Beta:Harinezumi (di FW)
Rating: Pg
Genere: AU, Introspettivo, Slice of life, Drammatico (vi garantisco che è un eufemismo)
Personaggi: Castiel, Dean, Anna, muovi personaggi
Conteggio Parole: 526
Prompt: Wish you were here • Pink Floyd per il Set Bemolle di settenote.
Riassunto: (lo stesso della prima parte :P)
Disclaimer: Supernatural è di Kripte e soci vari (a cui strapperò le viscere se faranno qualcosa d'estremamente idiota a Cass o a Bobby).
Note: Ah, non so proprio cosa mi sia preso il giorno in cui l’ho scritta. Per amor di cronaca l'ho separata, la fic, per rispetto alle regole di settenote.
D'un scheletrico e freddo bianco
Stringo maggiormente la stretta nella mano di Dean: vorrei avvicinarmi, toccare il legno - è solo un illusione, vero? Un orribile incubo. Mi sveglierò, sì, prima o poi mi sveglierò e riderò con Anna di questo terribile sogno, mentre berremo insieme il nostro caffè. Sto per fare un passo, ma mi blocco. Mio padre. Non voglio, ora non sono abbastanza forte per difendermi, proteggermi con la mia solita maschera di indifferenza di fronte al categorico rifiuto di ciò che sono. Sento le iridi di mamma sulla mia fronte, un bacio, un tenero bacio m’ha stampato. Alzo gli occhi: lei vorrebbe che fossi lì. Sa, lei sa sempre ogni cosa, il motivo per cui le mie gambe non si muovono dal fianco di Dean. Potrei spezzarmi se lui non mi lenisse l’anima con il suo silenzioso calore.
Un piccolo cigolio, il tintinnio cristallino dell’aspersorio e le mie vacue iridi seguono il lento e cerimonioso sprofondare dei legni bianchi - il medesimo colore dei suoi ampi sorrisi - nelle viscere della terra. Bianco, bianco della macchina infernale che la condotta nelle scheletriche mani dell’antica Signora, bianco dell’ospedale e delle asettiche lenzuola che come sudari l’hanno poi ricoperta, bianco della sua pelle nella camera… nella camera mortuaria quando i miei occhi si sono cavati dalle mie orbite ora vuote. Bianche le loro bare, bianchi i miei occhi.
Un piccolo urlo raggiunge le miei orecchie chiuse al resto del mondo. Apro gli occhi e vedo appena in tempo la mia piccola nipotina che si divincola dalla presa di mio padre - non voglio, non voglio vedere il suo sguardo d’orgoglio ferito - per correre fino a me. S’aggrappa alle mie gambe con una forza incredibile per una creatura così dolce.
« Zietto, zietto… sei venuto. » riesco a malapena a capire, la voce ovattata dalla stoffa dei miei pantaloni. « Il nonno diceva che… che … » I suoi bellissimi occhi gonfi di tristezza si poggiano su di me, supplicandomi di fare qualcosa, qualsiasi cosa.
E, come se la loro lucentezza avessero rianimato il mio corpo, mi desto dall’incubo (ma infondo mai si sfugge definitamente da questo genere di sogno) chinandomi a raccogliere l’ultima parte dell’anima di mia sorella rimasta su questa terra. Dorothy, la mia piccola Dorothy, ora è fra le mie braccia… s'aggrappa a me, nascondendo il paffuto volto nell’incavo del mio collo, il suo morbido nasino appoggiato alla mia giugulare. L’avvolgo maggiormente fra le mie braccia, vorrei che fossero come un manto… un manto costellato di stelle di felicità da donare alla mia piccola bambina… lontano, che tenga lontano quest’ingiusto mondo. Appoggio la mia guancia alla sua, dondolandomi gli sussurro il suo nome - È una formula magica che scaccia via i cattivi demoni del destino, lo sapevi zietto? - e lei lega il suo nome al mio sussurrato sul mio collo. Le nostre voci si fondono, le nostre anime s’intrecciano donandosi un temporaneo, ma dolce sollievo.
Un piccolo sorriso fra breccia nel grigiore del mio volto, la mia vita è tutta qui: Dorothy fra le mie braccia, Dean al mio fianco e… e Anna, la mia bellissima, la mia meravigliosa sorella… in un campo… nella terra… nelle mani di Dio.
E la mia anima può piange ancora.