precedenti. La musica proseguì e noi
ripetemmo i passi di
prima, ma quando giungemmo di nuovo l’uno accanto
all’altro, invece di
superarci, prendemmo a girare intorno sfiorandoci le mani alzate al
livello del
petto. Scorsi gli occhi di Peter ardere di bramosia ad
un’intensità tale da
procurarmi un brivido lungo la schiena. Ma non era semplice desiderio.
L’ombra
scorta prima pareva cresciuta a dismisura rendendo il suo sguardo
tormentato,
come quello di un bambino che vuole ardentemente una cosa ma sa di non
poterla
avere. Ma cosa poteva turbare così tanto Peter? Se era me
che desiderava come
mi gridavano i suoi zaffiri, perché provava quel tormento?
Dopo tutte le volte
che glielo avevo detto sapeva perfettamente che ero sua, che lo amavo.
Che non
mi avrebbe mai persa.
Il movimento cambiò. I
cavalieri presero una mano della loro dama, la portarono brevemente
alle labbra
per baciarla e poi la sollevarono sopra le loro teste, consentendo alla
ragazza
di girargli attorno insieme alle loro gonne esageratamente larghe. Dopo
due
giri completi, il re pose le sue mani sui miei fianchi facendo aderire
la mia
schiena al suo petto per un breve istante prima di sollevarmi in aria e
appoggiarmi alla sua destra. Mi fece voltare, mi passò un
braccio attorno alla
vita e diede il via alla parte della danza a me più
familiare, quella simile ad
un classico ma intramontabile lento.
Come Caspian, era un ottimo
ballerino, probabilmente reso esperto dai numerosi rivecimenti e balli
dati
sotto il suo regno milletrecento anni prima. Mi conduceva con
scioltezza lungo
la pista da ballo, facendomi sentire così leggera che mi
sembrava di
volteggiare su di una nuvola mentre il mio cuore si sarebbe librato
ancora più
in alto se …non ci fosse stato quell’infausta
scurità nei suoi occhi ad
impensierirmi. Una giravolta mi fece scorgere Susan accanto al suo re
poco
distante e d’un tratto ricordai un dettaglio importante.
Avevo visto negli
occhi castani della regina lo stesso tormento che albergava in quelli
di Peter.
Il ragazzo mi strinse
più
forte a sé e mi ritrovai a fissarlo nuovamente in viso, un
viso sempre più
buio. Ma cosa poteva preoccuparlo tanto? Cosa poteva essere successo
durante
quel pomeriggio ad entrambi?
La
discussione con Aslan.
La risposta mi giunse
limpida. Sia il re che la regina avevano avuto una discussione con il
Felino
prima del ballo e nessuno sapeva cosa li aveva detto. Ma a giudicare
dalle loro
espressioni non erano buone notizie. Decisi di prendere il toro per le
corna.
“Peter, ciò
che Aslan ti ha
detto ti ha per caso turbato?” domandai a bruciapelo.
Il volto del giovane si fece
di pietra. “Aslan…ha voluto solo farci presente
che non tutto è stato risolto.
C’è ancora una decisione da prendere.”
Rispose vago.
Mi lasciai sfuggire un
sospiro di sollievo. Mi ero aspettata nuovi nemici
all’orizzonte o altre
catastrofi imminenti, invece la situazione sembrava più rosa
del previsto. “Ed
è questa decisione che ti angustia?” lo incalzai,
meno impensierita.
Peter annuì grave.
“Sai che
se vuoi con me puoi parlare di tutto. Magari posso aiutarti a far
chiarezza” mi
proposi immediatamente.
Il re mi regalò
un’espressione intenerita e fece scivolare la mano dalla mia
vita alla mia
guancia per accarezzarla.
“Oh Cathy, non hai idea
di
quello che Aslan…” purtroppo però non
riuscì a concludere la frase. La musica
era appena terminata quando un piccolo turbine pimpante
piombò in mezzo a noi.
“Fratellone, mi devi un
ballo da tredici secoli, ricordi?”
Lucy reclamò con voce
trillante l’attenzione di Peter. Scoppiai a ridere nel vedere
l’espressione
confusa del re biondo, confusione che la bimba non tardò a
dissipare.
“Era previsto un
ricevimento
la sera in cui ce ne siamo andati, e tu prima di partire per la caccia
mi avevi
promesso che avresti danzato con me!” gli ricordò.
Un lampo di comprensione
passò sul viso del bel giovane.
“Ma certo, e io mantengo
sempre le mie promesse” ribadì Peter tendendo la
mano alla sorella minore. “Ti
spiace Cathy?” chiese poi a me con uno sguardo di scuse.
“Sono certa che
sopravviverà
dieci minuti senza il suo cavaliere” lo rassicurò
ironica Lucy al posto mio,
suscitando altre risa da parte mia.
“Divertitevi”
gli augurai
allietata dalla scena che mi si presentava davanti: la piccola regina che
letteralmente trascinava il fratello grande il doppio di lei in mezzo
alla
pista da ballo. Avremmo ripreso la discussione in un altro momento.
Uscendo dalla pista, lanciai
un’occhiata tra gli invitati alla ricerca di Caspian, Susan
ed Edmund. I primi
due si accingevano a danzare mentre il terzo stava parlando con due
ragazzi
dall’altra parte della sala. In altre parole, erano
impegnati.
Pazienza,
mi
dissi. Mi sarei intrattenuta da sola. Lo sguardo mi cadde sulla
terrazza
deserta, in particolare su di una panchina vuota particolarmente
invitante. Mi
diressi verso quella promessa di comodità, facendo lo slagon
tra gli invitati
che si frapponevano tra me e la mia meta. Presto mi lasciai alle spalle
il
suono di un’allegra ballata e del chiacchiericcio vivace,
sostituendoli con la
quiete notturna che faceva da sottofondo allo splendido panorama della
luna circondata
dalle sue stelle simili a fedeli ancelle, come direbbe Shakespeare.
Mi strinsi nelle spalle per
ripararmi dalla brezza serale e mi misi ad ammirare il manto stellato.
Come
avevo già avuto modo di osservare, le costellazioni erano
diverse da quelle a
cui ero abituata. Gli unici due elementi celesti a me familiari erano
il sole e
la luna, presenti per qualche inspiegabile motivo anche in quella
dimensione
parallela, ma la disposizione delle stelle era totalmente differente.
Sarebbe
stato bello però imparare come loro dividevano il
firmamento, se avevano uno
zodiaco e quale mitologia si celasse dietro ogni costellazione.
Chissà quali
leggende su coraggiosi centauri e testardi minotauri, innamorate sirene
e dolci
ninfe, raccontava il loro cielo.
“Un spettacolo,
vero?”
Sobbalzai presa alla
sprovvista nell’udire una voce calda e profonda al mio
fianco. Aslan si era
avvicinato alla mia destra senza che me ne accorgessi. Mi sentii
improvvisamente tesa, come sempre quando ero al suo cospetto, ma
fortunatamente
ero molto meno agitata rispetto alla prima volta che lo avevo visto. Il
mio
cuore non aveva accelerato il battito e mi sentivo perfettamente
padrona di me
stessa.
“Si, è
meraviglioso”
concordai, tornando a scrutare il cielo. “Mi dispiace solo
non poter riconoscere
alcuna costellazione”.
“Forse posso esserti
utile”
si propose il maestoso felino. “Vedi quel gruppo di sei
stelle, poste due in
alto vicine, due sotto in verticale e altre due in
orizzontale?”
Seguii la traiettoria del
suo sguardo. “Si, le vedo”.
“Quella è la
costellazione
di Daren, un minotauro che con il suo sacrificio riuscì a
salvare il suo
villaggio dall’assalto di briganti, affrontandoli da solo per
dare il tempo ai
suoi compaesani di prepararsi a respingerli.” La sua voce era
possente,
vigorosa, eppure antica, tanto che sambrava provenisse da
un’epoca lontana, e
non accanto a me. La voce di chi aveva visto tante, forse troppe cose,
ma che
grazie alla sua forza d’animo non si sarebbe mai stancata di
vederne altre.
“Mentre quelle quattro stelle particolarmente luminose che
formano un quadrato,
formano la costellazione degli Amatores” proseguì
indicandomi con il muso
dorato un punto alla mia sinistra “narra la triste storia
della ninfa Dalia e
di suo fratello Loren, colpevoli di essersi innamorati di due fratelli
mortali,
rispettivamente il giovane Matthew e la bella Clarissa. I quattro
ragazzi erano
consapevoli che il loro amore era proibito dalle leggi che
all’epoca vigevano
tra le ninfe sui rapporti con altre razze, e del problema dovuto al
fatto che
le ninfe sono immortali, ma tuttavia il loro sentimento era
così grande che non
solo trasgredirono alla ninfa, allora regina, Drusilla e alle sue
disposizioni,
ma compirono una magia antica quanto potente, quella dello scambio di
essenze.”
Era un abile narratore, conciso ma poetico, e la sua storia era
ammaliante. Ero
incantata dalle sue parole come una bimba che pende dalle labbra della
mamma
per sentire come finisce una fiaba nuova ed emozionante. “Le
due giovani innamorate
avevano deciso infatti di scambiarsi la loro essenza, ovvero la loro
natura,
così che Dalia sarebbe divenuta una ragazza mortale mentre
Clarissa un’eterna
ninfa e avrebbero potuto condividere la loro vita con i rispettivi
amati. Drusilla
lo venne a sapere e colta dall’ira compì una
terribile vendetta.” La mia mano
scattò istintivamente al petto, presagendo la triste piega
che la storia stava
per prendere. “Compì lo scambio di essenza anche
su Matthew e Loren, riportando
il problema dell’immortalità tra le due coppie di
amanti, ma non contenta
scagliò una malattia incurabile a Loren e Dalia per la loro
trasgressione alle
sue leggi. I due fratelli si ammalarono e resi mortali
dall’incantesimo usato,
morirono tra le braccia di Clarissa e Matthew in pochi giorni. Il
dolore per
quella perdita fu talmente grande che i due ragazzi rimasti soli si
tolsero la
vita subito dopo, raggiungendo i loro amati.”
“Ma è
terribile. Perché
Drusilla ha voluto a tutti i costi punirli a quel modo? Non avevano
fatto
niente di male” protestai, con le lacrime agli occhi.
“Non tutti i regnanti
sanno
essere giusti” mi rammentò probabilmente
riferendosi a Miraz, macchiatosi di
crimini ben peggiori. “Tuttavia c’è una
nota lieta alla fine della storia. Si
dice che l’Antica Magia, impressionata dalla
profondità dei sentimenti dei
giovani, tali da condurli al suicidio per amore, decise di trasformare
le anime
dei quattro ragazzi in stelle tra loro vicine, in modo che
nell’eternità del
firmamento potessero stare insieme, liberi di amarsi”.
I miei occhi si allargarono
dallo stupore e corsero ad osservare la costellazione degli Amatores.
Le
quattro stelle brillavano nel cielo scuro come le altre. Possibile che
in
realtà fossero le anime di quattro giovani? Impiegai poco a
convincermene. Se
questa storia me l’avesse raccontata la mia insegnante di
astronomia l’avrei
immediatamente catalogata come un aneddoto mitologico, ma a Narnia non
c’erano
racconti fantasiosi perché la realtà superava di
gran lunga l’immaginazione
anche della mente più fervida.
“Sono certo
però che oltre
alle stelle ci sia qualcos’altro che vorresti chiedermi, o
sbaglio?”
La domanda giunse sibillina
e inaspettata alle mie orecchie. Il mio sguardo guizzò di
nuovo verso il
felino e mi chiesi come potesse sapere dei dubbi che mi angustiavano.
Domanda
sciocca. Dopotutto è Aslan, il deus ex machina
di ogni situazione.
In fin dei conti tuttavia la
possibilità che mi regalava, per quanto inaspettata, era
d’oro. Aslan sapeva
ogni cosa, di certo avrebbe potuto illuminarmi su questioni che a me
restavano
oscure ed evitare di farmi accontentare delle spiegazioni sommarie che
mi ero
data per cercare di mettermi il cuore in pace. “Non sbagli.
Ci sarebbe qualcosa
che mi piacerebbe poterti chiedere” ammisi, incrociando le
mani sul grembo.
I suoi occhi ambrati
dall’espressione secolare mi invitarono mutamente a
proseguire.
Presi un respiro per
raccogliere le idee. Da dove cominciare?
Dal
dubbio che più mi assilla. Decisi.
“I miei interrogativi
sono
tanti, ma mentre alcuni sono semplici curiosità su mia madre
o il mio passato,
ce n’è uno che mi tormenta.” Iniziai
giocherellando con un lembo del vestito.
“Io sono una Strega Bianca da quando mia mamma mi ha fatta
riconoscere
dall’Antica Magia, ma a parte un notevole incremento dei miei
poteri non ho
notato nessun mutamento nella mia personalità, nel mio modo
di considerare la
vita, la natura e gli affetti fortunatamente”. Mi sembrava
che esprimere quel
mio timore ad alta voce rendesse la sua possibilità di
essere fondato più viva
e ciò aumentava l’agitazione nella mia voce,
facendomi parlare più
concitatamente di quanto avessi voluto. Mi fermai, cercando di
riottenere il
controllo sulla mia voce perdendomi nell’osservazione del
manto celeste. Quando
fui certa di non avere il tono simile ad una campanella, proseguii.
“Tuttavia
Jadis sembrava convinta che presto o tardi avrei cominciato ad essere
come lei
e a provare i suoi stessi sentimenti verso il mondo perché
era nel naturale
comportamento di una Strega Bianca.” Riportai lo sguardo su
Aslan, fissandolo
con occhi supplici mentre formulavo la mia domanda. “Io non
voglio divenire
come lei. Non voglio essere fredda, incapace di dimostrare il mio
affetto,
essere crudele. Non voglio. Ma ho il terrore di non poterlo evitare,
che Jadis avesse
ragione e che io sia condannata dalla mia stessa natura. Dunque per
favore
dimmi, ogni Strega Bianca deve avere il cuore di ghiaccio, è
inevitabile?”.
Il Grande Sovrano mi
soppesò
per un momento. Un lungo interminabile momento dove trattenni il
respiro,
immobile, in attesa del verdetto che mi avrebbe annunciato il futuro
nel bene e
nel male.
“Ancora una
volta” si
espresse infine “la superificiale conoscenza che Jadis aveva
dell’Antica Magia
ha decretato la sua disfatta. Tu non sei una Strega Bianca”
mi rivelò.
Arretrai col busto, come
colpita da un pugno. “Come non sono una Strega Bianca? Sono
sua figlia”
protestai flebilmente, fissandolo smarrita mentre mi sentivo come se
stessi
precipitando in un baratro sgretolato il pavimento delle mie poche
certezze.
“Ciò implica
che tu sia una
strega, ma non devi necessariamente essere membro della Magia Bianca
come lo
erano i tuoi genitori perché, contrariamente a quanto
credeva tua madre, essere
o meno una Strega Bianca non è un fattore
ereditario.” Specificò.
Ero convinta che ancora una
parola e i miei occhi sarebbero usciti dalle orbite tanto erano
divenuti
grandi. “Ma allora cosa sono?” mi costruinsi a
chiedere, anche se non ero certa
che la risposta potesse essere piacevole. Andava a finire che ero
strana e uno
scherzo della natura anche in un mondo come Narnia…
Lo sguardo del felino si
colorò di tenerezza. “C’era da
aspettarsi che Jadis non si degnasse nemmeno di
informarti su ciò che concerne il tuo popolo.” Si
lamentò.
“So che esistono altri
maghi, o per lo meno che esistevano, in una città di nome
Suavitas” protestai
irritata dalla sua affermazione sulla mia totale ignoranza. Mi sentivo
già come
una bimba alla quale bisogna insegnare ogni cosa senza che lo si
sottolineasse.
“Però non hai
idea di dove
sia, come sia organizzata e chi vi abita.” Osservò
paziente.
Colpita e affondata,
abbassai lo sguardo.
Aslan sospirò.
“Credo sia
bene comincire dall’inizio” propose guardando il
cielo, come se in esso
cercasse l’ispirazione per il suo discorso.
“Migliaia di anni fa, in
un
tempo tanto lontano che Narnia ne ha ormai perso memoria, i maghi e le
streghe
vivevano qui a Narnia, in armonia con le altre creature
magiche”. Lentamente mi
sentii trascinare dalla sua voce profonda dentro quel nuovo racconto.
Un
racconto molto diverso dal primo, poiché sapevo che narrava
la mia storia, ma
anche quella del felino, il cui sguardo non focalizzava più
le stelle
splendenti. Possibile che fosse perso nei suoi ricordi? Che avesse
visto
l’epoca di cui parlava di persona? Un’occhiata alla
sua espressione me ne diede
la conferma, poiché sembrava lontana quanto quegli anni.
“Era un tempo davvero
felice
e prospero. Narnia non aveva ancora conosciuto cosa significasse la
guerra,
ognuno viveva lavorando per il benessere proprio e comune facendo
ciò che gli
riusciva meglio e i possessori della magia cercavano di allietare la
vita dei
meno fortunati con incantesimi contro il freddo o le malattie.
Purtroppo però il
periodo di
pace era destinato a concludersi. Le creature di Narnia cominciarono a
provare
invidia verso i maghi e le loro capacità. Constatarono che
per coloro che
usavano la magia la vita era più facile. Non dovevano farsi
carico di fatiche
fisiche, per ogni incombenza quotidiana bastava un semplice gesto della
mano.
Questo comportava più tempo libero a disposizione, tempo che
poteva essere
impegnato allietandosi in svariati modi, prendendosi cura della loro
persona o
accrescendo la loro cultura. Il divario cresceva di anno in anno e i
narniani
cominciarono a guardarli con diffidenza. Non accettarono più
il loro aiuto e li
emarginarono. Quando infine i maghi cercarono di promuovere alcune
modifiche al
sistema di vita collettivo innovazioni a cui erano arrivati grazie ad
una
cultura maggiore, sperando di migliorare il loro livello di vita e di
riconquistarsi
la loro fiducia, le creature di Narnia si dimostrarono fortemente
ostili e li
imposero di andarsene dal regno in quanto non erano più ben
accetti. I maghi
restarono profondamente delusi e sconvolti da questa richiesta, non
comprendendo come potessero rinunciare a dei benefici che avrebbero
giovato a
loro. Ma mentre alcuni decisero di dimettersi alla volontà
del popolo e si
apprestarono ad andarsene non volendo entrare in conflitto, altri si
opposero e
affermarono che erano i narniani che se non li sopportavano dovevano
andarsene,
in quanto Narnia era casa dei maghi quanto delle creature magiche.
Questa fu la prima
divergenza che nacque nella cominità dei maghi, la prima e
l’ultima ma che
portò a conseguenze determinanti. I propensi ad andarsene
dimostrarono di avere
un cuore buono e puro, animato dal desiderio di fare del bene
disinteressatamente. Gli spiriti combattivi invece furono avvelenati
dal
risentimento che cominciarono a nutrire nei confronti delle creature di
Narnia.
Scoppiò una guerra. La
Prima
Guerra di Narnia. Alcuni maghi e alcune streghe decisero di prendere le
armi
contro i narniani per costringerli alla resa o all’esilio.
Furono crudeli,
spietati, scoprendo un lato oscuro che in tempo di pace non aveva avuto
modo di
emergere ma che aveva sempre albergato in loro.” Il ricordo
degli occhi freddi
di Jadis mentre sollevava lo scettro letale contro Peter mi
passò dinanzi come
un lampo doloroso. Potevo ben immaginare la crudeltà di cui
parlava Aslan. “I
maghi che invece avrebbero lasciato Narnia subito, decisero di
schierarsi a
difesa delle creature magiche, in netto svantaggio contro la potente
magia
devastatrice degli stregoni, anche se avevano chiesto il loro
allontanamento.
Fu una guerra fratricida. Il
sangue sembrava sgorgare direttamente dalla madre terra e la
diversità di
sentimenti che animava i due schieramenti di maghi fu tale che la
stessa magia
da loro usata, finora neutra, si divise in due parti.”
“La magia buona e la
maggia
cattiva” sussurrai seguendo il discorso del felino. Se prima
ero ammaliata
dalla narrazione della storia delle costellazioni, ora ero
completamente
assorbita dal discorso.
La musica lontana, gli
invitati, il castello, Peter…tutto dimenticato dinanzi alla
realtà che Aslan mi
stava descrivendo in maniera talmente coinvolgente che mi pareva di
aver
vissuto tutto ciò che lui diceva. Sentivo dentro al cuore la
tristezza e il
dolore suscitato da quella guerra, l’orrore per i sopprusi
inferti dai miei
simili a terzi e l’apprensione per quei maghi coraggiosi che
cercavano di
opporsi a tanta crudeltà.
Aslan annuì confermando
le
mie parole. “Nacque la Magia Bianca, che si piegava ai
possessori di un cuore
duro e freddo come il materiale dalla quale attingeva la sua forza, il
ghiaccio. E la Magia Rossa, usata dai cuori che ardevano accesse
dall’amore per
la giustizia e la salvaguardia della natura come fuoco,
l’elemento dalla quale
prendeva energia.”
Restai impietrita alle sue
parole. Solo la mia bocca si spalancò, segno evidente della
mia incapacità di
poter credere che in quella rivelazione risiedesse la mia salvezza.
“Tu Cathrine, hai un
cuore
portato all’amore e alla giustizia come hai più
volte dimostrato. Un cuore che
l’Antica Magia ha riconosciuto immediatamente durante la
cerimonia e che le ha
permesso di dichiararti una Strega Rossa, fatto che Jadis non aveva
previsto e
della quale non era a conoscenza, convinta che la tipologia di magia
fosse
ereditaria e non decretata dalle naturali inclinazioni di ogni
individuo”.
In un flash mi ricordai
quando, durante la cerimonia, l’Antica Magia mi aveva avvolta
in un turbine a
tratti freddo e a tratti caldo e di come, dopo numerosi passaggi, fosse
entrato
dentro di me nel momento in cui sapeva dei fiori della primavera. Un
segnale
che l’ignoranza e le troppe bugie non mi avevano fatto
cogliere.
Strega
Rossa. Sono una Strega Rossa.
Quelle due parole mi
rimbombarono in testa, insieme all’enorme significato che si
portarono dietro.
Sentii il mio cuore farsi più leggero, mentre incredule le
mie labbra si
distendevano in un sorriso sollevato.
“Ne sei certo? Quindi non
diventerò una strega crudele?”
Non sarei diventata come mia
madre. Non avrei mai smesso di amare Peter, o di nutrire amicizia e
affetto.
Non mi sarei mai comportata come Jadis. Sarei rimasta me stessa, con le
mie
idee e i miei principi. Potevo guardare al futuro senza aver paura
della mia
persona.
Anche Aslan mi sorrise,
contagiato dal mio sollievo. “Ne sono certo. Giovane
Cathrine, una persona non
può diventare crudele se non ha un cuore improntato per
divenirlo. Jadis questo
lo ignorava, convinta che poiché eri figlia di due adepti
della Magia Bianca,
saresti divenuta come lei.” mi confermò.
Avrei voluto ridere per la
felicità. Il calore che avvertivo nel petto, suscitato da
quella certezza, era
talmente grande che avrei voluto espanderlo al mondo intero gridando di
gioia.
Tuttavia un interrogativo riuscì a farsi strada nella coltre
di allegria che mi
stava offuscando.
“Ma come è
possibile che
Jadis ignorasse come agisca l’Antica Magia?”
Possibile
che la strega non avesse nemmeno sospettato
che potessi essere diversa da lei?
“È molto
più comprensibile
di quanto tu possa pensare. La scissione tra Magia Bianca e Magia Rossa
è
accaduta talmente tanto tempo fa che le sue cause sono andate perdute.
È
credenza comune che sia un fattore ereditario l’appartenere
all’uno o all’altro
tipo di magia. In più il novantanove per cento delle volte
un bimbo che ha
entrambi i genitori appartenenti o alla Magia Bianca o alla Magia Rossa
è anche
lui uno stregone Bianco o Rosso semplicemente perché da
quando nasce gli viene
impartita una determinata educazione che lo porta a nutrire gli stessi
sentimenti dei genitori e ad avere le loro stesse
convinzioni.” Mi spiegò
esauriente.
“Quindi se fossi
cresciuta
con Jadis e Ian sarei divenuta una Strega Bianca.”
La considerazione mi
fuoriuscì dalla bocca senza che riflettessi. Sapevo che
crescere con i miei
veri genitori avrebbe cambiato radicalmente la mia vita, ma ora sapevo
anche
che avrebbe cambiato me stessa. Non sarei stata semplicemente Nives,
strega
cresciuta a Suavitas conscia da sempre della sua identità.
Sarei stata Nives,
strega cresciuta a Suavitas con dubbia moralità, un cuore
poco propenso alla
generosità disinteressata e principi totalmente diversi dai
miei. Una persona
con nessun punto in comune con Cathrine Icepower.
Dovevo quindi rallegrarmi di
essere stata mandata dagli Icepower poiché il prezzo per
crescere con la mia
vera famiglia sarebbe stato rinunciare alla mia attuale
identità? La risposta
probabilmente non l’avrei mai conosciuta, perché
solo io potevo darla ma non
sarei mai stata in grado di operare una simile scelta. Ma
fortunatamente non
era necessario che lo facessi, dato che non avrebbe cambiato lo stato
attuale
delle cose.
Il Grande Felino mi
guardò
dritto negli occhi, facendomi scorrere un brivido lungo la schiena.
Sembrava mi
stesse leggendo l’anima attraverso le mie iridi azzurre,
tanto era profonda l’intensità
del suo sguardo, mentre mi parlava. “Probabilmente
si” si espresse neutro “ma
quello che importa non è ciò che sarebbe stato,
ma ciò che è stato. Il destino
ha voluto che non ti venisse concesso di crescere con i tuoi genitori,
e per
quanto questo mi dispiaccia sinceramente, specie per ciò che
hai dovuto
affrontare a Londra durante la tua infanzia, non posso fare a meno di
constatare come la loro assenza abbia avuto un effetto più
positivo di quanto
avrebbe mai potuto fare la loro presenza e spero che condividerai con
me questa
opinione.” Affermò secco, chiudendo la questione.
Tanta determinazione mi sorprese
ma annuii celere. Che si fosse irritato dalla mia semplice
constatazione? O
forse aveva intuito la mia incertezza sullo scegliere se era stato
meglio
crescere da sola ma con buoni principi o con i miei veri genitori?
Qualsiasi fosse il motivo
tuttavia non aveva più importanza. Attualmente solo su una
questione la mia
mente riusciva a fissarsi. Ero una Strega Rossa. La spada di Damocle
che
pendeva minacciosa sulla mia testa con il suo destino ingiusto quanto
infausto
era stata distrutta.
“Quindi Cate
resterà per
sempre Cate”. Rischiavo di diventare pedante ma non mi
interessava. Sentirselo
riconfermare era balsamo per le mie orecchie.
“Puoi stare
tranquilla” mi
rispose accondiscendente il leone.
Il mio sorriso si
allargò,
godendosi il suono di quella frase.
Alzai gli occhi verso gli
astri, consapevole che avrei potuto apprezzare la loro bellezza per
tutta la
mia vita con gli stessi sentimenti che provavo ora.
Se adesso però il mio
cuore
poteva stare in pace, lo stesso non poteva farlo la mia
curiosità. Il mio
presente e il mio futuro mi erano noti, ma il mio passato rimaneva da
scoprire.
“Come si è
conclusa la Prima
Guerra di Narnia?” domandai riprendendo il discorso
precedente.
“La guerra si protrasse a
lungo, finché i maghi non divennero consapevoli del danno
che con i loro poteri
stavano causando alla terra stessa. Decisero di comune accordo di
sotterrare le
ostilità, ricordando che l’inizio del conflitto
era nato a causa di terzi e non
da offese mosse tra loro. Riuscirono a riappacificarsi, anche se
ciò non bastò
a riunificare la magia da loro divisa. Lasciarono Narnia, gli Stregoni
Rossi
per rispettare la volontà delle creature magiche, gli
Stregoni Bianchi perché
convinti che i maghi dovessero avere una loro patria indipendente e
lontana da
coloro che non erano adepti della magia.” Mi adombrai
all’idea che i maghi,
alla fine dei conti, fossero stati indotti ad abbandonare Narnia per
l’invidia
e la diffidenza degli altri. Non ero d’accordo con i metodi
utilizzati dai
Maghi Bianchi per obiettare, ma potevo ben comprendere il loro sdegno.
Li
avevano da sempre aiutati come più potevano, e la loro
disponibilità li aveva
condotti ad essere cacciati dalle loro case. Possibile che persino un
mondo
come quello di Narnia non fosse esente dalla discriminazione?
“Andarono a
Suavitas?”
chiesi.
Aslan annuì.
“Viaggiarono a
lungo, attraversarono la Pianura Sempreverde a nord del Bosco Fosco
fino a
superare le Montagne Rocciose ad est. Oltre la catena montuosa
trovarono una
terra florida e dal clima favorevole ad ospitare un popolo. Fondarono
Suavitas,
inizialmente un agglomerato urbano di medie proporzioni, ma che divenne
sempre
più grande con il passare degli anni, sino a diventare un
regno poco più
piccolo di Narnia stessa.”
I miei occhi si spalancarono
dallo stupore. Avevo pensato che Suavitas fosse stata unicamente una
città e
che magari ce ne fossero state altre abitate da soli maghi, non avevo
mai
immaginato potesse essere stato un regno così vasto!
“Ma esiste
tutt’oggi?” mi
informai accesa di speranza.
“Si. È un
regno lontano, di
cui praticamente nessuno sa l’esistenza poiché
dopo la guerra si sono persi
totalmente i contatti con i maghi, ma esiste ed è una terra
meravigliosa a mio
parere.”
Respirai riempiendo i miei
polmoni di eccitazione e desiderio di sapere ogni cosa possibile su
quel regno divenuto
improvvisamente reale e non più un’utopia, un
luogo con una precisa
collocazione geografica e non evanescente. Improvvisamente diventava un
regno
vero e non solo una parola vargata sulle pagine di un vecchio diario.
“Raccontami qualcosa su
Suavitas, perfavore” lo supplicai, gli occhi che brillavano
mentre cercavano di
immaginarsi quale terra fantastica potesse essere
“Com’è organizzata?
Com’è chi
vi abita? Come sono le case, le abitudini, i vestiti, le
persone?” lo incalzai
euforica.
Il Sovrano Supremo rise del
mio entusiasmo, sinceramente divertito. “Calma, calma giovane
Cathrine, come ho
già detto risponderò ad ogni tua
domanda” mi rassicurò. Alzò lo sguardo
al
cielo, raccogliendo le idee prima di cominciare. “I
possessori di Magia Bianca
e quelli di Magia Rossa, pur avendo modi diversi di percepire e
apprezzare il
mondo attorno a loro, concordarono che dovevano restare uniti se
volevano
fondare un regno forte. Devo dire che riuscirono nel loro intento,
poiché la loro
convivenza pacifica dovrebbe essere presa ad esempio dalla maggior
parte delle
comunità, Narnia compresa. Il senso di appartenenza ad una
razza comune, quella
dei seguici della magia, riuscì a farli superare ogni altra
differenza, più o
meno grande. Anzi, i maghi delle due frazioni si rispettavano a
vicenda, anche
se avevano punti di vista e preferenze dissimili. L’unica
regola alla quale
bisognava sottostare era che nessuno si poteva permettere di criticare
o
attaccare l’altro, regola che fu sempre rispettata, sino ad
oggi.”
Senso di appartenenza?
Unione? Rispetto? Parole che stridevano con l’immagine che
avevo di Jadis. Se
mia madre rappresentava la comunità dei Maghi Bianchi,
dubitavo che gli
Stregoni Rossi fossero mai riusciti a costruire qualcosa in pace con
loro. Il
racconto di Aslan non reggeva.
“Mi è
difficile credere che
delle persone così diverse come i Maghi Bianchi e i Maghi
Rossi possano
condividere la stessa terra senza andare gli uni contro gli altri. Sono
certa
che Jadis non avrebbe mai retto una simile convivenza”
obiettai alzando
scettica un sopraciglio.
Il Grande Felino però
scosse
lento la criniera fulva. “Hai ragione su Jadis, tua madre
infatti se ne andò
dal regno appena le fu possibile, non sopportando quel clima pacifico e
liberale, e andò in cerca di un paese da modellare secondo
le sue esigenze
anche con la forza.” Mi rivelò alludendo alla sua
conquista di Narnia. “Ma sei
in grave errore se pensi che tutta la comunità dei Maghi
Bianchi abbia le
stesse qualità che contraddistinguevano Jadis. La
popolazione dei maghi non
vide più alcuna divergenza da dopo la Prima
Guerra.” Ribadì con fermezza.
“Ma hai appena detto che
ciò
che differenzia i Bianchi dai Rossi è la loro
crudeltà” obiettai confusa.
Sentivo che mi stava per arrivare un gran malditesta.
“È vero, ma
non è una
crudeltà sempre manifesta, che applicano alla vita
quotidiana. È una crudeltà
che si rivela se stimolata, come quando i narniani li hanno cacciati.
Certamente
non è nella loro indole compiere atti di
generosità disinteressata,
preoccuparsi per il prossimo a meno che non faccia parte della loro
famiglia.
Sono scaltri, non brillano per sincerità e non sanno
apprezzare il fiorire
della natura. Non esitano ad approfittarsi degli altri, ad avere la
meglio
nelle dispute, sono egoisti ed egocentrici, l’unica cosa che
può essere messa
sopra il loro bene personale è il bene del regno grazie alla
grande
considerazione che hanno per la loro stirpe. Ma sanno vivere civilmente
accanto
ai Rossi, per i quali hanno un grande rispetto, collaborano per la
prosperità
di Suavitas e rispettano le leggi.” Li descisse accurato.
“Jadis era feroce e
spietata anche per gli standard della sua schiera. Bramava il potere,
amava
comandare e sovrastare il prossimo, desideri solamente suoi, non
derivanti
dalla sua razza.” Aggiunse con tono pacato, inclinazione
però che non rese meno
dolorosa il quadro che aveva fatto di mia madre. Gli aggettivi che
Aslan le
aveva attribuito erano tutti veri e ciò mi faceva male, ma
cercai di tener ben
presente che il felino non sapeva che quel ritratto calzava solo su una
delle
due faccie di Jadis. Era il profilo di Jadis Strega Bianca, non della
Jadis
madre che ero riuscita a scorgere brevemente di persona e poi
approfondire con
i suoi diari. Ma non dissi una sola parola per riscattarla. Ero conscia
che
sarebbe stata una causa persa tentar di far vedere Jadis ad Aslan sotto
un’altra luce. Non ci ero ancora completamente riuscita con
Peter, il quale
l’aveva odiata per vent’anni, ovvero pochi secondi
rispetto ai secoli di rancore
che doveva provare il leone. Mi limitai quindi ad usare quella mia
consapevolezza per lenire la ferita riaperta dalle sue parole.
“Quindi vivono in
armonia.”
Tirai le fila di quella lunga parentesi. “E come vivono?
C’è un re, una regina,
un governo…” chiesi cercando di chiudere
definitivamente il discorso
precedente.
“La loro è una
comunità
molto avanzata. Potendo utilizzare la magia, per accrescere la loro
cultura
poterono anche viaggiare attraverso il tempo e lo spazio, venendo a
conoscenza
del mondo terrestre, quello dove sei cresciuta tu”
proseguì.
“Andarono sulla
Terra?” la
domanda era retorica considerando che il re era stato chiaro, ma il mio
stupore
era tanto grande che non potei trattenermi.
Mi diedi subito della
stupida. Era ovvio che potessero attraversare i varchi temporali,
dopotutto
erano maghi, eppure finora avevo considerato quel viaggio una
prerogativa
unicamente di Aslan e di Jadis, vedendo la creazione di un passaggio
come un
qualcosa di eccezionale e pericoloso, una magia potente da utilizzare
solo in
caso di necessità. Invece a quanto sembrava era una pratica
relativamente
comune. Come i londinesi andavano al mare per le vacanze, i maghi
andavano in
un mondo parallelo. Tutto normale…
“Molte volte. Erano
affascinati da un mondo privo di magia così diverso dal
loro. consideravano i
figli di Adamo e le figlie di Eva creature particolarmente ingegnose
poiché
erano riusciti ad assolvere alle loro esigenze unicamente sfruttando
l’intelligenza.
Rimasero particolarmente colpiti dalla letteratura, dalle tradizioni e
dalle
molte correnti di pensiero che nacquero nel corso dei secoli, tanto da
adottarne alcune. Integrarono molti libri terrestri con quelli loro
nelle
biblioteche e istituirono il loro governo unendo insieme il meglio
delle molte
forme di potere che erano state pensate.” Ad ogni sua parola
sentivo crescere
un senso di appagamento. Sapere che il mondo alla quale appartenevo e
il mondo
dove ero cresciuta non erano poi così distanti e
inavvicinabili come avevo
creduto mi allietava. Non dovevo rinnegare le mie origini per
abbracciare la
mia identità di strega.
“Divisero il regno in
contade” continuò Aslan “ognuna
governata da un sindaco elettivo che poteva
essere deposto in ogni momento se il popolo non fosse stato soddisfatto
del suo
operato. Il sindaco aveva, e ha tuttora, il compito di adoperarsi
affinché le
richieste dei cittadini vengano esaudite e deve supervisionare il
benessere
della sua area di competenza. Non ha il potere di emanare leggi,
né di imporre
tasse. Può unicamente proporle se gli sembrano necessarie,
ma la decisione
finale la prende la maggioranza durante il consiglio cittadino che ogni
mese si
riunisce. Infine annualmente deve recarsi a Corusca, la capitale del
regno dove
ha sede il Concilium Rei Publicae, nel quale si discutono le esigenze
di
Suavitas e quelle delle specifiche regioni.”
Dire che rimasi affascinata
dall’organizzazione della mia patria era un eufemismo. Se la
teoria era
rispettata fedelmente, Suavitas avrebbe superato per efficienza e
armonia la
patria ideale di Thomas More.
“Sembra un regno
splendido”
sussurrai, provando l’ardente desiderio di visitarlo con i
miei occhi.
“Lo
è” confermò il sovrano.
“I maghi sono una popolazione molto avanzata.
L’ignoranza è stata sconfitta
totalmente da millenni e la loro pari ed eccellente istruzione
è il principale
motivo per cui non ci sono né criminali né
ingiustizie. Non ci sono sovrani
superiori e sudditi inferiori come poteva accadere nel MedioEvo
terrestre, ci
sono solo persone alla quale viene accordato il permesso di
rappresentare la
volontà comune per facilitazione organizzativa, ma sono solo
degli attori che
recitano il volere popolare. Le decisioni vengono prese tutti insieme
ed ognuno
viene rispettato e valorizzato in quanto individuo pari a chiunque
altro.” Si
fermò un secondo prima di aggiungere. “Tuo padre,
se non sbaglio, era una di
queste persone.”
“Si, era uno dei membri
del
Consilium…” mi bloccai, rendendomi conto solo
allora di un particolare. Un
dettaglio che prima, quando avevo nominato Ian e il felino non aveva
dato segni
di stupore mostrando invece di conoscerlo, era passato in sordina ma
che ora
reclamava la mia attenzione. Aslan sapeva di mio padre.
“Come conosci Ian
Caerphilly?” chiesi, più brusca di quanto
desiderassi essere.
Fortunatamente il sovrano
soprasedette sul mio tono, limitandosi a fornirmi la risposta.
“Jadis è
riuscita a nascondermi la tua esistenza per milletrecento
anni.” Disse,
prendendo il discorso da lontano. “Non avevo mai minimamente
sospettato potesse
avere una figlia, è stata incredibilmente abile a
nascondermelo.” I suoi occhi
secolari si posarono su di me, inchiodandomi per la loro
intensità. “Ti prego
di credermi se ti dico che se avessi saputo di te, ti avrei cercata
appena
finita la guerra per crescerti qui a Narnia. Mi spiace per la
solitudine di cui
hai dovuto soffrire a Londra. Mi sarei preso cura di te se solo ne
avessi avuto
l’opportunità.” C’era tanta
dolcezza nella sua voce che non dubitai un solo
istante della veridicità delle sue parole. Sentii gli occhi
bruciarmi, segno
che le lacrime erano pronte per scendere, suscitate dal calore che mi
aveva
invaso il petto per la confessione del felino, ma riuscii a ricacciarle
indietro dicendo a me stessa che non era il momento giusto per
piangere. La mia
stima e il mio affetto per Aslan aumentarono, come anche il mio senso
di colpa
ripensando a come ero stata pronta ad accusarlo di ogni sciagura di
Narnia. Era
stato pronto a crescermi… esattamente come aveva temuto
Jadis.
L’avrebbero
cresciuta come loro alleata, insegnandole
ad odiarmi e celandole le sue origini per servirsi della magia che
certamente
avrebbe ereditato. Le parole della
strega mi si riproposero prepotenti dimostrando che almeno su quello
aveva
avuto ragione. Ma sarebbe stato un male? Per Jadis ovviamente si,
avrebbe visto
sua figlia crescere sotto gli ideali di Aslan, uno dei suoi peggiori
incubi. Ma
per me? Sarei diventata grande a Narnia, avrei avuto vicino qualcuno
che mi
insegnasse ad apprezzare e controllare i miei poteri. Qualcuno che non
mi
tacciava come diversa, qualcuno che mi voleva bene. Avrei avuto
un’infanzia
felice e senza rinunciare ai miei ideali attuali.
Desideravo rendere Aslan
partecipe di quelle riflessioni, ringraziarlo quanto meno, ma non
riuscivo ad
aprir bocca. Tuttavia dal sorriso appena accennato che mi rivolse,
compresi che
aveva intuito perfettamente i miei pensieri dai miei occhi lucidi.
“Purtroppo
però ne sono
venuto a conoscenza solo poco tempo fa, quando tua madre ti ha
contattata dal
limbo dove era rinchiusa.” Riprese il discorso, riportando la
mia attenzione al
presente. “Aprire un varco temporale dal limbo richiede
un’energia talmente
grande che è impossibile non percepirla nell’aria
e nella natura, per chi ha
orecchie per ascoltare.” Mi spiegò conciso.
“Seguendo la meta della sua magia,
ho capito con chi cercava di mettersi in contatto. Appena ho visto che
eri una
strega, ho compreso chi fossi e che dovevo tenerti lontana da Jadis.
Per questo
interrompevo i tuoi discorsi con lei e sempre per questo ho deviato la
direzione del varco temporale che ti ha condotta
qui…”
“Ecco perché
sono capitata
nella radura vicino a dove era di pattuglia Peter e non c’era
Jadis!” lo
interruppi presa dalle mie conclusioni.
“In realtà
avrei voluto
direzionarti direttamente alle rovine, ma ho dovuto cambiare rotta
velocemente
e lottare contro la magia di Jadis, così ho potuto solo
evitare che ti portasse
al Palazzo di Ghiaccio e condurti dove sapevo avresti presto o tardi
incontrato
i Pevensie” precisò.
Ed ecco
spiegato perché non avevo incontrato nessuno
ad attendermi oltre il varco a parte alberi e ancora alberi. Considerai tra me e me.
“Ma questo cosa
c’entra con
Ian?” riportai la discussione sul suo punto cruciale.
“Una volta assicuratomi
che
fossi al sicuro sotto la protezione del giovane Peter, mi sono
informato su di
te, su quando Jadis ti aveva avuto, con chi e come era riuscita a
celarlo.
L’Antica Magia mi ha aiutato, conducendomi a Suavitas e
parlandomi di Ian
Caerphilly, tuo padre.” Riassunse brevemente quella che
invece doveva essere stata
una lunga ricerca nel passato.
Ero incredula che Aslan
fosse riuscito a reperire informazioni su di una persona vissuta
milletrecento
anni fa. Io ero venuta a conoscenza di mio padre solo grazie ai diari
di Jadis,
una fonte diretta, ma il felino era stato capace di apprendere
ciò che gli
interessava senza aiuti esterni. O meglio, con il solo aiuto della sua
immensa
conoscenza dell’Antica Magia. Forse avrei dovuto rassegnarmi
e smettere di sorprendermi
all’apparizione del primo minotauro, ne avrei guadagnato
certamente in salute.
Oramai avrei dovuto comprendere che a Narnia i fatti andavano
semplicemente
accettati così come venivano esposti, senza doverci
ragionare su o farli
rivenire a qualche logica pragmatica.
“Sai cosa gli
è successo
dopo che Jadis se ne è andata?” domandai
lasciandomi alle spalle lo stupore.
Aslan annuì con il capo
dorato. “L’abbandono della Strega Bianca lo
distrusse. Non si diede pace per
molte lune, passò più di un anno a girare per
tutto il regno, di città in città
alla vostra ricerca.” Il mio cuore si strinse al pensiero di
quanto dolore,
seppur inconsapevole, gli avevo causato. L’unica colpa di Ian
era stata quella
di averci amato e per questo era stato punito venendo privato della
futura
moglie e della figlia neonata senza preavviso. Non osavo neppur
immaginare
quanto avesse sofferto. “Solo quando alla fine si arrese,
riuscì a passare
oltre il dolore e la delusione, ma ci vollero altri tre anni prima che
riuscisse a ricostruirsi una vita e si innamorasse di
un’altra giovane strega,
una Strega Bianca di nome Eilein, con la quale ebbe un bambino di nome
Erold.”
Posai i miei occhi azzurri
in quelli ambrati del leone, la morsa che un poco si allentava.
“E dopo è
riuscito ad essere felice?” chiesi timorosa della risposta.
“Non vi ha mai
dimenticate,
ma alla fine è riuscito ad vivere felice anche con il vostro
ricordo.”
Sospirai un poco sollevata.
Sapere che l’atto meschino di Jadis non lo aveva rovinato per
sempre mi faceva
stare meglio. Da quello che mia madre aveva scritto, Ian era un
brav’uomo. Si
meritava la felicità che solo un amorevole focolare
domestico può dare. Infine
era riuscito a costruirsi una famiglia, con una moglie degna, un
figlio… solo
in un secondo momento realizzai che quel bimbo per me senza volto, del
quale
conoscevo solo il nome, era mio fratello. Mi sarebbe piaciuto poterlo
conoscere, sapere se anche lui avesse ereditato i capelli rossi di
nostro
padre. Da figlia unica, cresciuta in una casa tanto grande quanto
vuota, spesso
avevo desiderato la compagnia di una figura della mia età,
capace di
comprendermi. Un fratello o una sorella. Mi consolai pensando che
almeno uno
dei due Caerphilly aveva avuto una bella infanzia.
“Credo di averti
trattenuta
sin troppo giovane Cathrine. I tuoi interrogativi sono stati tutti
risolti e
qualcun altro reclama giustamente la tua attenzione”.
Aslan interruppe la catena
dei miei pensieri. Mi voltai a guardarlo confusa dalle sue enigmatiche
parole
ma il sovrano fissava un punto alle mie spalle. Seguii la sua
traiettoria,
verso l’uscio della porta finestra. In piedi, appoggiato alla
cornice
dell’apertura, Peter stava silenziosamente chiedendo il
permesso ad Aslan per
interromperci.
Sorrisi spontanea al suo
indirizzo. Avevo l’impellente necessità di
riportargli la discussione avuta con
il Supremo Sovrano, dovevo dirgli che non ero una Strega Bianca,
narrargli di
Suavitas…
Aslan si congedò,
attraversando il balcone con pochi passi. Per un attimo credetti di
cogliere
uno sguardo d’intesa tra i due sovrani prima che Peter si
inchinasse al passaggio
del felino, ma passò così in fretta che
probabilmente lo immaginai soltanto.
Il biondo mi fu subito
accanto ed io lo accolsi gettandogli le braccia al collo, esternando il
mio
stato d’animo.
Ero felice. Tanto felice.
Per la prima volta in vita mia non avevo più domande, dubbi
su di me, sul mio
passato. Sapevo quali erano le mie origini, quale era la mia vera
natura, le
mie capacità. Sapevo perché ero cresciuta a
Londra e non a Narnia.
Sapevo chi ero.
“Oh Peter, non hai idea
di
cosa mi abbia detto Aslan, non sono una Strega Bianca!” quasi
trillai.
Lo sguardo confuso del
ragazzo unito al sorriso spontaneo che era nato contagiato dal mio
entusiasmo,
mi fecero ridere divertita.
“Come scusa?”
domandò.
D’accordo, forse la mia
frase era stata un poco disconnessa. Lo invitai a sedersi alla panchina
ed iniziai
a raccontargli ogni cosa. Lo misi a parte della Prima Guerra di Narnia,
della
migrazione dei maghi, del loro scisma interno e del regno che avevano
fondato.
Come avevo pensato, Peter non aveva mai saputo l’esistenza di
un regno di soli
maghi, e la notizia lo conquistò. Era ammirato dalla loro
organizzazione e si
domandava come fosse possibile che non fosse rimasta traccia a Narnia
della
loro presenza. Infine gli dissi la novità più
grande, quale era la mia vera
natura. Giunti a questo punto però non mostrò la
felicità che ero certa di
suscitare, la stessa che invadeva me.
“Non sei contento che non
sia una Strega Bianca?” lo incalzai, quasi irritata per la
sua scarsa
emotività. Possibile che mentre io avrei voluto urlarlo al
mondo intero, lui sembrasse
del tutto indifferente?
“Sono contento che tu sia
contenta della notizia” rispose serafico.
Scossi la testa, non
comprendendolo. “Ma vuol dire che non diventerò
come Jadis, che non sarò mai
crudele o un pericolo per Narnia” insistetti, corrucciando la
fronte.
Il sorriso sghembo che mi
rivolse però era talmente bello che le rughe sulla mia testa
presto si
appianarono contro la mia volontà.
“Cathy, Strega Bianca o
Rossa non ho mai pensato solo per un secondo che tu potessi diventare
diversa
dalla meravigliosa ragazza che sei ora. Capisco che per te sia
importante saperlo,
ma a me non è mai importato cosa fossi. Ti amerei anche se
scoprissimo che in
realtà sei una sirena, dovresti saperlo.”
La sua risposta lo
condonò
completamente dalla sua poca partecipazione alla novità. Ero
conscia che la mia
espressione stava per divenire languida, così gli andai
incontro per posargli
un bacio a fior di labbra, giusto per darmi il tempo di ricompormi. Una
volta
però che la sua bocca si accostò alla mia, quello
che doveva essere un semplice
casto bacio, divenne subito più profondo. Peter prese il mio
viso tra le mani e
lo avvicinò a sé con un’esigenza che
gli avevo sentito poche volte prima.
Tutte volte dove stava per
succedere qualcosa di spiacevole.
Un campanello d’allarme
suonò nella mia testa mentre mi ricordavo
dell’occhiata di intesa tra lui e
Aslan, della discussione misteriosa che aveva avuto con il felino e
della
turbata espressione che aveva mantenuto per tutta la serata.
Che ha
mantenuto anche mentre gli raccontavo di
Suavitas,
mi resi conto riflettendo.
Mentre parlavo non vi avevo fatto caso, ma ripensandoci
un’ombra aveva sempre offuscato
il suo sguardo per tutta la conversazione.
Facendo appello a tutta la
mia volontà, che in quel momento rasentava lo zero, mi
separai da lui e dalle
sue labbra morbide, poggiandogli una mano sulla spalla.
Nei suoi occhi vidi la
conferma dei miei timori. Erano un mare in tempesta e il suo controllo
stava
naufragando. Mi sentii mancare il respiro. Sapevo che solo qualcosa di
veramente importante poteva turbarlo così tanto, ma cosa?
Gli scostai una ciocca
bionda dalla fronte e ridiscesi fino a poggiare la mano sulla sua
guancia.
“Peter, posso sapere cosa
succede? C’è qualcosa che devi dirmi?”
chiesi cercando di mantenere calmo il
tono di voce. Qualunque cosa fosse, i miei nervi dovevano restare
saldi, solo
in questo modo avrei potuto essergli utile.
“Avrei voluto dirtelo a
fine
festa, per farti passare una serata piacevole, ma non credo di riuscire
a
nascondertelo oltre, perdonami.” Si scusò,
guardandomi addolorato.
“Cosa mi stai
nascondendo?” scandii,
preparandomi mentalmente al peggio. L’euforia provata prima
era scomparsa,
scalzata prepotentemente dal senso di inquietudine che le ambigue
parole di
Peter mi avevano causato. Qualcosa di molto spiacevole era alle porte,
lo
vedevo riflesso nei suoi occhi. La mia, anzi, la nostra pace stava per
essere
nuovamente messa a rischio. E pensare che solo pochi minuti fa ero
convinta di
averla finalmente raggiunta! Possibile che prima avessi goduto solo di
una
felicità illusoria? Che dietro la spensieratezza e i buoni
auspici di quel
ballo si nascondesse un dolore imminente?
“Ho parlato con
Aslan”
incominciò senza farsi pregare ulteriormente. Era chiaro che
non riusciva più a
trattenersi, che aveva bisogno di parlarmene, di qualunque cosa si
trattasse. Se
aveva taciuto fino adesso era realmente solo per amor mio.
“E
quindi…?” lo incalzai.
“Ha detto a me e a
Susan…”
si interruppe. Abbassò lo sguardo e trasse un profondo
respiro prima di
continuare. La mia agitazione aumentò. Cosa doveva dirmi di
così difficile?
Sembrava che ogni parola gli procurasse una fitta al petto.
“…che il nostro
tempo è scaduto.”