Ero
nel panico più totale. Avevo praticamente
promesso un album che non era neppure in lavorazione, e avremmo dovuto
finirlo
in poco tempo. O meglio, avremmo dovuto prima di tutto iniziarlo.
Però c’era
una cosa, o sarebbe più giusto dire una persona, che aveva
rubato parte dei
miei pensieri: ancora non riuscivo a capire cosa diavolo ci facesse
Lena lì…O
se fosse stata solo la mia fervida immaginazione a farmela comparire
davanti.
Fatto sta che, dopo pranzo, andai in studio da solo, visto che gli
altri tre ancora
non mi rivolgevano molto la parola: avrebbero dovuto farlo presto, in
ogni
caso. Lo studio trasudava musica, io però non la percepivo.
Rimasi lì fino a
pomeriggio inoltrato, ma tutto quello che ricavai fu un bel niente.
Zero
concept.
Zero
testi.
Zero,
zero, zero.
Una
cifra importante, non c’è che dire.
Inventarmi
qualcosa su due piedi non era mai
stato il mio genere: di solito riempivo foglietti di parole e poi da
lì
venivano fuori le canzoni vere e proprie. Dopo un certo periodo,
però, avevo
smesso di scrivere, di comporre, di cantare. Mi era passata la voglia.
Non
riuscivo più a trovare il bambino
sognatore nei miei occhi.
Non
si resta bambini per sempre, certo. Però
si può restare sognatori.
Lo
studio era piuttosto lontano da casa e la
mia benzina era al limite: l’auto si fermò proprio
davanti alla vecchia
stazione, che stava diventando il centro della mia vita, senza che io
me ne
rendessi conto. L’aria era gelida come al solito. Tentai di
scacciare un
pensiero che considerai idiota, però il mio corpo non
ubbidiva alla mia mente.
Quando mi stavo già incamminando verso la panchina, mi
convinsi che forse avrei
trovato l’ispirazione lì…e,
perché no, magari avrei rivisto Lena. Dovevo
chiederle di oggi. Ma forse nemmeno mi importava. Una folata di vento
mi
investì e mi spinse a sedere. Tirai fuori un foglio e una
penna. Di cosa volevo
scrivere? Cosa c’era di interessante da dire, su di me? Cosa
mi importava in
questo momento?
Confesso,
sono sempre stato un po’ melodrammatico,
ma allora neppure ciò che contraddistingueva i miei testi
poteva ispirarmi.
L’amore? Non lo ricordavo più. L’avevo
mai provato? Chi lo sa. Cosa ne sapevo
io, di un sentimento del genere? Probabilmente più di quanto
credessi, forse
non lo avevo mai tirato fuori abbastanza per scoprirlo.
No,
non avrei scritto d’amore. Forse avrei
scritto di rivincita. Sì, decisi. Quante volte in passato
avevo fatto questo?
Scritto contro chi mi dava fastidio, mi opprimeva, tentava di rendermi
insicuro…Di farmi del male.
Nasceva
in quel momento il concept di Hunde.
La penna scorreva veloce sul foglio, come ai vecchi tempi. Il mondo
intorno a
me non esisteva più, c’eravamo solo io e quelle
parole…
Lass die hunde
los
Ich warn dich
C’ero dentro.
“
Cosa scrivi, bello sguardo?”- sussultai a
quella voce.
“
Scusami, ti prego, non era mia intenzione
spaventarti!”- comparve una Lena mortificata, sotto la luce
del neon che, come
al solito, andava ad intermittenza. Ci sarei diventato cieco.
“
Oh no, figurati!”- le sorrisi sorpreso io.
“
Ma cosa ci fai qui? Fa freddo e…”
“
Quanto sei ripetitivo, Bill”- ridacchiò
– “
Vengo qui per lo stesso motivo per cui ci sei tu”
Ridacchiai,
furbo – “ Naaah, non credo…Voglio
dire, non credo a te sia finita la benzina!”
“
E se ti dicessi che mi si è fermata la
moto?”-
Ridemmo.
Lei passeggiò un po’ avanti e
indietro, e poi venne a sedersi.
“
Comunque sto scrivendo una canzone…”- le
comunicai.
“
Oh, quindi hai deciso di non lasciare la
band!”- sorrise lei entusiasta.
Io
la guardai storto. – “ Non fingere di non
saperne niente”
Lei
fece uno sguardo perplesso – “ Non
capisco, cosa vuoi dire?”
“
Ti ho vista oggi, fra i giornalisti. Sei
una reporter?”
“
Reporter? Bill, come ti salta in mente!”-
rise – “ Oh Cielo! Secondo te cosa potevo farci io,
tra i giornalisti”- fece
uno sbuffo. Io ero piuttosto deluso – “ Ma io ero
sicuro di averti vista …”-
obiettai, ma lei mi guardava con ovvietà.
“
Sai una cosa? Io ti ho detto tutto di me,
tu invece niente…”- le dissi, lasciando da parte
la canzone.
“
Beh, sei tu il logorroico che si confida
con la prima sconosciuta di turno”- ammiccò lei.
Io
la guardai falsamente torvo.
“
Ok, cosa vuoi sapere?”- si arrese. Si
vedeva che l’argomento non le piaceva, comunque.
“
Parlami di te.”
“
Diciamo che la musica è la mia vita, così
come mi piace scrivere. E disegnare. E dipingere. Di solito mi esprimo
sulla
mia realtà, non cerco con l’arte di dare giudizi,
ma solo opinioni…E poi, vivo
in simbiosi con la mia moto.”
“
E la tua famiglia?”
“
Ho perso i miei genitori molto piccola, e
mia sorella si è presa cura di me, essendo più
grande.”
“
Ma con lei non vai molto d’accordo…”
“
A volte preferisco la mia moto, ecco”-
sorrise. Ma vidi che si era rabbuiata, perciò cambiai
argomento.
“
E quanto alla musica? Cosa ascolti?”
Sorrise-
“ Quelli che preferisco sono i Foo
Fighters”
“
Oh, forti”- commentai io. A dire il vero
non ero molto informato su di loro, li avevo sentiti qualche volta per
merito
di Gustav, non erano i miei preferiti.
“
Mi
dispiace di averti tolto l’ispirazione”- disse poi
sinceramente, indicando con
un movimento della mano il foglietto che avevo lasciato da parte.
“
Oh no, non l’hai fatto, tranquilla”- le
risposi io, serafico.
“
Hai mai guidato una moto?”- chiese lei
all’improvviso.
Io rimasi pietrificato, capendo cosa mi avrebbe proposto.
“
No e non credo che faccia per me”- dissi
sulla difensiva.
“
Bene, allora credo che ti insegnerò”- si
alzò dalla panchina, mostrando di aver ignorato la seconda
parte della mia
frase.
“
Ma…Lena!”- cercai di richiamarla, mentre
lei proseguiva spedita per uscire dalla stazione.
A
quel punto feci una piccola corsetta per
raggiungerla e lei sorrise, come sempre.
Alla
fine mi ero fatto convincere, la sua
moto era davvero bella. Avevo anche imparato in fretta. Ora
sfrecciavamo per le
strade di periferia, lei era appoggiata a me, quasi non me ne
accorgevo, io ero
impegnato a fare il novello motociclista. Il vento sul viso era una
bella
sensazione di libertà. Ci fermammo vicino ad un prato: la
luna piena era l’unica
luce.
“
Non è stato poi così difficile”-
“
No, avevi ragione”- le sorrisi io. Ci
sedemmo nel prato. Lena sembrava così fragile: sembrava
doversi rompere da un
momento all’altro. Io la fissai. In quello stesso istante si
voltò verso di me,
i nostri volti vicini.
Driiiiiiiiin!
Ecco,
la grande invenzione tecnologica capace
di rovinare un momento del genere. Perché, io desideravo
baciarla? Cosa mi
veniva in mente?
Era
Tom. “ Scusa Lena”- dissi prima a lei, in
imbarazzo, mentre sorrideva sotto i baffi.
“
Tom, che problema c’è?”- chiesi
piuttosto
irritato al mio gemello.
“
Che problema c’è? Volevo solo sapere che
cavolo di fine avevi fatto, idiota!”
Sospirai-
“ Sono vivo, non preoccuparti.
Anzi, sto per tornare a casa”- mi voltai verso Lena,
chiedendole ancora scusa
con lo sguardo.
“
Beh, muoviti, fuori si gela”- chiuse la
telefonata.
“
Devo andare”- mi alzai e precisai – “
Vado
da solo, tanto siamo vicini… e cercherò di
contattare qualcuno che traini la
mia macchina dal benzinaio!”.
“
Sicuro?”-
“
Sì”
“
Beh, allora…buonanotte”
“
Buonanotte”
Si
alzò per guardarmi negli occhi mentre lo
diceva, come se fosse la cosa più importante del mondo. Poi
le voltai le spalle
e mi incamminai verso casa.
In
ogni caso, anche se Lena fosse venuta con
me, se ci fosse stato qualche problema, lei non avrebbe potuto
proteggermi.
Credevo.
Angolo
dell’autrice: Finalmente
il terzo capitolo =) Scusate l’attesa,
ma il tempo è sempre troppo poco per fare tutto .-. Allora,
abbiamo visto che
Bill ha anche le allucinazioni…o no? E che Lena è
una fan dei Foo Fighters *_*
Comunque, tra i due sembra esserci feeling…ma è
ancora troppo presto per dirlo.