CAPITOLO 2
Un ragazzo, seduto sopra un tetto osservava assorto
nei suoi pensieri l’alba, che stava pian piano rischiarando il cielo notturno,
che fino ad un attimo prima aveva oscurato parte del mondo.
Certo se qualcun altro lo avesse visto in quel
momento, sicuramente avrebbe pensato che volesse, come minimo, suicidarsi,
perché nessuno sano di mente sarebbe salito nel punto in cui si trovava lui,
sopra quella immensa villa, solo per guardare meglio l’alba. Ma fortunatamente
ciò non sarebbe mai potuto avvenire, perché la casa in questione si trovava
dispersa in mezzo ai boschi, lontana dal centro della città e di conseguenza da
occhi indiscreti.
Edward, questo era il suo nome, era un ragazzo alto più o meno 1 metro e 80
centimetri, aveva dei capelli perennemente scompigliati di una strana tonalità
castano ramata; il suo viso era perfettamente ben delineato in ogni sua forma e
i suoi occhi erano dei profondi pozzi d’oro. Inoltre, era portatore di segreto
millenario.
Edward si era ritrovato, come spesso accadeva negli
ultimi mesi da quando lui e la sua famiglia si erano trasferiti lì, a pensare,
involontariamente, a quella strana ragazza che aveva incontrato nei corridoi i
primi giorni di scuola.
Era rimasto semplicemente colpito e affascinato dalla
bellezza di lei e soprattutto dal suo sguardo. I suoi occhi erano marroni, ma
con delle striature verso l’esterno che si sfumavano all’oro. Li avrebbe
giudicati istintivamente belli, se non avesse saputo che per una persona
normale quel colore era a dir poco strano. Lui lo sapeva benissimo.
Si auto imponeva di credere che fosse questo il
solo motivo che lo spingeva a pensare spesso a lei, ma forse era solo una
banale scusa. Ciò nonostante dopo quel primo incontro di sguardi, aveva fatto
in modo che non ce ne fossero stati altri in futuro. Non poteva permettersi un
simile sbaglio. Lui e la sua famiglia si erano imposti di evitare di farsi
conoscere dalla gente, così da non poter mettere ancora più in evidenza la loro
diversità.
Perciò lui non aveva mai rivolto a lei neanche un
insignificante “ciao”. A volte si concedeva solo di guardarla attraverso gli
occhi degli altri. Poteva sembrare strano già, ma non impossibile, almeno non
per lui. Lui così diverso da lei. Lui che era il suo predatore e lei una sua
possibile preda. Se ancora forse non era chiaro, lui era il predatore per
eccellenza più affascinante di tutti i tempi e di tutte le leggende, lui era un
vampiro.
Edward scrollò teatralmente la testa, non doveva
pensare a lei. Gli faceva male e questo a volte era davvero successo.
Lui sapeva leggere nel pensiero delle persone, ma
con lei faticava e non poco. Ogni volta che tentava di intrufolarsi nella sua
mente, era come se ogni suo pensiero fosse avvolto da un manto di nebbia e
cercare di rischiare i suoi pensieri significava concentrare tutta la sua forza
e tutta la sua concentrazione su di essa facendolo diventare un bersagliodebole.
I vampiri in questione erano in possesso di un’affascinante ed immensa mente,
che permetteva loro di pensare a più cose contemporaneamente. Edward però se si
concentrava su di lei, si era accorto di non riuscire a pensare ad altro e per
questo, come era solito istintivamente fare ogni vampiro, non poteva stare
allerta ad un qualsiasi pericolo imminente, e ciò era per lui terribilmente
frustrante. Perciò aveva semplicemente evitato di farlo, pensandola anche come
una benedizione, così meno avrebbe saputo di lei, meglio sarebbe stato per
tutti.
Il mormorio dei suoi familiari all’interno della
casa lo distrasse, permettendogli di accantonare il pensiero di quella ragazza
in un luogo buio e lontano della sua mente. Erano tutti in ansia per quello che
era accaduto lo scorso pomeriggio. Si, anche lui lo aveva percepito, come lui
sicuramente tutti i suoi simili nel pianeta.
Il tempo si era come improvvisamente rallentato
facendo accendere una specie di lampadina a tutti nel proprio inconscio, che
avvertiva loro che la prescelta si stava risvegliando. Edward aveva sentito
molte leggende su di lei, ma ora aveva avuto la conferma sulla loro veridicità.
La vampira più potente di tutti i tempi sarebbe dovuta ritornare al trono per
portare la pace tra i suoi simili. Sapeva però quanto questo sarebbe stato
difficile, perché di sicuro i Volturi non sarebbero rimasti con le mani in
mano, lasciando che il loro potere venisse tolto loro dalle mani. Questo
avrebbe portato senz’altro ad una guerra. Ma loro non potevano farci nulla.
Loro erano contro i Volturi, quindi di conseguenza avrebbero dovuto proteggere
colei che era riuscita a spezzare il sortilegio di quei tre. Il problema ora
era solo capire dove fosse…
‹‹Edward?››.
Lo chiamò piano una ragazza minuta dai capelli nero
corvini sbarazzini, conscia che lo avrebbe sentito.
‹‹Cosa c’è Alice?››.
Rispose il ragazzo con lo stesso tono di voce.
‹‹Dobbiamo andare a scuola!››.
‹‹Arrivo!››.
Dopo di che con un balzo felino, Edward, scese
aggraziato dal tetto, atterrando senza rumore davanti alla porta d’entrata.
Venti minuti prima, a qualche chilometro da quel
luogo, una ragazza si stava svegliando da un sonno tormentato.
Isabella per tutta la notte non aveva fatto altro
che sognare le figure che aveva visto nel libro trovato, mentre spolverava la
libreria degli irlandesi. Le figure erano animate e si comportavano in una
maniera terribilmente animalesca, li vedeva uccidere e cibarsi di altre figure,
anche se non tutti lo facevano. Vedeva occhi rossi e occhi oro ovunque.
Ogni tanto le si parava davanti delle frasi in una
lingua sconosciuta, ma che lei nel profondo del suo cuore sapeva di conoscere.
Si sforzava, ma non riusciva a dare un senso a quelle parole.
Aprì gli occhi per sua fortuna, prima che la
sveglia iniziasse a suonare. Aveva cercato di farlo più volte durante la notte,
non riuscendo a strapparsi via da quei brutti incubi. Ora però c’era riuscita
perché la schiena, anzi più precisamente la parte bassa della schiena,
all’altezza dei famosi baci d’angelo, continuava a darle fastidio, come se
qualcosa pizzicasse la sua pelle, ma più cercava di grattarsi, più il fastidio
aumentava. Così ancora scossa e sonnolente si avviò nel suo bagno per farsi una
doccia, con speranza rigeneratrice.
Una volta uscita dal caldo tepore dell’acqua, si
asciugò e prima di vestirsi, come sua abitudine, si massaggiò tutto il corpo
con la sua crema dopo bagno alla vaniglia. Quando arrivò sulla parte bassa
della schiena, si accorse di non provare più il fastidio che aveva provato
prima, ciò nonostante istintivamente diede le spalle allo specchio per
osservarsi e ne rimase scioccata. Lì in basso, comparso dal nulla, c’era un
disegno. Era impossibile. La ragazza stentava a credere ai suoi occhi. Corse al
lavandino e con sapone ed acqua cercò di pulire via quella macchia senza alcun
risultato. Era proprio un tatuaggio, impresso sulla sua pelle.
La cosa che però la spaventò di più fu il fatto di
accorgersi che il disegno in questione raffigurava lo strano simbolo celtico
che c’era sulla spilla che il giorno prima aveva trovato nella villa in cui
lavorava. Non sapeva più cosa fare e cosa pensare.
Poi una voce la richiamò dal suo stato catatonico.
‹‹Bella, vado in centrale, tu faresti meglio a
sbrigarti se non vuoi fare tardi a scuola!››.
Era il padre della ragazza. Charlie, capo della
polizia di Forks.
‹‹Si. Mi sbrigo!››.
Rispose titubante Isabella.
Dopo essersi guardata ancora una volta allo
specchio decise di lasciar correre per il momento quello strano episodio e di
sbrigarsi, perché era veramente in ritardo.
Allora!!!
Eccomi qui con il secondo capitolo!!
Cosa ne pensate mie care?? La storia vi intriga??
Lo spero davvero!!!
A presto
Deba
Ps. Ecco altre mie storie in corso: