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Autore: thembra    18/03/2011    2 recensioni
Gli occhi di lui non l’avevano più guardata come in precedenza, sembravano scivolare oltre la sua persona senza vedere che anche senza mutazione era rimasta la stessa identica ragazzina di sempre, sembravano vedere un’estranea distante e fuori posto in un quadro di personalità ben definite e collocate all’interno della cornice.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Logan/Wolverine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Grazie ad Asia87 e Brisaan, a Purpura Puffet e Babbamia.
TH
 
 
  

 
 
 
 
 
 

Ma come diavolo aveva fato a non accorgersi che era lei? Correndo come un matto superava corridoi su corridoi tutti esattamente uguali identici che uno ci si poteva perdere tranquillamente, per sua fortuna però, aveva percorso quei dedali talmente tante volte che oramai li conosceva come le sue tasche.
Sbottando un ruggito tornò a concentrarsi sul suo dubbio principale.
 
Come cazzo aveva fatto a non riconoscerla? L’odore di Marie era impresso nella sua memoria come un marchio sul dorso di un cavallo, in tutti quei mesi che erano stati lontani quel ricordo non si era per niente affievolito e quando ripensava a lei le sue narici respiravano nuovamente quel suo profumo di rosa e bucaneve carico e naturale.
 
Arrivato alla fine del corridoio principale si accostò alla parete per aspettare che l’ascensore ridiscendesse, dannazione, stava accumulando troppo ritardo, se se ne fosse andata non sarebbe più riuscito a localizzarla e lui aveva un disperato bisogno di parlarle in quel momento, poco importava se l’avrebbe rivista all’inizio della prossima missione, lui le doveva parlare ora.
 
“Ma delle cazzo di scale non esistono qui?”
 
Frustrato scagliò un pugno alla parete d’acciaio temperato ringhiando un gemito di dolore strozzato.
Porca vacca a lui e la sua impulsività, sapeva benissimo che i livelli sotterranei del quartier generale degli Hawks erano a prova di bomba, che cazzo gli saltava in mente di…
 
Scattò non appena l’ascensore squillando si aprì e premette il tasto per il piano terra, forse se aveva un poca di fortuna l’avrebbe raggiunta in tempo.
 
 
……………..
 
 
 
“Questa si che è una sorpresa Marie…non sapevo che li conoscessi…”
“Ricordi quando prima ti ho detto che il lavoro che facevo prima non era poi molto diverso da questo?”
 
Kim allargò gli occhi azzurri spalancando la bocca stupita e colpita al contempo.
 
“Eri una di loro?”
“…lo sono stata per circa…venti minuti in tutto credo…”
“Eh?”
 
Kim aveva interrotto il suo ennesimo respiro di eccitata curiosità troncata di brutto da quella strana risposta.
In effetti, la perplessità della sua amica non era fuori luogo perché di fatto, Marie non era mai entrata ufficialmente a far parte del team degli x-men se non per quei fatidici minuti in cui ad Alkali-lake aveva pilotato il Black bird per aiutare i suoi compagni a fuggire dalla centrale in esplosione.
L’epilogo era stato funesto, Jean si era dovuta sacrificare per far partire i motori danneggiati dal suo pessimo atterraggio, e al solo ricordare quell’episodio le si stringevano gola e cuore di un senso di rimorso terribile.
Jean era morta per colpa sua, se la fenice aveva avuto il sopravvento sulla mente della dottoressa…era stata solamente colpa sua.
 
“Da come ti comporti non dev’essere stata una bella esperienza…”
 
Kim era un’agente super esperta e conosceva benissimo il linguaggio del corpo, in quegli istanti in cui Marie aveva indugiato sui ricordi passati lei aveva scrutato ogni sua espressione facciale, le palpebre serrate e tremanti erano un chiaro simbolo di dolore, la bocca morsa e gli scatti del viso indicavano pena.
 
“No…quegli anni assieme a loro sono stati la mia rinascita come persona…” le donò un sorriso sereno “…è che non ero fatta per quel mondo forse, ho deciso di andarmene ed è stato meglio così per tutti…ho trovato te e gli Hawks, ho trovato il mio posto ed il mio senso nella vita….non potrei chiedere di meglio…”
 
Kim avrebbe voluto rinfacciarle la sua abilità nel dedurre le menzogne ma non lo fece, se Marie stava mentendo a sé stessa doveva esserci un motivo più che serio, forzarla ora a ritrattare le sue parole sarebbe stato crudele.
Tempo al tempo si disse e fece la sua domanda successiva.
 
“Quello che hai chiamato Logan…è rimasto imbambolato come un tonno a fissare la porta dopo che te ne sei andata…sai, ho collaborato con lui molte volte dal momento che me lo affidavano come guardaspalle, ma non sono mai riuscita a chiedergli nulla, la sua faccia perennemente incazzata mi ha sempre spaventata…”
“…nh…è sempre stato così credimi…”
“Già…e gli altri invece? Puoi parlarmene?”
 
Ci pensò un po’ su, ma alla fine Marie si convinse che se tralasciava di dire nomi in codice e poteri vari, poteva benissimo parlare di loro a Kim.
 
“Dunque, la donna più grande, quella coi capelli platino è il capo team si può dire…è una persona meravigliosa e comprensiva, Logan è il secondo in comando anche se crede di poter decidere sempre tutto lui, è forte coraggioso , non conosce la paura e se sono viva oggi lo devo unicamente a lui…” pensò brevemente anche a Nightcrawler, ma se le raccontava che era stata salvata da un teleporta a più di 2000 metri d’altezza mentre il Black bird precipitava poteva dire addio ad i suoi buoni propositi di copertura…rise tornando a concentrarsi sulla risposta. “L’altro ragazzo è Bobby…beh lui…”
“…è il tuo ex!”
 
Scattò a guardare Kim, cazzo ci prendeva sempre su queste cose, molte volte, quando guardavano film o telenovela o qualche film romantico era sempre la prima a capire che piega avessero preso le relazioni amorose all’interno del film, anche sul gossip non se la cavava male, ma quel pensiero ora non aveva senso.
 
“…si, ora sta con…”
“Quella con la coda che è sbiancata appena ti ha riconosciuta? Ho visto le loro espressioni colpevoli, se avesse potuto sarebbe sparita sotto terra dall’imbarazzo.”
 
Rise di nuovo, aveva avuto la stessa impressione e il pensiero che avrebbe potuto farlo davvero la fece ridere ancora di più, chissà cosa l’aveva trattenuta dall’usare il suo potere.
 
“Quella dalla fisionomia asiatica mi sembra a posto…”
“Jubilation Lee, la mia mi…” si trattenne dal dirlo, Jubilee era stata una delle prime a voltarle le spalle, probabilmente non lo aveva fatto con cattiveria ma, si era tirata fuori dalla sua vita con un silenzio ed un indifferenza da paura. “…si, è a posto anche lei…”
 
Di nuovo pena e dolore, Kim sospirò e decise di cambiare argomento.
 
“Mi dai uno strappo a casa?”
“Certo, vado a prendere la moto, ti aspetto al solito posto ok?”
“Il tempo di farmi la doccia e arrivo…”
“Se te la facevi mentre parlavamo era meglio!”
“Quando si parla io ascolto! A dopo!”
 
Dicendo ciò, Kim tirò la tela bianca che separava le docce dello spogliatoio femminile mentre Marie, tossendo un sorriso indossò la sua giacchetta in pelle bianca da motociclista afferrando borsa ed occhiali, era notte e non li avrebbe indossati, ma l’indomani le sarebbero stati utili.
 
………………………..
 
 
“Merda!”
 
Uscì di corsa investendo quasi l’addetto alla sorveglianza ma una volta fuori il parcheggio era deserto.
Non avrebbe saputo resistere tutto il tempo che ci voleva per iniziare la nuova missione, lui la doveva trovare subito.
Tentennando pensò se era il caso di chiedere il suo indirizzo a qualcuno dei suoi colleghi, ma sapeva che non ne avrebbe ricavato nulla, dopo il loro scambio di battute al meeting sarebbe risultata una cosa troppo sospetta chiedere di lei.
Sbuffando un sospiro rassegnato s’incamminò verso il luogo dove avevano nascosto il black bird.
 
“Hai da accendere?”
 
Girandosi di colpo la vide. Con le mani incrociate appoggiate al manubrio ed una sigaretta spenta ciondolante dalla bocca, Marie lo stava fissando seduta su una moto da città nera e gialla.
Quell’immagine era da copertina.
Rilassandosi mosse alcuni passi verso di lei che non si mosse minimamente.
 
“…temevo te ne fossi andata…”
“Sto per farlo infatti ma non trovo l’accendino, se entro e Clayton mi vede con la sigaretta in bocca come  minimo mi spacca il culo, so che tu fumi perciò…”
“Chi ti dice che io ti faccia accendere?”
“Perché non dovresti?”
 
Dio, lo stava trattando con un distacco glaciale e crudele, come se fosse chiaro che non gliene doveva importare nulla di quello che faceva lei.
Quel tono gli fece male, molto male;
non gli si era mai rivolta con così tanta sufficienza, non lo aveva mai guardato con così tanta indifferenza, nemmeno quando allo Xavier Institute lui la incrociava e a malapena la salutava.
Rassegnato estrasse dalla tasca della divisa nera un pacchetto di minerva lanciandoglielo.
 
“Grazie.”
“Nh…”
 
La guardò sfregare la cappella del fiammifero sulla striscia ruvida, accenderlo e fare altrettanto con la sigaretta prima di scuotere il bastoncino e gettarlo nella feritoia di un tombino a grate poco distante dalle ruote della moto.
Già, la moto.
Osservò il telaio del bolide dando un calcetto con la punta al copertone della ruta anteriore.
 
“Bel mostro…”
“Un omaggio della ditta…”
 
Spostò le mani che cadevano sul mascherone anteriore rivelando sopra al marchio della casa produttrice lo stemma degli Hawks.
 
“Notevole…”
“Non quanto le moto di Scott, ma si difende bene…”
 
Sbuffò nel vederla spostare lo sguardo verso la porta d’entrata del palazzo come se si attendesse l’arrivo di qualcuno, come se quella conversazione la infastidisse.
 
“Senti Marie…”
“Nh?”
“Mi dispiace per come sono andate le cose…avrei do”
“Anche a me…”
 
Lo interruppe prima che potesse spiegarsi come se davvero non avesse più importanza. Era davvero così?
Strinse i denti  maledicendo qualche essere celeste.
Non si aspettava di certo che gli saltasse addosso lo abbracciasse e lo inondasse di baci e domande ma nemmeno si aspettava d’esser trattato così freddamente, fosse stata incazzata almeno la cosa avrebbe avuto senso, avrebbero discusso, litigato e magari fatto la pace, invece quel suo modo accondiscendente e fottutamente indifferente era in grado di togliergli persino il coraggio di chiederle perdono e chiarire le sue colpe.
Stava mettendo in soggezione lui, Wolverine!
 
Seguì come ipnotizzato la scia di luce rossa del mozzicone che fini nel tombino sentendola parlare nuovamente.
 
“Ma come ho già detto è stato meglio così….non ero più adatta a quel mondo, non era giusto rimanere…”
“Lo pensi veramente?”
“No…ma lo pensavate voi.”
 
Non l’aveva lasciata in sospeso quella frase e ciò significava che non c’era modo di ribattere a quell’asserzione, e poi, che avrebbe potuto dire? Era stato esattamente così, loro avevano sbagliato, loro l’avevano tagliata fuori, loro l’avevano ferita e tradita…loro avevano deciso di fare a meno di lei, lei aveva resistito finché aveva potuto, poi aveva reso le cose più facili e se n’era andata di sua iniziativa, era cresciuta, cambiata e…diavolo quanto era bella!
 
 
“Abbiamo sbagliato lo so, ma gli errori succedono …”
“Lo so…”
 
Quell’accondiscendenza stava iniziando a scocciarlo, perché non si incazzava? Perché non lo riempiva di insulti rinfacciandogli tutto il dolore che gli aveva inferto voltandole le spalle…perché…
 
“Devo andare.”
“Perché te ne sei andata Marie?”
 
Per un attimo, lo sguardo che gli fu rivolto fu pieno d’ira rancore e odio allo stato puro.
Uno sguardo che parlava e rispondeva da solo, sguardo che diceva se era il caso e con che coraggio avesse potuto farle una domanda simile e talmente idiota.
 
Stizzita si sedette correttamente imbracciando il manubrio mentre con una spinta decisa toglieva la moto dal cavalletto avviandola.
 
“Lo sai il perché, stronzo!”
 
Lo superò assordandolo col rombo di quel bolide a due ruote dirigendosi verso l’uscita del parcheggio per far salire la sua collega bionda, quella con la quale aveva già lavorato insieme.
Non la fermò mentre lo superava, avrebbe potuto farlo ma non lo fece.
Lo aveva chiamato stronzo. Sorrise. Le importava ancora.
 
Mordendo un sigaro già fumato a metà si avviò tranquillo al punto di raccolta per incontrare gli altri.
 
…le importava ancora…
 

  
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