3. Heartache Every Moment
“Che bello, ne ho trovata un’altra”
borbottò ironicamente
Ichigo afferrando l’ennesima lattina e gettandola nella busta che aveva
in
mano.
“Hai detto qualcosa?” le chiese Masaya voltandosi a guardarla. La rossa
si girò
di scatto verso di lui sfoderando un meraviglioso sorriso di
circostanza.
“No, Masaya, niente!”
Il moro le sorrise e tornò ad occuparsi dei rifiuti che stava
raccogliendo poco
lontano dalla sua ragazza.
Ichigo sbuffò silenziosamente, maledicendosi per aver risposto al
telefono
quella mattina. Certo, le chiamate di Aoyama erano sempre attesissime e
soprattutto gradite, ma di certo non si sarebbe aspettata un invito del
genere.
Sapeva già che il suo Masaya era il tipo che preferisce andare a
ripulire un
parco, per l’appunto, piuttosto che andare al cinema con la sua
ragazza. E
Ichigo si era trovata costretta ad accettare per poter trascorrere
almeno un
po’ di tempo con lui.
Comunque, anche se odiava passare il tempo a raccogliere immondizia, la
cosa le
dispiaceva fino a un certo punto, perché comunque era del tempo passato
insieme
a Masaya.
Certo, non proprio quello che aveva sperato, ma meglio di niente.
“Beh, direi che qui abbiamo finito” esordì il ragazzo dopo dieci
minuti,
avvicinandosi alla rossina e dandole una carezza sulla testa.
Ichigo arrossì e saltò in piedi, stringendo tra le mani la busta nera.
“Che ne dici, ti va di andare in un bar a prendere qualcosa?” le chiese
prendendo la busta e tenendola dietro una spalla con la mano. Con
l’altra
afferrò quella della rossa, che subito annuì felice, rimangiandosi
quello che
aveva pensato solo qualche minuto prima.
“Possiamo anche pranzare insieme” azzardò lei, con il cuore che batteva
un po’
più forte del dovuto. La presenza di Masaya le provocava sempre un gran
batticuore, e si era resa conto che l’amore per il suo ragazzo stava
crescendo.
Come il disprezzo per se stessa.
Si incupì per un secondo mentre attendeva la risposta, e quando questa
arrivò,
affermativa, risollevò la testa di scatto e si aprì in un enorme
sorriso.
Non doveva pensare alle brutte cose. Gli alieni, dopo una serie di
attacchi a
raffica, non si erano più fatti vedere.
Di certo non si sarebbero fatti vivi proprio in quel momento!
Masaya sorrise a sua volta e insieme si incamminarono.
Giusto il tempo di fare due passi,
però,
e furono costretti a bloccarsi. Ichigo, per lo meno, che vide Masaya
cadere
accanto a lei all’improvviso.
“Masaya?!” esclamò chinandosi immediatamente verso di lui. Cos’era
successo? Un
secondo prima stavano parlando e poi il moro era caduto in un istante.
Lo scosse richiamandolo più volte, quando fu costretta a voltarsi a
causa di un
ringhio alle sue spalle.
Spalancò gli occhi trovandosi davanti quello che ovviamente era un
chimero, gli
occhi infuocati e i denti lunghi che spuntavano dalla bocca ringhiante.
Cadde a terra mentre con la mano teneva stretta la maglietta di Masaya,
ancora
inerme. Ok, era svenuto, ma per quale motivo? Forse il mostro gli aveva
dato
una silenziosa zampata?
Sentì il cuore accelerare i battiti e strinse gli occhi impaurita,
mentre il
mostro alzava la zampa.
Si sentì colpire alla spalla e volò lontano, sbattendo contro un albero
poco
distante.
Gemette forte mentre cadeva a terra e vide il sangue inzupparle la
maglia, gli
occhi che iniziavano a lacrimare.
“Che-che dolore…” tremò forte sopraffatta dal dolore alla spalla, ma fu
costretta a riprendersi immediatamente.
Vide il chimero che, poco lontano, si stava avvicinando a Aoyama.
Sbarrò gli occhi e sentì le gambe muoversi da sole.
Mentre correva tra il suo ragazzo e il mostro, si trasformò ed estrasse
il
fiocco del cuore, tenendolo saldamente con la mano sinistra. Correre
con la
spalla dolorante era davvero scomodo, ma non poteva fare altrimenti.
Si tuffò tra i due e punto l’arma contro il chimero con il braccio
tremante,
urlando la formula che fece sprigionare dall’arma un
grande muro di energia che si schiantò
contro il chimero.
Il mostro, con uno stridio acuto, andò in mille pezzi e Ichigo dovette
coprirsi
gli occhi con il braccio per non rimanere accecata.
Quando l’alieno scomparse, tirò un sospiro di sollievo e si passò una
mano
sulla fronte, voltandosi a guardare Aoyama.
Tornò alla sua forma normale e notò la maglietta all’altezza della
spalla
lacerata e ancora rossa di sangue.
Gemette mentre si inginocchiava su Masaya, sentendo che respirava
ancora.
L’ennesima lacrima le scivolò lungo la guancia e lei infilò una mano in
tasca,
estraendo il cellulare.
*
“Ichigo!” il ragazzo si bloccò
davanti alla rossa,
portandosi una mano sul petto e cercando di riprendere fiato.
Ichigo gli dedicò un dolce sorriso, vedendo che a quanto pare, dopo la
telefonata, si era proprio precipitato da lei. Non erano passati
neanche cinque
minuti da quando quella conversazione telefonica si era conclusa.
Il ragazzo si chinò su di lei, fissando la spalla e poi gettando
un’occhiata
preoccupata ad Aoyama.
“E’ svenuto?”
“Sì, Kei… ti dispiace?” Ichigo si aggrappò a lui con il braccio
sinistro,
sollevandosi e gemendo dal dolore.
“Sono stati Kisshu e compagnia?” domandò Keiichiro sorreggendola e
scostando
lievemente il tessuto della maglietta per esaminare bene la ferita.
Ichigo strinse un occhio e digrignò i denti, scuotendo la testa. “Penso
di sì,
ma come al solito non si sono fatti vedere…”
Kei annuì e poi estrasse un fazzoletto dalla propria tasca. Lo poggiò
sulla
ferita e Ichigo cacciò un urletto, ma lui non demorse.
“Devi tamponare o continuerà ad uscire sangue. Perché non vai al Caffè
e non mi
aspetti lì? Io sveglio Aoyama e lo accompagno a casa”
Ichigo sobbalzò. “Ma… non voglio lasciarlo solo…” disse, il peso nel
petto che
aumentava. Non solo aveva messo Masaya in pericolo per l’ennesima
volta, ma era
anche costretta ad abbandonarlo. Come sempre, dopotutto.
“Devi riposare, e poi non sapresti come spiegarli quella” rispose lui
serio
indicando con un cenno del capo la sua ferita. Le sorrise cercando di
apparire
rassicurante e le poggiò una mano sulla testa, carezzandola piano. “Ci
penso
io, non ti preoccupare. Tu attendimi al Caffè, non ci metterò molto ad
arrivare”
La rossa, dopo il primo attimo di sgomento, decise di accettare.
Con un’ultima occhiata a Masaya, si allontanò lentamente, altre lacrime
che le
bagnavano il volto.
Non riusciva più a sopportare quella situazione.
*
Ichigo aprì lentamente la porta del
locale vuoto ed entrò
silenziosamente, richiudendosela alle spalle.
Mosse qualche passo incerto, poi si bloccò.
Era veramente giusto andare lì? Aveva di nuovo lasciato Masaya da solo
e senza
spiegazioni. Certo, non che fosse la prima volta, ma comunque anche se
ogni
volta lui l’aveva perdonata, quella situazione le faceva comunque male.
Lo
stava tradendo e gli stava mentendo. Non era degna di essere la sua
ragazza.
Strinse gli occhi e riprese a camminare verso la prima sedia
disponibile. Vi si
accasciò sopra con un piccolo singhiozzo e la spalla dolorante, e si
sciolse in
un pianto liberatorio ma silenzioso.
Passò qualche minuto, ma di Kei non c’era traccia. Forse aveva avuto
qualche
problema nell’inventare una scusa con Masaya.
Iniziò a preoccuparsi, quando sentì dei passi alle sue spalle. Forse
Kei era
passato per la porta posteriore?
Si alzò di scatto provocandosi un giramento di testa improvviso e fu
costretta
ad aggrapparsi alla sedia, la vista che si offuscava. Si sentiva debole
e la
spalla doleva sempre più.
“Kei, sei tu?” nella stanza, dal piano di sopra, comparve Ryo.
Rimase un attimo di stucco quando notò che invece del suo amico, era
stata
Ichigo ad aver fatto quel rumore che aveva attirato la sua attenzione.
Il suo sgomento aumentò quando notò il sangue e l’espressione
sofferente della
rossa.
Spalancò gli occhi e le corse incontro, cingendola immediatamente fra
le
proprie braccia per sostenerla.
“Che ti è successo?” chiese apprensivo, stringendola e facendola sedere
di
nuovo, mentre lei deglutiva a fatica.
“So-sono stata attaccata” borbottò senza guardarlo negli occhi. Avevano
litigato,
allora perché Ryo si comportava come se nulla fosse successo?
“Attaccata?!” si inginocchiò di fronte a lei ed esaminò attentamente la
spalla,
avvicinandosi di poco.
“Questa va medicata… torno subito” si alzò e corse – corse!
– verso le scale che portavano al piano di sopra, ma la voce
della rossa lo bloccò.
“Aspetta!” esclamò lei, rialzandosi dalla sedia e allungando una mano.
Ryo si
fermò, una mano sullo stipite e gli occhi impazienti. “Cosa?”
“Kei… ha-ha detto che ci pensava lui… Dovrebbe tornare fra poco”
balbettò la
rossa, sentendosi a disagio. Non voleva che fosse Ryo a curarla, non
voleva
neanche stare nella stessa stanza con lui a dire la verità. Aveva
ancora vivido
nella mente il ricordo dell’ultima volta in cui si erano visti. Non gli
era piaciuta
quella discussione, e soprattutto il modo in cui era finita.
Ryo rimase fermo per un secondo a guardarla, poi scosse la testa.
“Smettila di fare la sostenuta, ho detto che ci penso io” salì le scale
senza
darle il tempo di ribattere, e Ichigo si lasciò ricadere sulla sedia,
passandosi una mano sulla fronte.
Tempo un minuto e Ryo tornò di sotto con in mano una cassetta del
pronto
soccorso. Si sedette di fronte alla rossa poggiando la cassetta sul
tavolino e
la fece distendere contro lo schienale, pigiando con il dito sulla
spalla sana.
La rossa teneva lo sguardo fisso a terra, i suoi piedi erano diventati
vagamente interessanti.
Ryo lasciò correre, poi si rese conto di una cosa.
“Devi togliere la maglietta” disse, grattandosi la testa.
Ichigo spalancò gli occhi di scatto e sollevò la testa, facendosi male
al
collo, e arrossendo fino alla punta delle orecchie.
“COSA?!” sbraitò, tirandosi indietro. Ryo scosse la testa e la fissò
con
sufficienza, incrociando le braccia.
“Non posso curarti con la maglietta addosso. E’ sporca e mi è di
impiccio. Te
la devi togliere”
“Io non voglio spogliarmi davanti a te” ribatté lei inarcando le
sopracciglia.
Ryo sbuffò.
“Allora come la mettiamo?” disse, urtato. Non era proprio il momento di
fare la
vergognosa. “Quella ferita va curata, e non ho nessun interesse a
guardare una
bambina come te. Togliti la maglietta e poggiala sul petto, così non
guarderò.
Contenta?”
Ichigo voleva ribattere, soprattutto per il commento sulla bambina, ma
capì che
quella era l’unica soluzione possibile.
“Vo-voltati” arrossì ancora una volta, portando le mani al bordo
inferiore
della maglietta.
La sfilò mentre Ryo si voltava dall’altra parte per non guardare.
L’appallottolò facendo in modo che la parte macchiata e strappata
finisse al
centro della matassa e se la poggiò sul seno, tenendola stretta con una
mano.
Ryo, sentendo che aveva smesso di trafficare, si voltò e sorrise appena.
“Ok, ora ferma…” prese una garza dalla scatola e la impregnò di
disinfettante.
Poi si fermò a guardare Ichigo, che aveva di nuovo smesso di guardarlo.
Sapeva che rischiava il linciaggio, ma doveva farlo.
Allungò una mano e afferrò la spallina del reggiseno con due dita,
facendogliela scivolare lungo il braccio.
Stavolta Ichigo saltò proprio in piedi, strillando e arrossendo così
tanto da
sembrare un tutt’uno come i capelli.
“Che-che-che…!” balbettò incredula, incapace di formulare una frase di
senso
compiuto. Era sconvolta. Cosa faceva Ryo, ci provava con lei? Senza
neanche
essersi scusato per la volta prima, oltretutto? Doveva essere malato
per
pensare una cosa del genere.
Il biondo sbuffò sonoramente e si alzò, afferrandola per le braccia e
facendola
sedere di nuovo.
“Mi impediva di curarti e l’ho spostata. Non ho intenzione di saltarti
addosso,
Ichigo. Stai tranquilla”
La rossina fu costretta a rimanere immobile mentre Ryo iniziava a
medicare la
ferita e a pulire le macchie di sangue tutte intorno.
Si sentiva imbarazzata all’inverosimile. Era seminuda davanti a un
ragazzo che
non era il suo ragazzo, e sentiva il cuore accelerare i battiti ogni
volta che
il biondo le sfiorava la pelle con le dita, oppure ogni volta che lui
soffiava
sulla ferita dopo avervi passato sopra la garza.
Strinse i denti un paio di volte per il dolore, ma riuscì a resistere
senza
lamentarsi quasi mai.
Dal canto suo, Ryo stava facendo una fatica immensa a trattenersi.
Ichigo gli piaceva. Lo sapeva lui, lo sapeva Kei e probabilmente anche
le altre
ragazze se n’erano accorte. Solo lei non se n’era resa conto, e forse
questa
era una fortuna.
Il loro rapporto era già parecchio instabile, litigavano sempre e non
facevano
altro che stuzzicarsi. Se solo avesse osato confessare i suoi
sentimenti a
Ichigo, di sicuro lei dopo averlo rifiutato avrebbe iniziato a
trattarlo in
modo diverso, e lui questo non lo voleva. Meglio avere la sua amicizia
in un
modo un po’ bizzarro piuttosto che non averla accanto in nessun modo.
Sollevò lo sguardo e guardò il suo bel viso arrossato ma allo stesso
tempo
stravolto.
La voglia di proteggere quella gattina stava diventando difficile da
controllare.
“Allora… com’è successo?” chiese, continuando a medicare. La ferita non
era
profonda, ma aveva perso un bel po’ di sangue e se non l’avesse
disinfettata
avrebbe potuto infettarsi.
Ichigo esitò un attimo a rispondere. Non aveva voglia di confessare che
era con
Masaya. Non aveva voglia di parlare di lui in quel momento, perché
ricordare le
faceva male.
Chissà perché Kei ci stava mettendo così tanto, oltretutto?
“Ero nel parco… passeggiavo e sono stata aggredita” chiuse il discorso
velocemente,
sbuffando.
“Ma perché Kei non arriva?”
“Appena finisco qui lo chiamo” rispose veloce Ryo, impaziente di
tornare al
discorso di prima.
“Ti hanno colto alla sprovvista, dunque… e poi hai chiamato Kei” si
irrigidì un
po’ quando disse quella frase, e Ichigo se ne accorse.
Si voltò a guardarlo e alzò un sopracciglio.
“Che ti prende?”
“Niente” rispose velocemente, fissando con insistenza la ferita ormai
del tutto
ripulita. Non voleva ammettere che il fatto che Ichigo avesse chiamato
Kei e
non lui lo scocciava, e pure tanto. Dopotutto comunque, si era detto
che era
una cosa normale. Lui e Ichigo avevano litigato l’ultima volta che si
erano
visti, era ovvio che non volesse chiedere aiuto proprio a lui.
“A proposito dell’altra volta…” il biondo alzò lo sguardo e ripose la
garza
dentro una busta di plastica, chiudendola con un nodo. Ichigo sollevò
la mano
destra e lo azzittì prima che potesse continuare.
“Lascia stare Ryo, mi hai già detto come la pensi, non voglio sentire
oltre”
“Veramente volevo scusarmi, ma se non vuoi starmi ad ascoltare sono
problemi
tuoi” ribatté freddo lui richiudendo la cassetta con un sonoro clack e alzandosi. Si avviò tranquillo
al piano di sopra, ma fu subito bloccato da Ichigo.
La rossa si era alzata di scatto e aveva fatto cadere a terra la
maglietta, ora
era davanti a lui con solo il reggiseno e una spallina abbassata lungo
il
braccio.
Ichigo arrossì per l’ennesima volta e si portò le braccia a x sul
petto,
balbettando un “To-torna qui, ti ascolto…”
Ryo scosse piano la testa con un sorrisetto e le fece cenno di tornare
a
sedere, poi sparì sulle scale.
Sentiva il cuore andare velocissimo.
Ichigo era davvero bella, e per lui vederla così era una visione.
Cercò di calmarsi pensando ad altro, ma l’immagine di Ichigo seminuda
di fronte
a lui non riusciva a dargli tregua.
Aveva sempre provato un grande affetto per lei, fin da quando l’aveva
vista per
la prima volta.
Poi aveva scoperto che lei aveva un ragazzo – o per lo meno, c’era
qualcuno che
le piaceva -, e allora aveva messo da parte quel sentimento, che
purtroppo poi
però era fuoriuscito più impetuoso di prima.
E solo da un paio di settimane si era reso conto di desiderarla. Tanto.
Quando se l’era trovata davanti giorni prima, fuori dalla sua camera,
aveva
veramente temuto che il suo corpo potesse esplodere. Aveva fatto venire
quella
straniera per sfogarsi, ma la visita di Ichigo aveva fatto crollare
tutti i
suoi muri.
La voleva, e la voleva da morire.
Tornò al piano di sotto dopo aver riposto la cassetta nella propria
camera e la
trovò vestita.
Tornò a sedersi davanti a lei e incrociò le braccia, attendendo che la
rossa
dicesse qualcosa. Ma lei non disse nulla.
“Allora…” iniziò Ryo, cercando qualcosa di buono da dire. “Abbiamo
esagerato
entrambi, l’altra volta. Mi spiace” disse serio, sporgendosi in avanti
e
poggiando gli avambracci sulle gambe. Ichigo deglutì, asserendo con la
testa.
“Sì… dispiace anche a me… Non è vero che non ti ritengo affidabile, Ryo”
“Allora perché non hai chiamato me?” disse veloce, ma si pentì il
secondo dopo.
Ichigo sollevò le sopracciglia, poi capì.
“Io… non volevo coinvolgerti. Ce l’avevo ancora con te…”
Ryo increspò le labbra e annuì. “Comprensibile” disse, poi si alzò.
“Ora forza, ti accompagno a casa”
*
Ichigo si svegliò presto, quella
mattina.
Si era alzata, aveva fatto una bella doccia calda, si era preparata e
poi era
scesa giù in cucina, dove era sicura che sua madre la stesse aspettando
con un
sorriso stampato in volto e con la colazione già pronta.
Si meravigliò quando la vide sì sveglia, ma in pigiama seduta al tavolo
mentre
con gli occhi semichiusi faceva roteare un cucchiaino nella tazza di
latte che
aveva davanti.
“Mamma?” la rossa si avvicinò e Sakura aprì del tutto gli occhi.
“Ichigo? Che ci fai in piedi a quest’ora?” chiese la donna gettando
un’occhiata
all’orologio appeso al muro. La rossa si grattò la testa. “C’è scuola,
sai?”
“Ma non era chiusa, oggi?” domandò la donna inarcando un sopracciglio e
svegliandosi un po’.
Ichigo si ammutolì, facendo mente locale.
Scuola? Chiusa?
“Cavolo, è vero!” si batté una mano sulla fronte e si accasciò sulla
sedia. Per
una volta che si era svegliata presto. Questa sì che era sfortuna bella
e
buona.
“E tu come mai sei in piedi?” domandò poi alla madre, vedendola quasi
ricadere
nel mondo dei sogni mentre continuava a far ruotare il cucchiaino.
“Ho preparato la colazione e il pranzo da portare via a tuo padre… E’
uscito
prestissimo stamattina… Ora però ho sonno” disse la signora
sbadigliando. Ichigo
ridacchiò e si alzò.
“Dai torna a letto, mi ci rimetto anche io, visto che non ho nulla da
fare”
bofonchiò imbarazzandosi un po’ per aver commesso una tale gaffe.
Quando non
poteva permetterselo, dormiva fino a tardi, e quando invece poteva
farlo non lo
faceva. Ma cos’aveva che non andava?
La donna annuì e stiracchiandosi si alzò e si diresse al piano di sopra
come
uno zombie. Ichigo non poté fare a meno di sorridere. Ecco da chi aveva
ripreso.
Decise di tornare anche lei di sopra. Inutile rimanere lì, non avendo
nulla da
fare.
Verso le undici il telefono di casa
Momomiya prese a
trillare impaziente. La rossa tirò fuori una mano dal groviglio di
coperte in
cui era intrappolata e afferrò a tentoni il cordless, premendo il
pulsante e
portandoselo all’orecchio sotto le coperte.
“…nto….” Borbottò sbadigliando con un sonoro miagolio, e la risata
dall’altro
capo del telefono le fece spalancare gli occhi.
“Ma-Masaya?!” chiese lei sollevandosi di scatto e provocandosi un
giramento di
testa. “Co-come stai?!” chiese quasi urlando, mentre cercava di
liberarsi dall’ammasso
di coperte che quasi la stava soffocando.
“Bene, grazie. Scusami se ti ho svegliato…”
“No no! Ma stai scherzando! Figurati! Mica dormivo!” rispose lei
impaziente,
sentendosi una perfetta cretina. Il suo sbadiglio di certo l’avevano
sentito
fino in capo al mondo, chi pensava d’ingannare?
Masaya, infatti, rise ancora.
“Senti, volevo chiederti se è tutto a posto… L’altra volta il tuo amico
Keiichiro mi ha detto che hai avuto un’emergenza familiare e che sei
dovuta
scappare via… E mi dispiace se ho preso un colpo di sole. Devi esserti
spaventata”
Ichigo sorrise, ringraziando mentalmente Kei. La sera prima il castano
l’aveva
chiamata per spiegarle cosa aveva raccontato ad Aoyama.
La cosa che Ichigo non sapeva, comunque, era che Kei quel giorno era
tornato al
Caffè molto prima di quanto aveva voluto far credere, ma aveva visto
Ryo e
Ichigo parlare di nuovo, e non aveva avuto il coraggio di
interromperli. Era
rimasto in cucina a sfogliare silenziosamente una rivista di cucina,
finché poi
i due non se n’erano andati.
“Un pochino, ma non preoccuparti. Piuttosto, dispiace a me averti
lasciato da
solo in un momento del genere…”
Masaya rise cristallino, facendole sciogliere il cuore. “Non dirlo
nemmeno per
scherzo!” rispose, poi fece una pausa.
“E comunque abbiamo lasciato in sospeso l’uscita al bar. Che ne dici se
ci
andiamo dopodomani?”
Ichigo spalancò gli occhi e annuì con la testa, felicissima. Poi si
rese conto
che lui non poteva vederla e spalancò la bocca.
“Sì! Sì! Certo!” Un appuntamento con Masaya. Un vero
appuntamento. Dio, era un sogno.
“Allora ci ved-”
“Ichigo! Ichigo! Alieni al Caffè MewMew!” il piccolo Masha si azionò
improvvisamente, trillando impazzito
e
girando intorno alla testa della rossa.
Ichigo sbarrò gli occhi e lo afferrò, tappandogli il piccolo microfono
che
aveva al posto della bocca.
“Scusa Masaya, devo andare!” disse subito e non gli diede il tempo di
rispondere. Con le lacrime agli occhi per la rabbia lanciò il telefono
lontano,
afferrò la spilla e corse giù mentre Masha continuava a strillare.
In dieci minuti arrivò al Caffè, e trovò le sue amiche già trasformate.
Di Kei
e Ryo nessuna traccia.
“Ragazze!” si trasformò velocemente e si guardò intorno.
“Dove sono gli alieni?”
“Non sono ancora comparsi” rispose Retasu ansiosa, tenendo strette
nelle mani
le sue armi a forma di nacchere.
“O forse sono qui ma non li vediamo” azzardò Zakuro seria e immobile,
gli occhi
che perlustravano la zona intorno a loro.
Ci fu un attimo di silenzio durante il quale tutte le ragazze
trattennero il
respiro.
Il secondo dopo, un enorme chimero sbucò fuori dal bosco adiacente al
Caffè, e
si avventò contro di loro.
Tutte si scansarono cadendo a terra, e sentirono una risata fragorosa.
Alzando
lo sguardo, lo videro.
“Kisshu!”
“Ehilà, micetta!” esclamò lui sorridendo e facendole l’occhiolino. “E’
tanto
che non ci vediamo, ti sono mancato?”
“Ribbon Zakuro’s Pure” esclamò di rimando la Mew Lupo, colpendo il
chimero.
Kisshu incrociò le braccia incrociato.
“Non parlavo con te” borbottò, voltandosi verso il chimero che,
effettivamente,
non aveva un solo graffio.
La viola ringhiò e tentò di nuovo il suo colpo, che stavolta andò a
segno. Strinse
la corda di luce intorno al collo del nemico, poi si voltò verso Purin
tenendo
la presa stretta e urlandole un “Purin, tocca a te!”
La piccola non se lo fece ripetere due volte. Con il Ribbon Purin Ring
Inferno
lo intrappolò in quell’ammasso gelatinoso ed esultò portando un pugno
in aria e
urlando.
Ichigo aveva fissato la scena immobile.
Era troppo facile. Possibile che gli alieni fossero spariti per poi
tornare all’attacco
con un chimero così debole? C’era qualcosa che non andava.
Minto lanciò il proprio attacco contro il mostro e lo stordì, e Ichigo
mosse un
passo avanti per finire il lavoro, ma si sentì afferrare per la vita e
in pochi
secondi si trovò sollevata da terra di qualche metro.
“Ki-Kisshu, lasciami!” esclamò agitandosi, mentre l’alieno rideva
maligno.
“Non avrai tregua, Ichigo. Ti seguirò ovunque finché non ti deciderai a
venire
via con me” le sussurrò malizioso all’orecchio, e la rossa rabbrividì a
quelle
parole. Si divincolò ancora una volta e stavolta Kisshu la lasciò
andare, dopo
essere comunque sceso di un bel po’. Di certo non voleva che la sua
gattina si
rompesse una gamba cadendo a terra.
Ichigo rovinò al suolo sbattendo il petto e sentì il dolore alla spalla
farsi
acuto. Ormai non ci faceva più caso, ma con quel colpo il dolore era
tornato a
farsi sentire più forte che mai.
Si alzò con fatica mentre le altre, tranne Zakuro, correvano da lei e
la
sostennero
Ichigo sorrise. “Non vi preoccupate, ci penso io…” estrasse il suo
Strawberry
Bell e con un colpo ben assestato disintegrò quel mostro fin troppo
debole per
i suoi gusti.
Quando il chimero fu svanito nel nulla, si voltò alla ricerca di Kisshu.
Anche lui era scomparso.
Si lasciò cadere a terra, in ginocchio, e sospirò.
Non avrai tregua, Ichigo. Ti seguirò
ovunque finché non ti deciderai a venire via con me.
Si passò una mano sul viso, poi strinse il costume
all’altezza del petto.
Dopo quell’affermazione, tutti i suoi dubbi erano spariti. C’era solo
una cosa
da fare, e andava fatta subito, prima che fosse troppo tardi.
Note:
Bella gente! Come va? :)
Sono di fretta perché mi attendono a lavoro, ma ho deciso di postare
perché non
lo faccio da tipo 10 giorni ò.ò Quindi vi lascio con questo capitolo
(personalmente mi piace molto *-*) sperando che sia di vostro
gradimento!
Eeeeee secondo voi… cosa vuole fare Ichigo? *W* si accettano scommesse
genteeee
XD
Fatemi sapere :D
Bacino
la vostra tonna