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Autore: Subutai Khan    20/01/2004    1 recensioni
Sporco e spazio ristretto condurranno alla resa dei conti? Riusciranno Asuka e Shinji a chiarirsi, a parlarsi, a dialogare? O i soccorritori troveranno i loro scheletri ancora intenti a sbranarsi vicendevolmente?
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Claustrofobia, Manuali per Incompetenti e Altre Amenità' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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“Niente da dire?”.
“...”.
“Proprio nulla? Neanche un chi cazzo ti vuole?? Nulla?”.
“...”.
“E va bene, mi avrai sulla coscienza quando morirò di crepacuore per il tuo rifiuto”.
“... non essere ridicola”.
“Ridicola? Non sono ridicola. Mai stata ridicola”.
“Ora ci stai riuscendo benissimo, invece”.
“E sentiamo, perché mi starei rendendo ridicola?”.
“Non moriresti mai di crepacuore, e non di certo per me. Bisogna avercelo, un cuore”.
“Ah, ma bene. Non solo ti rifiuti di accontentarmi nonostante abbia detto di amarmi, ma mi stai anche dando della bastarda insensibile”.
“Non ho detto questo, ma non ho nessunissima voglia di contestare. Pensala come vuoi”.
“E cosa avresti detto, allora? Su, hai la bocca, falle prendere un po’ d’aria, poverina”.
“Sai una cosa, Asuka? Sto cominciando a rendermi conto che quel credo non l’ho buttato lì a caso. Mi stavo sbagliando. E solo ora me ne accorgo”.
“Quale credo, scusa?”.
“Le mie testuali parole sono state credo di amarti, non ti amo. Hai la memoria corta, fra i tuoi vari difetti”.
“Hai solo scelto male le parole. Sono sicura che mi ami, si capiva”.
“Ah sì ? Beh, capiscilo ora se è vero o no!”.
-Odio. Mai avevo sentito l’odio uscire dalla bocca di Shinji Ikari. Mai. E ora è successo. Complimenti cretina, hai rovinato tutto.-
“E comunque il mio incubo non sarebbe stato tale se si fosse limitato al mio errore di giudizio”.
“Cosa intendi dire?”.
“Mio padre ti ha sparato. Un colpo secco, al cuore. Sei stramazzata a terra con gli occhi rivolti verso il tuo cervello”.
“Di cosa ti preoccupi? E’ stato solo un sogno”.
“Sì, non dovrei preoccuparmi. Se non fosse che...”.
“Se non fosse che?”.
“Se non fosse che, l’ultima volta che ho dormito nel mio letto, ho sognato di vedere me e te in un posto simile a questo”.
“...”.
“Ora non ricordo i particolari, ma era una stanza piccola e buia. Come questa. C’erano topi che squittivano ed altri morti che facevano bella mostra di sé negli angoli. Come qui. La stanza puzzava. Come questa. Ciò mi fa paura”.
“Hai i sogni premonitori? Sei diventato un preveggente?”.
“No, certo che no. Almeno, lo spero”.
“Ah, che allegria. Ho appena scoperto che morirò per colpa della persona più schifosa e manipolatrice che conosco. Sono al settimo cielo”.
“Non lo permetterò, mai e poi mai. Dovrà passare sul mio cadavere, quel porco”.
“...".
“...”.
“Si pensa che le parole dette senza premeditazione siano le più sincere”.
“Sbagliano. Non ti amo. Non posso amare una persona come te”.
“Certo, certo. Dicono tutti così”.
“Non sei affatto spiritosa”.
“Non era mia intenzione esserlo, infatti. Ero molto seria”.
“...”.
“Sai Shinji, credo che dovremmo ridiscutere le tue convinzioni attuali. Potrebbero saltare fuori delle piacevoli sorprese”.
“Scordatelo”.
“So essere molto convincente, lo sai”.
“Allora avanti, ti sfido. Obbligami”.
“Non dire che non ti avevo avvisato”.
...
...
...
...
...
...
...
“Ahahahahahahahahah, basta, ti prego”.
“Farai quello che ti ho chiesto o devo continuare?”.
“Ahahahah. Dio, sto lacrimando. Mi arrendo, mi arrendo”.
“Lo sapevo che sarebbe finita così. Doveva finire così”.
“Ma il solletico non vale. Maledetta”.
“Non è vietato dalla Convenzione di Ginevra, quindi vale”.
“Spietata”.
“Lo so, grazie”.
“Allora dammi due secondi per tirarmi insieme e comincio”.
“Hai tutto il tempo del mondo, non essere frettoloso”.
-Sono felice. Da quanto tempo non lo ero?-
“Prego Shinji”.
“Devo proprio, vero?”.
“Devi. Ti ho sottomesso e ora hai delle conseguenze da affrontare”.
“Sei stata sleale”.
“Falso e non importante. Paga dazio, caro”.
“Umpf, ti odio quando fai così”.
“Oh su, non dirmi che non ti sei divertito un po’. E poi lo so, ormai, come la pensi su di me”.
“Sono davvero così prevedibile?”.
“Beh, non è colpa mia se reagisci come il più zuccheroso dei personaggi di un romanzo Harmony”.
“Sigh, ho come la sensazione di avere il gene dell’autosputtanamento”.
“Oh su, non essere così severo con te stesso. So di essere irresistibile...”.
“...”.
“... bellissima...”.
“...”.
“... e soprattutto modesta”.
“L’ultima qualità è quella che rifulge maggiormente”.
“Ma ora basta ciance. Giusto per cominciare, mi piacerebbe sapere quando hai cominciato a provare per me qualcosa che non fosse la voglia di strozzarmi”.
-Sì, sì. Snocciolami tutto, sono tanto tanto curiosa.-
“È stato molto tempo fa. Fin da quando ti ho vista slanciarti dal ponte della Over the Rainbow. Mi sei apparsa subito stupenda. Ti ho vista e ho pensato allora esistono ancora degli angeli nella vecchia accezione del termine. Poi i miei sogni di gloria si sono infranti, almeno in parte, quando hai cominciato a mostrare il tuo carattere da Nobel per la pace. Irascibile, scontrosa, nevrotica. Un mix che avrebbe scoraggiato un santo, figurati me che avevo paura anche delle stringhe delle mie scarpe. Eppure, con mia grande meraviglia, l’ammirazione che provavo per te, anche se solo a livello fisico, non se ne andava, non se ne voleva andare. E poi c’è stato il primo evento scatenante...”.
“Quale? Parli del bacio? O meglio, di quella sottospecie di bacio?”.
“No, quello è stato il secondo. Mi riferisco alla notte prima della battaglia contro il settimo Angelo. Ma, se vuoi che prosegua, devi concedermi immunità totale e completa”.
“Perché...”.
“Fallo e basta. O non vado avanti”.
“Uff. E va bene, va bene, non ti torcerò un capello. Ora sputa il rospo”.
“Ti ricordi di avermi pesantemente minacciato con la faccenda delle mura di Gerico, no? Beh, è finita che sei stata tu a violare il tuo stesso ordine. Quando ho staccato lo SDAT mi sono voltato e ti ho trovata nel mio letto”.
“...”.
“Sapevi di soffrire di nottambulismo? E di piangere nel sonno invocando il nome di tua madre?”.
“...”.
“È quello che è successo. Eri lì, accanto a me che non mi ero mosso, e continuavi a ripetere il suo nome. Piangevi con calma, ma si vedeva bene che soffrivi. Mi sono spesso chiesto se quella scena, ovviamente senza di me, si sia ripetuta successivamente. E, detto in tutta sincerità, propendo per un deciso sì”.
“...”.
“Da quella sera non sono più riuscito a guardarti come la dea con un pessimo caratteraccio. Era come se mi fossi reso conto, a livello assolutamente inconscio, che la tua era solo una maschera, peraltro portata avanti con costanza e notevoli doti d’attrice. Questo non ha fatto che aiutarmi a mutare l’attrazione fisica che provavo nei tuoi confronti in un sentimento più profondo e sincero. E poi c’è stato il bacio...”.
“Lo ricordo”.
“Io sicuramente meglio di te. Mi hai tappato il naso rischiando di soffocarmi e subito dopo sei andata a sciacquarti la bocca disgustata, ma nonostante questo a me è piaciuto. Mi è davvero piaciuto. Per un istante, troppo veloce per i miei gusti, ho potuto cogliere la vera Asuka. Quella che non strepita se non trova la colazione pronta, quella che non sfrutta ogni scusa per urlarmi dietro una striscia di improperi con una violenza raramente raggiunta, quella che non odia tutto e tutti. Forse tu non te ne sei nemmeno resa conto, ma io sono stato sicuro che, per quei due o tre secondi, la maschera non era sul tuo volto. Eri te stessa. Una delle poche volte in cui hai perso il tuo ferreo controllo. E ho sentito un’altra cosa: nel medesimo istante in cui le nostre labbra sono venute in contatto, è stato come se da me fossero entrati in te tutti i miei stati d’animo che ti riguardavano. Ti ho trasmesso tutto il bene che ti volevo, tutta la speranza in una parola divina che mi aiutasse a dichiararmi, tutto il mio desiderio di poterti parlare senza venire sommerso da tonnellate di guano. Come adesso. Certo, non mi hai ancora sventrato perché mi hai concesso l’immunità, ma penso di potermi accontentare”.
“... finito?”.
“Finito. Soddisfatta, milady?”.
“...”.
   
 
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