In
amore non può esserci tranquillità,
perché il vantaggio conquistato non
è che un nuovo punto di partenza per nuovi desideri.
Proust
Capitolo
due
Distrattamente
passavo
due dita sul mento, come facevo sempre quando ero pensieroso. Ascoltavo
distrattamente
la lettura del pomeriggio, che si teneva in biblioteca. Mia madre
mentre
lavorava a maglia ascoltava rapita le parole della sua dama di
compagnia che
leggeva uno dei suoi libri preferiti. Cercava sempre di coinvolgermi in
questi
momenti, fin da quando ero un bambino ma spesso riuscivo a trovare una
scappatoia da quell’impegno. Ogni volta mia madre faceva
finta di credere a
tutti quegli impegni che puntualmente mi inventavo e mi lasciava con un
sorriso
indulgente, ma quella volta non me l’ero sentita di inventare
scuse, perché mi
sentivo in colpa per ciò che avevo fatto la sera prima.
Contrariamente
a ciò che
avevo detto a Sophie, non ero tornato affatto presto ed era notte fonda
quando
sprofondai nel mio letto.
Tutta
colpa di quella
cortigiana…
Un
lieve sorriso increspò
le mie labbra e fermai il movimento lento e cadenzato delle mie dita
sul mento.
Il suo pensiero mi distraeva, il suo ricordo mi torturava e non
riuscivo in
nessun modo a fare uscire quegli occhi languidi e quelle labbra
sensuali dalla
mia testa.
Come
era riuscita in
pochi attimi a rimanere indelebile nella mia mente?
<<
Edward, caro,
sei distratto. >>
Non
mi ero accorto che
Trecy, la dama di compagnia di mia madre, aveva smesso di leggere e ora
entrambe mi guardavano con curiosità.
<<
Sì, mamma, mi
dispiace. >>
Esme
posò il suo lavoro a
maglia dentro un cesto di vimini posto al lato della sua poltrona rossa
di
velluto e dopo aver fatto un cenno a Trecy, si alzò e si
diresse verso di me.
Non ebbi il coraggio di guardarla in viso, dato che sapevo che non
avrei
resistito a quello sguardo carico d’amore e comprensione che
puntualmente mi
faceva vuotare il sacco, così osservai con finta attenzione
Trecy riporre il
libro nella grande libreria e infine uscire silenziosamente dalla
biblioteca.
Le
mani di mia madre mi
accarezzarono piano i capelli e io sospirando alzai lo sguardo su di
lei.
<<
Tesoro, sai che
puoi dirmi qualunque cosa, vero? >>
Mi
sporsi con un sorriso
e le presi una mano, ancora tra i miei capelli. Le baciai le nocche con
grande
affetto e lei mi sorrise di rimando.
<<
Lo so, mamma.
Tuttavia ciò che veramente mi preme è scusarmi
con voi. Sono stato un vero
ingrato e oltremodo maleducato ad abbandonare la festa che avete
organizzato
ieri sera. >>
<<
Ti ho già
perdonato. Come al solito. >> aggiunse con una lieve
forma di sarcasmo.
Sospirai
ancora e mi
alzai dalla poltrona. Misi le mani in tasca, spostando lievemente la
giacca che
indossavo e mi avvicinai alla finestra. Osservai i domestici fare
avanti e
indietro per l’ingresso della villa portando bagagli di ogni
genere. I Baroni
Owen per partecipare alla festa di ieri erano dovuti venire quasi due
giorni
prima e ora si stavano preparando a partire.
<<
Spero solo che
farai le tue scuse a Meredith, la figlia dei Baroni. >>
Chiusi
gli occhi
brevemente e sospirai.
<<
Certamente.
>> dissi semplicemente, mentre i miei pensieri prendevano
tutta un'altra
direzione.
Ricordi
della sera prima
non accennavano a lasciarmi in pace. Ci eravamo osservati a lungo ma
nulla di
più. Lei era tornata ad appoggiarsi al parapetto e a
guardarmi ogni tanto con
la coda dell’occhio. L’avevo imitata, scordandomi
per un attimo la mia abilità
con le parole.
Avevo
subito capito che
era molto giovane e sentivo l’irrefrenabile desiderio di
stringerla a me e di
portarla via da quel posto.
Sentii
a mala pena la
porta della biblioteca che si chiudeva e ricordai il suono della sua
voce,
dolce e incredibilmente sensuale al tempo stesso.
<<
Desiderate la
mia compagnia, signore? >>
<<
In questo
momento il mio unico desiderio è continuare a guardarvi.
>>
Lei
rise, una risata
ammaliante che irretì i miei sensi come il canto della
più dolce delle sirene.
<<
Guardarmi… gli
uomini lo fanno spesso. >> disse languida
<<
Lo immagino.
>> risposi seccamente, mentre un leggero fastidio
s’insinuava in me.
<<
No, non lo
immaginate. >>
Fui
colpito dal suo
repentino cambio di tono. Adesso sembrava quasi irritata. Tuttavia mi
distrassi
non appena lei si risollevò e si avvicinò a me.
<<
Siete bello.
>> mi sussurrò a pochi millimetri dalle
labbra, facendomi inghiottire un
paio di volte a vuoto.
<<
Non quanto voi.
>> le sussurrai di rimando.
Stavo
per poggiare le mie
labbra sulle sue, ma lei si ritrasse con un sorriso mellifluo.
<<
Avete tante
donne? >> chiese sorridendo e girandomi lentamente
intorno.
Cercai
di riprendermi per
poterle rispondere. Che domande erano quelle?
<<
Molte. >>
risposi con un sorriso.
<<
Certo… siete un
uomo dolce oltre che bello. >>
Ritornò
davanti a me e
piegò leggermente il viso di lato, facendo cadere i suoi
lunghi e bellissimi
capelli mossi su una spalla.
<<
Non ne sarei
così sicuro. >> pronunciai divertito.
Allungai
una mano verso i
suoi capelli e ne strinsi alcune ciocche tra le dita.
Lei s’irrigidii appena e io lo notai.
<<
Solo un uomo
dolce come voi potrebbe rivolgersi a me con così tanta
educazione. >>
Stavo
per ribattere che
anche lei mi sembrava avere una buona educazione ma poi ricordai che
era di
certo una cortigiana. Non poteva essere altrimenti. Tuttavia questo non
pregiudicava nulla. Lei non era come le altre, lo sentivo.
<<
Sono educato
solo con chi lo è con me. E voi lo siete. >>
Sorrise
sinceramente e io
non vi trovai nessuna traccia della malizia che aveva usato prima.
<<
Mi sono
sbagliata. Siete solo ingenuo. >>
Sfuggì
alla mia presa,
facendomi ammutolire.
Ingenuo?
<<
Non lo sono… a
proposito come vi chiamate? >>
<<
Voi? >> mi
chiese subito.
<<
Edward Cullen.
>>
Si
avvicinò a me di nuovo
e allungando le mani sul bavero della mia giacca si sollevò
sulle punte per
cercare di essere alla mia altezza.
Con
un mezzo sorriso le
afferrai la vita e la sentii fremere sotto il mio tocco.
<<
Vi rivedrò
Edward Cullen? >>
Non
mi dette il tempo di
rispondere che appoggiò le sue labbra sulle mie. A quel
contatto il mio cuore
perse qualche battito.
Il
nostro contatto durò
poco ma bastò per farmi perdere la testa. La sentii
scivolare lentamente dalla
mia presa per poi sparire in un anfratto buio.
<<
Duca, i Baroni
stanno per andare via. >>
La
voce di una domestica
mi fece quasi trasalire, strappandomi violentemente dai ricordi della
sera
prima.
<<
Arrivo. >>
borbottai.
Uscii
dalla biblioteca e
scesi le scale che conducevano all’ingresso. Vidi i miei
genitori parlare con i
Baroni e Meredith, con indosso un capello elegante sui capelli, vicino
alla
carrozza.
<<
Mio caro Edward,
purtroppo dobbiamo salutarci. >> disse non appena la
raggiunsi.
<<
E’ così e mi
dispiace molto. >> mentii ad arte.
<<
Ne sono sicura.
>>
Mi
sorrisi e cominciò a
sventolarsi con il piccolo ventaglio che fin ora aveva tenuto tra le
mani.
<<
Meredith, sono
mortificato per ieri sera, ma un amico aveva bisogno del mio aiuto. Non
ho
saputo dire di no. >>
<<
Non
preoccupatevi Duca. Siete sempre così gentile, sempre pronto
a curarsi dei
bisogni degli altri. >>
Sì,
soprattutto quelli
delle donne… pensai divertito.
<<
Sono sicuro che
avremo modo di rifarci. >>
Lei
mi porse la mano che
io baciai appena.
<<
Lo spero.
>> sospirò deliziata.
Le
sorrisi ancora e dopo
aver salutato anche i Baroni mi avviai alla stalla per prendere il mio
cavallo.
<<
Jordan. >>
<<
Duca, prendo
subito il vostro cavallo. >>
Annuii
allo stalliere e
lo aspettai, fin quando il mio bellissimo cavallo nero come la notte
non
apparse al di fuori della stalla.
Presi
le briglie e lo
portai lentamente fuori. Avevo bisogno di fare una passeggiata e
schiarirmi la
mente.
Montai
sul cavallo e mi
diressi al di fuori della città, verso le campagne.
Quella
cortigiana non mi
aveva neppure detto il suo nome… pensai divertito.
L’avrei rivista?
Assolutamente sì, l’avrei cercata ovunque.
Sapevo di non dovermi interessare a una cortigiana ma quella bambina mi
stava
tormentando.
Sì
era poco più di una
bambina per me, poteva avere più o meno vent’anni
e io a ventotto non potevo
andare dietro a queste cose. Piuttosto avrei dovuto pensare ad una
moglie.
Quel
pensiero bastò a
farmi scendere l’umore sotto terra.
<<
Ehi! >>
dissi sconvolto, quando una mano mi stava quasi facendo volare a terra.
Un
cavallo di colore
marrone scuro sfrecciò accanto a me e una risata argentina
mi fece rilassare di
colpo.
<<
Sophie! Sei
impazzita? >>
<<
Eri così
pensieroso, mio bel Duca. >>
Scossi
il capo con un
sorriso e raggiunsi la mia pazza migliore amica che si era fermata ad
aspettarmi.
<<
Voleva buttarmi
giù dal mio cavallo, Duchessa? >> dissi
scendendo da cavallo e aiutandola
a fare lo stesso
Lei
mi schiacciò l’occhio
e poi si allungò per baciarmi una guancia.
<<
Certo che sì.
Sono arrabbiata con te. >>
La
guardai colpevole e
l’abbracciai nonostante i suoi tentativi di ritrarsi.
<<
Avevi promesso,
idiota! >>
<<
Lo so tesoro ma
sono stato trattenuto! >>
<<
Lo immagino!
Quando la smetterai? >>
<<
Mai! >>
dissi con fervore, facendola ridere.
<<
Allora… chi è
stata la fortunata? >>
Mi
prese sottobraccio e
camminammo un po’ per il piccolo boschetto in cui ci
trovavamo.
<<
Se te lo dico,
non vorrai più vedermi. >>
Si
bloccò di colpo e si
portò le mani sulle labbra in una finta espressione di
tormento.
<<
Non sarà mica
mia madre! >>
Risi
di cuore e le baciai
i capelli.
Sophie
mi guardò con
tenerezza e ricambiai il suo sguardo allo stesso modo.
<<
Finalmente ridi,
eri così serio. Credo di non averti mai visto
così. >>
Persi
il sorriso e mi
sedetti su un grosso masso.
<<
Ieri sera ho
incontrato una ragazza bellissima, che non vuole più
abbandonare la mia mente.
>>
Sophie
sorrise e inarcò
un sopracciglio.
<<
Questa sì che è
una novità. >>
<<
Non mi posso
interessare così a lei. >> ribattei sconsolato.
Lei
non parlò per qualche
secondo e poi sgranò gli occhi guardandomi allucinata.
<<
Edward hai perso
la testa per una cortigiana? >>
Il
suo tono mi infastidì,
così voltai il capo dalla parte opposta alla sua. Dannato
codice, perché la
legge vietava i rapporti civili con le cortigiane?
Stupido
Edward, sei uno
stupido.
Mi
rimproverai
mentalmente. Cosa mi prendeva? Ovvio che un Duca non poteva stare con
una
cortigiana.
<<
Non stai
correndo un po’ troppo? >>
Le
mani di Sophie mi
afferrarono il viso e lentamente lo voltò verso di lei.
<<
Forse hai
ragione. >>
Ero
solo confuso e
attratto da quella ragazza, nient’altro…
<<
Edward sai che
io vorrei solo vederti felice, però…
>>
<<
Però non posso
interessarmi a lei, lo so. >>
<<
Che ne sai
infondo che tra qualche giorno non penserai più a lei?
>> disse con voce
accorata.
<<
Sophie, sono
solo confuso. E’ la prima volta che una donna mi colpisce
così tanto. >>
Lei
sorrise indulgente e
mi abbracciò.
<<
Aspetta Edward,
magari passerà. Sai cosa impone la nostra
società. >>
Annuii
distratto e dopo
un po’ tornammo ai nostri cavalli. Sophie tornò a
casa e io feci lo stesso.
Aspettai
con ansia la
fine della cena e poi uscii di filato per andare in città.
Dovevo trovare
quella cortigiana, così andai di nuovo vicino al Tamigi
sperando di vederla lì,
ma così non fu.
Non
sapendo bene dove
andare, andai nei vicoli dove di solito stavano le cortigiane, ma
quelle erano
davvero di basso rango. Sicuramente l’avrei trovata in
qualche boudoir.
Entrai
in alcuni ma
ancora nessuna traccia di lei. Sconsolato decisi che avrei visto
l’ultimo e poi
sarei tornato a casa con la ferma idea di cancellarla dalla mia mente.
Passai
tra tavoli da
gioco e divani occupati da uomini ubriachi, fin quando il cuore quasi
non mi si
fermò nel petto quando la vidi. Era seduta sulle gambe di un
uomo di non più di
trent’anni. Lui la stringeva forte a sé, forse
troppo e lei teneva le mani sul
suo petto. Lui le baciava il collo e lei infastidita cercava di
allontanarsi.
Non
ci vidi più. Mi
avvicinai a loro e la presi per un braccio, facendola alzare di colpo
dalle
gambe di quell’uomo.
<<
Ehi, guarda che
questa l’ho già presa io! >>
Ignorai
le proteste di
quel farabutto e portai fuori quella dannata cortigiana, mentre lei mi
guardava
con occhi spalancati.
L’aria
fredda della sera
sembrò calmarmi in parte. Lasciai la ragazza che mi guardava
esterefatta e feci
qualche passo, lasciandola indietro.
<<
Vieni. >>
le dissi con rabbia.
<<
No. Cosa vi è
saltato in mente? >> disse con voce tremante.
Mi
voltai verso di lei,
ringhiando di frustrazione.
<<
Non ho
intenzione di discutere adesso, ragazzina. Seguimi e basta. Sono stato
chiaro?
>>
La
mia voce arrabbiata la
fece indietreggiare di qualche passo. Ci osservammo per qualche minuto
in
silenzio fin quando non m’incamminarmi verso il luogo dove la
sera prima
l’avevo incontrata. Lei mi seguì in silenzio e
quando arrivammo dinnanzi al
Tamigi mi voltai di scatto e la presi tra le braccia.
Lei
mi guardò spaventata
all’inizio per poi cercare di allontanarmi. Ignorai le sue
proteste e
l’appoggiai con forza al parapetto e la baciai.
Lei tentò ancora di allontanarmi ma ben presto cedette alla
forza della mia supremazia.
Finalmente
riuscii a fare
quello che dalla sera prima desideravo. Con la lingua forzai le sue
labbra che
si aprirono lentamente. Gemetti non appena accadde e per lunghi minuti
non
riuscii a staccarmi da lei.
Cosa
mi aveva fatto
quella ragazza?
<<
Edward… >>
sussurrò lei allontanandosi per respirare.
La
guardai, riempiendomi
la vista del suo viso bellissimo. Non riuscivo ad accettare che qualche
altro
uomo la toccasse o peggio l’avesse ma era assurdo
perché lei non sarebbe mai
stata mia. Mai.
<<
E’ tutta colpa
tua se sono ridotto così, bambolina. >>
sussurrai minaccioso al suo
orecchio.
<<
Non so di cosa
parlate e ora lasciatemi! >>
Mi
allontanai di qualche
passo e sorrisi appena.
<<
No, non ti
lascio. >>
<<
Cosa state
dicendo? Sono una cortigiana, vengo pagata per quello che faccio,
altrimenti
come farei a vivere! >> urlò alla fine.
Rimasi
immobile a
guardarla. Tutto questo era ovvio ma non riuscivo a dire a me stesso di
doverla
lasciare andare.
<<
Dimmi il tuo
nome. >>
<<
No. >>
La
spinsi di nuovo contro
il parapetto con forza e lei si lamentò leggermente.
<<
Voglio sapere il
tuo nome. Lo voglio sapere adesso. >>
La
guardai e rimasi
ancora una volta affascinato da lei. I capelli scomposti sul viso, il
respiro
ansimante e gli occhi lucidi.
<<
Vi credevo
diverso. Siete proprio come tutti gli altri schifosi nobili.
>>
Mi
dovetti trattenere per
non schiaffeggiarla. Non l’avevo mai fatto ma ne avevo il
profondo desiderio.
<<
Il tuo nome.
>> sbottai furioso.
<<
Isabella.
>> disse con rabbia.
Maledizione!
Quella
ragazza era indomabile!
<<
Il tuo nome mi
darà il tormento… Isabella…
>> pronunciai sulle sue labbra.
<<
Mi volete non è
vero? Allora perché tutte queste scene. Vi farò
sapere quando sarò libera.
>>
Abbassò
il capo e fece
per andarsene, ma io la presi per un braccio, fermandola.
<<
Tu sei libera
adesso per me, bambolina. >>
Ebbene
i giochi erano
iniziati e non sapevo se sarebbero mai finiti.
*********************************
Ciao
a tutti!
Pensavo che avrei aggiornato prima ma questo capitolo non mi ha subito
convinto
e non so se sono riuscita nel mio vero intento!
Qui
Edward passa dall’essere gentile e affascinato da lei fino a
desiderarla con
rabbia. E’ una situazione difficile, perché
appunto la società di allora
vietava unioni del genere.
Naturalmente è ancora presto per questo ma Edward sente che
lei è diversa dalle
altre donne che ha avuto fin ora.
Bene…
cosa ne dite?
Ovviamente
il pezzo in corsivo è un Flash-back della sera prima.
Ok,
adesso cominceranno i veri problemi! xD
Cosa
ne pensate? Cosa fareste al posto di Edward? xD