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Autore: MaTiSsE    23/03/2011    6 recensioni
Questa fanfic si è classificata terza all' Het, Slash & Femslash contest indetto da AliH sul forum di Efp, aggiudicandosi anche il premio speciale per la trama...
La storia si ambienta dopo l’abbandono di Bella da parte di Edward, in New Moon.
Dopo pochi mesi dal suo allontanamento Edward torna a Forks, alla ricerca della sua amata, spinto da un’orribile visione di Alice.
Cos’è accaduto alla nostra Bella?
Chi o cosa aiuterà Edward nella sua ricerca?
Personali divagazioni fantastico – misteriose su di un prematuro ritorno di Edward in New Moon.
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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CAPITOLO 1
Un Corvo

(POV EDWARD)



Se ne stava con la testa inclinata, appollaiato comodamente su di un ramo ritorto e brutto, poco lontano da me.
Mi guardava. Era indiscutibile. Mi fissava con interesse.

Per favore Edward, è solo uno stupido animale!

Risi della mia stupida idea. Un cretino, paranoico e visionario. Ecco cos'ero. Scossi la testa e tornai a guardarlo.
Quel corvo era ancora lì.

Mi stava fissando. Seriamente.
Non potevo sbagliarmi un'altra volta.
Puntava direttamente gli occhi opachi su di me.

"Ma che diamine...."

Mi allontanai dal tronco cui ero poggiato e, muovendo lenti passi sul terreno ricoperto di foglie secche, mi avvicinai all'animale.
Era circospetto, sbatteva leggermente le ali.
Tesi la mano. Prima che potessi anche solo sfiorarlo era sparito di nuovo, gracchiando.
Seguii con lo sguardo il suo volo.
Non mi riuscì di afferrarlo oltre.
Il suo verso mi giunse amplificato.
Non era da solo.
Strinsi gli occhi.

Il cielo era pieno di corvi.

"Cos'è? Una specie di invasione?"

Restai perplesso a fissare quel cielo così animatamente popolato; i corvi si muovevano in circolo, lentamente ed in senso orario. Poi, bruscamente, cambiavano direzione. Non ricordavo di aver mai visto tanti corvi a Forks.

Ed accadde, improvvisamente.
Uno di quei volatili puntò dritto nella mia direzione.

Scese in picchiata su di me e prima che potessi allontanarmi con un balzo, colpì la mia mano.
Un crepa tortuosa ne attraversò il dorso.

"Maledetto, stupido animale!" - Imprecai mentre la ferita si rimarginava rapidamente.

Il corvo virò poi in prossimità di un grosso tronco dileguandosi tra le profondità della foresta.
Mi sentii d'improvviso svuotato e confuso.
Preoccupato.
Non si era trattato semplicemente di un attacco improvviso da parte di un comune animale, di un banale corvo fuori di sé per chissà quale motivo. No, ne ero certo. Mi aveva puntato, ero diventato il suo bersaglio. Quel corvo sapeva perfettamente chi io fossi e voleva farmelo notare. Certo, era così.

Non mi stavo sbagliando, non stavo formulando congetture paranoiche. Ne ero certo.

Sentii l'impellente necessità di allontanarmi da quel groviglio di foglie ingiallite e rami rinsecchiti. Per una volta, la foresta mi stava dando la nausea.


Ne uscii quasi a fatica, addentrandomi infine furtivamente tra le strade di Forks.
Era quasi pomeriggio ormai e la cittadina appariva insolitamente calma, molto più di quanto mi mostrassero i miei ricordi. Ogni mio passo mi risultava pesante, pareva che l'eco di ogni mio singolo movimento tranciasse l'aria, infrangendola in mille schegge di vetro. Mi parve di sogguardare tutto come attraverso un caleidoscopio. Non mi ero mai sentito tanto confuso e così umanamente stanco e non seppi darmene una ragione. Era frustrante.

L'aria era pesante, il cielo plumbeo, carico di pioggia. Davvero, Forks era diversa dai miei ricordi. Era sempre stata una cittadina grigia e provinciale eppure l'avevo considerata per tanto tempo il posto migliore al mondo. Ma forse soltanto perché c'era lei. Ora mi appariva così insignificante. Quasi un luogo sconosciuto, nemico.
Eppure ero di nuovo qui.
Di nuovo per lei. Bella.

Perchè l'avevo rivista ancora, nitidamente.
Come se il suo ricordo, da solo, non lacerasse già abbastanza quel po' di anima dannata che ancora mi restava.

L' avevo rivista di nuovo, come se fosse stata accanto a me, mentre era lontana mille miglia.
L' avevo assaporata in una dimensione senza tempo né spazio, osservandola fugacemente nella mente di mia sorella, in quella sua visione spaventosa.

Aveva gli occhi sgranati, quei suoi occhi caldi e  meravigliosi persi in un attimo di disperazione.
Il viso contratto, pallido e diafano, riemergeva a fatica da uno scenario nero e spettrale.
Le labbra rosse erano strette in una smorfia di terrore e desiderio, al contempo.
E poi quei due fori. Quei piccoli buchi alla base del suo collo, una macchia rossa  sul suo petto immacolato.

"L'ha trasformata! "Edward, qualcuno ha trasformato Bella in un vampiro! L'ho visto..."

Sì Alice, l'hai visto. Ed io con te. Ho letto la tua disperazione, sai? Beh, immagina che è solo una particella infinitesimale della mia.

Da quel preciso istante, non ho udito più nulla di quanto accadeva intorno a me.
Niente aveva realmente importanza, ora, se non quella certezza.

Trasformata. In. Un. Vampiro. Bella.

Vampiro.

Vampiro.

Vampiro.

Avevo ripetuto all'infinito quelle parole nel mio cervello.

Pensare di essermi allontanato, di averla lasciata sacrificando me stesso, la sua felicità, il nostro amore e concludere di aver ottenuto il nulla.
La verità di queste parole sconvolgeva i miei pensieri, distruggeva la mia mente, mortificava il mio essere e la presunzione del mio agire.

Separarla fisicamente dal mio mondo per trovarla ancora più annegata in esso.
Ora che anche lei era un vampiro. Come me. Come tutti coloro che amavo.
Che stupido! Sono stato uno stupido, un imbecille.

Provochi solo disgrazie Edward.  A cosa cazzo ti è servito restare sulla faccia di questa Terra, eh?A rovinare la vita di un innocente? Sarebbe stato meglio morire di spagnola!

Mi ero scoperto volgare. E folle.
Sì, è così. Parlavo da solo, davo di matto.

Cosa mi faceva più male? L'idea che lei fosse caduta rovinosamente nel mio stesso baratro? Oppure l'idea di sapere che dopotutto non fosse stata la mia mano a trascinarla lì dentro?
Uno sconosciuto l'aveva resa identica a me, aveva vinto dove io avevo fallito.
Uno sconosciuto che...che forse ora condivideva i propri giorni dannati con lei. Con la mia Bella.
No.
Era un concetto inammissibile. Intollerabile. Inaccettabile.
Dovevo trovarla.
Dovevo riprendermi Bella.

"Torno a Forks" – Avevo annunciato allora rapido, con un sospiro. Fui consapevole all'istante della necessità, assolutamente ovvia, celata dietro le mie parole.

"Edward…?"
"Torno a Forks, Alice....Devo cercarla...Io...io ho bisogno di trovare Bella."

Alice non aveva parlato oltre ma, stringendomi la mano, mi aveva regalato uno sguardo pieno di dolorosa comprensione.

Mi scossi dai brutti ricordi che pesavano nel mio cervello. Di tanto in tanto continuava ad arrivare, lontano, il gracchiare fastidioso dei corvi.
Volavano sulla foresta, erano ormai distanti. Ma continuarono ad irritarmi.
Chiusi gli occhi, poi tappai le orecchie con le mani: era seccante possedere un udito tanto infallibile in certe occasioni.

"Sei tu...!"

Riaprii lentamente le palpebre e focalizzai un viso noto tra i frammenti del caleidoscopio.
La voce arrivava distinta, oltre le urla - perché di urla si trattava - dei corvi.

"Mike Newton..."
"Cullen! Era ora..."

"Come va, Mike?"

Mi squadrò, alzando un sopracciglio.

"Certo che hai una bella faccia tosta tu, eh?"
"Io..."
"Non fare il tipo amareggiato, con me non attacca Cullen. Ti sembra ancora opportuno presentarti a Forks dopo tutto quel che hai combinato?"
"Beh, ecco...."

Un umano. Un misero umano come Mike Newton era riuscito facilmente a mettermi in difficoltà. Semplicemente perché aveva ragione e perché tutto l'affetto che lo aveva legato - in maniera unilaterale, s'intende - a Bella, gliene dava il diritto.
La sua mente mi rimandò immagini di una Bella tramortita dal dolore per il nostro distacco, per una separazione che le avevo imposto e che lei non desiderava.
La rividi seduta da sola al tavolo della mensa, quello che fu il nostro tavolo. Mio, di Bella, dei miei fratelli.
Da sola a guardare fuori dalla finestra, senza veder nulla.
Una Bella dalle occhiaie profonde che camminava senza meta per il cortile della High Forks School. Mentre Mike la guardava desiderando di starle vicino, darle nuovo conforto, donarle il proprio amore.

I suoi pensieri si bloccarono bruscamente.

"Oh Mike, lo so, sono stato imperdonabile...Io avrei voluto poter rimediare..."

Sì certo. Si rimedia facilmente quando la tua fidanzata diventa un vampiro. Come te. Maledizione Edward!

Ma certo, questo particolare Mike non poteva conoscerlo, così tenni per me la restante parte dei miei pensieri.

"Rimediare?! Questa è bella, Cullen! Avresti dovuto pensarci prima! Quando il corpo di Bella era ancora caldo e vivo! Non adesso che..."
La sua voce si incrinò improvvisamente.

Corpo caldo?
Vivo?
Era?

"Che....vuoi...che vuoi dire Mike?"
Mi guardò sconcertato. Davvero. Come se gli avessi appena narrato una storiella assurda.
"Cioè...tu vuoi dirmi che non sai niente, Cullen? Allora perché sei tornato?"
"Io...Sono tornato per Bella. Per parlare con lei...Mike, non so precisamente perché sono qui ma sono tornato! Ed ora - te ne prego - spiegami il significato delle tue parole. Per favore..."
"Beh, Edward" - Era la prima volta che lo sentivo chiamarmi per nome - "Penso che non potrai parlare con Bella. Nè ora nè mai. Perchè vedi Edward....Pare che Bella si sia...."
"Cosa Mike? Cosa?!" –Urlai prima che i suoi ricordi potessero rispondermi.

"...SUICIDATA, Edward. Bella non c'è più."

Allargò le braccia.

"Non dirmi che nessuno ti aveva avvisato..."

"No...nessuno....nessuno, Mike..."

"Mi...spiace, davvero..."

Non gli risposi. Cosa dovevo dirgli? In quell'istante ero troppo confuso da mille pensieri, spaventose congetture. Lo scansai malamente e mi allontanai correndo..
Forse Bella aveva inscenato un suicidio per giustificare la propria assenza dopo la trasformazione in vampiro?
Oppure la visione di Alice non era veritiera?
E se si fosse trattato di suicidio, realmente?

In entrambi i casi l'avevo persa.

Quando mi sentii sufficientemente protetto, fuori da sguardi indiscreti, presi a muovermi alla velocità che mi era propria, raggiungendo casa di Bella.

La sua casa era lì, intatta ed immutata. E vuota. Non c'era nessuno, Charlie era fuori.
Mi si bloccò il respiro - un respiro di cui non avevo effettivamente bisogno - alla vista del suo sbilenco pick up parcheggiato in giardino.
Quante volte avevo guidato quell’orrendo trabiccolo mentre Bella protestava per prendere il mio posto? Quante volte ero rimasto ad osservarla incantato mentre era lei, al volante?
E quanto tempo era passato da tutto questo?
Il tempo non mi era mai pesato tanto; rapido e lentissimo, come non mai.
Non mi ero mai sentito così umano.

Entrai al solito, dalla finestra.
La sua stanza, anch'essa silenziosa ed immobile. Nulla era cambiato,
Perché i giorni si erano succeduti e nel tempo che era scivolato via inaspettato tra le nostre dita, troppe cose erano mutate. Ma gli oggetti ed i contorni, tutto, tutto era rimasto uguale. Tutto era ancora lì ma lei non c'era. Il suo letto, quei poster di vecchi film male attaccati alla parete, le lenzuola viola. I libri ed i cd sparsi per la stanza, come poteva averli lasciati solo lei, nel suo adorabile disordine. C'era tutto di lei e tutto di lei mancava, tra quelle quattro mura.
Anche il suo odore non c'era più. Quel profumo così dolce di miele e fresie, di rose, d'autunno. Il profumo di Bella che in ogni istante mi aveva incatenato a lei.
Ne restava solo una lieve scia. Sparì all'istante roteando eterea tra i granelli di polvere.

Bella mi senti?
Dove sei Bella?

Rivederla lì, sorridere, accucciata sul letto. Mentre mi tendeva le braccia.
Mentre mi chiedeva di essere mia, per l'Eternità.

Avvicinarmi, cercare di stringerla nuovamente, tra le mie braccia.

E pensare che fosse stata solo una fantasia la sua bella immagine che scompariva nel buio di quella stanza.
Un tempo così calda ed accogliente, ora mi appariva più gelida di quanto fossi io stesso, dentro e fuori.

Che ho combinato?
Dov'è Bella?
Cos'è Bella, ora?
La mia Bella...



Mi sarei accasciato sulle mie stesse ginocchia nel tentativo - quantomeno vigliacco - di singhiozzare affranto e senza lacrime la sua perdita, se qualcosa non avesse attirato la mia attenzione all'istante.

Il gracchiare di un corvo.
Di nuovo.
Mi voltai.

Era tranquillamente appollaiato sul davanzale della finestra.
E mi guardava con fare curioso. Quasi divertito. Avrei giurato che quel maledetto pennuto mi prendesse in giro.

"Oh diamine, mi hai seccato! Va' via!" - Gli urlai contro scagliandogli dietro il primo oggetto che mi riuscì di afferrare dal pavimento.

Un pezzo di vetro.
Un grosso frammento staccatosi da un originale di maggiori dimensioni. Forse uno specchio andato in frantumi.
Fatto sta che nemmeno lo sfiorai, quel corvo. Semplicemente volò poco più in là, illeso, mentre il vetro si irradiava di nuovo sul pavimento in mille, minutissime schegge scintillanti.
Non me n'ero reso conto prima: il vetro era ovunque.
Frammenti di tutte le taglie si nascondevano negli angoli della stanza, fra le carte appallottolate che non avevano centrato il cestino, nella stoffa morbida del tappeto.

"Ma che...."

Il corvo gracchiò. Di nuovo.
Mi voltai ad osservarlo, nuovamente.
Fremeva, sbatteva le piccole ali nere con impazienza. Poi si spostò, dal davanzale al tronco dell'albero che affacciava nella stanza di Bella.
Avvertii l' immediato - quanto assurdo -  istinto di seguirlo; mi pareva che fosse proprio ciò che l'animale desiderava.
Mi avvicinai alla finestra e, con un ultimo sguardo a quel che lasciavo dietro di me, raggiunsi il cortile sottostante con un balzo.
Il corvo gracchiò e volò poco lontano, appollaiandosi su di un abete poco distante.

"Se è ciò che vuoi..." - Mormorai e mi allontanai seguendo il sentiero tracciato dal suo volo.

   
 
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