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Autore: Niki_92    17/03/2011    1 recensioni
Connie ha finito la scuola,la sua storia d'amore è finita, la sua migliore amica la sta abbandonando e tutto questo in un momento segnato da un nuovo inizio, un'inizio che le travolgerà la vita, cambierà il suo modo di vedere, provare, sentire, sta cambiando lei e forse sarà completamente sola in tutto questa...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 – Dimmi, cosa vuoi sapere. Cosa vuoi di questo amore.

 

No, tu non basti, avrei voluto dirgli. L’unico motivo che mi avrebbe riportato in quella casa sarebbe stato sapere che nulla, di ciò che era successo negli ultimi giorni, era vero, che era tutta un’enorme, grande e meschina menzogna, che non ero io quella che stava piangendo in macchina come un’idiota, con lo sguardo del suo migliore amico puntato contro e con lo stomaco in subbuglio.

“Abbiamo…” dissi singhiozzando, non riuscivo a parlare, a dire ciò che avrei voluto, non sapevo nemmeno come dirlo.

“Cosa Connie?” mi disse Henry che continuava a carezzarmi il viso come per assicurarsi del fatto che stessi ancora lì con lui e non da un’altra parte sperduta chissà dove.

“Abbiamo fatto l’amore in quel letto…mi ha baciata in quel letto, mi ha abbracciata, toccata ed io non voglio tornarci” ero preda dell’isterismo, confusa arrabbiata e non ci stavo capendo niente, sapevo solo che volevo tornare a casa.

Henry non mi rispose, in silenzio, mi spinse di lato per farmi scivolare al posto del passeggero per potersi sedere accanto a me. Mi cinse la schiena con un braccio e mi fece posare la testa sulla sua spalla accarezzandomi i capelli e baciandomi la testa ogni qualvolta mi facevo sfuggire un singhiozzo. Henry era lì con me, mi stava cullando, mi stava consolando e non chiedeva niente in cambio, potevo fare lo sforzo di tornare alla casa al mare con lui? Potevo riuscire ad ignorare per un altro giorno Carter? Non lo sapevo, ma improvvisamente l’idea di tornare a casa non mi sembrava più tanto allettante. A casa non avrei avuto ciò che stavo avendo in quel momento, là, tra le braccia sicure di Henry mi sentivo protetta e non volevo che quella sensazione svanisse troppo in fretta.

“torno con te” sussurrai alzando appena la testa verso di lui.

Henry sorrise e mise in moto la macchina.

“e la macchina di Amber?” gli chiesi mentre usciva dalla piazzola e imboccava la strada principale.

“tornerò a prenderla dopo con Michol” mi disse e mi attirò di nuovo contro di sé.

 

Una volta arrivati scendemmo dalla macchina. Alcuni dei ragazzi erano seduti sulle panchine in giardino. Mi avvicinai ad Amber sforzandomi di sorridere mentre tutti tenevano gli occhi incollati su di me, come se si aspettassero un’altra mia esplosione da un momento all’altro. Amber mi guardava incuriosita da quel mio sorriso, sapeva che era forzato ma non disse nulla, teneva stretta tra le dita una Winston blu, la presi senza dire nulla e me la portai alle labbra aspirandola. Non era la prima volta che fumavo, una volta avevo provato per gioco ma mi ero ripromessa di non provarci più.

“ti ho detto che devi smettere di fumare” le dissi ricacciando il fumo dalla bocca e spegnendo con forza la sigaretta nel posacenere poggiato sul tavolino.

Amber mi guardò stralunata, odiava quando le spegnevo le sigarette, o gliele nascondevo, o le spezzavo. Con aria di sfida prese il pacchetto dalle tasche dei suoi pantaloncini e fece per tirarne fuori un’altra.

“non ci provare che ti brucio tutto il pacchetto” sbuffò e rimise dentro la sigaretta che aveva già tra le labbra.

“come mai questo cambio di programma?” disse acida per la piccola minaccia subita.

“ci ho pensato e mi è sembrato inutile andare via adesso, posso restare un altro giorno.” Le dissi sedendomi accanto a lei e poggiando le sue gambe sulle mie ginocchia.

“perfetto, allora oggi si va in spiaggia?” il suo umore sembrava essere tornato quello di sempre, allegro ed energico.

“d’accordo!” le dissi facendo una smorfia annoiata.

Henry dall’altra parte del giardino, accanto alla porta d’ingresso mi guardava e sorrideva divertito.

 

“Oggi si sta una favola” Cathy si spalmava la crema solare sulle braccia, volgendo il volto coperto dagli enormi occhiali scuri verso il sole. Una volta finito di stendere la crema sulla pelle lattea si sdraiò sul suo asciugamano.

“è vero, l’aria non è eccessivamente calda” le risposi mentre tra le mani tenevo stretto un libro.

Di tanto in tanto alzavo lo sguardo verso il mare, i ragazzi erano entrati in acqua da parecchio e non accennavano a volersene andare, da dove eravamo stese noi ragazze sentivamo i loro schiamazzi, le urla e il rumore dell’acqua ogni qualvolta lanciavano qualcuno in aria per farlo ricadere tra le onde.

Henry e Carter erano ancora in casa, da quando il mio migliore amico mi aveva riportato al mare era uscito solo per andare a recuperare la macchina di Amber, poi si era chiuso nella sua stanza con Carter e li avevo sentiti parlare, non riuscendo a distinguere le parole l’una dall’altra però, avevo rinunciato ad origliare e quindi avevo deciso di andare in spiaggia con il resto dei ragazzi.

“Dio, Henry non ha ancora capito che è una causa persa?” disse sbuffando Amber come se mi avesse letto nel pensiero.

“perché?” provai a fare la vaga.

“sono ore che è chiuso in casa con Carter, non ha ancora capito che è un idiota che non merita alcuna considerazione?”

“cerca solo di proteggere Connie” disse Cathy alla mia destra.

“si ma diamine, quando vedi di andare a sbattere contro un muro senza scheggiarlo dovresti…” Amber si guardava in giro in cerca delle parole giuste.

“prenderlo a calci?”  le suggerì l’altra.

“esatto”

Io seguivo lo scambio di battute non capendo, inizialmente, dove volessero andare a parare, improvvisamente però mi ripresi.

“primo, grazie per aver intavolato questa discussione facendo finta che io non esistessi. Secondo, chi è che dovrebbe prendere a calci chi? Terzo, non voglio che Henry si faccia male per colpa mia” dissi ad entrambe guardandole alternativamente negli occhi.

Amber alzò le spalle in un’evidente espressione di rassegnazione, Cathy, dall’altra parte fece finta di niente e tornò a concentrarsi sui ragazzi che ancora urlavano.

“ehi ragazze” sentii la voce di Henry alle mie spalle, poco dopo era seduto accanto a me e mi fissava dritto negli occhi, sul volto aveva stampato un enorme sorriso, falso, oltretutto.

“Henry, cominciavamo a chiederci che fine avessi fatto” le disse Cathy.

Aveva sempre avuto una cotta per Henry, non lo aveva mai ammesso apertamente ma bastava guardare le sue espressioni e notare il fatto che ogni volta che lui si avvicinava e  lei diventava improvvisamente paonazza. Henry non si era accorto di niente ma non sembrava nemmeno interessato.

“ero in casa, facevo merenda” mi guardò di nuovo, di nuovo lo stesso sorriso falso. Sapevo che stava mentendo e lo faceva perché non voleva che io mi arrabbiassi con lui.

“e cosa hai mangiato?” gli dissi per metterlo in difficoltà.

“pane con la nutella” rispose risoluto.

“la nutella è finita stamattina a colazione” gli sorrisi e alzai lo sguardo al cielo.

Henry non mi rispose, si chinò solo verso di me lasciandomi un bacio tra i capelli, si sentiva colpevole perché mi aveva mentito. Mi lasciai andare contro di lui, poggiando la testa sulla spalla, era come se, in quei piccoli gesti, lui volessi dividere il peso dell’amarezza che mi portavo dentro, con lui, e ad Henry non dispiaceva darmi una mano, non gli dispiaceva coccolarmi come se fossi stata una bambina, voleva proteggermi.

“come va?” mi disse, tirandomi indietro i capelli caduti sulla fronte.

“bene” risposi sottovoce.

“Connie neanche tu sai mentire…” mi disse passandomi il braccio intorno alla vita.

“Io vado in acqua, Cathy vieni con me?” disse improvvisamente Amber alzandosi e togliendosi il vestitino di lino bianco.

“certo” le rispose l’altra incamminandosi verso il bagnasciuga.

“vuoi andare anche tu?” mi chiese Henry sotto voce.

“no, non ne ho molta voglia” gli risposi.

Le ragazze si allontanarono correndo sulla sabbia bollente, lasciandosi sfuggire qualche urlo tra un saltello e l’altro, erano divertenti da osservare. Ci misero più di un quarto d’ora ad entrare in acqua, poiché la differenza di temperatura era molta. Le sentivo urlare di non schizzarsi a vicenda e quando i ragazzi le raggiunsero prendendole in braccio e catapultandole in acqua temei che fosse venuto un colpo ad entrambe. Henry dietro di me sorrideva sommessamente ed io mi sentivo così in pace, così in tranquillità che il pensiero di Carter non mi sfiorò nemmeno per un attimo.

“sai che ti voglio bene vero Connie?” mi disse serio Henry.

“certo” gli risposi chiudendo gli occhi e assaporano il calore del sole sulla mia pelle.

 

“Posso parlarti?” sentii Carter chiedermi, mentre cercavo di riempire la pentola per preparare il pranzo.

“ho da fare adesso!” la mia risposta era gelida, non volevo parlare con lui, perché avrei dovuto farlo dopo tutto quello che avevo passato a causa sua?

“per favore…” mi pregò, mi voltai verso di lui e non riuscii a resistere al suo sguardo, la prima cosa di lui di cui mi ero innamorata.

Sentivo già la morsa allo stomaco, stringermi quasi fino a farmi male, la pelle ribolliva e le gambe molli a stento riuscivano a seguirlo fino nella sua stanza. Chiuse a chiave la porta alle sue spalle e si sedette sul letto fissandomi instancabilmente senza dire una parola.

“cosa vuoi?” gli chiesi, cercando di mantenere la calma.

Ero ancora innamorata di lui, dio se lo ero.

“ho bisogno di spiegarti” confessò guardando a terra.

“non c’è nulla da spiegare, ti sei stancato di me e sei andato a letto con una mia amica” gli risposi.

“non avercela con lei, è stata colpa mia” disse e per la prima volta da quando lo conoscevo lo vidi assumersi le proprie responsabilità ma questo suo atto di altruismo di certo non mi avrebbe fatto sbollire la rabbia che provavo nei confronti di Anna.

“cosa c’è? La difendi ora? È proprio amore quindi..” lo accusai e sentivo già gli occhi bruciare.

“no, io non sono innamorato di lei, sono innamorato solo di te.” Puntò il suo sguardo su di me, quando riuscì a pronunciare quelle parole.

Niente poteva accertarmi del fatto che non stesse mentendo, niente mi dava la sicurezza che ciò che stava dicendo era solo per prendermi in giro, di nuovo, per farmi soffrire, di nuovo.

“mi ami?” gli chiesi arrabbiata. “mi amavi quando mi hai detto che tra noi era finita o mi amavi quando ti scopavi nel nostro letto Anna? Forse mi amavi quando mi hai ignorata per giorni prima di lasciarmi, o magari è stato quando hai baciato quella stronza della tua amichetta e ti sei fatto perdonare? Forse ami la mia stupidità, perché te l’ho sempre fatta passare liscia, perché hai sempre fatto quel che diavolo volevi senza che io potessi dire niente. Tu non mi ami Carter, questo non è amore! L’amore è quando io ti ho perdonato di avermi proibito di uscire con le amiche, l’amore è quando ho ingoiato il fatto che saresti partito per due mesi per andare non so dove con i tuoi amici senza nemmeno farmi una telefonata, l’amore è quando ti ho consolato per i problemi che avevi e tu quando mi hai ascoltata Carter, te lo dico io, mai!” gli urlai in faccia.

“ragazzi va tutto bene?” sentii bussare alla porta, Carter si voltò verso di essa.

“si Matt è tutto ok” gli rispose flebilmente.

“io non ho più niente da dire. Lasciami in pace e non t’azzardare mai più a dirmi che mi ami. Stavolta con me hai chiuso.” Stavo per avvicinarmi alla porta, quando sentii la sua mano gelida afferrarmi per il polso.

“Connie per favore…” lo guardai, sembrava davvero dispiaciuto ma non potevo e non dovevo cedere.

“non toccarmi” gli dissi incenerendolo con lo sguardo.

Aprii la porta e mi ritrovai davanti tutti quanti, mi guardavano come se avessero visto un fantasma, Anna era acconto al bancone della cucina.

“Connie io…”

“quello che mi hai sentito urlare là dentro, vale anche per te, lasciami in pace, fa finta che io non esista, fa finta che non sia mai esistita” mi sentivo cattiva, crudele come non lo ero mai stata ma non potevo andare avanti in quel modo. Dovevo chiudere.

Uscii di casa, il giardino fortunatamente era vuoto, mi sedetti su una delle poltroncine accanto al tavolino spettando lo scontato arrivo di qualcuno, che sicuramente aveva intenzione di consolarmi, infatti poco dopo sentii il rumore della porta che si apriva.

“Connie” disse Matt.

“chi ti manda Matt?” gli risposi scocciata.

“che ne sai che mi manda qualcuno?” sorrise contagiando un po’ anche me.

“non saresti mai venuto di tua spontanea volontà, le lacrime ti spaventano, ricordi?” Matt non sopportava i pianti, lo mettevano a disagio e non sapeva mai cosa fare di fronte ad una persona che piangeva.

“mi ha mandato Henry” confessò sedendosi accanto a me.

“come mai non è venuto lui?” gli chiesi curiosa.

“era impegnato a spaccare la faccia a Carter” mi rivolse un grosso sorriso.

“cosa?” gli chiesi scattando in piedi.

“stavo scherzando” disse afferrandomi per la maglietta e facendomi ricadere sulla poltrona. “avresti dovuto vedere la tua faccia!” aggiunse ridendo.

“divertente Matt, davvero, davvero divertente” misi il broncio e mi asciugai il volto, poi scoppiai a ridere contagiata dalla sua risata.

“mi ha mandato perché temeva che la sua presenza potesse annoiarti o meglio soffocarti perché oggi ti ha consolata parecchio” sorride di nuovo.

“e quindi tu saresti un’alternativa migliore?” gli chiesi.

“perché non sono di tuo gradimento?” mi rispose offeso.

“no, dai, posso accontentarmi…” dissi con aria risoluta.

Il broncio che assunse era davvero divertante, risi di lui, indicandolo come una bambina che prende in giro un suo compagno, Matt non si fece deridere per molto, si avvicinò a me con un’aria innocente per poi iniziare a solleticarmi i fianchi, dovetti pregarlo per farlo smettere.

Col fiatone e le lacrime agli occhi dovute alle troppe risate mi ricomposi.

“grazie Matt” gli dissi sincera.

“e di cosa?”

“per avermi distratta”

“e da cosa?” disse facendo finta di niente.

 

 

   
 
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