Anime & Manga > Sailor Moon
Segui la storia  |       
Autore: Miss Demy    16/03/2011    26 recensioni
New York City. La città che non dorme mai. Forse perchè è proprio di notte che si accendono le luci del Moonlight.
Un incontro improvviso, un ritrovarsi in un luogo inaspettato.
In una città, dove l'amore è solo una leggenda metropolitana, vengono meno le certezze del bel Marzio Chiba, crolla il suo Mondo e se ne crea uno nuovo, uno migliore.
Dal cap.2:
- Nessuno parlava, riuscii a sentire il suono della cintura che veniva slacciata. Non poteva essere. Seiya voleva…
Non riuscivo neanche a pensarlo, figuriamoci a dirlo.
Non mi importava delle conseguenze, aprii la porta, o meglio, ci provai.
Purtroppo era chiusa a chiave. Disperazione. Ma perché? Non la conoscevo, non sapevo nulla di lei. Eppure il cuore mi batteva forte se ripensavo al suo sguardo e alla sua dolcezza di quella maledetta-santa mattina.
“Seiya, apri questa porta. Subito. Muoviti!” ripetevo, battendo pugni sulla porta, facendo intendere che avrei continuato finché non mi avesse lasciato entrare.
Il mio respiro si faceva sempre più affannato, la mano iniziava a farmi male. Non mi importava però. Io dovevo proteggerla.

Dal cap.11
-Guardavo l'Upper East Side e mi sembrava di osservarla per la prima volta.
Quella magia che si era appena creata all'interno della stanza, con lei tra le mie braccia e Lei stretta a me, così da poter udire il suo cuore battere all'impazzata sulla mia schiena mi fece riflettere sul fatto che; bastava davvero poco, era sufficiente soltanto l'affetto e l'amore delle persone amate per rendere felice un uomo.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Moonlight'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
Cap. 14: L'ultima possibilità



Una carezza agitata, tormentata. Ecco cos’era il suo respiro irregolare sul mio collo.
Tremava.
Per quella notizia tanto sperata, tanto pregata, sofferta, desiderata con tutta l’anima, ottenuta - se necessario - anche vendendo il suo corpo. E finalmente, con sorpresa, con incredulità, arrivata.
Per quella possibilità che avrebbe donato ai suoi occhi, azzurri e perennemente coperti da un velo di tristezza, quella luce di felicità pura e meritata; la stessa che avrebbe regalato a Usa una nuova vita. Una migliore, allegra, giocosa, normale come quella dei suoi coetanei. Una vita. Semplicemente una vita.
Non ci poteva ancora credere Bunny mentre si stringeva forte a me, non credeva fosse possibile. Forse era troppo bello o forse era stato così tanto desiderato da risultare ancora strano il suono di quelle parole. Quelle che poi non erano soltanto semplici parole ma qualcosa di più. Erano tutto.
“Hanno trovato un donatore.”
E lo ripeteva. Se lo ripeteva per auto convincersi, per realizzarlo; come se ascoltando la sua stessa voce non sembrasse soltanto un sogno frequente, un desiderio espresso col cuore infranto ogni volta che entrava nella stanza ‘30’, una preghiera fatta nel cuore della notte accompagnata da lacrime amare prima di addormentarsi in quella stanza fredda e impersonale del Moonlight.
Doveva ancora rendersene conto, capire che fosse tutto vero.
Ed io non potei fare altro che avvolgerla nel mio abbraccio, sperando che il contatto col mio corpo potesse servire a farla calmare.
La pioggia scendeva sempre più fitta, sempre più incessante dal cielo grigio della City, unendosi ai suoi singhiozzi e al suono di quella verità ripetuta tra un misto di incredulità e felicità profonda.
Il cielo piangeva, si lamentava. Che fosse anch’esso un pianto di gioia?
 
Pian piano il suo respiro si regolarizzò; mi guardava con occhi persi nel vuoto, il suo pensiero era ancora in quella realtà utopica in cui si era rifugiata nell’ultimo anno, accompagnata dalla speranza nel cuore.
Presi un fazzoletto dalla scatola di cartone posta sul comodino e, simile ad una soffice carezza, lo feci scivolare sul suo viso, asciugando le lacrime: “Presto avrete la vita che meritate entrambe, amore mio.”
Mi portai in piedi, le ginocchia tenute premute contro il pavimento facevano un po’ male ma non mi interessava.
Ero felice. Per Lei, per Usa. Per noi.
Si alzò anche Lei, aiutandomi a sfilare il cappotto. La guardavo mentre lo adagiava sulla panca ai piedi del letto e mi riempii il cuore di gioia il suo sguardo che gradualmente si riempiva di serenità; lo stesso col quale si avvicinò a me cingendomi il collo e sollevandosi sulle punte dei piedi prima di dirmi:
“Grazie. Grazie di cuore, Marzio.”
Per un istante una lama mi trafisse facendomi bruciare il petto; per un attimo sentii il cuore fermarsi per poi ricominciare a battere molto velocemente.
Che avesse capito? Che avesse saputo? Impossibile! Vietato!
“Per cosa, piccola?” cercai di capire con voce tremante, contento del fatto che con la guancia poggiata sull’incavo della mia spalla non potesse vedere la mia espressione. L’avrebbe trovata spaventata, forse avrebbe persino visto il mio viso impallidire.
Strofinò la testa sul mio maglione di cashmere blu e, facendo scorrere le sue braccia su e giù per la mia schiena:
“Per esserci. Per l’amore che mi dai. Per aver sempre creduto in una soluzione.”
Alzò i suoi occhi verso i miei e distendendo le labbra in un sincero sorriso:
“Ti amo Marzio, ti amerò sempre.”
Passai una mano sulla sua nuca raccogliendo così i suoi lunghi capelli morbidi al tatto in una coda e, avvicinando il mio viso al suo:
“Io di più. Io sempre di più, amore mio”. Sorrise; lo feci anche io, e la baciai sulle labbra ancora salate ma sempre calde e bisognose delle mie.
Un bacio. Non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo. Ma era diverso, sapeva di nuovo, di serenità sincera.
 
Lei era rilassata, quella volta sul serio. Fin a quel momento c’era sempre stato qualcosa che la aveva bloccata; un assurdo senso di colpa che la aveva logorata nel profondo del cuore e col quale pensava fosse ingiusto tutto ciò che di bello le capitasse. Mi amava ma non riuscivo mai a sentirla lasciarsi andare fino in fondo. Provava passione, desiderio, ma i sensi di colpa per il fatto che la sorte avesse scelto Usa avevano sempre la meglio. Ed io lo capivo, lo sentivo e, mettendomi nei suoi panni, lo accettavo.
 
Le sue labbra intrappolavano le mie con dolcezza ma, allo stesso tempo, con profondo bisogno di quel contatto.
Ricambiai il suo bacio, con passione e irrefrenabile desiderio, intrecciando la mia lingua alla sua, mordendole le labbra con delicatezza e facendola sorridere.
“Mi sei mancato… mi sei mancato da morire” riuscì a dire - come se avesse aspettato davvero tanto prima di potersi sentire amata  e condividere quella notizia - mentre non intendevo separare le mie labbra dalle sue.
“Tu di più… ma ora sono qui. Qui con te” risposi tenendola stretta a me e facendola indietreggiare fin quando toccò il letto.
Si sedette tenendo il mio viso fra le mani e continuando a baciarmi fin quando non si ritrovò sdraiata con me sopra di lei.
“Sei bagnato” notò accarezzandomi i capelli.
Non le risposi, iniziai a toglierle la felpa per poi passare ad accarezzarle il collo, il seno, fino al ventre, con le labbra sempre più affamate di Lei.
C’era qualcosa che non andava però, riuscivo a sentirla tesa. Di nuovo. Perché?
Risalii per poterla guardare negli occhi e, pieno di desiderio:
“Lasciati andare, Bunny.”
Mi cinse la schiena, spingendomi a sé e stringendomi forte:
“Restiamo così per un po’.”

Per un istante non capii, mi sentii rifiutato e la cosa non mi piaceva; perché colei che mi amava e che aveva bisogno del mio contatto non voleva fare l’amore con me? Come mai proprio quando finalmente la speranza era diventata una certezza? Cos’era successo?

“Non mi vuoi?” fu la mia domanda con voce meravigliata e allo stesso tempo dispiaciuta.
Con le gambe dischiuse per permettermi di starle sopra, poteva sentirmi, poteva notare la mia voglia di Lei; dai miei occhi era evidente il desiderio di averla mia.
Accennò un sorriso ma la tristezza dei suoi occhi era appena tornata; iniziai a capirci sempre meno, credendo che fosse meglio sdraiarmi sul fianco accanto a Lei per poterla osservare:
“Cosa c’è bambina?” Il mio tono era passato da eccitato a preoccupato e molto curioso.
Si voltò di fianco anche Lei stringendosi a me:
“Ho paura.” E i suoi occhi sui miei lo confermavano.
“Di cosa?” chiesi aggrottando la fronte cercando di capire, spostandole la frangia dagli occhi e ravviandole delle ciocche dietro l’orecchio.
“E se Usa rigettasse il trapianto? Cos’accadrebbe?” scosse la testa, rifiutando l’ipotesi: “Lei ne morirebbe.”
Cercai di dire qualcosa ma mi precedette con tono amareggiato:
“Era così felice quando il Professor Tomoe gliel’ha detto davanti a me.”

I suoi occhi divennero lucidi, trattenne le lacrime ma, quando poggiò la sua testa sul mio petto, mi sentii bagnare da quelle gocce di paura capendo così che aveva ancora bisogno di sfogarsi.

“Sì, potrebbe capitare, Bunny, ma tu non devi pensarci. La prima regola fondamentale è essere positivi.”
Accarezzai la sua schiena liscia e fredda e, baciandole la testa:
“Andrà tutto bene. Andrà tutto bene, amore mio.”
Lo ripetei più volte, come un sussurro simile ad un soffio d’amore sul suo orecchio, cercando di rasserenarla e convincendomene pure io.
Ma in realtà gli stessi dubbi e le stesse paure vagavano per la mia mente da quel pomeriggio. Lei non poteva di certo saperlo ma io sì.

“Hai ragione, anche il Professor Tomoe ha detto che bisogna essere positivi” confermò strofinando la guancia sul mio petto e lasciandovi un dolce bacio sopra il maglione.
Distesi le labbra in un sorriso rassicurante, facendole poggiare la schiena sul materasso e mantenendo il contatto del mio corpo con il suo; quando i suoi occhi incontrarono i miei, aggiunsi:
“Ci sono io con te, con voi. Vedrai, presto sarà solo un brutto ricordo.”
Annuì solamente. Non c’era bisogno di continuare a parlare, erano le profondità delle sue iridi a manifestarmi il suo amore e la sua riconoscenza; era il suo sguardo pieno di dolcezza a farmi capire che si fidava di me e che si voleva affidare a me, per sempre.
 
Restammo abbracciati per un tempo indefinito; c’erano troppi pensieri che vagavano liberi nella mia testa, aumentando l’ansia e la paura che portavo nell’anima.
E se il trapianto non fosse riuscito? Come avrebbe reagito una bambina di soli cinque anni che intravedeva la luce alla fine del tunnel della leucemia?
E Bunny? Le sue speranze, le sue preghiere? La sua meritata felicità, la sua vita fatta di piccole cose e di esperienze da ventenne che aveva già dovuto bruciare? I suoi sogni sarebbero rimasti nel cassetto? Sua sorella, l’unica persona che teneva il filo conduttore con la parola famiglia, che fine avrebbe fatto? 
E poi c’era Moonlight… e non il night club bensì il libro voluto da Lady Amy come riscatto, come forma di risarcimento alternativo ai cari 40.000 bigliettoni verdi.
E se Mister Taiki non avesse mai acconsentito? Lo conoscevo. Alla RoseEdition era lui il boss, era lui che decideva i libri da pubblicare e non colui a cui commissionare l’edizione di un libro… specialmente se la committente era una donna.
Dovevo fare qualcosa… dovevo essere il suo Tuxedo Kamen; dovevo proteggerla, dovevo fare tutto il possibile per renderla felice.
Le diedi un bacio sulla fronte e, per alcuni minuti, sperando che tutto si risolvesse per come era giusto, chiusi gli occhi.
 
Dopo cena ripresi a scrivere; oramai avevo finito i primi tredici capitoli e, a mio avviso, trovato le risposte ai tanti quesiti a cui era volto il mio libro. Volevo che tutto fosse perfetto, speravo che il mio lavoro potesse piacere a Mister Taiki, magari leggendo i capitoli sarebbe rimasto soddisfatto e ciò avrebbe fatto sì che per me fosse più semplice parlargli del Moonlight e della proposta di Lady Amy.
Leggevo, rileggevo, correggevo, modificavo e rileggevo. Come se non fosse mai abbastanza, come se ci fosse sempre qualcosa da sistemare. In realtà era solo tensione e paura che qualcosa andasse storto, che il mio intento non andasse a buon fine. E se Mister Taiki non fosse rimasto soddisfatto? Avrei dovuto perdere altro tempo appresso a Le donne, l’Amore e New York. E io non potevo permettermelo. C’erano in ballo interessi troppo grandi, persone troppo importanti coinvolte. Io dovevo iniziare a scrivere Moonlight; lui doveva acconsentire alla mia necessità di scrivere Moonlight.
 
Nel buio del salone, distratto dalle mille perplessità che mi attanagliavano, riuscii a scorgere un’ombra davanti a me; alzai la testa e vidi Lei, il motivo delle mie tante paure, la ragione di tutto ciò che avrei cercato di ottenere, lottando contro tutto e contro tutti. Lei, Bunny, l’Amore.
Venne verso di me, illuminata dalle luci della City che dalla portafinestra penetravano riflettendosi sul suo viso:
“Vieni a letto?” Si chinò per darmi un bacio sulle labbra, prendendo la mia mano tra le sue: “È tardi, sono le 02.00.”
Scossi la testa: “Tra un po’ arrivo. Va’ a dormire, piccola” risposi portando la mano libera alla spalla per distendere i muscoli ormai tesi. Lasciò la mia mano e, dietro di me, iniziò a massaggiarmi la schiena e il collo:
“Marzio, sei stanco, andiamo a dormire. Continuerai domani.”
Voltai la testa indietro per poterla guardare in viso e notare la sua espressione piena di premure per me. Leggevo nei suoi occhi l’Amore, quello vero e sincero. Quello che non avevo mai provato prima. Quello che Lei provava per me, solo per me. Lo stesso che io avrei donato a Lei, sempre.
Mi alzai e, dopo quella spontanea riflessione, la abbracciai forte:
“Domani mattina ho l’incontro col mio capo. Vai a letto, io ti raggiungo tra poco.”
Alzò il viso, notando la stanchezza nei miei occhi e, aggrottando la fronte, chiese:
“Ma non era nel pomeriggio?”
Feci cenno con la testa indicando il cellulare posto accanto al notebook sul tavolino:
“Ha anticipato l’incontro. Mi farà impazzire prima o poi.”
Sospirai e lei sorrise a quelle parole:
“Resterà super soddisfatto del tuo lavoro!” cercò di rincuorarmi alzandosi sulle punte e premendo le sue labbra sulle mie.
“Speriamo…”
E lo sperai con tutto me stesso.
“Rileggo l’ultimo capitolo e arrivo” continuai, entrando le mani sotto la sua camicia da notte blu.
Annuì, lasciando una carezza sulla mia guancia e tornando nella nostra camera da letto.
 
23 Novembre – ore 9.00

Con la valigetta del mio notebook, a passo svelto, così come la moltitudine delle persone che affollavano i marciapiedi di Manhattan, mi diressi verso uno dei grattacieli dell’Upper East Side, sede della famosa casa editrice RoseEdition.
Le porte scorrevoli trasparenti, con scritto RoseEdition in rosso, si aprirono non appena mi avvicinai, permettendomi di accedere.
Le due giovani e avvenenti segretarie, rigorosamente nei loro tailleur neri, mi diedero il benvenuto lanciandomi uno sguardo eloquente.
 
Con Lenya *, una di loro, avevo avuto una notte di puro sesso in passato; era accaduto la sera in cui il mio editore aveva organizzato una festa per l’uscita del mio primo libro Odore di ciliegi in fiore; ero felice, mi sentivo importante, come se finalmente ciò per cui avevo lottato e in cui avevo creduto si fosse realizzato.
Era presente tutta la Manhattan che contava, erano stati invitati i migliori capo redattori delle case editrici della City. Ovviamente non poteva mancare lo staff. Fu così che, a seguito di molte coppe di champagne per brindare, sentii la necessità di terminare la serata ancora meglio di come lo era iniziata. Il sesso era quello che ci voleva; Lenya aveva trascorso tutta la serata a fissarmi, a lanciarmi sguardi maliziosi e seducenti e, a fine serata, dopo avermi detto all’orecchio:
“Vieni via con me?” giocando con una ciocca dei suoi lunghi capelli corvini; le sorrisi, avvicinandomi ancora di più a lei:
“Tra poco sai tu quella che verrai con me.”
Dopo aver preso quello che volevo, e che lei senza problemi mi aveva dato, lasciai il suo appartamento. Tornai a casa, sentendomi insoddisfatto, incompleto. Lungo l’Upper East Side, riflettei molto sul fatto che sarebbe stato bello avere qualcuno con cui condividere quel mio primo successo, quella mia soddisfazione.
Sarebbe stato bello avere una ragazza, che mi amasse, che fosse felice per i miei momenti di gioia e triste per le mie delusioni; qualcuna con cui condividere tutto. Qualcuna d’amare e da cui essere amato.
Ma quella era NYC, la città in cui l’Amore era una leggenda metropolitana e io ero soltanto un giovane ragazzo credulone nei buoni sentimenti.
Tornai così a casa, cercando di distogliere i miei pensieri da una possibile vita in due e ritornando alla realtà dei fatti. Una realtà dove le donne non provavano amore; non donavano amore. Erano troppo prese dalla frenesia e dalle mille opzioni della City e a me non restava altro che continuare a fare ciò che avevo sempre fatto negli ultimi quindici anni: adattarmi.
 
Ma dato che finalmente avevo trovato l’Amore con la A maiuscola, visto che c’era Lei che mi amava e che si fidava di me; superai il bancone posto all’ingresso e mi avviai, deciso e sicuro di me, verso la porta con la targhetta dorata in cui era inciso Mister Taiki Kou.
Battei due colpi sulla porta color noce e subito dopo sentii la sua voce dirmi: “Avanti.”
Seduto sulla sua poltrona di pelle nera con la caviglia destra poggiata sul ginocchio sinistra, Mister Taiki faceva roteare la poltrona da una parte all’altra; mi fece cenno con una mano di  accomodarmi di fronte a lui mentre con l’altra mano teneva il cellulare all’altezza dell’orecchio. Aspettai che terminasse la sua telefonata e dopo aver salutato il suo interlocutore mi disse:
“Veniamo a noi, Chiba!” Niente buongiorno, nessun come va?
Dritti al punto: “Come procede il tuo lavoro? Hai portato…?”
Annuii prima che potesse terminare la frase, tirando fuori dalla mia valigetta blu i tredici capitoli stampati quella mattina e porgendoglieli.
Diede un’occhiata, scorrendo le pagine con molta rapidità:
“Lo leggerò presto e ti farò sapere” disse, continuando a fissare i fogli rilegati.
E lì, arrivò il momento cruciale:
“Mister Taiki, dovrei parlarle.”
Rimanendo con la testa china, alzò gli occhi verso di me, aggrottando la fronte e mostrandomi un’espressione curiosa:
“Che è successo?”
Sospirai, facendo uscire tutta l’ansia che avevo accumulato nell’attesa di quella conversazione, e prendendo coraggio iniziai:
“Ho bisogno del suo aiuto.” Non parlò, si limitò ad alzare la testa, poggiando un gomito sul bracciolo e sorreggendo con la mano il mento, attendendo che continuassi.
“Scrivere quei capitoli sarebbe stato davvero difficile per me, e dico sarebbe stato perché in realtà c’è stata una persona, una musa, un’ispiratrice che mi ha permesso in pochissimo tempo di arrivare alla soluzione dell’enigma.”
I suoi occhi erano ancora fissi nei miei, attendendo di capirci qualcosa di più mentre con la gamba continuava a far girare la poltrona da destra a sinistra.
“Quella persona ora ha bisogno di me.” Una pausa e: “E di lei, Mister Taiki.”
“Di me?” chiese, con tono sorpreso fermando la poltrona.
Annuii: “Sì. Si tratta della mia ragazza. Ha perso i genitori l’anno scorso e dopo poco la sorella di quattro anni si è ammalata di leucemia.” Non sapevo se fosse giusto raccontare con così facilità ciò che Lei mi aveva confidato con tanta fragilità e tanto dolore, credevo solo che fosse necessario se volevo aiutarla davvero:
“Per pagare le cure e il ricovero al Memorial Sloan Kettering Center ha dovuto firmare un contratto al Moonlight.”
Un sorriso ambiguo uscì dalle labbra del boss:
“La tua ragazza è una Moonlight dancer?” C’era malizia, c’era un misto di stima maschile e divertimento puro da parte sua nei miei riguardi, c’era curiosità nel suo tono. Immaginavo già i pensieri nella sua mente, io in passato li avrei fatti:
“Non più se lei mi aiuta a tirarla fuori da lì.”
 
“Scordatelo! Non se ne parla!”
Furono queste le parole che, tutte d’un fiato, uscirono fuori dalla sua bocca dopo che gli raccontai della mia conversazione con Lady Amy.
“Chiba, noi ci conosciamo da più di un anno ormai; dovresti sapere che questa non è una casa editrice che pubblica libri su richiesta. Sono io che decido quali manoscritti pubblicare.”
Era come temevo, come in fondo sapevo. Mi limitai ad annuire, con un dolore al cuore e una sofferenza atroce se pensavo allo sguardo dolce e timido di Bunny, con un vuoto dentro lasciato dall’illusione di poter proteggere colei che amavo. Per un istante non riuscii a dire nulla e lui continuò, pieno di rabbia, considerando la proposta assurda e impensabile:
“La RoseEdition è una delle case editrici più rinomate di New York, se non la più rinomata. Ma dico, che figura facciamo pubblicizzando un night club!” Ci pensò un attimo e poi, scuotendo il capo: “No, no, fuori discussione!”
Deglutii, sentendo la gola secca per il panico e, trovando un appiglio: “Ascolti, Lady Amy dice che in molti uomini acquisterebbero un libro che parla di ballerine di night club.”
Sempre più convinto, nella speranza di convincere anche lui:
“Sarebbe vantaggioso per entrambi, mi creda!”
Sbatté il palmo sulla scrivania, adirandosi: “Ma come si permette questa Lady Amy a dire ciò che è vantaggioso e cosa no? Questo è il mio lavoro, io so cosa è vantaggioso e cosa non lo è!”
La parola io era stata pronunciata con maggior intensità in tutta la frase.
“Dica a Lady Moonlight che i romanzi sono per le donne; gli uomini preferiscono andare direttamente a vedere e a toccare tette e culi!”
Come dargli torto? Si vedeva che nel suo campo era il migliore; la sua capacità di capire cosa fosse un ottimo affare e cosa no, così su due piedi, era sbalorditiva.
Ma io avevo bisogno di lui, avevo bisogno di una soluzione.
Ero ormai senza speranze. Sapevo che il suo rifiuto sarebbe stato quasi certo ma non volevo rassegnarmi all’idea. Forse dovevo. Forse era necessario farlo. O forse no…
Sulla scrivania c’era un manoscritto rilegato con la copertina azzurra e il titolo in blu Meet me.
Era l’ultima speranza, l’ultima ancora di salvezza:
“Lei è il migliore, Mister Taiki, e non oserei mai contraddirla. Lei sa come funziona il campo dell’editoria; quella Lady Amy invece non ne capisce nulla; quella sa solo come far andar avanti il suo locale. E lo fa egregiamente.”
Mi guardò incredulo, non immaginando che avessi potuto concordare con lui; con aria pensante si alzò avvicinandosi alla vetrata laterale; i grattacieli di Manhattan e il ponte di Brooklyn in lontananza sullo sfondo di un cielo azzurro senza nuvole, donavano un’incantevole vista della City. Si perse in quel panorama portando la mano destra sul polso sinistro dietro la schiena.
Sospirai e, con moltissima audacia, osai:
“Fottiamo Lady Amy, diamole il libro intitolato come il suo bordello! Alle donne piacciono i romanzi e le storie d’amore? Bene, scriverò una storia d’amore; la mia storia d’amore con Bunny. Le lettrici adoreranno Bunny.”
Il suo silenzio faceva aumentare i battiti del mio cuore, accresceva la paura di un rifiuto definitivo. Precedetti una sua qualunque risposta:
“Mi permetta di presentarle Bunny. La conosca, magari si renderà conto del perché ci tengo così tanto ad aiutarla. Capirà perché sono certo che il libro sarebbe un successo. Per me è importante, troppo importante.” Ero serio, visibilmente disperato e bisognoso di una possibilità; la mia voce era sempre più confusa e tremante.
 Si voltò verso di me con sguardo serio ed enigmatico e, in attesa di una sua risposta, il mio cuore per pochi attimi si fermò.

Continua…
 
Note:
*: Lenya è la versione rivisitata e adattata di Nehellenia!

 

Il punto dell’autrice

Cari amici e fidati lettori, finalmente è chiaro cosa è Moonlight!
Innanzitutto tengo a ringraziare le mie Moonlight dancers, e cioè coloro che mi seguono sul Moonlight fan club di facebook, e tutte coloro che tramite le recensioni spendono parole piene d’affetto nei miei riguardi!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, non so perché ma credetemi, la prima parte è stata davvero difficile da scrivere…
Ero bloccata e per questo ho ritardato la pubblicazione!
Ora però viene il bello e il prossimo cap. sarà pubblicato con più rapidità!  
Ci tenevo a precisare e a smentire ciò che ho scritto in precedenza:
Moonlight avrà qualche capitolo in più e quindi non mancano 3 cap. ma un po’ di più. Mi spiaceva affrettare i tempi e scrivere Fine.
Questo capitolo è dedicato a tutte le mie lettrici, un modo per ringraziarle per avermi sopportato e supportato per ben 14 capitoli (15 con Uncutted!)
Quando ho scritto ‘ le lettrici adoreranno Bunny’ ho pensato a tutte voi!
Fatemi sapere con una recensione cosa vi è piaciuto e cosa no, ve ne sarei grata!
Un abbraccio e a presto!

Demy


Image and video hosting by TinyPic
Moonlight fan club Facebook
   
 
Leggi le 26 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Miss Demy