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Autore: 68Keira68    15/03/2011    5 recensioni
Non ti accadrà niente, io ti posso giurare che non sarai mai più sola per davvero. Attraversa il varco e sarai protetta."... Volevo scoprire la verità e se il mio destino era dietro quella sfera, l’avrei afferrato senza altre esitazioni. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, dopodiché avanzai decisa all’interno del varco. Una ragazza con speciali e unici poteri magici cerca di vivere la sua esistenza nel nostro mondo, sentendosi perennemente isolata ed emarginata a causa delle sue capacità, finché un giorno le voci di due figure sconosciute, un leone e una donna, la invitano ad entrare nel loro mondo per non sentirsi più sola e per scoprire la verità che le era stata nascosta da sempre. La giovane accetta senza sapere le enormi conseguenze che avrà il suo gesto su tutti gli abitanti di Narnia, primo tra tutti il re Peter Pevensie, che incontra in circostanze burrascose ma con il quale instaurerà un legame dolce quanto pericoloso. In una Narnia già in lotta con il tiranno di Telmar, un nuovo male, proveniente direttamente dagli incubi più reconditi di ogni abitante magico, tornerà dal suo limbo più potente e assetato di vendetta che mai. NB: La storia segue gli eventi del secondo film e ci sono tutti i personaggi, anche se i principali sono Peter, Caspian, un nuovo personaggio e una vecchia conoscenza^^
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Aslan, Caspian, Jadis, Peter Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cappy21 Ma salveeee!!!!! Tataratatà: sono finalmente arrivata a pubblicare questo cappy anche se ormai cominciavo a disperare. L'avrò riletto mille volte, nn ero mai convinta che andasse bene, ma alla fine ho deciso che era meglio rimettermi al vostro giudizio e sperare di aver fatto del mio meglio :-) Dunque, ormai siamo quasi giunti alla fine, manca solo un capitolo + il prologo e qst ficcy sarà finita. Mi viene tanta tristezza se ci penso, è un anno e mezzo che lavoro a questa storia (lo so, me ne rendo conto, sono di una lentezza infinita a scrivere, ma ormai ve ne sarete accorti da soli, sorry!), ma il congedo per ora ve lo risparmio, ve lo conservo per l'utlimo capitolo (ma anche no, direte voi, e avete tutte le ragioni, ma sono sentimentale quindi qualche parola nel mio piccolo angolo dell'autrice purtroppo mi sa che la dovrete subite!). Parlando di cosa più allegre e attuali, abbiamo lasciato i nostri beniamini usciti vittoriosi dallo scontro con Telmar grazie all'intervento di Aslan ed esattamente da lì comincia questo nuovo capitolo. Lo scorso brillava molto poco per originalità dato che riprendeva da vicino gli avvenimenti del film, con questo però sono felice di dire che, a parte la primissima parte, tornano le novità e i colpi di scena. Le ultime domande verranno a galla con le rispettive risposte e spero sarete soddisfatti. è uno dei capitoli alla quale tengo di più proprio per la sua parte delucidativa che ho lasciato appositamente per il finale, spero solo che le sorprese saranno gradite :-) e che mi farete sapere cosa ne pensate^^ Vi lascio alla lettura, un grande bacio!

Ringraziamenti:
 
Freddy Barnes: Ciao bella! Don't worry, sono felice che i cappy 18 e 19 ti siano piaciuti e che tu abbia recensito il 20, grazie :-)! Sono contenta che il cappy abbia avuto successo anche se era poco orginale ;-), con qst però si cambia registro e la farina torna ad essere per la maggior parte del mio sacco (per quanto può esserlo una ficcy ovviamente hhihihi^^). Concordo con te, Susan è proprio fortunata, però personalmente continuo a preferire Peter
, il biondo paladino della giustizia  (immagino che nn si sia minimamente notato dal mondo in cui lo descrivo nella storia, nu nu >.>!). La parte dove Aslan e Cate risvegliano insieme la foresta è nata da un'idea improvvisa, quindi sn felice che sia piaciuta :-), come anche quella di Cathy che si difende dal telmarino (lì era il mio femminismo a scrivere...!). Non hai idea di quanto mi faccia felice sapere che questa fan fiction ti piace tanto, davvero, grazie :-) purtroppo però si avvicina la fine, anche se mi dispiace . Spero solo di riuscire a scrivere un degno finale per i protagonisti :-) Fammi sapere cosa pensi di questo penultimo cappy cara :-) un bacione grande e ancora mille grazie ^^!!!!!

ranyare: Ciao cara! Sono felicissima di leggere la tua recensione e ancora di più nel sapere che gli ultimi due cappy ti sono piaciuti^^! No, non ho letto i libri di Narnia, mi sn fermata ai film, ma nei libri racc qualcosa sul passato della strega :-)? Perchè purtroppo il film la lascia nel mistero! Cmq incredibile ma vero anche il ghiacciolo un po' di calore lo ha provato, ho pensato fosse più giusto che un personaggio dello spessore psicologico di Jadis avesse anche un altro lato, nn solo la facciata della Regina di Ghiaccio sadica, secondo me nn era realistico che si limitasse a fare la parte della super cattiva! Non so come ringraziarti per quello che mi hai scritto, sapere che la mia fan fiction è riuscita a suscitarti quelle emozioni è il più bel complimento che potessi farmi, davvero grazie**! Spero che anche qst cappy riesca a renderti così partecipe! Hai fatto bene a dirmi dell'errore, grazie :-) così posso correggere la svista XD,  (nn che io abbia confuso i nomi perchè durante il film ero più concentrata su Peter e Caspian, no no, sia mai hihihihihi!!) . Non vedo l'ora di sapere la tua opinione su qst  capitolo, specie sulla sua penultima parte :-) grazie ancora e un bacio grade grande!

bex:  Ciau!!! Tranquilla, ti capisco benissimo x gli esami, io sn ancora in quarta liceo ma già qui trovare un po' di tempo libero è un'impresa epica! Però grazie per aver trovato il tempo pe commentare la mia storia :-) e davvero grazie infinite per apprezzarla così tanto!! Nn hai idea di come sia felice nel sapere che sono riuscita a trasmettere delle emozioni, poiché questo secondo me è lo scopo principale di una storia, quindi glasie glasie glasie! Concordo con te sul fatto che Peter sia fantastico, bello, eroico, onesto, intelligente e dolce, cosa può desiderare una donna di più? *ricorda mentalmente a se stessa che il buon re è una finzione letteraria* *si dice che ha ragione* *alza le spalle e decide di continuare ad ammirarlo lo stesso* hihihi, ok a parte il piccolo sclero, sono contenta che anche la battaglia e il risveglio di Narnia siano piaciuti ^^ spero che anche qst cappy ti piaccia, ci sn un bel po' di novità e colpi di scena, nn vedo l'roa di sapere cosa ne pensi! Un bacione e grazie ancora!

Niji_Shoku no Yume: Ciao bella! Dunque: 1) nn sapevo che i titoli dei capitoli piacessero così tanto, anzi delle volte nn so cosa farmi venire in mente, quindi grazie!! 2) si le frasi le ho inventate io, la prima in particolare è tratta dal capitolo 8 "Quello che posso e non posso essere" :-). Sono felice che la metafora di Susan sia piaciuta e ancora di più che sia riuscita a far comprendere i suoi sentimenti, che trovo più difficili da trattare rispetto agli altri a causa del carattere del personaggio, e che sia trasparita l'ansia generale per la battaglia. Quella di trasmettere le emozioni dei personaggi è sempre la parte più complicata  e sapere che ci sn riuscita mi fa davvero felice, grazie!!! Devo ammettere che per un attimo ho pensato di far partecipare Cathy alla battaglia, ma ho scartato quasi subito l'idea. Cate è dopotutto una ragazza dei nostri giorni, nn è un soldato, nn avrebbe nemmeno avuto la capacità e la prontezza per buttarsi nella mischia e poi avrebbe fatto l'effetto da supereroina come dici giustamente tu e non era proprio il caso, però ho pensato che sapendo i suoi amici in pericolo nn se ne sarebbe nemmeno stata con le mani in mano, quindi farla agire a distanza mi è sembrato un giusto compromesso!  Grazie infinite per apprezzare tanto la storia e per tutti i tuoi complimenti, grazie davvero! Spero di leggere presto cosa ne pensi di qst cappy e che ti piaccia! Un bacio grandeee!!!! P.S. Scusa la curiosità ma posso chiederti cosa significa il tuo nuovo nick? Cmq suono davvero bene :-)! E tranquilla nn sei pazza ad ascoltarti la soudtrack mentre leggi, io ho registrato il pezzo della colonna sonora di Pirati dei Caraibi 1 dove prima di partire con la musica c'è Jack che fa "yo-oh beviamoci su!" con la sua voce meravigliosa! hihihi!!!!!

DreamWanderer:  Ciao!!! Non ti preoccupare per il tempo, la mia storia nn scappa :-) e poi le tue recensioni sono sempre così belle e accurate che sarebbe un piacere enorme leggerle anche tra un anno, quindi don't worry! Concordo sia con il fatto che gli spoiler rendono più interessante una storia, anche perchè spesso mettono l'accento su un particolare magari passato in osservato e quindi ci porta a ragionare sui prox capitoli aprendoci mille domande e aumentando la nostra voglia di leggerla, sia sull'avere un contatto con gli autori o/e i lettori, è interessante mettere le opinioni a confronto, avere chiarimenti o avere la possibilità di spiegare il perchè o come una cosa è stata scritta :-)! E con questo e per questo ti ringrazio per la tua ultima recensione e passo a risponderti cap per cap :-):
Recensione per "Apri gli occhi mia stella": La scena dove Cathy finalmente inizia a comprendere che qualcosa nn va è una di quelle che avevo in mente dall'inizio come anche la discesa nelle prigioni :-) ho pensato che il desiderio della ragazza di avere una madre fosse così grande da farle ignorare la realtà finché nn se la fosse palesemente trovata davanti, solo allora avrebbe potuto accettare che Jadis non fosse quella che sperava, anche se è dispiaciuto anche a me per la nostra stellina, alla fine tutto quello che aveva sempre voluto era una famiglia che la amasse, ma purtroppo non era nel suo destino, anche se come hai detto giustamente tu, l'amore di Peter è talmente grande da poter compensare la mancanza :-) Grazie per aver notato il parallelismo tra il cambio di luogo e il cambio di personalità di Jadis, tra la nascosta  aula del castello e il celato carattere malvagio di Jadis, sei l'unica che lo ha fatto :-)! Jadis ovviamente nn si smentisce nel trattamento che riserva ai nostri beniamini, in particolare al suo avversario principale, Peter, che però ho immaginato fiero e d'un pezzo anche in una situazione critica. Dopotutto è Re Peter il Magnifico, nn avrebbe mai dato a Jadis la soddisfazione di vederlo abbassare la testa! L'idea che Cathy andasse a vedere personalmente il misfatto è nata invece all'improvviso, e si è collegata quasi da sola alla prima apparizione di Aslan, visto quasi come una guida spirituale, che invece avevo messo in conto di far apparire in maniera diversa, meno ad affetto, quindi sono contenta di sapere che la scena sia piaciuta! :-)!
Recensione per "La madre e la strega": Sono felice di sapere che Cathy in "missione salvataggio" sia piaciuta, mi è piaciuto molto descriverla forte nel momento del bisogno, nonostante il dolore che provava per colpa di Jadis, senza contare che ora che è una strega riconosciuta può davvero fare la differenza con i suoi poteri! (qui però c'era anche una sfumatura femminista dato che per una volta è la donzella che salva il principe e nn vicerversa. Caspita, sono quasi duemila anni che noi donne ci facciamo salvare mi sembra giusto far vedere che possiamo anche noi all'occorrenza essere capaci di badare a noi stesse e alle persone che amiamo XD!). Anche secondo me sono tenerissimi Peter e Cathy, mi piace l'idea che riescano a ritagliarsi degli spazi per loro anche in mezzo alla bufera, come se traessero forza per affrontare i loro problemi proprio dalla consapevolezza che sono insieme e che si amano :-) (ad avercela una storia d'amore così! XD) Sono contenta che la tensione e i sentimenti di Cathrine siano stati compresi, ho rivisionato quella parte venti volte, nn ero mai convinta di essere riuscit aad esprimere tutte le sfaccettature di quello che prova, quindi grazie per avermi rassicurata! Per il castello che si trasforma alla morte della proprietaria ho voluto attenermi al primo film, quando alla fine si vede il ghiaccio che si scioglie dopo che Aslan ha ucciso Jadis, mi sembrava giusto rispettare questa particolarità (anche se fa molto fiaba disney stile La bella e la Bestia ^^). Sconfitta Jadis-Strega Bianca, mi sembrava doveroso per Cathrine mettere in evidenza anche l'altro aspetto della donna, la Jadis-madre, libera di venire a galla nel cuore della nostra stella ora che nn è più un imminente pericolo, che è poi il fulcro del cappy successivo. Non ero però convinta che venisse apprezzata come scelta, spesso il cattivo vuole essere visto solo come cattivo e basta, non si accetta che possa avere anche un altro lato, quindi sono felice di sapere che invece la decisione è stata appoggiata! Thanks^^!
Recensione per "Gigli e segreti nascosti dal tempo":  era più che giusto che dopo lotte, intrighi, spade e catene finalmente Caspian e Susan trovassero un po' di tempo per stare assieme, liberi da ogni pensiero e felici di essere ancora vivi! Sono felice che la scena sia piaciuta :-) la parte più difficile però è stata farla diversa dalla scena dove Cathy chiede a Peter di restare con lei, non volevo ripetere frasi e atteggiamenti simili, non sarebbe stato corretto dato che i personaggi sono molto diversi tra loro, spero di esserci riuscita! Si, con Susan come regina dubito che anche solo una foglia osasse cadere nella stagione sbagliata, hihi con lei pace e ordine erano assicurati! La riunione è stata la parte più divertente da descrivere, me li immaginavo tutti coordinati e affiatati con Peter come supervisore, anche se purtroppo ciò significava il ritorno delle difficoltà, della serie mai che si possa star tranquilli! I diari rappresentano un'altra lampadina accesa mentre scrivevo l'altro cappy. Volevo che Jadis facesse sentire la sua campana e che Cathy avesse la possibilità di conoscerla interalmente, ma mi sembrava irrealistico far si che fosse la strega a parlare direttamente di se stessa alla figlia, così ho sfruttato un intermediario cartaceo. Questa era la parte di cui temevo di più il giudizio, non sapevo se far vedere Jadis anche come donna capace di amare sarebbe stata apprezzata come idea, avevo paura che molti vedessero irrealistico questo suo lato o poco coerente con i precedenti capitoli, sono sollevata quindi nel sapere che sia stata capita e che sia piaciuta come parte, grazie^^. Si, decisamente a Peter possiamo perdonargli di non essere così propenso al perdono, anche se personalmente a lui potrei perdonare qualsiasi colpa, come si fa a tenere il muso al biondo e giusto re? XD!
Recensione per "La speranza in un miracolo": qst è stato il cappy meno originale della storia, ma dato che la mia fan fiction si inserisce nel film mi sembrava giusto restargli fedele nelle scene che hanno in comune come questa, sono contenta però che sia piaciuto ugualmente e non sia stato visto come una trascrizione pura e semplice delle scene del film ma che le piccole personalizzazioni siano state notate e apprezzate, grazie! L'idea di far aiutare Aslan da Cate è nata principalmente proprio per farla riscattare completamente dall'essersi fidata di Jadis. Cathy ovviamente non ha colpa per aver creduto di avere una madre che la amasse, ma con il suo buon cuore non può fare a meno di sentirsi in parte responsabile per il disastro avvenuto. Si, anche io voglio un Peter!!!!!! Tenero, dolce, cavalleresco, sempre tutto dedito alla sua amata....ahhhhh, ma dove sono???? XD!
Altro che doverti perdonare, non so come ringraziarti per l'attenzione che dedichi alle recensioni che mi lasci, ognuna è un grande regalo che mi fai! Anche se grazie è una piccola parola spero che tu capisca quanto mi facciano felice le tue recensioni!!!!! In più come sempre hai appianato i miei timori su molti punti :-)! Sono curiosa di sapere cosa ne pensi di questo capitolo che torna a distaccarsi dal film e (spero) a sorprendere! In particolare la penultima parte dove ci sono diverse rivelazioni sulle quali spero di leggere presto la tua opinione! Grazie ancora, ti mando un bacio grandissimo cara!!! XD

sweetophelia: ciau!! Sono contenta che il cappy ti sia piaciuto anche se nn brillava per fantasia dato che riprendeva da vicino le scene del film :-) Si effettivamente la capacità dei protagonisti dei film di essere spiritosi in ogni momento è presente in quasi ogni racconto, però personalmente nn mi dispiace, anzi, riesce a rompere la tensione di una scena. Il colmo in qst cose era Buffy che mentre impalava vampiri e uccideva demoni riusciva anche a pensare a non sporcare la maglietta o a rovinarsi il trucco, però sono scene talmente ben inserite che nn mi sn mai dispiaciute XD! Davvero Miraz fa quella fine nel libro? Ahahahah, poveretto, alla faccia della fine gloriosa che dovrebbe fare un sovrano! Però hai ragione, con tutto quello che ha fatto gli sta solo bene! Spero di spaere presto cosa pensi di qst ultimo cappy e che ti piaccia! Grazie mille per la recension, un bacio grande!

SamanthaShadow24: Ciao! Grazie per la recensione, sono contenta che la storia ti piaccia e spero che qst cappy nn ti deluda! Un bacio!

Grazie infinite anche a coloro che hanno aggiunto la fan fiction tra le seguite e/o le preferite e a tutti coloro che solo leggono! Ovviamente chi volesse farmi sapere il suo parere è sempre il ben accetto :-)!
Vi auguro buona lettura
Kisskisses
68Keira68
 

witch


21_Il ballo della felicità illusoria

 

Sentii Peter stringermi la mano. Mi volsi verso di lui ma i suoi zaffiri erano ancora puntati sul felino.

“Andiamo” disse con tono vibrante di impazienza.

Non riuscivo ad immaginare cosa significasse per lui rivedere Aslan, colui che lo aveva trasformato da semplice ragazzo a Re Peter il Magnifico. Se provavo io il desiderio di vederlo, senza che avessi spartito con lui particolari avvenimenti, il ragazzo doveva agognare di incontrarlo.

Lo seguii senza esitazioni mentre si immergeva nel fiume, imitato da Susan, Edmund e Caspian. Per fortuna l’acqua era bassa, tanto che in centro, dove era più profonda, mi arrivava di poco sopra la vita.

Sentivo il battito del mio cuore rimbombarmi nel petto mentre vedevo la maestosa figura del fantomatico re avvicinarsi. Quando giungemmo alla riva opposta, Peter estrasse la spada con un lieve stridore metallico e la piantò davanti a lui nel terreno, inginocchiandosi, come i suoi fratelli e il principe. Timorosa e con le gambe tremanti, mi inchinai anche io, conscia che davanti a me si trovava il felino che con la sua magia regnava su Narnia da tempo immemore, il cui sapere era pari a quello di una divinità come la venerazione con la quale i suoi sudditi parlavano di lui.

“Alzatevi, sovrani di Narnia” ci salutò il Grande Felino, con voce profonda e possente quanto la sua persona.

Peter, Susan e Edmund si alzarono. Caspian ed io invece rimanemmo nella nostra posizione, certi di non essere compresi nel richiamo.

“Tutti i sovrani” sottolineò Aslan.

Non comprendendo corrucciai la fronte. Chi altri intendeva? Poi però mi ricordai di un particolare importante. Miraz era morto, di conseguenza la corona tornava ad essere di Caspian, come sarebbe sempre dovuto essere. Caspian ora era dunque re.

“Non credo di essere pronto” mormorò intimidito il ragazzo.

Lo guardai di sottecchi, sorridendo intenerita. Si addiceva all’indole di Caspian non sentirsi degno di un trono che aveva dimostrato in innumerevoli occasioni di meritare molto più dei precedenti sovrani, non ultima quella di risparmiare Miraz per amore della giustizia.

“Proprio perché dici così so che sei pronto” gli disse Aslan, con benevolenza.

Scorsi Caspian tentennante guardarsi attorno prima di alzarsi, accettando definitivamente quel titolo nuovo che a prima vista gli faceva timore.

“Anche tu, giovane Cathrine” aggiunse poi rivolgendosi a me.

Sobbalzai, colta di sorpresa. Scossi la testa, confusa. “Io non sono una sovrana, sono solo una strega” asserii con voce, purtroppo per me, molto più flebile di quello che avrei voluto. Mi sarebbe piaciuto apparire forte e sicura di me, ma la sua presenza mi intimoriva. Avevo già avuto un incontro con Aslan, oltre a sentire la sua voce guidarmi, ma nel turbine di neve nella cristallizzata Telmar era parso come una figura evanescente, quasi un miraggio. Una visione ben diversa da quella più concreta che mi si presentava dinanzi. Ora potevo avvertire tutta l’aura di magnificenza che emanava. Era quasi schiacciante, ci si sentiva inevitabilmente soppesati, sotto esame. Non avevo idea di come Lucy, come gli altri Pevensie, riuscisse ad essere così a suo agio. Forse era una semplice questione di abitudine.

“Sei la figlia di Jadis. Per diritto hai ereditato il suo regno” mi ricordò.

“No. Ho rinunciato a quel diritto cedendo il regno ai Pevensie” lo informai, trovando finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi. Grandi, dorati e verticali, corrispondevano alla descrizione degli occhi dei felini, eppure la profondità che possedevano, la saggezza che nascondevano, la capacità di penetrare il prossimo che emanavano, li faceva essere unici e peculiari.

“Temo tu sia in errore. Da ciò che ho capito i Pevensie si limiteranno ad amministrare il regno, ma ciò non ti toglie il titolo e i tuoi doveri nei suoi confronti. E questo fa di te una regina, appena vorrai essere incoronata.”

Rimasi senza repliche. Lanciai uno sguardo supplichevole a Peter, ma lui si limitò a sorridermi compiaciuto e concordante. Ovvio, fosse stato per lui sarei salita al trono appena tornata dal pallazzo di ghiaccio…

Priva di altre possibilità, trovai il coraggio di alzarmi, accettando silenziosamente un titolo che, a differenza di Caspian, non avrei mai meritato né sentito.

“Bene miei cari amici. Avete vinto una lunga e faticosa battaglia, ora, dopo tante fatiche, potrete finalmente rilassarvi” affermò rivolgendosi a noi tutti. “Prima però resta ancora una cosa da fare.” Il suo sguardo millenario si posò su Caspian, il quale si immobilizzò per il timore reverenziale che nutriva. “Il tuo titolo di re ha bisogno di una cerimonia ufficiale di legittimazione e vorrei svolgerla subito, in modo che quando rientrerai a Telmar potrai farlo da suo sovrano.”

Il moro rimase senza fiato. Chinò il capo balbettando grato: “Sarebbe un onore essere incoronato con la sua benedizione”.

Aslan inclinò a sua volta il muso, annuendo. “Peter, Edmund, sareste così gentili da radunare l’esercito per assistere?” chiese.

“Ma certo”

Immediatamente vidi i due ragazzi adoperarsi per eseguire gli ordini del felino. I soldati di Telmar stavano ancora uscendo dal fiume, mentre i narniani a riva costringevano chi tra loro possedesse ancora armi ad abbandonarle, osteggiando la loro vittoria.

Peter, utilizzando la sua attitudine al comando, impiegò poco tempo ad ottenere l’attenzione dei presenti e ad informarli su cosa stava per succedere. Felice, constatai come sia gli abitanti di Narnia che quelli di Telmar accogliessero con gioia la notizia. Per i narniani significava la possibilità concreta che le promesse fatte da Caspian di restituirgli la loro terra divenissero realtà, mentre per i telmarini voleva dire essere nuovamente governati da un sovrano più propenso ad occuparsi del benessere del suo popolo che non della gloria personale.

In poco tempo si formò un cerchio attorno al Grande Leone. Caspian con passo infermo e sotto sollecitazione di Susan, si pose davanti ad Aslan e si inginocchio con il capo chinato.

Riuscii a scorgere l’emozione sul suo viso, sentimento che veniva condiviso da tutti i presenti, me compresa. Il nuovo re di Telmar stava per essere incoronato e un nuovo regno era alle porte, con speranze di felicità e prosperità.

Peter mi si avvicinò e mi strinse la mano. Volsi lo sguardo verso di lui ed ebbi la gioia di vedere il suo volto sereno.

“La prossima potresti essere tu” mi sussurrò allusivo all’orecchio.

Gli sorrisi scettica. “Non ci contare”.

“Vedremo” sogghignò.

“Popolo di Telmar e di Narnia.” La voce di Aslan riecheggiò possente nello spazio circostante. “Abbiamo combattuto aspramente tra di noi per motivi sbagliati quali vecchi pregiudizi, diffidenza, sete di potere, motivi portati avanti da persone non degne di guidare il prossimo. Ora però il destino ci da la possibilità di renderci conto dei nostri errori e di porvi rimedio. Possiamo deporre le armi e cominciare una nuova era. Farsi ché dei motivi giusti ci uniscano per coabitare insieme e in pace in una grande terra, motivi come l’amore, la tolleranza, il rispetto reciproco e l’amicizia che può esistere anche tra razze così diverse esteriormente ma accumunate da interessi e sentimenti identici.”

Le parole del sovrano rimbombarono nel petto e dagli sguardi attenti e coivolti dei presenti seppi che non ero la sola ad essere rimasta colpita dal quel discorso e dalla sua schiacciante verità. Era vero, la diffidenza verso ciò che non si conosce era stata facilmente utilizzata come stimolo per condurre una guerra la cui sola vera giustificazione era il desiderio di governare di pochi individui, ma adesso si poteva cambiare. Narnia e Telmar potevano imparare a conoscersi e a convivere, ad apprezzarsi a vicenda.

“Una nuova era che comincerà dall’incoronazione di questo ragazzo, giovane ma con il cuore e l’animo pronti per farsi carico di un impegno così grande, guidare questa città verso la pace.” Proseguì focalizzandosi sullo scopo principale di quella riunione.

Aslan si fermò e soppesò con uno sguardo serio Caspian ad un metro di distanza prima di emettere un fragoroso ruggito che colse di sorpresa ogni uomo o creatura. In quell’istante una corona scintillante apparve a mezz’aria, circondata da un leggero bagliore dorato. Circolare come si conviene, sul bordo superiore si alternavano delle croci stilizzate con rubini incastonati nel loro centro. La corona volteggiò sopra il capo di Caspian tra il silenzio rapito degli astanti, fino a poggiarsi sul suo capo scuro. Solo a quel punto il ragazzo, ora ufficialmente re di Telmar, alzò lo sguardo, uno sguardo dalla quale era scomparsa l’agitazione di poco prima per far spazio ad una nuova consapevolezza, ad una nuova forza.

“Alzati, Re Caspian X, sovrano di Telmar” lo nominò Aslan.

Caspian si alzò, il mento alto, le spalle dritte, emanante un’autorevolezza che non gli avevo mai visto prima addosso, una fermezza che ero solita associare a Peter, del tutto nuova sul solitamente timido e riservato Caspian. Un sicurezza che sembrava discendere direttamente dal peso e dal significato della corona postagli sul capo.

Un applauso fragoroso, sentito, spontaneo, non tardò a nascere insieme ad ovazioni e auguri di un regno felice. Sentii le lacrime agli occhi per la commozione mentre mi rendevo conto che il principe che non riusciva nemmeno a confessare il proprio amore a Susan non c’era più, sostituito da un re che era stato accolto con giubilio dal suo popolo. Caspian era maturato e si apprestava ad iniziare il suo destino da re forte e magnanimo.

Susan gli corse vicino e lo abbracciò di slancio, il viso illuminato dalla felicità. Non riuscivo a sentire ciò che si stavano dicendo a causa della distanza e del frastuono dei festeggiamenti, ma potevo ben immaginare le lodi e i complimenti che la regina stava rivolgendo al giovane.

“È finita” la voce di Peter condusse la mia attenzione su di lui.

Mi accarezzò la guancia, contemplando il mio volto. “È finita” ripeté. Il tono non era gioioso, ebbro di felicità, affaticato o incredulo, ma d’immenso sollievo. Sollievo per essere riuscito ad assolvere il suo compito, a salvare Narnia e i suoi cari. Ce l’aveva fatta.

È finita. Ribadii a me stessa.

Era vero, era davvero finita. La guerra, la paura, l’ansia, l’incertezza, le perdite. Era tutto cessato, appartenente al passato. Mi resi conto in quel momento che non avevo ancora assimilato il concetto. Era accaduto tutto così in fretta che non ne avevo avuto tempo. Ma ora la consapevolezza di ciò si fece strada lentamente in me, procurandomi un grande e vivo calore al petto.

È finita. Non avrei più dovuto temere per le sorti di Narnia, temere di vederla ridotta in cenere da Telmar. Non avrei più dovuto vedere Susan, Edmund, Lucy e Caspian partire per qualche pericolosa missione. Non avrei più dovuto salutare Peter all’inizio di un combattimento con la schiacciante paura di non rivederlo in vita.

Un sorriso si allargò sul mio volto, mentre gli occhi si illuminarono di quella presa di coscienza.

“è finita” dissi ad alta voce.

Ci guardammo. Nei suoi zaffiri vidi riflessi i miei stessi sentimenti, il mio stesso desiderio di lasciarsi ogni cosa alle spalle e di guardare solo avanti.

Piano piano iniziammo entrambi a ridere, prima sommessamente poi sempre più fragorosamente. Era finita e noi avevamo vinto. Era la realizzazione di ogni nostra speranza.

Peter mi afferrò per la vita e mi fece volteggiare in aria continuando a ridere finché le nostre labbra non si incontrarono per condividere in modo intimo e unicamente nostro quel momento che avrebbe dato una svolta alle nostre esistenze.

Quando ci separammo, mi sentii abbracciare da più persone. Edmund e Lucy ci avevano raggiunti, nelle loro espressioni la nostra stessa felicità. Presto si unirono anche Caspian e Susan e tutti insieme ci stringemmo in un abbraccio, senza riuscire a frenare quel riso che costituiva lo sfogo di giorni di ansia e di paura. Abbandonarsi alla gaiezza era l’unico modo per liberarsi dai vari timori di cui eravamo stati preda, cedere al momento di catarsi l’unica porta da attraversare per avviarci verso la via del futuro.

 

*

 

“Ahi!” mi lamentai inclinando il capo.

“Vuoi stare ferma?”

Lucy mi sgridò, procurandosi un’occhiataccia da parte mia attraverso lo specchio davanti al quale ero seduta.

“Se tu evitassi di ridurmi la testa a un colabrodo io starei ferma.” mi difesi.

La piccola sbuffò. “Chi bella vuole apparire un po’ deve soffrire” mi rispose saccente, continuando ad infilare forcine tra i miei capelli con sadica nonchalance.

Feci una smorfia di disappunto. Una smorfia probabilmente molto divertente perché la regina scoppiò a ridere.

“Ecco brava, io sono qui che soffro e tu ridi alle mie spese” l’accusai, simulando un tono lagnoso.

“Ma sai che per essere una potente strega ti lamenti più di un bambino?” mi prese in giro. “Comunque la tortura è terminata.” Aggiunse mettendo quella che speravo essere l’ultima infida forcina. “Sei pronta”.

Analizzai il risultato alla grande superficie riflettente. Dovetti ammettere che Lucy, nonostante mi avesse procurato un tremendo male alla testa, aveva fatto un capolavoro. Mi sentii in colpa per aver avuto remore nell’accettare il suo aiuto quando si era proposta di acconciarmi i capelli per la festa di quella sera. Nel campo dell’estetica la ragazzina sapeva il fatto suo. Aveva raccolto i miei ricci in un’elegante crocchia, lasciando però libero qualche boccolo di ricadere sulle spalle lasciate scoperte dal vestito. Il mio ciuffo era poi stato tirato fino a diventare liscio e assicurato al lato sinistro da una pinzetta. Come tocco finale Lucy aveva poi inserito delle forcine con perline verdi ad un’estremità, una decorazione fine e unica, anche se un poco dolorosa.

“Ti piace?”

Mi volsi verso di lei regalandole un sorriso raggiante. “Non sai quanto, grazie infinite” e le diedi un bacio sulla guancia.

Tornai a contemplarmi nello specchio. Stavo dando prova di un’immensa vanità, me ne rendevo conto, ma quella pettinatura era talmente bella che non potevo esimermi dall’ammirarla. Così agghindata mi ricordavo le damigelle dei film in costume, immagine alla quale contribuiva il vestito. Da un corpetto a cuore verde speranza, sopra il quale erano ricamate delle rose stilizzate, partivano due fini spalline d’argento che cadevano morbide sotto le spalle, lasciando quest’ultime scoperte. Ad esse erano cucite due maniche lasciate aperte in velo verzino chiaro lunghe oltre la vita, evidenziata da una cintura anch’essa argentata sotto la quale si apriva una gonna morbida in seta leggera non molto ampia.

“Questo intendi metterlo?”

Lucy richiamò la mia attenzione porgendomi un medaglione dorato con incisa una “J”. Presi tra le mani l’oggetto e lo fissai indecisa, poi con un sospiro lo appoggiai sul tavolino.

“Questa sera no”. Non sarebbe stato corretto indossare il simbolo della Strega Bianca alla festa per la vittoria di Narnia e il ritorno di Aslan. Lucy si limitò ad annuire ma non aggiunse altro e gliene fui grata.

Anche la piccola regina sembrava uscita da un libro di fiabe per quella serata. Si era arricciata i capelli e aveva posto un nastrino dorato sul capo per fissarli. Colore che veniva ripreso in molti particolari del vestito come le maniche a sbuffo e la cintura e che si sposava alla perfezione con il rosso predominante della stoffa in velluto dalla quale era composta la gonna ampia e il bustino morbido con scollo a barca.

“Credo siamo pronte per degnare il mondo della nostra presenza” proposi con falsa vanità.

“Concordo” mi assecondò la ragazza adottando il mio stesso tono.

Lasciammo la camera che Caspian aveva gentilmente messo a disposizione mia e di Peter, una delle tante che il castello di Telmar contava. Il nuove re si era assicurato di persona che fossimo tutti sistemati nelle stanze della zona patronale, e benché fossero lontane dall’idea di sfarzo che i film sul Medio Evo avevano creato nella mia mente, erano confortevoli e arredate con elegante sobrietà. Quella assegnata al biondo e a me comprendeva un letto matrimoniale sormontato da un baldacchino dalla quale pendeva un drappo blu scuro lungo fino al tappeto di una tonalità più chiara. Attaccati alla parete, alla sinistra del letto, c’erano due armadi di media grandezza, mentre in quella di destra, oltre a contenere la porta posta in corrispondenza della testata del baldacchino, si trovava un tavolino da toiletta. Il tutto illuminato da un ampia porta-finestra ad arco che dava su un piccolo balconcino rettangolare.

La regina minore ed io scendemmo al piano di sotto e percorremmo il corridoio illuminato da torcie e candelabbri fino ad arrivare alle porte del salone, sorvegliato da due guardie che si affrettarono a consentirci l’accesso.

Quando le porte si aprirono, restai senza parole. A discapito dello spoglio corridoio e dell’austerità della sala del trono, quella sera il salone brillava di luce propria. Una scalinata coperta da un tappeto rosso immetteva in una sala ampia e rettangolare, che a sua vola permetteva l’accesso ad un terrazzo dalla parte destra. Lungo il perimetro erano stati disposti tavoli allestiti con ricche portate in abbondante quantità, tanto che ero sicura che avremmo potuto sfamare l’intera città per una settimana intera. Il centro della sala invece era adibito alle danze accompagnate da un’orchestra posta alla sinistra della fine della scalinata. Ma ciò che più mi riempì il cuore di gioia e meraviglia, fu vedere che gli invitati erano sia creature di Narnia che telmarini e che stavano festeggiando assieme in allegria. Brindavano alla pace, si passavano le portate con spensieratezza e ballavano tra le risa, in un turbinio di vestiti di seta colorata e zoccoli.

In quel momento ebbi la prova tangibile che la prosperità tanto propugnata fosse davvero alle porte. Se la tolleranza e l’amicizia si fossero instaurate nei cuori dei sudditi di Telmar e Narnia, allora la pace era davvero realizzabile in quella grande terra.

Sorridendo raggiante scesi gli scalini con Lucy individuando tra la folla Edmund e Caspian che ci vennero incontro. I due sovrani erano impeccabili nei loro vestiti da festa. Il re di Telmar aveva una casacca verde acqua con un motivo di una tonalità più chiara, in contrasto con gli occhi e i capelli scuri. Il giovane Pevensie indossava invece una casacca grigia smanicata con sotto una camicia nera. E finalmente, per una volta alla loro cintura non scorgevo alcuna spada.

Caspian, facendo sfoggio della cavalleria medioevale, mi porse la mano per aiutarmi a scendere gli ultimi tre scalini.

“Siete splendide ragazze” si complimentò Edmund.

“Grazie, ma anche voi vi difendete bene. Già qualche cuore infranto tra le invitate?” gli rispose Lucy ridendo maliziosa.

Mi unii a lei distrattamente facendo scorrere lo sguardo tra la folla. C’erano giovani ragazze, centauri, eleganti lord e fieri minotauri, ma mancavano…

“Peter e Susan?” domandai delusa dalla loro assenza.

“Sono con Aslan. Voleva parlargli prima della festa” mi informò Caspian.

“Ma credo che tra poco si uniranno a noi” rassicurò Edmund. Corrucciai la fronte impensierita. Cosa doveva dirgli il felino di così importante?

“Nel frattempo” aggiunse il neo-re ricatturando la mia attenzione. “Potete concedermi l’onore di questo ballo?”.

Le nuvole appena condensatesi sul mio umore si sciolsero dall’eccitazione per la proposta. Era la prima volta che ballavo ad un ricevimento simile e da brava ragazza del duemila cresciuta con la fiaba di Cenerentola, sognavo da tutta una vita di volteggiare con un abito lungo fino ai piedi in una sala illuminata da candele. Avevo persino supplicato Lucy di tenermi un corso accelerato nel pomeriggio sulle danze tradizionali per prepararmi all’augurata evenienza.

“Più che volentieri” risposi con un lieve inchino.

Caspian mi condusse al centro della sala mentre cominciava una nuova ballata. Dalla disposizione dei ballerini riconobbi di quale danza si trattasse, la Danza dei Fiori, e mi affrettai a dispormi nella fila delle ragazze, opposta a quella dei ragazzi. Alla prima nota di mandolino, le dame si inchinarono. Toccò poi ai signori, ma subito il ritmo della ballata si fece più allegro e appena allo strumento si aggiunsero altri due mandolini, un piano e una fisarmonica, le file si spezzarono per formare gruppi da tre ragazze con i rispettivi cavalieri. Ci prendemmo per mano e cominciammo a girare in tondo formando un cerchio, finché il ritmo non raggiunse il culmine, invitandoci a fare tre salti verso destra, poi tre verso sinistra e ancora tre verso destra. Quando il suono rallentò un poco, i gruppi si divisero e i presenti si sistemarono a coppie di due, ogni ragazzo con la sua dama. Caspian mi prese una mano e appoggiò l’altra sulla mia vita, iniziando a condurmi tra i ballerini, saltando di lato e cambiando direzione ogni tre salti. Era un’eccellente cavaliere, portava onore all’educazione da principe che aveva certamente ricevuto. Io invece cercavo di stare al passo, quella danza fortunatamente era semplice da eseguire, bastava lasciarsi trasportare dal ritmo. Un ritmo incalzante, così allegro che era impossibile non restarne contaggiati, tanto che la mia espressione, come anche quella del giovane sovrano, era raggiante. Gli occhi mi brillavano, e nonostante iniziassi ad avere il fiatone non avrei mai smesso di danzare. Ogni riflessione si confondeva con le note che leggere e liete si libravano nell’aria a smuovere risa che saturavano la sala di buon umore. Ogni preoccupazione si perdeva nel frusciare di vesti scintillanti e non c’era posto per i pensieri se non per quello sul passo successivo.

Quando la musico rallentò fino a fermarsi dovetti aggrapparmi al braccio di Caspian per riprendere fiato. Caspita, altro che pesi e flessioni, ero più che convinta che due ore a settimana di danze medioevali avrebbero fatto più miracoli delle palestre londinesi!

“Vi dispiace se vi rubo il cavaliere, madame?”

Una voce allegra precedette la radiosa figura di Susan alle spalle del re di Telmar.

“Affatto. È tutto vostro” risposi. Non potei evitare di ammirarla. Fasciata in un vestito di seta azzurra con ricami dorati, metteva in mostra il suo fisico snello e sinuoso in modo elegante e ammaliante al contempo. Le maniche lunghe erano arricciate in tre punti, particolare che impreziosiva il vestito, mentre sulle spalle, scoperte in parte dalla scollatura a barca, ricadevano soffici i boccoli castani sciolti. Ma il dettaglio più bello era il dolce sorriso che rivolse a Caspian, sorriso che creava tenere fossette ai lati della bocca…ma che non si spandeva agli occhi, constatai confusa. Sembravano adombrati per qualche motivo, anche se nessuna spiegazione logica mi si affacciava nella mente per giustificare ciò.

Lanciai un’occhiata al giovane moro. Le mie labbra si curvarono all’insù osservando l’espressione rapita di Caspian. Fissava Susan a bocca aperta, come se fosse un’apparizione, una dea giunta per miracolo da lui. Ne era letteralmente stregato. O meglio, ne era innamorato.

Senza aggiungere altro, mi allontanai silenziosamente, lasciandoli la loro giusta intimità, pensando che se davvero Susan aveva qualche problema era compito di Caspian occuparsene. E sperando che si accorgessero che erano al centro della pista da ballo prima che iniziasse un’altra danza…

Ma riuscii a percorrere solo pochi mentri prima che un braccio mi circondasse una vita e delle parole mi venissero sussurrate nell’orecchio.

“Il mio cuore aveva mai amato?” il soffio del suo respiro mi procurò un brivido lungo il collo mentre riconoscevo la voce tanto attesa. “Occhi rinnegatelo, perché non ha mai conosciuto la vera bellezza fino ad ora”.

Mi girai nel suo abbraccio per ritrovarmi vicino alle sue labbra.

“È il vostro modo per dirmi che sono carina, messer Romeo?”

Sul suo volto apparve un sorriso accattivante che mi fece perdere un battito. “Carina?” ripeté fingendosi alibito. “Credo che molto più che splendida sia ciò che Shakespeare intendesse, mia Lady” mi contraddisse.

Appesa finalmente la spada al chiodo, con addosso una casacca blu notte aperta sul davanti a lasciar vedere la camicia bianca decisamente troppo aderente al petto per la mia precaria lucidità, Peter mi apparve come il più bel Romeo che mai film e libri avrebbero potuto mostrare.

Gli scostai con una carezza il ciuffo biondo che gli nascondeva parzialmente le iridi zaffiro e solo allora mi accorsi che a discapito del suo sorriso, qualcosa non andava. Un’ombra offuscava i suoi occhi, specchio di pensieri che evidentemente lo preoccupavano.

“C’è qualche problema?” indagai corrucciando la fronte.

La domanda lo colse di sorpresa ma parve riprendersi subito simulando un’aria sbarazzina. “E me lo chiedi? La musica suona da un’ora e noi non abbiamo ancora danzato assieme.” Si lamentò fingendosi offeso.

Scrutai il suo viso in cerca di qualche segnale che mi svelasse se i miei sospetti fossero fondati o meno, ma a parte quell’ombra che mi pareva di vedere nel suo sguardo non c’era nient’altro. Che stessi diventando paranoica?

“Vogliamo rimediare?” proposi accantonando i miei timori.

“Ovviamente”

Mi prese per mano e mi condusse sulla pista da ballo che una nuova canzone stava per cominciare. Il primo pezzo era suonato al piano, inizio che preannunciava quella che Lucy mi aveva informata essere la Ballata della Primavera. Era più lenta e complicata di quella che avevo eseguito con Caspian poiché comprendeva un maggior numero di passi. Sperai di riuscire a ricordarmeli tutti ed evitare figuracce pubbliche.

Come la danza precedente, si crearono due file parallele di ragazzi e ragazze. Quando un violino si aggiunse al piano, tutti facemmo un passo verso il nostro accompagnatore o accompagnatrice. Un passo lento, quasi strascicato, con le braccia lungo il fianco e lo sguardo fermo sul viso dell’altro. Alla seconda nota di violino, avanzammo di un altro passo, trovandoci uno dinanzi all’altro, per poi superare il nostro compagno senza interrompere però il contatto visivo. Alla fine della quarta nota ci ritrovammo nuovamente separati in file, occupando però posti opposti rispetto i precedenti. La musica proseguì e noi ripetemmo i passi di prima, ma quando giungemmo di nuovo l’uno accanto all’altro, invece di superarci, prendemmo a girare intorno sfiorandoci le mani alzate al livello del petto. Scorsi gli occhi di Peter ardere di bramosia ad un’intensità tale da procurarmi un brivido lungo la schiena. Ma non era semplice desiderio. L’ombra scorta prima pareva cresciuta a dismisura rendendo il suo sguardo tormentato, come quello di un bambino che vuole ardentemente una cosa ma sa di non poterla avere. Ma cosa poteva turbare così tanto Peter? Se era me che desiderava come mi gridavano i suoi zaffiri, perché provava quel tormento? Dopo tutte le volte che glielo avevo detto sapeva perfettamente che ero sua, che lo amavo. Che non mi avrebbe mai persa.

Il movimento cambiò. I cavalieri presero una mano della loro dama, la portarono brevemente alle labbra per baciarla e poi la sollevarono sopra le loro teste, consentendo alla ragazza di girargli attorno insieme alle loro gonne esageratamente larghe. Dopo due giri completi, il re pose le sue mani sui miei fianchi facendo aderire la mia schiena al suo petto per un breve istante prima di sollevarmi in aria e appoggiarmi alla sua destra. Mi fece voltare, mi passò un braccio attorno alla vita e diede il via alla parte della danza a me più familiare, quella simile ad un classico ma intramontabile lento.

Come Caspian, era un ottimo ballerino, probabilmente reso esperto dai numerosi rivecimenti e balli dati sotto il suo regno milletrecento anni prima. Mi conduceva con scioltezza lungo la pista da ballo, facendomi sentire così leggera che mi sembrava di volteggiare su di una nuvola mentre il mio cuore si sarebbe librato ancora più in alto se …non ci fosse stato quell’infausta scurità nei suoi occhi ad impensierirmi. Una giravolta mi fece scorgere Susan accanto al suo re poco distante e d’un tratto ricordai un dettaglio importante. Avevo visto negli occhi castani della regina lo stesso tormento che albergava in quelli di Peter.

Il ragazzo mi strinse più forte a sé e mi ritrovai a fissarlo nuovamente in viso, un viso sempre più buio. Ma cosa poteva preoccuparlo tanto? Cosa poteva essere successo durante quel pomeriggio ad entrambi?

La discussione con Aslan.

La risposta mi giunse limpida. Sia il re che la regina avevano avuto una discussione con il Felino prima del ballo e nessuno sapeva cosa li aveva detto. Ma a giudicare dalle loro espressioni non erano buone notizie. Decisi di prendere il toro per le corna.

“Peter, ciò che Aslan ti ha detto ti ha per caso turbato?” domandai a bruciapelo.

Il volto del giovane si fece di pietra. “Aslan…ha voluto solo farci presente che non tutto è stato risolto. C’è ancora una decisione da prendere.” Rispose vago.

Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo. Mi ero aspettata nuovi nemici all’orizzonte o altre catastrofi imminenti, invece la situazione sembrava più rosa del previsto. “Ed è questa decisione che ti angustia?” lo incalzai, meno impensierita.

Peter annuì grave. “Sai che se vuoi con me puoi parlare di tutto. Magari posso aiutarti a far chiarezza” mi proposi immediatamente.

Il re mi regalò un’espressione intenerita e fece scivolare la mano dalla mia vita alla  mia guancia per accarezzarla.

“Oh Cathy, non hai idea di quello che Aslan…” purtroppo però non riuscì a concludere la frase. La musica era appena terminata quando un piccolo turbine pimpante piombò in mezzo a noi.

“Fratellone, mi devi un ballo da tredici secoli, ricordi?”

Lucy reclamò con voce trillante l’attenzione di Peter. Scoppiai a ridere nel vedere l’espressione confusa del re biondo, confusione che la bimba non tardò a dissipare.

“Era previsto un ricevimento la sera in cui ce ne siamo andati, e tu prima di partire per la caccia mi avevi promesso che avresti danzato con me!” gli ricordò.

Un lampo di comprensione passò sul viso del bel giovane.

“Ma certo, e io mantengo sempre le mie promesse” ribadì Peter tendendo la mano alla sorella minore. “Ti spiace Cathy?” chiese poi a me con uno sguardo di scuse.

“Sono certa che sopravviverà dieci minuti senza il suo cavaliere” lo rassicurò ironica Lucy al posto mio, suscitando altre risa da parte mia.

“Divertitevi” gli augurai allietata dalla scena che mi si presentava davanti: la piccola regina che letteralmente trascinava il fratello grande il doppio di lei in mezzo alla pista da ballo. Avremmo ripreso la discussione in un altro momento.

Uscendo dalla pista, lanciai un’occhiata tra gli invitati alla ricerca di Caspian, Susan ed Edmund. I primi due si accingevano a danzare mentre il terzo stava parlando con due ragazzi dall’altra parte della sala. In altre parole, erano impegnati.

Pazienza, mi dissi. Mi sarei intrattenuta da sola. Lo sguardo mi cadde sulla terrazza deserta, in particolare su di una panchina vuota particolarmente invitante. Mi diressi verso quella promessa di comodità, facendo lo slagon tra gli invitati che si frapponevano tra me e la mia meta. Presto mi lasciai alle spalle il suono di un’allegra ballata e del chiacchiericcio vivace, sostituendoli con la quiete notturna che faceva da sottofondo allo splendido panorama della luna circondata dalle sue stelle simili a fedeli ancelle, come direbbe Shakespeare.

Mi strinsi nelle spalle per ripararmi dalla brezza serale e mi misi ad ammirare il manto stellato. Come avevo già avuto modo di osservare, le costellazioni erano diverse da quelle a cui ero abituata. Gli unici due elementi celesti a me familiari erano il sole e la luna, presenti per qualche inspiegabile motivo anche in quella dimensione parallela, ma la disposizione delle stelle era totalmente differente. Sarebbe stato bello però imparare come loro dividevano il firmamento, se avevano uno zodiaco e quale mitologia si celasse dietro ogni costellazione. Chissà quali leggende su coraggiosi centauri e testardi minotauri, innamorate sirene e dolci ninfe, raccontava il loro cielo.

“Un spettacolo, vero?”

Sobbalzai presa alla sprovvista nell’udire una voce calda e profonda al mio fianco. Aslan si era avvicinato alla mia destra senza che me ne accorgessi. Mi sentii improvvisamente tesa, come sempre quando ero al suo cospetto, ma fortunatamente ero molto meno agitata rispetto alla prima volta che lo avevo visto. Il mio cuore non aveva accelerato il battito e mi sentivo perfettamente padrona di me stessa.

“Si, è meraviglioso” concordai, tornando a scrutare il cielo. “Mi dispiace solo non poter riconoscere alcuna costellazione”.

“Forse posso esserti utile” si propose il maestoso felino. “Vedi quel gruppo di sei stelle, poste due in alto vicine, due sotto in verticale e altre due in orizzontale?”

Seguii la traiettoria del suo sguardo. “Si, le vedo”.

“Quella è la costellazione di Daren, un minotauro che con il suo sacrificio riuscì a salvare il suo villaggio dall’assalto di briganti, affrontandoli da solo per dare il tempo ai suoi compaesani di prepararsi a respingerli.” La sua voce era possente, vigorosa, eppure antica, tanto che sambrava provenisse da un’epoca lontana, e non accanto a me. La voce di chi aveva visto tante, forse troppe cose, ma che grazie alla sua forza d’animo non si sarebbe mai stancata di vederne altre. “Mentre quelle quattro stelle particolarmente luminose che formano un quadrato, formano la costellazione degli Amatores” proseguì indicandomi con il muso dorato un punto alla mia sinistra “narra la triste storia della ninfa Dalia e di suo fratello Loren, colpevoli di essersi innamorati di due fratelli mortali, rispettivamente il giovane Matthew e la bella Clarissa. I quattro ragazzi erano consapevoli che il loro amore era proibito dalle leggi che all’epoca vigevano tra le ninfe sui rapporti con altre razze, e del problema dovuto al fatto che le ninfe sono immortali, ma tuttavia il loro sentimento era così grande che non solo trasgredirono alla ninfa, allora regina, Drusilla e alle sue disposizioni, ma compirono una magia antica quanto potente, quella dello scambio di essenze.” Era un abile narratore, conciso ma poetico, e la sua storia era ammaliante. Ero incantata dalle sue parole come una bimba che pende dalle labbra della mamma per sentire come finisce una fiaba nuova ed emozionante. “Le due giovani innamorate avevano deciso infatti di scambiarsi la loro essenza, ovvero la loro natura, così che Dalia sarebbe divenuta una ragazza mortale mentre Clarissa un’eterna ninfa e avrebbero potuto condividere la loro vita con i rispettivi amati. Drusilla lo venne a sapere e colta dall’ira compì una terribile vendetta.” La mia mano scattò istintivamente al petto, presagendo la triste piega che la storia stava per prendere. “Compì lo scambio di essenza anche su Matthew e Loren, riportando il problema dell’immortalità tra le due coppie di amanti, ma non contenta scagliò una malattia incurabile a Loren e Dalia per la loro trasgressione alle sue leggi. I due fratelli si ammalarono e resi mortali dall’incantesimo usato, morirono tra le braccia di Clarissa e Matthew in pochi giorni. Il dolore per quella perdita fu talmente grande che i due ragazzi rimasti soli si tolsero la vita subito dopo, raggiungendo i loro amati.”

“Ma è terribile. Perché Drusilla ha voluto a tutti i costi punirli a quel modo? Non avevano fatto niente di male” protestai, con le lacrime agli occhi.

“Non tutti i regnanti sanno essere giusti” mi rammentò probabilmente riferendosi a Miraz, macchiatosi di crimini ben peggiori. “Tuttavia c’è una nota lieta alla fine della storia. Si dice che l’Antica Magia, impressionata dalla profondità dei sentimenti dei giovani, tali da condurli al suicidio per amore, decise di trasformare le anime dei quattro ragazzi in stelle tra loro vicine, in modo che nell’eternità del firmamento potessero stare insieme, liberi di amarsi”.

I miei occhi si allargarono dallo stupore e corsero ad osservare la costellazione degli Amatores. Le quattro stelle brillavano nel cielo scuro come le altre. Possibile che in realtà fossero le anime di quattro giovani? Impiegai poco a convincermene. Se questa storia me l’avesse raccontata la mia insegnante di astronomia l’avrei immediatamente catalogata come un aneddoto mitologico, ma a Narnia non c’erano racconti fantasiosi perché la realtà superava di gran lunga l’immaginazione anche della mente più fervida.

“Sono certo però che oltre alle stelle ci sia qualcos’altro che vorresti chiedermi, o sbaglio?”

La domanda giunse sibillina e inaspettata alle mie orecchie. Il mio sguardo guizzò di nuovo verso il felino e mi chiesi come potesse sapere dei dubbi che mi angustiavano.

Domanda sciocca. Dopotutto è Aslan, il deus ex machina di ogni situazione.

In fin dei conti tuttavia la possibilità che mi regalava, per quanto inaspettata, era d’oro. Aslan sapeva ogni cosa, di certo avrebbe potuto illuminarmi su questioni che a me restavano oscure ed evitare di farmi accontentare delle spiegazioni sommarie che mi ero data per cercare di mettermi il cuore in pace. “Non sbagli. Ci sarebbe qualcosa che mi piacerebbe poterti chiedere” ammisi, incrociando le mani sul grembo.

I suoi occhi ambrati dall’espressione secolare mi invitarono mutamente a proseguire.

Presi un respiro per raccogliere le idee. Da dove cominciare?

Dal dubbio che più mi assilla. Decisi.

“I miei interrogativi sono tanti, ma mentre alcuni sono semplici curiosità su mia madre o il mio passato, ce n’è uno che mi tormenta.” Iniziai giocherellando con un lembo del vestito. “Io sono una Strega Bianca da quando mia mamma mi ha fatta riconoscere dall’Antica Magia, ma a parte un notevole incremento dei miei poteri non ho notato nessun mutamento nella mia personalità, nel mio modo di considerare la vita, la natura e gli affetti fortunatamente”. Mi sembrava che esprimere quel mio timore ad alta voce rendesse la sua possibilità di essere fondato più viva e ciò aumentava l’agitazione nella mia voce, facendomi parlare più concitatamente di quanto avessi voluto. Mi fermai, cercando di riottenere il controllo sulla mia voce perdendomi nell’osservazione del manto celeste. Quando fui certa di non avere il tono simile ad una campanella, proseguii. “Tuttavia Jadis sembrava convinta che presto o tardi avrei cominciato ad essere come lei e a provare i suoi stessi sentimenti verso il mondo perché era nel naturale comportamento di una Strega Bianca.” Riportai lo sguardo su Aslan, fissandolo con occhi supplici mentre formulavo la mia domanda. “Io non voglio divenire come lei. Non voglio essere fredda, incapace di dimostrare il mio affetto, essere crudele. Non voglio. Ma ho il terrore di non poterlo evitare, che Jadis avesse ragione e che io sia condannata dalla mia stessa natura. Dunque per favore dimmi, ogni Strega Bianca deve avere il cuore di ghiaccio, è inevitabile?”.

Il Grande Sovrano mi soppesò per un momento. Un lungo interminabile momento dove trattenni il respiro, immobile, in attesa del verdetto che mi avrebbe annunciato il futuro nel bene e nel male.

“Ancora una volta” si espresse infine “la superificiale conoscenza che Jadis aveva dell’Antica Magia ha decretato la sua disfatta. Tu non sei una Strega Bianca” mi rivelò.

Arretrai col busto, come colpita da un pugno. “Come non sono una Strega Bianca? Sono sua figlia” protestai flebilmente, fissandolo smarrita mentre mi sentivo come se stessi precipitando in un baratro sgretolato il pavimento delle mie poche certezze.

“Ciò implica che tu sia una strega, ma non devi necessariamente essere membro della Magia Bianca come lo erano i tuoi genitori perché, contrariamente a quanto credeva tua madre, essere o meno una Strega Bianca non è un fattore ereditario.” Specificò.

Ero convinta che ancora una parola e i miei occhi sarebbero usciti dalle orbite tanto erano divenuti grandi. “Ma allora cosa sono?” mi costruinsi a chiedere, anche se non ero certa che la risposta potesse essere piacevole. Andava a finire che ero strana e uno scherzo della natura anche in un mondo come Narnia…

Lo sguardo del felino si colorò di tenerezza. “C’era da aspettarsi che Jadis non si degnasse nemmeno di informarti su ciò che concerne il tuo popolo.” Si lamentò.

“So che esistono altri maghi, o per lo meno che esistevano, in una città di nome Suavitas” protestai irritata dalla sua affermazione sulla mia totale ignoranza. Mi sentivo già come una bimba alla quale bisogna insegnare ogni cosa senza che lo si sottolineasse.

“Però non hai idea di dove sia, come sia organizzata e chi vi abita.” Osservò paziente.

Colpita e affondata, abbassai lo sguardo.

Aslan sospirò. “Credo sia bene comincire dall’inizio” propose guardando il cielo, come se in esso cercasse l’ispirazione per il suo discorso.

“Migliaia di anni fa, in un tempo tanto lontano che Narnia ne ha ormai perso memoria, i maghi e le streghe vivevano qui a Narnia, in armonia con le altre creature magiche”. Lentamente mi sentii trascinare dalla sua voce profonda dentro quel nuovo racconto. Un racconto molto diverso dal primo, poiché sapevo che narrava la mia storia, ma anche quella del felino, il cui sguardo non focalizzava più le stelle splendenti. Possibile che fosse perso nei suoi ricordi? Che avesse visto l’epoca di cui parlava di persona? Un’occhiata alla sua espressione me ne diede la conferma, poiché sembrava lontana quanto quegli anni.

“Era un tempo davvero felice e prospero. Narnia non aveva ancora conosciuto cosa significasse la guerra, ognuno viveva lavorando per il benessere proprio e comune facendo ciò che gli riusciva meglio e i possessori della magia cercavano di allietare la vita dei meno fortunati con incantesimi contro il freddo o le malattie.

Purtroppo però il periodo di pace era destinato a concludersi. Le creature di Narnia cominciarono a provare invidia verso i maghi e le loro capacità. Constatarono che per coloro che usavano la magia la vita era più facile. Non dovevano farsi carico di fatiche fisiche, per ogni incombenza quotidiana bastava un semplice gesto della mano. Questo comportava più tempo libero a disposizione, tempo che poteva essere impegnato allietandosi in svariati modi, prendendosi cura della loro persona o accrescendo la loro cultura. Il divario cresceva di anno in anno e i narniani cominciarono a guardarli con diffidenza. Non accettarono più il loro aiuto e li emarginarono. Quando infine i maghi cercarono di promuovere alcune modifiche al sistema di vita collettivo innovazioni a cui erano arrivati grazie ad una cultura maggiore, sperando di migliorare il loro livello di vita e di riconquistarsi la loro fiducia, le creature di Narnia si dimostrarono fortemente ostili e li imposero di andarsene dal regno in quanto non erano più ben accetti. I maghi restarono profondamente delusi e sconvolti da questa richiesta, non comprendendo come potessero rinunciare a dei benefici che avrebbero giovato a loro. Ma mentre alcuni decisero di dimettersi alla volontà del popolo e si apprestarono ad andarsene non volendo entrare in conflitto, altri si opposero e affermarono che erano i narniani che se non li sopportavano dovevano andarsene, in quanto Narnia era casa dei maghi quanto delle creature magiche.

Questa fu la prima divergenza che nacque nella cominità dei maghi, la prima e l’ultima ma che portò a conseguenze determinanti. I propensi ad andarsene dimostrarono di avere un cuore buono e puro, animato dal desiderio di fare del bene disinteressatamente. Gli spiriti combattivi invece furono avvelenati dal risentimento che cominciarono a nutrire nei confronti delle creature di Narnia.

Scoppiò una guerra. La Prima Guerra di Narnia. Alcuni maghi e alcune streghe decisero di prendere le armi contro i narniani per costringerli alla resa o all’esilio. Furono crudeli, spietati, scoprendo un lato oscuro che in tempo di pace non aveva avuto modo di emergere ma che aveva sempre albergato in loro.” Il ricordo degli occhi freddi di Jadis mentre sollevava lo scettro letale contro Peter mi passò dinanzi come un lampo doloroso. Potevo ben immaginare la crudeltà di cui parlava Aslan. “I maghi che invece avrebbero lasciato Narnia subito, decisero di schierarsi a difesa delle creature magiche, in netto svantaggio contro la potente magia devastatrice degli stregoni, anche se avevano chiesto il loro allontanamento.

Fu una guerra fratricida. Il sangue sembrava sgorgare direttamente dalla madre terra e la diversità di sentimenti che animava i due schieramenti di maghi fu tale che la stessa magia da loro usata, finora neutra, si divise in due parti.”

“La magia buona e la maggia cattiva” sussurrai seguendo il discorso del felino. Se prima ero ammaliata dalla narrazione della storia delle costellazioni, ora ero completamente assorbita dal discorso.

La musica lontana, gli invitati, il castello, Peter…tutto dimenticato dinanzi alla realtà che Aslan mi stava descrivendo in maniera talmente coinvolgente che mi pareva di aver vissuto tutto ciò che lui diceva. Sentivo dentro al cuore la tristezza e il dolore suscitato da quella guerra, l’orrore per i sopprusi inferti dai miei simili a terzi e l’apprensione per quei maghi coraggiosi che cercavano di opporsi a tanta crudeltà.

Aslan annuì confermando le mie parole. “Nacque la Magia Bianca, che si piegava ai possessori di un cuore duro e freddo come il materiale dalla quale attingeva la sua forza, il ghiaccio. E la Magia Rossa, usata dai cuori che ardevano accesse dall’amore per la giustizia e la salvaguardia della natura come fuoco, l’elemento dalla quale prendeva energia.”

Restai impietrita alle sue parole. Solo la mia bocca si spalancò, segno evidente della mia incapacità di poter credere che in quella rivelazione risiedesse la mia salvezza.

“Tu Cathrine, hai un cuore portato all’amore e alla giustizia come hai più volte dimostrato. Un cuore che l’Antica Magia ha riconosciuto immediatamente durante la cerimonia e che le ha permesso di dichiararti una Strega Rossa, fatto che Jadis non aveva previsto e della quale non era a conoscenza, convinta che la tipologia di magia fosse ereditaria e non decretata dalle naturali inclinazioni di ogni individuo”.

In un flash mi ricordai quando, durante la cerimonia, l’Antica Magia mi aveva avvolta in un turbine a tratti freddo e a tratti caldo e di come, dopo numerosi passaggi, fosse entrato dentro di me nel momento in cui sapeva dei fiori della primavera. Un segnale che l’ignoranza e le troppe bugie non mi avevano fatto cogliere.

Strega Rossa. Sono una Strega Rossa.

Quelle due parole mi rimbombarono in testa, insieme all’enorme significato che si portarono dietro. Sentii il mio cuore farsi più leggero, mentre incredule le mie labbra si distendevano in un sorriso sollevato.

“Ne sei certo? Quindi non diventerò una strega crudele?”

Non sarei diventata come mia madre. Non avrei mai smesso di amare Peter, o di nutrire amicizia e affetto. Non mi sarei mai comportata come Jadis. Sarei rimasta me stessa, con le mie idee e i miei principi. Potevo guardare al futuro senza aver paura della mia persona.

Anche Aslan mi sorrise, contagiato dal mio sollievo. “Ne sono certo. Giovane Cathrine, una persona non può diventare crudele se non ha un cuore improntato per divenirlo. Jadis questo lo ignorava, convinta che poiché eri figlia di due adepti della Magia Bianca, saresti divenuta come lei.” mi confermò.

Avrei voluto ridere per la felicità. Il calore che avvertivo nel petto, suscitato da quella certezza, era talmente grande che avrei voluto espanderlo al mondo intero gridando di gioia. Tuttavia un interrogativo riuscì a farsi strada nella coltre di allegria che mi stava offuscando.

“Ma come è possibile che Jadis ignorasse come agisca l’Antica Magia?”

Possibile che la strega non avesse nemmeno sospettato che potessi essere diversa da lei?

“È molto più comprensibile di quanto tu possa pensare. La scissione tra Magia Bianca e Magia Rossa è accaduta talmente tanto tempo fa che le sue cause sono andate perdute. È credenza comune che sia un fattore ereditario l’appartenere all’uno o all’altro tipo di magia. In più il novantanove per cento delle volte un bimbo che ha entrambi i genitori appartenenti o alla Magia Bianca o alla Magia Rossa è anche lui uno stregone Bianco o Rosso semplicemente perché da quando nasce gli viene impartita una determinata educazione che lo porta a nutrire gli stessi sentimenti dei genitori e ad avere le loro stesse convinzioni.” Mi spiegò esauriente.

“Quindi se fossi cresciuta con Jadis e Ian sarei divenuta una Strega Bianca.”

La considerazione mi fuoriuscì dalla bocca senza che riflettessi. Sapevo che crescere con i miei veri genitori avrebbe cambiato radicalmente la mia vita, ma ora sapevo anche che avrebbe cambiato me stessa. Non sarei stata semplicemente Nives, strega cresciuta a Suavitas conscia da sempre della sua identità. Sarei stata Nives, strega cresciuta a Suavitas con dubbia moralità, un cuore poco propenso alla generosità disinteressata e principi totalmente diversi dai miei. Una persona con nessun punto in comune con Cathrine Icepower.

Dovevo quindi rallegrarmi di essere stata mandata dagli Icepower poiché il prezzo per crescere con la mia vera famiglia sarebbe stato rinunciare alla mia attuale identità? La risposta probabilmente non l’avrei mai conosciuta, perché solo io potevo darla ma non sarei mai stata in grado di operare una simile scelta. Ma fortunatamente non era necessario che lo facessi, dato che non avrebbe cambiato lo stato attuale delle cose.

Il Grande Felino mi guardò dritto negli occhi, facendomi scorrere un brivido lungo la schiena. Sembrava mi stesse leggendo l’anima attraverso le mie iridi azzurre, tanto era profonda l’intensità del suo sguardo, mentre mi parlava. “Probabilmente si” si espresse neutro “ma quello che importa non è ciò che sarebbe stato, ma ciò che è stato. Il destino ha voluto che non ti venisse concesso di crescere con i tuoi genitori, e per quanto questo mi dispiaccia sinceramente, specie per ciò che hai dovuto affrontare a Londra durante la tua infanzia, non posso fare a meno di constatare come la loro assenza abbia avuto un effetto più positivo di quanto avrebbe mai potuto fare la loro presenza e spero che condividerai con me questa opinione.” Affermò secco, chiudendo la questione.

Tanta determinazione mi sorprese ma annuii celere. Che si fosse irritato dalla mia semplice constatazione? O forse aveva intuito la mia incertezza sullo scegliere se era stato meglio crescere da sola ma con buoni principi o con i miei veri genitori?

Qualsiasi fosse il motivo tuttavia non aveva più importanza. Attualmente solo su una questione la mia mente riusciva a fissarsi. Ero una Strega Rossa. La spada di Damocle che pendeva minacciosa sulla mia testa con il suo destino ingiusto quanto infausto era stata distrutta.

“Quindi Cate resterà per sempre Cate”. Rischiavo di diventare pedante ma non mi interessava. Sentirselo riconfermare era balsamo per le mie orecchie.

“Puoi stare tranquilla” mi rispose accondiscendente il leone.

Il mio sorriso si allargò, godendosi il suono di quella frase.

Alzai gli occhi verso gli astri, consapevole che avrei potuto apprezzare la loro bellezza per tutta la mia vita con gli stessi sentimenti che provavo ora.

Se adesso però il mio cuore poteva stare in pace, lo stesso non poteva farlo la mia curiosità. Il mio presente e il mio futuro mi erano noti, ma il mio passato rimaneva da scoprire.

“Come si è conclusa la Prima Guerra di Narnia?” domandai riprendendo il discorso precedente.

“La guerra si protrasse a lungo, finché i maghi non divennero consapevoli del danno che con i loro poteri stavano causando alla terra stessa. Decisero di comune accordo di sotterrare le ostilità, ricordando che l’inizio del conflitto era nato a causa di terzi e non da offese mosse tra loro. Riuscirono a riappacificarsi, anche se ciò non bastò a riunificare la magia da loro divisa. Lasciarono Narnia, gli Stregoni Rossi per rispettare la volontà delle creature magiche, gli Stregoni Bianchi perché convinti che i maghi dovessero avere una loro patria indipendente e lontana da coloro che non erano adepti della magia.” Mi adombrai all’idea che i maghi, alla fine dei conti, fossero stati indotti ad abbandonare Narnia per l’invidia e la diffidenza degli altri. Non ero d’accordo con i metodi utilizzati dai Maghi Bianchi per obiettare, ma potevo ben comprendere il loro sdegno. Li avevano da sempre aiutati come più potevano, e la loro disponibilità li aveva condotti ad essere cacciati dalle loro case. Possibile che persino un mondo come quello di Narnia non fosse esente dalla discriminazione?

“Andarono a Suavitas?” chiesi.

Aslan annuì. “Viaggiarono a lungo, attraversarono la Pianura Sempreverde a nord del Bosco Fosco fino a superare le Montagne Rocciose ad est. Oltre la catena montuosa trovarono una terra florida e dal clima favorevole ad ospitare un popolo. Fondarono Suavitas, inizialmente un agglomerato urbano di medie proporzioni, ma che divenne sempre più grande con il passare degli anni, sino a diventare un regno poco più piccolo di Narnia stessa.”

I miei occhi si spalancarono dallo stupore. Avevo pensato che Suavitas fosse stata unicamente una città e che magari ce ne fossero state altre abitate da soli maghi, non avevo mai immaginato potesse essere stato un regno così vasto!

“Ma esiste tutt’oggi?” mi informai accesa di speranza.

“Si. È un regno lontano, di cui praticamente nessuno sa l’esistenza poiché dopo la guerra si sono persi totalmente i contatti con i maghi, ma esiste ed è una terra meravigliosa a mio parere.”

Respirai riempiendo i miei polmoni di eccitazione e desiderio di sapere ogni cosa possibile su quel regno divenuto improvvisamente reale e non più un’utopia, un luogo con una precisa collocazione geografica e non evanescente. Improvvisamente diventava un regno vero e non solo una parola vargata sulle pagine di un vecchio diario.

“Raccontami qualcosa su Suavitas, perfavore” lo supplicai, gli occhi che brillavano mentre cercavano di immaginarsi quale terra fantastica potesse essere “Com’è organizzata? Com’è chi vi abita? Come sono le case, le abitudini, i vestiti, le persone?” lo incalzai euforica.

Il Sovrano Supremo rise del mio entusiasmo, sinceramente divertito. “Calma, calma giovane Cathrine, come ho già detto risponderò ad ogni tua domanda” mi rassicurò. Alzò lo sguardo al cielo, raccogliendo le idee prima di cominciare. “I possessori di Magia Bianca e quelli di Magia Rossa, pur avendo modi diversi di percepire e apprezzare il mondo attorno a loro, concordarono che dovevano restare uniti se volevano fondare un regno forte. Devo dire che riuscirono nel loro intento, poiché la loro convivenza pacifica dovrebbe essere presa ad esempio dalla maggior parte delle comunità, Narnia compresa. Il senso di appartenenza ad una razza comune, quella dei seguici della magia, riuscì a farli superare ogni altra differenza, più o meno grande. Anzi, i maghi delle due frazioni si rispettavano a vicenda, anche se avevano punti di vista e preferenze dissimili. L’unica regola alla quale bisognava sottostare era che nessuno si poteva permettere di criticare o attaccare l’altro, regola che fu sempre rispettata, sino ad oggi.”

Senso di appartenenza? Unione? Rispetto? Parole che stridevano con l’immagine che avevo di Jadis. Se mia madre rappresentava la comunità dei Maghi Bianchi, dubitavo che gli Stregoni Rossi fossero mai riusciti a costruire qualcosa in pace con loro. Il racconto di Aslan non reggeva.

“Mi è difficile credere che delle persone così diverse come i Maghi Bianchi e i Maghi Rossi possano condividere la stessa terra senza andare gli uni contro gli altri. Sono certa che Jadis non avrebbe mai retto una simile convivenza” obiettai alzando scettica un sopraciglio.

Il Grande Felino però scosse lento la criniera fulva. “Hai ragione su Jadis, tua madre infatti se ne andò dal regno appena le fu possibile, non sopportando quel clima pacifico e liberale, e andò in cerca di un paese da modellare secondo le sue esigenze anche con la forza.” Mi rivelò alludendo alla sua conquista di Narnia. “Ma sei in grave errore se pensi che tutta la comunità dei Maghi Bianchi abbia le stesse qualità che contraddistinguevano Jadis. La popolazione dei maghi non vide più alcuna divergenza da dopo la Prima Guerra.” Ribadì con fermezza.

“Ma hai appena detto che ciò che differenzia i Bianchi dai Rossi è la loro crudeltà” obiettai confusa. Sentivo che mi stava per arrivare un gran malditesta.

“È vero, ma non è una crudeltà sempre manifesta, che applicano alla vita quotidiana. È una crudeltà che si rivela se stimolata, come quando i narniani li hanno cacciati. Certamente non è nella loro indole compiere atti di generosità disinteressata, preoccuparsi per il prossimo a meno che non faccia parte della loro famiglia. Sono scaltri, non brillano per sincerità e non sanno apprezzare il fiorire della natura. Non esitano ad approfittarsi degli altri, ad avere la meglio nelle dispute, sono egoisti ed egocentrici, l’unica cosa che può essere messa sopra il loro bene personale è il bene del regno grazie alla grande considerazione che hanno per la loro stirpe. Ma sanno vivere civilmente accanto ai Rossi, per i quali hanno un grande rispetto, collaborano per la prosperità di Suavitas e rispettano le leggi.” Li descisse accurato. “Jadis era feroce e spietata anche per gli standard della sua schiera. Bramava il potere, amava comandare e sovrastare il prossimo, desideri solamente suoi, non derivanti dalla sua razza.” Aggiunse con tono pacato, inclinazione però che non rese meno dolorosa il quadro che aveva fatto di mia madre. Gli aggettivi che Aslan le aveva attribuito erano tutti veri e ciò mi faceva male, ma cercai di tener ben presente che il felino non sapeva che quel ritratto calzava solo su una delle due faccie di Jadis. Era il profilo di Jadis Strega Bianca, non della Jadis madre che ero riuscita a scorgere brevemente di persona e poi approfondire con i suoi diari. Ma non dissi una sola parola per riscattarla. Ero conscia che sarebbe stata una causa persa tentar di far vedere Jadis ad Aslan sotto un’altra luce. Non ci ero ancora completamente riuscita con Peter, il quale l’aveva odiata per vent’anni, ovvero pochi secondi rispetto ai secoli di rancore che doveva provare il leone. Mi limitai quindi ad usare quella mia consapevolezza per lenire la ferita riaperta dalle sue parole.

“Quindi vivono in armonia.” Tirai le fila di quella lunga parentesi. “E come vivono? C’è un re, una regina, un governo…” chiesi cercando di chiudere definitivamente il discorso precedente.

“La loro è una comunità molto avanzata. Potendo utilizzare la magia, per accrescere la loro cultura poterono anche viaggiare attraverso il tempo e lo spazio, venendo a conoscenza del mondo terrestre, quello dove sei cresciuta tu” proseguì.

“Andarono sulla Terra?” la domanda era retorica considerando che il re era stato chiaro, ma il mio stupore era tanto grande che non potei trattenermi.

Mi diedi subito della stupida. Era ovvio che potessero attraversare i varchi temporali, dopotutto erano maghi, eppure finora avevo considerato quel viaggio una prerogativa unicamente di Aslan e di Jadis, vedendo la creazione di un passaggio come un qualcosa di eccezionale e pericoloso, una magia potente da utilizzare solo in caso di necessità. Invece a quanto sembrava era una pratica relativamente comune. Come i londinesi andavano al mare per le vacanze, i maghi andavano in un mondo parallelo. Tutto normale…

“Molte volte. Erano affascinati da un mondo privo di magia così diverso dal loro. consideravano i figli di Adamo e le figlie di Eva creature particolarmente ingegnose poiché erano riusciti ad assolvere alle loro esigenze unicamente sfruttando l’intelligenza. Rimasero particolarmente colpiti dalla letteratura, dalle tradizioni e dalle molte correnti di pensiero che nacquero nel corso dei secoli, tanto da adottarne alcune. Integrarono molti libri terrestri con quelli loro nelle biblioteche e istituirono il loro governo unendo insieme il meglio delle molte forme di potere che erano state pensate.” Ad ogni sua parola sentivo crescere un senso di appagamento. Sapere che il mondo alla quale appartenevo e il mondo dove ero cresciuta non erano poi così distanti e inavvicinabili come avevo creduto mi allietava. Non dovevo rinnegare le mie origini per abbracciare la mia identità di strega.

“Divisero il regno in contade” continuò Aslan “ognuna governata da un sindaco elettivo che poteva essere deposto in ogni momento se il popolo non fosse stato soddisfatto del suo operato. Il sindaco aveva, e ha tuttora, il compito di adoperarsi affinché le richieste dei cittadini vengano esaudite e deve supervisionare il benessere della sua area di competenza. Non ha il potere di emanare leggi, né di imporre tasse. Può unicamente proporle se gli sembrano necessarie, ma la decisione finale la prende la maggioranza durante il consiglio cittadino che ogni mese si riunisce. Infine annualmente deve recarsi a Corusca, la capitale del regno dove ha sede il Concilium Rei Publicae, nel quale si discutono le esigenze di Suavitas e quelle delle specifiche regioni.”

Dire che rimasi affascinata dall’organizzazione della mia patria era un eufemismo. Se la teoria era rispettata fedelmente, Suavitas avrebbe superato per efficienza e armonia la patria ideale di Thomas More.

“Sembra un regno splendido” sussurrai, provando l’ardente desiderio di visitarlo con i miei occhi.

“Lo è” confermò il sovrano. “I maghi sono una popolazione molto avanzata. L’ignoranza è stata sconfitta totalmente da millenni e la loro pari ed eccellente istruzione è il principale motivo per cui non ci sono né criminali né ingiustizie. Non ci sono sovrani superiori e sudditi inferiori come poteva accadere nel MedioEvo terrestre, ci sono solo persone alla quale viene accordato il permesso di rappresentare la volontà comune per facilitazione organizzativa, ma sono solo degli attori che recitano il volere popolare. Le decisioni vengono prese tutti insieme ed ognuno viene rispettato e valorizzato in quanto individuo pari a chiunque altro.” Si fermò un secondo prima di aggiungere. “Tuo padre, se non sbaglio, era una di queste persone.”

“Si, era uno dei membri del Consilium…” mi bloccai, rendendomi conto solo allora di un particolare. Un dettaglio che prima, quando avevo nominato Ian e il felino non aveva dato segni di stupore mostrando invece di conoscerlo, era passato in sordina ma che ora reclamava la mia attenzione. Aslan sapeva di mio padre.

“Come conosci Ian Caerphilly?” chiesi, più brusca di quanto desiderassi essere.

Fortunatamente il sovrano soprasedette sul mio tono, limitandosi a fornirmi la risposta. “Jadis è riuscita a nascondermi la tua esistenza per milletrecento anni.” Disse, prendendo il discorso da lontano. “Non avevo mai minimamente sospettato potesse avere una figlia, è stata incredibilmente abile a nascondermelo.” I suoi occhi secolari si posarono su di me, inchiodandomi per la loro intensità. “Ti prego di credermi se ti dico che se avessi saputo di te, ti avrei cercata appena finita la guerra per crescerti qui a Narnia. Mi spiace per la solitudine di cui hai dovuto soffrire a Londra. Mi sarei preso cura di te se solo ne avessi avuto l’opportunità.” C’era tanta dolcezza nella sua voce che non dubitai un solo istante della veridicità delle sue parole. Sentii gli occhi bruciarmi, segno che le lacrime erano pronte per scendere, suscitate dal calore che mi aveva invaso il petto per la confessione del felino, ma riuscii a ricacciarle indietro dicendo a me stessa che non era il momento giusto per piangere. La mia stima e il mio affetto per Aslan aumentarono, come anche il mio senso di colpa ripensando a come ero stata pronta ad accusarlo di ogni sciagura di Narnia. Era stato pronto a crescermi… esattamente come aveva temuto Jadis.

L’avrebbero cresciuta come loro alleata, insegnandole ad odiarmi e celandole le sue origini per servirsi della magia che certamente avrebbe ereditato. Le parole della strega mi si riproposero prepotenti dimostrando che almeno su quello aveva avuto ragione. Ma sarebbe stato un male? Per Jadis ovviamente si, avrebbe visto sua figlia crescere sotto gli ideali di Aslan, uno dei suoi peggiori incubi. Ma per me? Sarei diventata grande a Narnia, avrei avuto vicino qualcuno che mi insegnasse ad apprezzare e controllare i miei poteri. Qualcuno che non mi tacciava come diversa, qualcuno che mi voleva bene. Avrei avuto un’infanzia felice e senza rinunciare ai miei ideali attuali.

Desideravo rendere Aslan partecipe di quelle riflessioni, ringraziarlo quanto meno, ma non riuscivo ad aprir bocca. Tuttavia dal sorriso appena accennato che mi rivolse, compresi che aveva intuito perfettamente i miei pensieri dai miei occhi lucidi.  

“Purtroppo però ne sono venuto a conoscenza solo poco tempo fa, quando tua madre ti ha contattata dal limbo dove era rinchiusa.” Riprese il discorso, riportando la mia attenzione al presente. “Aprire un varco temporale dal limbo richiede un’energia talmente grande che è impossibile non percepirla nell’aria e nella natura, per chi ha orecchie per ascoltare.” Mi spiegò conciso. “Seguendo la meta della sua magia, ho capito con chi cercava di mettersi in contatto. Appena ho visto che eri una strega, ho compreso chi fossi e che dovevo tenerti lontana da Jadis. Per questo interrompevo i tuoi discorsi con lei e sempre per questo ho deviato la direzione del varco temporale che ti ha condotta qui…”

“Ecco perché sono capitata nella radura vicino a dove era di pattuglia Peter e non c’era Jadis!” lo interruppi presa dalle mie conclusioni.

“In realtà avrei voluto direzionarti direttamente alle rovine, ma ho dovuto cambiare rotta velocemente e lottare contro la magia di Jadis, così ho potuto solo evitare che ti portasse al Palazzo di Ghiaccio e condurti dove sapevo avresti presto o tardi incontrato i Pevensie” precisò.

Ed ecco spiegato perché non avevo incontrato nessuno ad attendermi oltre il varco a parte alberi e ancora alberi. Considerai tra me e me.

“Ma questo cosa c’entra con Ian?” riportai la discussione sul suo punto cruciale.

“Una volta assicuratomi che fossi al sicuro sotto la protezione del giovane Peter, mi sono informato su di te, su quando Jadis ti aveva avuto, con chi e come era riuscita a celarlo. L’Antica Magia mi ha aiutato, conducendomi a Suavitas e parlandomi di Ian Caerphilly, tuo padre.” Riassunse brevemente quella che invece doveva essere stata una lunga ricerca nel passato.

Ero incredula che Aslan fosse riuscito a reperire informazioni su di una persona vissuta milletrecento anni fa. Io ero venuta a conoscenza di mio padre solo grazie ai diari di Jadis, una fonte diretta, ma il felino era stato capace di apprendere ciò che gli interessava senza aiuti esterni. O meglio, con il solo aiuto della sua immensa conoscenza dell’Antica Magia. Forse avrei dovuto rassegnarmi e smettere di sorprendermi all’apparizione del primo minotauro, ne avrei guadagnato certamente in salute. Oramai avrei dovuto comprendere che a Narnia i fatti andavano semplicemente accettati così come venivano esposti, senza doverci ragionare su o farli rivenire a qualche logica pragmatica. 

“Sai cosa gli è successo dopo che Jadis se ne è andata?” domandai lasciandomi alle spalle lo stupore.

Aslan annuì con il capo dorato. “L’abbandono della Strega Bianca lo distrusse. Non si diede pace per molte lune, passò più di un anno a girare per tutto il regno, di città in città alla vostra ricerca.” Il mio cuore si strinse al pensiero di quanto dolore, seppur inconsapevole, gli avevo causato. L’unica colpa di Ian era stata quella di averci amato e per questo era stato punito venendo privato della futura moglie e della figlia neonata senza preavviso. Non osavo neppur immaginare quanto avesse sofferto. “Solo quando alla fine si arrese, riuscì a passare oltre il dolore e la delusione, ma ci vollero altri tre anni prima che riuscisse a ricostruirsi una vita e si innamorasse di un’altra giovane strega, una Strega Bianca di nome Eilein, con la quale ebbe un bambino di nome Erold.”

Posai i miei occhi azzurri in quelli ambrati del leone, la morsa che un poco si allentava. “E dopo è riuscito ad essere felice?” chiesi timorosa della risposta.

“Non vi ha mai dimenticate, ma alla fine è riuscito ad vivere felice anche con il vostro ricordo.”

Sospirai un poco sollevata. Sapere che l’atto meschino di Jadis non lo aveva rovinato per sempre mi faceva stare meglio. Da quello che mia madre aveva scritto, Ian era un brav’uomo. Si meritava la felicità che solo un amorevole focolare domestico può dare. Infine era riuscito a costruirsi una famiglia, con una moglie degna, un figlio… solo in un secondo momento realizzai che quel bimbo per me senza volto, del quale conoscevo solo il nome, era mio fratello. Mi sarebbe piaciuto poterlo conoscere, sapere se anche lui avesse ereditato i capelli rossi di nostro padre. Da figlia unica, cresciuta in una casa tanto grande quanto vuota, spesso avevo desiderato la compagnia di una figura della mia età, capace di comprendermi. Un fratello o una sorella. Mi consolai pensando che almeno uno dei due Caerphilly aveva avuto una bella infanzia.

“Credo di averti trattenuta sin troppo giovane Cathrine. I tuoi interrogativi sono stati tutti risolti e qualcun altro reclama giustamente la tua attenzione”.

Aslan interruppe la catena dei miei pensieri. Mi voltai a guardarlo confusa dalle sue enigmatiche parole ma il sovrano fissava un punto alle mie spalle. Seguii la sua traiettoria, verso l’uscio della porta finestra. In piedi, appoggiato alla cornice dell’apertura, Peter stava silenziosamente chiedendo il permesso ad Aslan per interromperci.

Sorrisi spontanea al suo indirizzo. Avevo l’impellente necessità di riportargli la discussione avuta con il Supremo Sovrano, dovevo dirgli che non ero una Strega Bianca, narrargli di Suavitas…

Aslan si congedò, attraversando il balcone con pochi passi. Per un attimo credetti di cogliere uno sguardo d’intesa tra i due sovrani prima che Peter si inchinasse al passaggio del felino, ma passò così in fretta che probabilmente lo immaginai soltanto.

Il biondo mi fu subito accanto ed io lo accolsi gettandogli le braccia al collo, esternando il mio stato d’animo.

Ero felice. Tanto felice. Per la prima volta in vita mia non avevo più domande, dubbi su di me, sul mio passato. Sapevo quali erano le mie origini, quale era la mia vera natura, le mie capacità. Sapevo perché ero cresciuta a Londra e non a Narnia.

Sapevo chi ero.

“Oh Peter, non hai idea di cosa mi abbia detto Aslan, non sono una Strega Bianca!” quasi trillai.

Lo sguardo confuso del ragazzo unito al sorriso spontaneo che era nato contagiato dal mio entusiasmo, mi fecero ridere divertita.

“Come scusa?” domandò.

D’accordo, forse la mia frase era stata un poco disconnessa. Lo invitai a sedersi alla panchina ed iniziai a raccontargli ogni cosa. Lo misi a parte della Prima Guerra di Narnia, della migrazione dei maghi, del loro scisma interno e del regno che avevano fondato. Come avevo pensato, Peter non aveva mai saputo l’esistenza di un regno di soli maghi, e la notizia lo conquistò. Era ammirato dalla loro organizzazione e si domandava come fosse possibile che non fosse rimasta traccia a Narnia della loro presenza. Infine gli dissi la novità più grande, quale era la mia vera natura. Giunti a questo punto però non mostrò la felicità che ero certa di suscitare, la stessa che invadeva me.

“Non sei contento che non sia una Strega Bianca?” lo incalzai, quasi irritata per la sua scarsa emotività. Possibile che mentre io avrei voluto urlarlo al mondo intero, lui sembrasse del tutto indifferente?

“Sono contento che tu sia contenta della notizia” rispose serafico.

Scossi la testa, non comprendendolo. “Ma vuol dire che non diventerò come Jadis, che non sarò mai crudele o un pericolo per Narnia” insistetti, corrucciando la fronte.

Il sorriso sghembo che mi rivolse però era talmente bello che le rughe sulla mia testa presto si appianarono contro la mia volontà.

“Cathy, Strega Bianca o Rossa non ho mai pensato solo per un secondo che tu potessi diventare diversa dalla meravigliosa ragazza che sei ora. Capisco che per te sia importante saperlo, ma a me non è mai importato cosa fossi. Ti amerei anche se scoprissimo che in realtà sei una sirena, dovresti saperlo.”

La sua risposta lo condonò completamente dalla sua poca partecipazione alla novità. Ero conscia che la mia espressione stava per divenire languida, così gli andai incontro per posargli un bacio a fior di labbra, giusto per darmi il tempo di ricompormi. Una volta però che la sua bocca si accostò alla mia, quello che doveva essere un semplice casto bacio, divenne subito più profondo. Peter prese il mio viso tra le mani e lo avvicinò a sé con un’esigenza che gli avevo sentito poche volte prima.

Tutte volte dove stava per succedere qualcosa di spiacevole.

Un campanello d’allarme suonò nella mia testa mentre mi ricordavo dell’occhiata di intesa tra lui e Aslan, della discussione misteriosa che aveva avuto con il felino e della turbata espressione che aveva mantenuto per tutta la serata.

Che ha mantenuto anche mentre gli raccontavo di Suavitas, mi resi conto riflettendo. Mentre parlavo non vi avevo fatto caso, ma ripensandoci un’ombra aveva sempre offuscato il suo sguardo per tutta la conversazione.

Facendo appello a tutta la mia volontà, che in quel momento rasentava lo zero, mi separai da lui e dalle sue labbra morbide, poggiandogli una mano sulla spalla.

Nei suoi occhi vidi la conferma dei miei timori. Erano un mare in tempesta e il suo controllo stava naufragando. Mi sentii mancare il respiro. Sapevo che solo qualcosa di veramente importante poteva turbarlo così tanto, ma cosa?

Gli scostai una ciocca bionda dalla fronte e ridiscesi fino a poggiare la mano sulla sua guancia.

“Peter, posso sapere cosa succede? C’è qualcosa che devi dirmi?” chiesi cercando di mantenere calmo il tono di voce. Qualunque cosa fosse, i miei nervi dovevano restare saldi, solo in questo modo avrei potuto essergli utile.

“Avrei voluto dirtelo a fine festa, per farti passare una serata piacevole, ma non credo di riuscire a nascondertelo oltre, perdonami.” Si scusò, guardandomi addolorato.

“Cosa mi stai nascondendo?” scandii, preparandomi mentalmente al peggio. L’euforia provata prima era scomparsa, scalzata prepotentemente dal senso di inquietudine che le ambigue parole di Peter mi avevano causato. Qualcosa di molto spiacevole era alle porte, lo vedevo riflesso nei suoi occhi. La mia, anzi, la nostra pace stava per essere nuovamente messa a rischio. E pensare che solo pochi minuti fa ero convinta di averla finalmente raggiunta! Possibile che prima avessi goduto solo di una felicità illusoria? Che dietro la spensieratezza e i buoni auspici di quel ballo si nascondesse un dolore imminente?

“Ho parlato con Aslan” incominciò senza farsi pregare ulteriormente. Era chiaro che non riusciva più a trattenersi, che aveva bisogno di parlarmene, di qualunque cosa si trattasse. Se aveva taciuto fino adesso era realmente solo per amor mio.

“E quindi…?” lo incalzai.

“Ha detto a me e a Susan…” si interruppe. Abbassò lo sguardo e trasse un profondo respiro prima di continuare. La mia agitazione aumentò. Cosa doveva dirmi di così difficile? Sembrava che ogni parola gli procurasse una fitta al petto. “…che il nostro tempo è scaduto.”


   
 
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