CAPITOLO REVISIONATO IL 12 DICEMBRE 2012
4.E
poi, scoppiare.
Quel
giorno era arrivata in anticipo nella sala improvvisata e, non
essendoci traccia di Giorgio, aveva collegato il suo I-Pod alle casse
dello stereo, iniziando a scaldarsi.
Il ragazzo non si fece vivo
neanche dopo un quarto d'ora perciò Marta decise di iniziare
a
provare da sola e di ballare in assoluta libertà, senza
essere
giudicata o vista da nessuno: chiuse gli occhi proprio come aveva
fatto la sera prima a casa sua e lasciò che la musica le
entrasse
dentro. Un passo a destra e uno a sinistra, i suoi movimenti erano
fluidi, stava ballando con il corpo e con il cuore, non con la
testa; proprio come gli aveva detto di fare Giorgio. Piroette, salti,
spaccate e altri passi: era tutto improvvisato e cercava di inserire,
in quella piccola coreografia, meno passi di danza classica
possibili.
In quei giorni, in quelle prove, ce la stava mettendo
tutta: aveva sudato per ottenere quel posto e nessuno aveva il
diritto di portarglielo via. Quando la musica finì
riaprì gli occhi
e solo in quel momento si accorse di qualcuno alle sue spalle:
Giorgio la stava osservando compiaciuto, appoggiato alla porta
d'ingresso e l'applaudiva quasi soddisfatto; lo guardò
indignata ma
soprattutto infastidita al pensiero d'essere stata spiata in un
momento così intimo, tuttavia lo ignorò iniziando
a rivestirsi.
Lui la bloccò prima che prendesse i pantaloni della tuta e
li
indossasse:
– Resta così – Le disse poggiando il
borsone
accanto al suo – Sarà più comodo
ballare.
Terminò la frase
guardandola negli occhi e accennando un sorriso che Marta
ignorò o
si sforzò di farlo.
– Non camminiamo oggi?
–
Direi che dopo quello che ho visto, possiamo andare avanti. –
Tirò
fuori dal suo borsone nero una finta rosa rossa e se la mise tra i
denti, poi continuò – Oggi: tango.
Con il
telecomando fece partire la musica, quella sensuale e tipica di quel
ballo;
le girò intorno non smettendola di guardarla negli occhi,
posò una
mano sul fianco mentre continuava a girare: il suo intento era quello
di farla impazzire e sedurla, parlando sempre del ballo.
–
Tieni gli occhi puntati su di me. – Le disse prendendola per
mano e
tirandola a sé con un gesto improvviso. – Devi
seguire ogni mio
movimento, come se fossi attratta.
La strinse ancora di più: una
mano dietro la schiena e l’altra sulla coscia che lentamente
si
alzava e poi si abbassava, i loro sguardi incatenati e i respiri che
si infrangevano nelle bocche opposte.
Giorgio le stava insegnando
non solo i passi del tango ma anche come tentare un uomo, come
sedurlo e portarlo alla disperazione e doveva ammettere che Marta era
una discreta allieva.
Avevano
provato quella coreografia per tutta la mattina ma ogni volta,
secondo Giorgio, c’era qualcosa che non andava: poca
sensualità;
non perdeva occasione, quindi, di stringere Marta tra le braccia e
strusciarsela addosso, forse era una tattica per averla vicino.
–
Sono stanca e ho fame. – Sbottò
la ragazza
mentre si rivestiva sotto lo sguardo divertito di Giorgio, si
mise la borsa in spalla e ricambiò lo sguardo. –
Hai qualche
problema?
– No, andiamo a
pranzo.
Ma
lei non l’aveva invitato, anzi sperava di stare lontana da
lui
almeno per un quarto d’ora, ma non le fu possibile. Entrarono
in un
bar
non molto lontano dall’accademia; lui ordinò una
porzione
abbondante di lasagne perché doveva recuperare le energie
perse e
prepararsi, giustamente, per il pomeriggio intenso, mentre lei
ordinò
una semplice insalata mista, per mantenersi leggera e non ingrassare
neanche di un grammo; si sedettero al tavolino: il silenzio era
imbarazzante.
– Ho parlato con Marco
questa
mattina. – Marta aveva alzato lo sguardo dal suo piatto
quanto
bastava per fissarlo annoiata e distratta, dopo qualche secondo
tornò
a mangiare e lui continuò – E' per questo che sono
arrivato in
ritardo; gli ho detto che oggi avremmo iniziato qualche coreografia,
mi ha consigliato di provare quelle dello spettacolo così se
dovessi
davvero migliorare poi non sarai del tutto impreparata.
– Ok.
–
Senti. – Si era trattenuto dall'urlare e perciò le
si era
avvicinato così da non dare spettacolo in quel piccolo
locale. –
Non mi sei simpatica ma sto cercando di aiutarti a ogni costo; come
faccio se tu non me lo permetti?
Quella domanda rimase senza
risposta perché Marta lo ignorò, alzò
lo sguardo dal piatto
proprio come aveva fatto prima e lo fissò fredda e
infastidita.
–
Vorrei mangiare in pace, se non ti dispiace. Mi piacerebbe avere il
mio quarto d’ora lontana dal mondo; non potremmo parlarne
dopo?
–
Sei solo una ragazzina viziata.
Era
stanca, stufa dei suoi insulti gratuiti e dei suoi sguardi disperati;
lei non era un caso pietoso, non aveva bisogno dell’aiuto di
nessuno, soprattutto di quello di Giorgio, perché era
un’ottima
ballerina: la migliore. Era lui a non saper fare nulla.
Si era
alzata dal tavolino andando a pagare la sua ordinazione, non aveva
neanche finito il suo pranzo né aveva salutato quello che
era ormai
diventato il suo partner; era tornata in quel lurido garage a provare
perché solo ballando avrebbe smaltito la rabbia.
Indossò i tacchi e
legò i capelli in uno chignon morbido, proprio come una vera
ballerina di tango, e aspettò che Giorgio tornasse per
ballare
insieme a lui; quando neanche dopo cinque minuti lo vide arrivare,
decise di lasciar perdere e fare a modo suo. Tolse le scarpe con il
tacco indossando le sue amate punte; fece partire la musica in
modalità casuale e la scelta le piacque: Dancing
di
Elisa; le si era fermato il respiro per qualche secondo: amava quella
canzone, così triste, malinconica ma bella, le faceva sempre
uno
strano effetto e ballarla era un piacere. Aveva iniziato la
coreografia sulle punte, con dei passi di danza classica fin troppo
tecnici ma, dopo un po' si era talmente lasciata trasportare dalle
note e dalle parole da terminare il ballo sulle mezze punte; non
sentì nessun applauso e ne fu sollevata: aveva bisogno del
suo
momento di intimità, doveva restare sola con se stessa e la
sua
passione.
–
E’ un disastro, non ti stai impegnando, non sai fare nulla!
Per
colpa tua verrò espulso.
–
Io non saprei fare nulla? Ma ti sei visto: tu e le tue mosse da
ballerino da quattro soldi. La tua danza, se così si
può definire,
mi fa schifo. Tu mi fai schifo, sei insopportabile.
Anche
quella mattina, dopo ore e ore estenuanti di prove si erano ritrovati
a litigare su futilità: su quale tipo di danza fosse
migliore, su
Marta che non muoveva bene i fianchi e su Giorgio che non stendeva
bene le ginocchia. Erano mondi troppo diversi per incontrarsi, come
due rette parallele. Nessuno dei due sapeva però, che quelle
due
rette, all'infinito, si sarebbero incontrate.*
– Sei una
bambina.
– Tu un moccioso: ti credi chissà chi solo
perché
Marco ti reputa bravo, ma in realtà non sei nessuno.
Ormai
avevano intrapreso la via degli “insulti senza
ritorno”, si
offendevano senza pensare alle conseguenze, sparavano cattiverie che
in fondo neanche pensavano.
–
Quella che si crede qualcuno, tra i due, non sono io Miss
la-danza-classica-è-la-mia-vita.
Giudichi tutti dall’alto in basso, perché non ti
guardi allo
specchio e taci?
– Non mi conosci e non
ti
permetto di dirmi queste cose.
– E’ la pura verità, per
questo ti fa male.
Marta aveva capito che era inutile continuare a
litigare, che stavano sorpassando il limite andando a finire in una
sfera troppo sensibile e pericolosa: quella privata. Giorgio
però
continuò e lei perse del tutto la pazienza.
–
Tu non sai quanti sacrifici ho fatto per arrivare fino a qui, non sai
cosa significa essere presa in giro dai propri amici per non saper
ballare in discoteca: “Sei troppo rigida”, mi
dicevano, ed era
per colpa della danza classica. – Sospirò
trattenendo le lacrime e
poi continuò – Sai quante sere ho passato a
piangere a causa dello
stress e stanchezza o ancora quante volte sono finita al pronto
soccorso per problemi ai piedi? No non lo sai. Perché danza
significa: passione, sacrificio, dedizione e tu non ne dimostri
neanche un po' con i tuoi stupidi movimenti di bacino.
Solo quando
smise di parlare si rese conto di aver urlato e di avere gli occhi
lucidi; abbassò lo sguardo imbarazzata ma lo
rialzò qualche istante
dopo per fronteggiarlo un'ultima volta.
– La danza è danza
quando ti permette di volare con le ali dei sogni. Se nella tua vita
hai solo sofferto vuol dire che non hai mai ballato.
Quella frase
era stato un sussurro; avevano smesso entrambi di gridare finalmente,
perché erano
stanchi, avviliti e avevano sorpassato il limite di sopportazione
l’uno dell’altra; avevano messo in chiaro le loro
frustrazioni e
da quel breve conflitto ne erano venuti fuori entrambi perdenti:
erano bravi a giudicare e puntare il dito senza sapere cosa
significasse davvero danzare
per l’altro.
Terminarono la lezione in
quello stesso istante non aggiungendo altro né si diedero
appuntamento per il giorno dopo; Marta era sicura di una cosa: voleva
stare lontana da Giorgio il più tempo possibile e la stessa
cosa
valeva per lui.
La
situazione a casa non era delle migliori:
la coinquilina di Marta, Valeria, era tornata da New York insieme al
fidanzato. Ciò significava ore e ore di racconti su quanto
fosse
meravigliosa, affascinante, indescrivibile la Grande Mela mentre al
pc scorrevano le foto di quei quindici giorni di vacanza. Marta
annuiva fingendosi interessata.
Valeria
era
una bravissima ragazza e una piacevole coinquilina; erano ottime
amiche, sapeva ascoltare e dare buoni consigli, ma, in quel momento,
Marta, avrebbe solo voluto infilarle un calzino in bocca e farla
stare zitta. Giuliano era l’ideale del fidanzato perfetto:
non solo
esteticamente ma anche per i suoi modi di fare; accontentava Valeria
in tutto e cercava di litigare il meno possibile riempiendola di
attenzioni, coccole e regali; certo, era un po' geloso per colpa del
lavoro di Valeria: era una modella ed era bellissima ma, nonostante
ciò, era umile e con i piedi ben saldi a terra.
–
Adesso che ti ho raccontato del viaggio e che Giuli è andato
a casa,
mi dici cos'hai?Le chiese seguendola in camera e guardandola mentre
indossava il morbido pigiama di pile.
– Sono solo molto stanca,
niente di più.
Marta non aveva voglia di parlare, non voleva
stare lì a raccontarle di Giorgio e di quanto avrebbe voluto
commettere un omicidio.
–
Diciamo che ti credo. – Le rispose l'amica mentre si sedeva
sul
letto – Dai, parlami dell’accademia.
Il
sorriso di Valeria la incoraggiò e le si sedette di fronte,
iniziando a parlare: –
Hai presente i film sulle catastrofi che ci piace tanto guardare,
quando c’è il protagonista che deve cercare di
salvare il mondo
dalla sua fine e, nel mentre, si rompe una gamba, si tagliuzza le
braccia e via dicendo? – L’amica annuì
titubante non sapendo non
andasse a parare il discorso contorto di Marta. – Ecco: alla
fine
non sai se il protagonista vivrà o no.
–
Beh, di solito sì perché è davvero
raro che muoia.
Valeria
rispose con ovvietà, perché aveva ragione, in
pochi film il
personaggio principale rimaneva ucciso; tuttavia Marta
continuò la
sua filippica ignorando le parole dell'amica.
– Io, in questo
momento, in quella maledetta accademia sono la protagonista sfigata
dei film sulle catastrofi che morirà nel peggiore dei modi
possibili.
– Oddio, è così grave?
– No, non tanto, volevo
solo enfatizzare un po'. – Le fece una linguaccia e risero
insieme,
abbracciandosi. – Sono contenta che sei tornata, mi sei
mancata.
Grazie a Valeria, finalmente, aveva trovato un pizzico di
pace e tranquillità che aveva perso in quelle prime
settimane di
lezione.
Guardò un po' di televisione in salotto, evitando le chiamate con la madre: era già abbastanza nervosa, non voleva che la sua serata peggiorasse ancora di più. Stava preparando la cena quando Valeria entrò in cucina come una furia richiamando la sua attenzione: era mezza nuda e teneva in mano due o tre abiti che avrebbe indossato quella sera stessa; Marta provò più volte a spiegarle che era stanca e che, nonostante fosse venerdì, avrebbe voluto restare a casa a guardare un film e andare a letto presto ma quando la sua coinquilina si metteva qualcosa in testa era difficile farle cambiare idea. La spinse in bagno obbligandola a farsi una doccia veloce e prepararsi: dovevano essere perfette per la serata che si prospettava.
–
Wow, sei uno schianto.
Il fischio di Valeria
l'aveva fatta arrossire mentre si guardava allo specchio indossando
il cappottino; infondo non aveva indossato nulla di particolare: un
semplice abitino nero, delle calze color carne e le scarpe alte che
si abbinavano al vestito, solo la borsa era rosa come il cinturino
del vestito. Marta guardò meglio la sua amica e si accorse
di quanto
fosse bella stretta in quell'abito blu che la fasciava come una
seconda pelle e con quelle scarpe lucide gialle che si abbinavano
perfettamente al trucco e ai gioielli: era la fortuna d'essere una
modella, avere gli accessori e i vestiti adatti a ogni serata.
–
Evidentemente non ti sarai guardata allo specchio, Giuliano ti
chiuderà in macchina.
Sembravano tornate adolescenti, non
smettevano di farsi complimenti a vicenda e ridevano per qualsiasi
scemenza; Valeria aveva solo ventuno anni ed era di due anni
più
piccola di Marta anche se ne dimostrava molti di più,
soprattutto
per il modo di vestirsi e atteggiarsi; a volte la invidiava per
questo motivo, avrebbe voluto essere come lei: più spontanea
e meno
timida, avrebbe voluto camminare a testa alta senza dover pensare ai
giudizi della gente; in fondo anche Valeria faceva un duro lavoro
eppure non sembrava abbatterla o distruggerla più di tanto.
All'entrata
della discoteca non ebbero problemi, la bella mora conosceva il
buttafuori che le fece entrare senza discussioni e poi al
tavolo c’era già ad aspettarle Giuliano, seduto e
impaziente, che
beveva qualcosa di scuro e blu, mentre tamburellava le dita sul
proprio ginocchio. Marta si accorse troppo tardi che non era solo,
quando i suoi occhi incontrarono quelli dell'ospite indesiderato,
quando ormai era impossibile scappare.
–
Che diavolo ci fai qui?– Le sue labbra si mossero prima
ancora che
il cervello potesse impedirglielo.
– Potrei chiederti la stessa
cosa. – Giorgio le rispose tranquillo, nascondendo il
fastidio di
trovarsela di fronte.
Per lei, quel ragazzo, era diventato una
persecuzione: se
lo ritrovava dovunque; contò fino a dieci cercando di non
perdere la
pazienza ma quando Giuliano le presentò Giorgio come suo
fratello
per poco non svenne.
– Non è
possibile: il
figlio del demonio è un tuo quasi-parente.
Valeria
scoppiò a ridere alle parole sussurrate
dell’amica, aveva
aspettato che i due fratelli
andassero a prendere da bere per poter parlare con la sua coinquilina
e poterle dire ciò che realmente pensava: Giorgio era il
figlio di
Satana.
Si guardò intorno vedendo come tutti stessero ballando
in quel posto, anche Valeria si muoveva su se stessa a tempo di
musica; lei non ci sarebbe mai riuscita, ballare in quel modo, senza
inibizioni, sotto tutti quegli occhi l'avrebbe imbarazzata da morire:
non era come su un palco, dove pur essendo al centro della scena
sapeva cosa fare, lì non avrebbe avuto maschere e la cosa la
spaventava.
La
serata trascorreva in maniera tranquilla soprattutto perché
i due
rivali
non solo non si rivolgevano parola ma evitavano anche di guardarsi;
la situazione cambiò quando Valeria, non riuscendo a
convincere
l’amica a buttarsi in pista, andò senza di lei ma
insieme al
fidanzato, lasciandola da sola con Giorgio.
–
Quindi tu vivi con Vale.
Dopo qualche minuto di silenzio il
ragazzo era scoppiato, non parlare per lui era piuttosto difficile,
perciò le aveva fatto la domanda più ovvia che le
era venuta in
mente ma a cui Marta non aveva risposto, aveva un dubbio più
grande
che le ronzava in testa da tutta la sera.
–
Come è possibile che tuo fratello sia un santo e tu sia... così?
–
Così
come?
Si
era poggiato alla ringhiera del privet guardandola incuriosito; era
stano come ancora non avessero iniziato a urlarsi contro.
–
Come sei tu. Vorrei evitare di dire per forza un aggettivo, potresti
offenderti.
E
fu di nuovo silenzio, uno di quelli abbastanza imbarazzanti, eppure
non c’era bisogno di parlare: la musica riempiva i loro i
silenzi.
Quella musica terribile e troppo assordante per Marta ma che, pian
piano, per colpa dell'alcol bevuto, stava iniziando ad apprezzare
tanto da battere il piede a tempo mentre guardava, dall'alto del
privet, tutta quella gente che si muoveva in maniera scoordinata.
–
Vuoi ballare?
La voce di Giorgio era troppo vicina per i suoi
gusti.
– Per oggi ho ballato abbastanza, soprattutto con te.
Lo
spinse via piano, credendo che il ragazzo capisse e accettasse il
rifiuto.
– Non fare la preziosa.
Le prese quella stessa mano
che lo aveva spinto, rifiutandolo e la trascinò fino al
centro
pista,
in mezzo a quella marea indistinta di persone che ballavano stretti,
troppo appiccicati e sudati. La strinse a sé: una mano
dietro la
schiena, quasi sul sedere; con l'altra le accarezzò una
guancia
scostandole i capelli e portandoli dietro l’orecchio.
–
Rilassati Marta, balla con me.– Quel sussurro fu un brivido
che la
fece sciogliere e rilassare: ballarono sensualmente, senza mai
staccarsi.
In quel momento loro incarnavamo in modo esatto il
detto “Il ballo è il preliminare del
sesso” non per la loro
volgarità ma per la sensualità,
l’alchimia, la complicità e
l’attrazione fisica: erano attratti l’uno
dall’altra, erano
eccitati e la canzone che stavano ballando, Stereo
Love,
non li aiutava, di certo, a calmare quelle sensazioni.
Marta si
sentiva leggera, libera, a causa di tutti i drink che aveva bevuto;
non aveva minimamente pensato che potesse essere merito del ballo con
Giorgio: lui che le aveva tolto la maschera, scacciando via ogni
stupida paura che aveva di ballare in discoteca.
Non lo sapeva ma,
Giorgio l'aveva aiutata e l'avrebbe fatto ancora, seppur
inconsciamente.
**************
Marta
e Giorgio continuano a provare tuttavia lui pensa che Marta sia
ancora una schiappa e ciò li porta a litigare. Rileggendo il
capitolo mi sono accorta di quanto siano belli qui e quanto si
shippino in discoteca: lui che le chiede di ballare e poi se la
spalma addosso è qualcosa di ASDFGHJKL (per esprimere meglio
il
concetto insomma!)
Si
scopre, inoltre che Giorgio e Giuliano sono
fratelli – che fantasia che avevano i genitori – e
che sono
totalmente diversi: uno troppo gentile e perfetto, l'altro... beh,
l'altro lo conosciamo. XD
Marta
si lascia andare, finalmente, e
chiude la bocca: balla con lui e non è più la
stessa, almeno per il
momento.
Chissà
cosa succederà adesso!
*
Teoria delle rette parallele che si incontrano all'infinito, in un
certo punto. Credo che sia geometria non euclidea, non l'ho studiata
a scuola perciò non so ben spiegarvi il concetto ma ricordo
che la
professoressa al liceo ne aveva parlato; se la spiegazione è
sbagliata non linciatemi, studio lingue e traduzione, non
matematica.
Valeria
l'ho sempre immaginata bella, alta, mora e con gli occhi chiari:
COSI'.
Giuliano,
invece, il suo fidanzato, l'ho immaginato moro e con gli occhi
azzurri, elegante, gentile e bello: COSI'.
Se
volete potete vedere i vari set abiti che ho scelto per le
ragazze:
Marta
QUI
Valeria
QUI
Tanto
perché non avevo nulla da fare.
Ho
un'immagine ben precisa di
Marta e Giorgio che ballano ma se anche voi volete avere un
“idea”
potete guardare QUI
anche
se non è molto esatta.
Per
chi volesse può contattarmi
sul mio gruppo facebook.
Grazie
per aver letto e recensito.
Alla
prossima.
Grazie
a Mary
per avermi aiutata.