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Autore: Yuri_e_Momoka    20/03/2011    2 recensioni
VII. “Devi capire che era l’unica soluzione” insistette [...] “Sapevo che tu eri fuori dalla porta, ti sentivo bussare. Quando ha aperto l’armadio e mi ha visto gli ho tappato la bocca. Lo ammetto, non è stato facile, mi guardava supplice. Ma io l’ho spinto giù. Almeno non ha sofferto, non pensi? So che non vuoi sentirtelo dire, ma te lo ripeterò. Tutto questo l’ho fatto per te."
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Austria/Roderich Edelstein, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4-Cleopatra Titolo: Ars Moriendi, Capitolo 4 - Cleopatra
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy), America (Alfred F. Jones), Austria (Roderich Edelstein), Ungheria (Elizabeta Hédervàry), Prussia (Gilbert Beilschmidt), Germania (Ludwig), Nord Italia (Feliciano Vargas), Russia (Ivan Braginski), Bielorussia (Natalia Arlovskaya), Svizzera (Vash Zwingli)
Genere: Mistero, Dark, Suspence
Rating: Giallo
Avvertimenti: AU, Yaoi, Shonen-ai, Het
Parole: 4,268 con Windows Office
Disclaimer: I personaggi della fanfiction provengono da Axis Powers Hetalia che appartiene a Hidekaz Himaruya
Note: Death of Cleopatra


IV. Cleopatra


 
Gli fu dato un bastone per reggersi, dato che Arthur non era ancora abbastanza stabile da essere sicuro di non cadere dalle scale, né aveva intenzione di appoggiarsi a nessuno. Si sentiva alquanto debilitato, ma non riusciva a capire se si trattasse del veleno o della sbronza. In ogni caso non poteva perdere altro tempo: prima avrebbe messo fine a quel mistero e prima se ne sarebbe potuto tornare in Inghilterra.
La camera in cui Beilschmidt era stato rinchiuso era l’ultima del lungo corridoio lungo, subito prima della stretta scala che portava alla torre, la quale ospitava le stanze di Ludwig e Feliciano. Elizabeta fu la prima ad arrivare, si era fatta dare le chiavi da Roderich, il quale sembrava aver esaurito gran parte della sua rabbia e desideroso di fare luce sugli ultimi inquietanti eventi.
Arthur era l’ultimo. Sapeva che Alfred gli lanciava frequenti occhiate preoccupate e che Francis rallentava spesso e consapevolmente, ma non si fece aiutare.
La chiave girò nella serratura e l’inglese vide Elizabeta sparire oltre la porta, seguita da Ludwig. Arthur non aveva avuto tempo per pensare alle domande da porre al tedesco, ma capì che non sarebbero state necessarie.
Un lungo grido di donna costrinse tutti a precipitarsi nella camera. Quando Arthur arrivò non poté credere a ciò che vide.
La prima cosa che notò furono gli schizzi di sangue sulle pareti, sul pavimento e persino sul soffitto. In mezzo alla stanza c’era una sedia, su di essa si trovava l’albino. Le mani di Gilbert erano legate ai braccioli con dei lembi di stoffa  e lo stesso materiale gli era stato usato per imbavagliarlo e bloccargli le caviglie.
Arthur non ebbe bisogno dell’intervento di Feliciano per capire che ciò che stava guardando era La morte di Cleopatra.
Elizabeta non aveva ancora osato avvicinarsi, piangeva per terra consolata da Roderich. Ludwig invece contemplava il corpo senza capacitarsi di ciò che aveva di fronte. Quando allungò una mano per toccarlo, Arthur lo bloccò. “Fermo! Aspetti.”
Gli dispiaceva intervenire in un momento del genere, ma per lui l’indagine veniva prima di tutto. Sul corpo non erano presenti ferite evidenti, perciò quella quantità spropositata di sangue poteva provenire soltanto da un posto: i polsi erano stati tagliati.
“Com’è possibile che quella ferita abbia causato questi schizzi di sangue?!” domandò Alfred scosso.
“È ovvio che se ne sia occupato l’assassino” spiegare Arthur.
“Decisamente un intervento di pessimo gusto” commentò Francis.
L’inglese studiò con cura la stoffa con la quale era stato legato e imbavagliato, ma non trovò nulla di rilevante. “Sleghiamolo” disse infine.
Francis e Alfred fecero un passo avanti ma Ludwig li allontanò con un gesto della mano. “Me ne occupo io.” Nemmeno Feliciano osò intervenire. Arthur tentò di decifrare i pensieri dell’italiano: in quel momento nel suo sguardo vi era una luce che mancava negli occhi freddi e spenti di Ludwig.
“Che cosa orribile!” disse Elizabeta quando il corpo di Gilbert fu depositato a terra. “Quale crudeltà può spingere un uomo a compiere tutto questo?”
“Questo sangue… è davvero tutto suo?” domandò Alfred, guardandosi attorno.
Arthur si chinò sul cadavere e osservò attentamente le ferite ai polsi. “Sono profonde. Non tanto da incidere i tendini, suppongo, ma sufficienti per dissanguare, se si ha a disposizione abbastanza tempo.” Cercò nuovamente di estrapolare la logica di quegli schizzi, poi si rivolse a Ludwig con discrezione.
“Sarebbe il caso di spogliarlo.”
“Perché?”
“È chiaro che ci sta sfuggendo qualcosa. Potremmo trovare qualche indizio.”
Ludwig acconsentì tacitamente e iniziò a sbottonare il gilet e la camicia del fratello, finché non rimase solo con la biancheria. Sul corpo non c’era alcuna ferita e non trovarono nulla nemmeno sulla schiena.
 “È pallido per natura, per cui è difficile stabilire se si sia effettivamente privato di tutto il sangue, ma poiché non c’è nessuna traccia di altri traumi, direi che è stato davvero dissanguato. Se fosse stato avvelenato e poi ferito, il sangue non sarebbe potuto uscire in questa quantità. D’altro canto, ha avuto a disposizione molto tempo per dissanguarsi del tutto.” Provò rimorso guardando Elizabeta che singhiozzava e Ludwig che non parlava. Nonostante fosse stata una proposta di Roderich, era stato lui stesso a decretare l’imprigionamento di Gilbert.
“A giudicare dalla quantità di sangue perso, credo che sia stato aggredito poco dopo essere stato rinchiuso qui.”
“Possibile che non abbia lottato o che non abbia chiesto aiuto?!” domandò Alfred incredulo. “Sicuramente ha impiegato molto tempo per morire.”
“Era solo e lontano, molto probabilmente non siamo stati in grado di sentirlo. Ma adesso, la vera domanda è un’altra: se la stanza era chiusa, com’è entrato l’assassino?”
“Non doveva necessariamente entrare una volta che la porta è stata chiusa” disse Elizabeta alzandosi in piedi. “Non è vero, signorina Natalia?”
La donna non si scompose. “Cosa intende insinuare?”
“Lei è l’ultima che l’ha visto. È stata lei ad accompagnarlo qui, perché mai si è proposta per quell’incarico?”
“Mi sono offerta volontaria esattamente come avrebbe potuto fare chiunque di voi. Che ragioni avrei avuto per uccidere herr Beilschmidt?”
“È esattamente quello che vogliamo scoprire” rispose Arthur, il quale iniziava a sopportare a fatica l’atteggiamento superficiale e distaccato dei russi. “Nel frattempo ci dica perché l’ha voluto accompagnare, e questa volta sia sincera.”
Natalia sostenne lo sguardo di Arthur, poi lanciò un’occhiata a Elizabeta. “Quell’uomo mi interessava. Ho pensato che fosse la giusta opportunità per… farmi notare.”
Roderich afferrò saldamente il polso della moglie prima che questa potesse schiaffeggiare Natalia.
“Elizabeta, manteniamo un minimo di civiltà.”
“Lei… è senza ritegno.” La donna aveva i capelli scomposti e il volto arrossato, tuttavia trasmetteva ancora una grande dignità.
“Ho trovato qualcosa!” Alfred era inginocchiato per terra e guardava sotto alla cassettiera con la guancia incollata al pavimento. Tese la mano, ma Arthur sfilò il fazzoletto dal taschino di Francis e glielo porse in tempo.
“Usa questo, non si tocca niente prima di averlo analizzato con cura.”
Alfred utilizzò il fazzoletto e, quando si rialzò, teneva tra le dita un coltello insanguinato. Era un coltello da caccia, sicuramente qualcosa che non si trovava facilmente nella villa di un nobile. Arthur lo prese con delicatezza.
“E questo di chi è?”
Non si lasciò sfuggire l’occhiata fugace che Ivan lanciò alla sua compagna, né la leggera sorpresa di quest’ultima.
“È suo, vero, signorina Natalia?”
La donna non era affatto una sprovveduta e comprese subito che mentire non sarebbe servito a nulla. Invece, afferrò un lembo della sua lunga gonna e la sollevò fino al ginocchio. Alfred sgranò gli occhi e Francis produsse un fischio di approvazione.
“Fraulein, la prego di mantenere un po’ di decenza” la rimproverò Roderich.
Senza badare alle critiche, Natalia alzò la gonna fino a scoprire una cinghia stretta alla coscia, che reggeva un fodero di pelle delle stesse dimensioni del pugnale.
“In Russia usiamo così” spiegò, lasciando scivolare nuovamente il tessuto.
“Così è fin troppo facile” fu il commento di Francis, e Arthur si ritrovò d’accordo, tuttavia le prove erano decisamente a sfavore di Natalia.
“La spiegazione è molto semplice” iniziò la donna con molta sicurezza, “quando ho accompagnato herr Beilschmidt, mi sono offerta di intrattenerlo. Deve avermi sfilato il coltello in quel momento.” Rispose all’occhiata colma d’odio di Elizabeta aggiungendo: “Il nobile tedesco non ha accolto le mie avance oltre qualche carezza, di questo non deve dubitare.”
La storia del coltello non convinceva del tutto Arthur, tuttavia se davvero Natalia fosse stata l’artefice di quel macabro spettacolo non sarebbe potuta tornare da loro così in fretta e senza alcuna macchia di sangue sull’abito.
“Invece che soffermarci su questi particolari inconsistenti, perché non ci chiediamo cosa ci faccia del cianuro nello studio di herr Edelstein?”
“Del cosa?”
“Dove?”
“Basta così.” Feliciano riuscì a zittire tutti con la sua voce cristallina. Teneva una mano poggiata sulla spalla di Ludwig. “Occupiamoci di Gilbert, poi avremo tutto il tempo per discutere.”
Fu lui stesso ad aiutare il tedesco a trasportare il corpo in cantina, il quale nel frattempo lo aveva rivestito.
Roderich fece per seguirli, ma Arthur non poteva lasciare le cose in sospeso. “Torni qui, herr Edelstein. Credo che a tutti farebbe piacere avere qualche chiarimento a proposito della sua scorta di cianuro.”
Roderich rispose mantenendo la sua altezzosità ma senza nascondere una palese offesa. “Si tratta di questioni personali.”
“Già, cosa c’è di più personale di un omicidio?” ironizzò Francis.
“Non sia insolente” lo riprese Roderich. “Quel veleno non ha mai lasciato il mio studio e non è mai stato usato da nessuno. Potete controllare, se volete.”
“Sappiamo tutti che per avvelenare qualcuno è sufficiente una dose minima” ribatté Francis, “e sappiamo anche che se Kirkland ora non si trova a volteggiare tra gli angeli è perché quella dose era addirittura inferiore.”
“Perciò non si può provare che il cianuro provenga dalla mia scorta” concluse Roderich anticipando tutti.
“E non si può neanche provare che non provenga dalle sue scorte” puntualizzò Arthur.
“In ogni caso non mi spiego quale motivo avrebbe potuto avere fraulein Natalia per frugare nel mio studio.”
Natalia si strinse nelle spalle. “Stavo solo facendo un giro di visita per il castello.”
“Anche troppo approfondito” notò Arthur.
“Va bene, lo ammetto, ho ficcanasato un po’ ma non ho preso né spostato niente, quindi non ho colpe.”
“Altroché se le ha!” intervenne Elizabeta. “È stata l’ultima a vedere Gilbert e il suo coltello insanguinato è stato trovato chiuso in questa stanza!”
Natalia la fronteggiò. Era decisamente più alta dell’austriaca. “E allora, cosa intendete fare? Rinchiudere anche me sulla base di supposizioni? Herr Beilschmidt è stato imprigionato perché aveva sia un movente che un’arma, io ho solo un’arma, non avevo nessun motivo per volerlo morto.”
“Questo non lo sappiamo” ripeté Arthur, “ad ogni modo è chiaro che nessuno deve stare da solo: tutti coloro che si sono allontanati sono morti o ci sono  andati vicino.”
“Quello che penso” disse Natalia prendendo nuovamente la parola, “è che siamo tutti stanchi e provati. Riposiamoci un po’.”
“Anch’io mi farei una dormita” concordò Alfred, “però…”
Arthur fece scorrere lo sguardo su coloro che erano rimasti nella stanza. “Va bene” concesse infine, “ma prima faremo un’ultima cosa: voglio fare due chiacchiere con ognuno di voi, in privato. Raduniamoci di sotto e chiudiamo a chiave questa camera.”
Roderich usò il suo mazzo di chiavi, l’unico che Arthur avesse visto in giro. Tuttavia avrebbe dovuto indagare anche su quello. Andarono in un salottino arredato con molti divani, dove il caminetto acceso aveva riscaldato l’ambiente. Da una parte c’era un tavolino rotondo con qualche sedia e da ogni angolo pendevano lunghe e ricche tende di velluto cremisi.
“Nessuno si parli mentre ricevo ognuno di voi” raccomandò Arthur accomodandosi al tavolino. Avrebbe dovuto condurre quell’interrogatorio molto prima, non voleva che gli invitati potessero modificare o accordare ulteriormente le loro versioni.
Il primo che venne a sedersi di fronte a lui fu Roderich, accompagnato da una sfacciataggine sempre crescente.
“Continuiamo la nostra discussione a proposito del cianuro?” propose Arthur, che non aveva alcuna intenzione di lasciarsi intimidire. Di fronte a lui poteva esserci l’uomo che aveva tentato di ucciderlo.
“Non ho niente da nascondere.”
“Allora mi dica la verità. Che cosa voleva farci con quel veleno?”
Roderich sostenne il suo sguardo per alcuni secondi e, d’un tratto, la sua sicurezza sembrò vacillare. “Io… sapevo delle intenzioni di mia moglie.”
Arthur cercò di capire. “Si spieghi.”
“Sapevo che mia moglie si stava consultando segretamente col notaio per il divorzio.”
“E sapeva anche che aveva una relazione con Beilschmidt?”
“Lo sospettavo e basta.”
Arthur incrociò le dita. “Ancora non mi ha detto lo scopo del veleno.”
Roderich lo guardò come se volesse comunicargli la risposta col pensiero. Arthur si augurò che i suoi sospetti fossero errati.
“Non avrebbe avuto senso costringere mia moglie a restare, la conosco fin troppo bene, non è una che si lascia dominare.”
“Aveva intenzione di avvelenarla?”
“No. Il cianuro… era per me.”
Arthur non se lo sarebbe aspettato, certamente non da qualcuno con così  tanta stima di sé. “Preferiva davvero uccidere se stesso piuttosto che sua moglie o persino il suo amante?”
“Gliel’ho detto, su Beilschmidt avevo solo dei sospetti, e comunque se fosse morto mia moglie avrebbe indubbiamente sospettato di me e allora non ci avrebbe pensato due volte a lasciarmi. Ho acquistato il veleno in un momento di debolezza, non sapevo ancora se l’avrei usato  o meno.”
“Non sono convinto” ammise Arthur.
“Può fare come vuole, questa è la mia verità.”
L’inglese sospirò: quell’uomo lo irritava. “Mi dica invece come ha conosciuto i russi.”
“Sono stati loro a contattarmi. Possiedo alcuni atelier, uno a Graz e due a Vienna e mi faccio pubblicità. Mi hanno scritto chiedendomi di ospitare quella mostra tematica e io ho accettato. Non c’è stato nessun altro tipo di rapporto.”
Arthur aveva solo un’altra cosa da chiedere. “Quanti mazzi di chiavi esistono?”
“Se si riferisce alle copie delle chiavi delle camere, ne esiste solo un altro, ma è al sicuro nel mio studio.”
“Dopo lo verificheremo.”
Riguardo alla faccenda del debito dei fratelli aveva il presentimento di saperne anche troppo, quindi lo lasciò andare.
Venne Feliciano a sedersi con lui, sembrava fosse sul punto di piangere. Non sapeva esattamente quali fossero le domande più giuste da fargli.
“Mi spiace per Gilbert” iniziò per metterlo più a suo agio.
Feliciano continuava a guardare in basso. “Anche a me dispiace molto. Ma non è per lui che…” Arthur attese. “Ho deciso di lasciare Ludwig.”
L’inglese si ricordò dell’accesa conversazione che avevano avuto un’ora prima. “Lui lo sa già?”
“Gliel’ho accennato e non gli ha fatto piacere. Però poi è successo… questo e… ora sarà ancora più difficile.”
“E il motivo?”
Feliciano sollevò il viso e mostrò gli occhi arrossati senza vergogna. “Io sono solo un accompagnatore. Non può trascorrere la sua vita con me.”
Arthur non sapeva se voleva proseguire quella conversazione. Dopotutto quelle informazioni avevano poco a che fare con gli omicidi, ma Feliciano sembrava aver voglia di confidarsi.
“Lui è sempre così severo e ordinato, ma in realtà è sensibile. Non so se avesse provato pena per me o se avesse le stesse intenzioni di coloro che mi cercano, ma mi ha tenuto con sé per molto tempo, pagandomi. Dopo qualche mese lui e suo fratello hanno iniziato ad avere problemi economici, ma Ludwig ha continuato comunque a offrirmi vitto e alloggio.”
“E questo andava bene a Gilbert?”
“Non lo so. Mi trattava bene, ma ho sempre avuto la sensazione di essere un peso per lui. Non aveva tutti i torti.”
“Anche se Gilbert non c’è più, vuole ancora lasciarlo?”
In Feliciano sembrava in corso un terribile conflitto interiore. “Io… sono sicuro che sia la cosa giusta da fare.”
Le sue lacrime dicevano il contrario delle sue parole. L’italiano tornò ai divanetti, ma si sedette lontano da Ludwig. Il successivo fu proprio lui. Arthur si sentiva un po’ a disagio, dopo aver saputo i dettagli della sua relazione.
“Dovrò farle delle domande su suo fratello” lo mise in guardia Arthur il quale, dopo le rivelazioni di Feliciano, non sapeva bene cosa aspettarsi da un tipo come lui.
“Va bene.”
“Lei sapeva che aveva una relazione con la moglie di Edelstein?”
“Non me l’ha mai detto, ma sì.”
“Li ha sorpresi a fare qualcosa?”
“Niente di particolare, ma conosco mio fratello e so bene come si comporta quando gli interessa una donna.” Si accorse dell’errore e si corresse con impercettibile imbarazzo. “Come si comportava…”
Arthur non pensava che rivelargli che Roderich era a conoscenza della relazione fosse una buona idea.
“Secondo lei chi poteva volere la morte di Gilbert?”
Ludwig rifletté con molta attenzione. “Sicuramente non aveva un carattere facile, e dico con sicurezza che poteva avere molti nemici, ma non so proprio chi potesse volerlo morto.”
“Cosa ne pensa di Roderich? Sarebbe stato svantaggioso per lui eliminare suo fratello?”
“A livello economico sì, ma herr Edelstein non si fidava della sua parola, è convinto che tra i due sia io quello responsabile.”
“Ed è vero?”
“Sotto certi punti di vista, sì.”
Perciò, per quanto potesse risultare dannoso per Roderich uccidere Gilbert, non era da escludere il fatto che se ne volesse liberare proprio per ottenere il suo risarcimento basandosi sull’affidabilità di Ludwig.
“Vada pure.”
Elizabeta arrivò subito dopo. Non si era nemmeno accomodata quando disse: “È stata la russa.”
“Ah sì? Allora posso anche smetterla con questi inutili colloqui.” Era Arthur a fare supposizioni, non i sospettati.
La donna incrociò le braccia, caparbia. “Come può dubitarne con le prove schiaccianti che ci sono?”
“Proprio per questo ho i miei dubbi. Ha guardato bene Natalia? Non commetterebbe mai un errore così grossolano da lasciare l’arma del delitto in bella mostra. La motivazione che ci ha fornito non è del tutto infondata.”
Elizabeta si scaldò. “Intende insinuare che ha davvero sedotto Gilbert e che lui l’ha assecondata?!”
“Lo conosceva così bene da sapere che a Beilschmidt non potessero interessare altre donne?” La domanda era volutamente provocatoria.
“Lo conoscevo così bene da essere certa che quello fosse proprio un comportamento da lui.” Non si aspettava una risposta del genere, e così schietta. “È proprio questo che mi irrita.”
“Quando è iniziata la relazione?”
“Circa un anno fa. Ho conosciuto i fratelli Beilschmidt quando hanno firmato il contratto con mio marito. Lei ha visto com’è fatto Roderich e ha anche capito come sono fatta io. In quel periodo il nostro matrimonio andava peggio del solito e così ho deciso di prendermi una pausa.”
Era stata fin troppo sincera. Ad Arthur sembrava strano che le risultasse così naturale confidare un tradimento.
“Sapeva che suo marito era a conoscenza della sua relazione e dell’intenzione di divorziare?”
Evidentemente non lo sapeva. Elizabeta lo fissò allibita come aspettandosi uno scherzo, poi realizzò la sua situazione.
“Io… ovviamente sapevo che Roderich non avrebbe mai acconsentito al divorzio, perciò mi sono incontrata segretamente con Zwingli per trovare dei cavilli che sancissero l’annullamento. Però… non ho mai preso la decisione definitiva, si trattava piuttosto di… una scappatoia nei momenti di crisi.”
“Perciò… lei non era ancora convinta di voler lasciare Roderich.”
“Non sono stupida, so bene che un’azione del genere mi avrebbe rovinata, ma mi piaceva comunque poter valutare quella possibilità.” Il suo sguardo si addolcì di tristezza. “Insomma… sognare un po’. Ogni ragazza dovrebbe poterlo fare.”
“Un sogno pericoloso.”
Elizabeta si asciugò di nascosto una lacrima e riprese il controllo. “Lei pensa che sia stato mio marito?”
“Ancora non lo so.”
“Bene” disse alzandosi e lisciandosi la gonna. “Allora io vado.”
Arthur decise di non trattenerla oltre. C’era poco tempo e voleva ascoltare attentamente le parole dei russi. Inoltre anche lui agognava disperatamente a qualche ora di sonno.
Fu Ivan a sedersi di fronte a lui, senza parlare. Quell’uomo lo lasciava perplesso: in alcuni momenti sembrava trovarsi a fare una rilassante passeggiata, in altri appariva completamente in disparte e fuori posto. In quel momento il suo stato d’animo era molto vicino al primo contesto, poiché se ne stava seduto tranquillo con un vago sorriso.
Arthur lo studiò per qualche minuto.
“Cosa ne pensa di tutto questo?”
“Questo cosa?” chiese lui ingenuamente.
“Gli omicidi.”
“Beh… decisamente creativi, direi.”
“Ha qualche sospetto?”
“Non saprei, non mi sono fatto alcuna idea.”
Arthur iniziava ad irritarsi. “Come sono stati scelti i quadri della mostra?”
“Come ho già detto a monsieur Bonnefoy, per puro scopo economico. Sapevamo che il tema della morte avrebbe avuto successo qui.”
“E perché avete deciso di organizzarla?”
“Ci piace l’arte e piace anche a voi, perciò è stato semplice decidere.”
Arthur si stava demoralizzando: non avrebbe concluso niente. Decise di adottare un rimedio drastico.
“Signorina Natalia, può raggiungerci?” disse alzando la voce.
La donna venne a sedersi sulla sedia accanto a Ivan. Senza farsi notare, Arthur spiò il russo e la sua reazione, in modo da confermare i suoi sospetti. Natalia era sicurissima di sé, come sempre, mentre Ivan cambiò atteggiamento così radicalmente da far pensare che si trattasse di un’altra persona.
“Mi dica, signor Kirkland: perché crede che io non sia colpevole?”
Una simile franchezza e fiducia in se stessa avrebbero costretto Arthur sulla difensiva, e lui non poteva permetterlo.
“Ho capito che lei non mi ritiene l’artefice dell’omicidio del tedesco, non era per niente convinto. Proprio come per l’omicidio del signor Zwingli ha voluto accontentare gli altri ospiti, ma lei cosa pensa veramente?”
“Penso che lei, per quanto possa essere forte, non avrebbe potuto legare Gilbert tutta sola. È difficile per un uomo di corporatura normale, figurarsi per una donna che decide di legare un arto alla volta. Certo, se avesse ricevuto un aiuto appropriato…” Osservò ancora Ivan, il quale si era chiuso in se stesso, “ma lui è rimasto in cucina con noi, quindi è da escludere.”
“Non dimentichiamo il sangue” puntualizzò Natalia con arroganza.
“Già. Un uomo, con un po’ di fortuna e attenzione, avrebbe potuto evitare di sporcarsi, ma una donna, con un vestito come il suo, avrebbe sicuramente riportato delle macchie su di sé.”
“Quindi, perché stiamo qui?”
Arthur avrebbe tanto voluto trovarsi di fronte Alfred o Francis, così avrebbe potuto picchiarli senza ritegno.
“Se fossi in voi mi preoccuperei: se non siete gli assassini allora potreste essere le prossime vittime.”
L’umore di Arthur non migliorò quando si trovò di fronte a Francis. Quell’individuo lo spiazzava, non sapeva che domande fargli e, guardando il suo sorriso serafico e sornione, gli passava del tutto la voglia di interrogarlo. Per questo motivo rimase a fissarlo, le dita incrociate sotto il mento. Voleva cercare di entrare nei suoi pensieri, ma non era comunque del tutto sicuro di voler osare tanto.
“Lo so, sono affascinante, non puoi staccare gli occhi da me.”
“Non puoi essere serio, per una volta?” lo rimproverò Arthur che in quel momento non aveva modo di sopportare il suo sarcasmo.
 “Non vuoi domandarmi niente? Per esempio, il mio fiore preferito? Il cibo che preferisco?”
Arthur sospirò esasperato. Aveva sonno ed era irritato.
“Trovo eccitante essere oggetto del tuo interrogatorio.”
“Alfred!” chiamò l’inglese spazientito. Voleva risparmiare tempo. L’altro arrivò di corsa.
“Tocca a me?”
“Vi sentirò insieme.”
Alfred si avvicinò al tavolo trascinando la sedia sul pavimento. “Davvero mi credi responsabile di quegli omicidi?” domandò preoccupato.
“Al momento non ti credo responsabile di una frase a senso compiuto, figuriamoci di una serie di omicidi.”
“Sei intrattabile…”
Francis rise.
“Non la prenderei così alla leggera” disse Arthur al francese. “All’inizio avevo qualche piccolo sospetto su di te, ma l’imbarazzante approccio col quale hai tentato di fare colpo su di me ti hanno scagionato completamente.”
Francis sembrò capire che quello non era un complimento.
“Che cosa avrebbe fatto?!” volle sapere Alfred.
“State zitti, sono io che faccio le domande! Chi ti ha invitato qui e perché?”
L’americano fece fatica a dimenticare la questione delle proposte indecenti di Francis, ma tentò di concentrarsi. “Mi ha… contattato herr Edelstein in persona. Credo che abbia conosciuto mio padre o che mi abbia visto da qualche parte… non so, non tengo il conto delle persone che conosco in giro! In genere sono gli altri che si ricordano e di me e mi contattano.”
“E tu perché hai accettato?”
“Beh… mi andava, mi piace viaggiare.”
“Pensi che ci sia qualche nemico di tuo padre che potrebbe nuocergli?”
Quella domanda lo spiazzò. “Che intendi?”
Arthur cercò di semplificare la cosa. “C’è qualcuno che vorrebbe approfittare del ruolo di tuo padre o che vorrebbe mettere a repentaglio la sua posizione?”
“E questo cosa c’entra con me?”
“Semplice, sei famoso. Potrebbe esserci la vaga possibilità che qualcuno stia creando la giusta situazione per sequestrarti e chiedere un riscatto.”
Alfred non aveva assolutamente valutato quell’ipotesi, ma dopo qualche istante di sorpresa ritrovò subito l’ottimismo. “Beh, non sarà certo facile sequestrarmi, da quando mio padre è stato nominato vice presidente sono già scampato a due rapimenti, un attentato e quattro rapine.”
“Complimenti!” si congratulò Francis.
“Tu, invece?” Arthur si rivolse al francese.
“Ultimamente mi sono esibito in Germania e in Austria e ho riscosso un discreto successo. Immagino mi abbiano convocato perché sono un artista.”
“Sicuramente” lo liquidò in fretta Arthur e si alzò in piedi. “Abbiamo concluso, possiamo ritirarci per qualche ora nelle nostre stanze.”
“Non le sembra troppo rischioso?” domandò Elizabeta diffidente.
“No se ci divideremo in coppie. Ognuno sceglierà con chi stare, si dormirà a turno mentre l’altro farà la guardia. Ci chiuderemo nelle stanze e così limiteremo il rischio. Non è un bene sforzare troppo la mente e il fisico in un momento delicato come questo.”
Infatti Arthur sarebbe crollato sul pavimento a breve.
Gli altri accettarono e le coppie furono formate, esattamente com’era prevedibile: Ludwig con Feliciano, Roderich con Elizabeta e i due russi. Poiché erano rimasti in numero dispari, ovviamente ad Arthur rimase l’unica opzione di Francis e Alfred, ma nonostante non tollerasse la vicinanza di nessuno dei due, erano anche le uniche persone di cui era certo di potersi fidare.
“Non mi va di dormire nella tua stanza, Arthur. Ci sei quasi morto lì dentro!” si lamentò Alfred mentre raccoglieva le sue cose.
“Proprio per questo è più sicura delle vostre. È poco probabile che l’assassino abbia piazzato una seconda trappola nella mia camera.”
“Farai tu il primo turno di guardia, va bene?” Francis non attese la risposta dell’americano, si tolse la giacca e spostò le coperte. Arthur si era già infilato al caldo, senza lasciare alcuna scelta ad Alfred.
“Ma perché? Io ero uno di quelli che aveva proposto di dormire!”
Arthur si tirò le coperte sopra la testa. “Io sono quasi morto.”
“E io non l’ho abbandonato la mattina dopo la notte di fuoco” spiegò Francis togliendosi le scarpe.
“Ma insomma!”
“Avanti, Alfred… fra un paio d’ore mi sveglierai” lo rabbonì Arthur.
Si addormentò ancor prima che Francis si sdraiasse accanto a lui.




Continua




Se non si era ancora capito, aggiorno ogni domenica. Tuttavia non garantirò per il prossimo capitolo, sono un po' in ritardo... Gli indizi si affollano, chi accusate? *AceAttorneyPower*




Quattro chiacchiere col morto

Yuri: Benvenuto anche lei, signor Beilschmidt!
Gilbert: Buonasera a lei e buonasera a tutto il pubblico!
Y: La trovo bene, il suo candore è ancora più splendente oggi.
G: Grazie! Il meraviglioso me sta dando il suo meglio davanti a lei e davanti a tutte le giovani fanciulle qui presenti!
Y: Ora che è finito anche lei nell'albo dei defunti, come pensa che si senta suo fratello Ludwig?
G: Non trova che sia morto meravigliosamente bene? Il sangue dona perfettamente ai miei occhi rossi! Sono un figo!
Y: Sì, beh... e a Elizabeta non ci pensa? L'ha lasciata sola con quel marito isterico e frigido...
G: Che classe, ha notato che posa? Per non parlare dei miei capelli! Dice che troverò posto come attore in America?
Y: America? Sta facendo delle insinuazioni? Chi pensa sia stato a ucciderla in quel modo brutale?
G: Non lo so, ma perchè sprecare tempo a parlare degli altri quando ha davanti ME? Avanti, lo so che vuole un autografo...
Y: ....Lei lo sa che è ancora in mutande, vero?
G: Guardi che è merito di questo ben di Dio se ha così tante persone che leggono questo angolo inutile! E' arrivato il momento di svelare l'arcano segreto sulle mie misure! *si toglie le mutande*
Y: Oh! Non avevo mai visto un uccello così!
Gilbird: Pio pio pio
G: Kesesese! All'altezza di quest'altro qui! *indica punto imprecisato sotto la cintura* Modestamente, sono bello ovunque io! Meraviglioso! Magnifico!
Y: Va bene, finiamola qui. Regista?! Qualcuno può fare qualcosa? Si può sapere perchè ogni intervista deve terminare come una puntata della Barbara D'Urso?

   
 
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