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Autore: Alexis_edina    26/03/2011    2 recensioni
Tutti sappiamo che il mondo è formato da quattro elementi principali: la terra, l’aria, il fuoco e l’acqua. Questa nuova storia comprende quattro protagonisti. Semplici adolescenti che non si conoscono tra loro, che vivono vite diverse, con i loro cambiamenti d’umore, con i loro primi amori e con le uscite tra amici. Vengono travolti da un nuovo, inaspettato e surreale cambiamento. I quattro elementi sono insediati dentro di loro, ma forse questo non è la cosa più bella che gli sia potuta capitare….
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Poco dopo quella strana allucinazione si sentì la porta d’ingresso aprirsi. In pochi secondi apparve Daniela in cucina mentre si dirigeva verso la sua stanza.
“Oh! Sua altezza reale ci ha fatto la grazia di mostrarsi a noi, quale onore!” disse la madre sarcastica, tenendo stretto tra le mani il girasole che le aveva appena dato Mattia.
“Non rompermi!” urlò di rimando Daniela, poi si girò verso Mattia.
“Come te la compri mamma eh! Con quei girasoli…”
“Daniela! Lascia perdere tuo fratello! Dove sei stata fino ad adesso?” ma Daniela aveva già voltato le spalle ai due e s’incamminava verso la sua stanza per cercare un po’ di pace, lo difendeva sempre! E lei? Lei non valeva niente per sua madre! Si buttò sul letto ancora vestita mettendosi sotto le coperte, occhi chiusi, ma senza riuscire a prendere sonno. Era tornato tutto come prima. Dopo lo spavento della madre e il suo di spavento dalla sua pazza fuga la madre non la trattava in modo diverso, anzi se possibile anche peggio, come se la stesse punendo per averla fatta spaventare così tanto. Ma che aveva fatto di male? Perché non la lasciava vivere e basta? Tanto sapeva che era inutile arrabbiarsi, lei avrebbe continuato a essere una ribelle era nel suo essere…

Un attimo, un colpo al fianco, freddo. Il vento si espanse circolarmente a formare un tornado dentro di sé, s’impadronì del busto bloccandole il respiro, di nuovo. Aprì la bocca cercando di prendere ossigeno che non trovava, di nuovo. Prima che quel vento che spingeva contro le pareti del suo corpo, e si espanse anche nel suo cervello pensò “basta”. Quel vento, quell’aria si restringeva, si espandeva violento e crudele. Si sentiva strattonare  ovunque e quegli strattoni le laceravano la pelle, arrivò alle gambe che si distrussero in pochi attimi e poi al cervello.

Si ritrovò come l’ultima volta a gattoni a terra con la testa che le girava violentemente ma respirava di nuovo. Si chiedeva il perché, voleva capire perché, ma qualcosa dentro di lei le impediva di parlare di quello che le succedeva. Tre colpi violenti alla sua porta la fecero sussultare ma rimase a terra cercando di riprendersi dall’attacco, come lo chiamava lei, chiunque fosse se ne sarebbe andato. Ma loro, madre o fratello, sapevano che lei non dormiva e avrebbe sentito quei colpi.
“Daniela apri per favore?” la voce di Mattia era diversa. Tormentata, confusa, non seria, non arrabbiata come Daniela era abituata a sentirla. Sospirò e si alzò, un capogiro violento la fece appoggiare alla sponda del letto e rinunciò ad aprire.
“Che vuoi?” chiese brusca, ma lei stessa sentì che la sua voce era più debole e meno tagliente del solito, sperò che il fratello non se ne fosse accorto.
“Apri!” un ordine tormentato, in questo modo bruciò tutte le possibilità di entrata nella stanza di Daniela, ma a quanto pareva non gli importava perché spinse la maniglia per entrare. Daniela si diresse con un salto sulla porta per chiudere a chiave, non aveva problemi a far entrare Mattia nella sua stanza, non aveva nulla da nascondere, ma quella era diventata una situazione di orgoglio, chi prevaleva su chi. Ma Mattia non si era accorto che la sorella era dietro la porta pronta a chiudere a chiave e Daniela non fece in tempo a richiuderla, perché Mattia aprì di scatto fermandosi al botto e al grido di Daniela.
“Ahi!” la porta era arrivata dritta sulla fronte di Daniela che si era accasciata a terra premendo le mani sulla testa cercando di calmare il dolore.
“Volevi chiudere a chiave!?” intuì subito Mattia alterato.
“’Fanculo mi hai appena dato una portata in faccia e ti preoccupi che io volevo chiudere a chiave!” sentiva la testa pulsare e aveva solo voglia di sdraiarsi e non svegliarsi fino alla mattina dopo o anche alla mattina dopo ancora.
“Scusami, hai ragione, fammi vedere” si chinò davanti a lei cercando di togliergli le mani dalla fronte, come un padre fa con la propria figlia. Lei sbuffò e si alzò di nuovo era quasi stufa di stare a terra.
“Lascia stare! Risolvo da sola” disse brusca scostando Mattia e uscendo dalla stanza. Mattia la seguì pochi secondi dopo. La vide in cucina mentre apriva il frigo e prendeva del ghiaccio. La guardava tormentato e confuso. L’aveva sentita, aveva provato di nuovo quella sensazione che aveva provato solo con Angela. Anche adesso la vedeva diversa rispetto alle altre persone e così simile a lui. Perché? Era lei il quarto elemento? L’Aria? No, non poteva! Non doveva! Daniela sbuffò guardando ovunque tranne Mattia, mentre premeva il ghiaccio sulla fronte.
“Smettila di guardarmi in quel modo!” esclamò esasperata Daniela, ma lui non la sentì occupato nei suoi pensieri. Avrebbe dovuto chiederglielo? Si, certo come? “ehi Dani, per caso ti sei sentita diversa in questi ultimi giorni? Hai sentito dei dolori allucinanti partire dal fianco perché se è così vuol dire che sei il quarto elemento, L’aria. Sai com’è io e gli altri ti stavamo proprio cercando”. No, non se ne parlava se poi si fosse sbagliato? Poteva chiederglielo in modo indiretto? Ma ne esisteva uno? Ma lei non poteva essere il quarto elemento. Si rifiutava di pensarlo, non poteva trovarsi davvero nella sua orribile situazione. Non doveva! Ma la sensazione aveva parlato chiaro. Eppure l’aveva tutti i giorni a casa perché sentirla proprio ora? La paura e la confusione gli stringeva il petto. Non lei, per favore, non lei!
“Daniela…” non poteva rimanere in bilico, immerso in quella tremenda possibilità, doveva esserne sicuro subito! “Tu…” il cellulare di Mattia squillò facendo sussultare entrambi. Lui guardò il display e si diresse in camera sua a rispondere. Era fuggito, fuggito dalla realtà.
“Lara, sono così felice che tu mi abbia chiamato”.

Eppure era lì ne ero sicura! L’avevo sistemato giusto la sera prima! Mi serviva, ci serviva! Guardai sotto il letto, sotto la scrivania, nella libreria, forse l’avevo già messo a posto.
“Mamma!” la chiamai disperata doveva essere in casa per forza, ricordavo di averlo posato ma dove?
“Mamma!” la chiamai di nuovo stavolta affacciandomi dalla porta, lei apparve dalla camera da letto, frettolosa e scompigliata.
“Che c’è?” chiese nervosa e con la fronte corrucciata.
“Ho bisogno delle tue mani magiche! Ieri ho comprato un libro ma non lo trovo, non chiedermi dove l’ho messo l’ultima volta perché non me lo ricordo, solo che è in casa, pensavo di averlo messo sopra la scrivania” riguardai ma del libro neanche l’ombra.
“O forse sul tavolo della cucina?” disse alzando un sopracciglio, uscii dalla mia stanza entrai in cucina, ed era proprio lì! Il mio bellissimo, rivelatore e salvatore libro! Ringraziai mamma con il libro stretto tra le braccia. Cominciai a leggerlo quando suonarono alla porta, ci sarebbe andato qualcun’altro, mi sdraiai sul letto e in pochi secondi fui rapita da quelle semplici parole che descrivevano così bene la situazione in cui noi ci trovavamo.

Sentii tre colpi alla porta, della mia stanza, aperta, che mi fecero sobbalzare talmente ero immersa in quella storia. Chiusi il libro e mi sedetti sul letto. Rimasi sorpresa da chi mi trovavo davanti, ma cercai di mantenere un espressione seria.
“Ciao” mi salutò Cloe seria anche lei.
“Ciao” risposi fredda. Che voleva? Scusarsi? O ribadire ciò che aveva detto l’ultima volta? Speravo fosse la prima, erano già due giorni che non ci parlavamo e a scuola la situazione era tesa. Lei non si decideva a parlare e rimaneva là davanti alla porta a ciondolare nella sua indecisione, così per la prima volta fui io ad aprire una conversazione di chiarimento.
“Sei ancora convinta che io tradisca Luca con Mattia?” dissi velenosa, bene non potevo cominciare meglio di così! Infatti lei corrugò la fronte infastidita e entrò finalmente in camera chiudendo la porta dietro di sé.
“Sono venuta qui per fare pace, ma per farla c’è bisogno che entrambi la vogliono” disse già alterata, in qualche modo mi sentii sollevata, forse se io mettevo a tacere questo fuoco potevo ancora fare pace con la mia migliore amica.
“Anch’io voglio fare pace, ma ho bisogno di una tua spiegazione! Perché, pur conoscendomi, hai pensato che io potessi tradire e non Luca o chiunque altro, tradire come colpire alle spalle, fare il doppio gioco!” dissi alzandomi, muovendo le braccia nervosa, ok dovevo calmarmi, basta!
“Mi dispiace” Cloe abbassò lo sguardo e si avvicinò a me, abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio sentendomi  finalmente leggera e felice mentre il fuoco ritornava alle sue piccole fiammelle deboli. “Non ti do nessuna spiegazione perché penso che non ce ne sia bisogno, o forse perché non so quale sia, voglio solo scusarmi e ritornare a parlare e scherzare con te” disse rilassata anche lei.

“Ricordi che oggi a scuola parlavamo della festa di domani sera, tu non hai risposto ti va di andarci?” chiesi a Cloe una volta sul mio letto a mangiare i fantastici biscotti con cannella e cioccolato di mia madre. Ogni morso era un gradino verso il paradiso, erano rare le volte in cui mia madre si metteva ai fornelli a fare dolci fatti in casa, ma quando ci si metteva usciva fuori l’ottava meraviglia del mondo.
“Si perché no, dopo una dura settimana di scuola e studio ci vuole del divertimento” disse assaporando un altro biscotto chiudendo gli occhi per gustare tutte le sfumature del sapore. “Comunque io adoro tua madre, fai dei biscotti da Dio” ridacchiai.
“Si ma io ora sono piena, avrò preso cinque chili!” dissi spalmandomi sul letto, qualcosa di scomodo premeva contro di me, infilai una mano sotto la mia schiena e afferrai l’oggetto non identificato. Era il libro, in un attimo ripiombai nella mia bolla paranormale, fuori dalla realtà di cui ormai non facevo più parte. Lo misi sotto il cuscino, mentre l’angoscia mi chiudeva lo stomaco. Da quant’era che, invece, non cercavamo di decifrare l’altro di libro, eravamo rimasti indietro. Dovevamo dare la priorità a quello di libro, questo, in quel momento sotto il mio cuscino, c’era sempre tempo di leggerlo, anche perché scriveva nella nostra, di lingua. Presi il cellulare mandando un messaggio a Luca chiedendogli se ci potevamo incontrare per analizzare il famoso libro, feci lo stesso con Mattia.
“Scusa Clo, ma adesso devo uscire ci vediamo domani ok?” cercai di dileguarla mentre cominciavo a prepararmi per uscire, non avevano ancora risposto ma sapevo che sarebbero venuti all’appuntamento, non potevano permettersi di mancare. In qualsiasi caso io sarei andata nella solita biblioteca ad analizzarlo anche senza di loro. Non avevo alcuna intenzione di diventare Fuoco. Al solo pensiero il cuore accelerava e l’ansia aumentava, impedendomi quasi di respirare.
“Ah… ok… dove vai? Ti accompagno” disse Cloe con un sorriso complice, mi dispiaceva ma in quel momento non avevo davvero bisogno di lei, lei non poteva venire, perché, una volta scoperto o capito dove mi dirigevo e cosa andavo a fare, anche se mi fossi mantenuta sul vago, la sua affermazione da ti accompagno sarebbe diventata ti aiuto. E lei non poteva aiutarmi, in qualunque caso. Sinceramente non avevo voglia di spaventarla con ciò che mi succedeva, non avevo idea di come avrebbe potuto reagire e non volevo scoprirlo.
“Esco con Luca” dissi sperando che in questo modo mi lasciasse sola.
“Allora è perfetto! Visto che stasera anch’io devo uscire con Fede possiamo fare un uscita a quattro” certo proprio in quel momento se ne doveva uscire con un uscita a quattro!
“Mi dispiace Clo, ma davvero non… non puoi venire” avevo cercato una scusa, ma, da una parte non mi era venuto in mente niente, dall’altra era meglio non mentire perché si sa che le bugie portano solo ad altrettante bugie sempre più grandi, sempre più gravi. E io non avevo proprio voglia di cominciare. Non avevo accennato a niente di tutto ciò che mi stava accadendo e non mi erano mai state fatte domande troppo invadenti e queste domande non dovevano cominciare adesso.
“Perché? Che dovete fare voi due porcelli?” chiese furba con quel sorriso malizioso che non l’abbandonava mai. Non so perché non riuscii a ridere né a sorridere, quanto avrei preferito stare semplicemente con Luca e dedicarci l’uno all’altro piuttosto che entrare in quella biblioteca e continuare a studiare un cavolo di libro che non sapevo nemmeno se mi avrebbe detto come salvarmi dal mio destino.
“No Clo, non dobbiamo fare niente, ma per favore stasera proprio no” seria e glaciale nonostante il mio elemento, uscii dalla mia stanza per andare a prendere il cappotto. Quando rientrai in stanza, Cloe mi guardava in modo strano, sembrava preoccupata, ma non era solo quello, nella sua espressione c’era molto di più.
“D’accordo non usciremo, ma…” la sua voce tremava e i suoi occhi erano lucidi. Un macigno si posò sul petto, un macigno d’angoscia, la sua e la mia. “Sappi che mi manchi, perché io lo so, che sei cambiata, non so perché e non so precisamente che cosa, ma quella cosa mi manca terribilmente è come se ti avessero strappato qualcosa, in certi momenti ho la sensazione che la tua voglia di vivere sia bruciata via” insieme al macigno anche un pugno al cuore, non sapeva quanto si fosse avvicinata alla realtà. Le lacrime pulsarono agli angoli degli occhi cercando di uscire, non le avrei fatte uscire o Cloe avrebbe capito che ciò che aveva detto era la verità. Perché si, ero cambiata, e si forse qualcosa mi era stato tolto aggiungendo questo fuoco dentro di me che aveva bruciato qualcosa, ma non la voglia di vivere che era, anzi, incrementata, forse lei non se ne accorgeva non poteva accorgersene, ma io si e chi era uguale a me, poteva.
“Cloe… non farla così grande… solo perché non possiamo uscire? Io non sono cambiata, fidati sono sempre la stessa, perché dovrei essere cambiata?” ed eccola la bugia che avrebbe innescato a susseguirsi tante altre bugie, ma ne sentivo la necessità, avevo paura che se non avessi smentito ciò che invece lei aveva affermato si sarebbe convinta di ciò che aveva detto.
“Spero che tu abbia ragione, ci vediamo domani” uscì dalla mia stanza salutandomi con un bacio sulla guancia, poco dopo sentii lo sbattere della porta d’ingresso. Cloe era uscita anche da casa mia.

Poco dopo arrivò il messaggio di conferma di Luca. E in meno di dieci minuti eravamo l’uno tra le braccia dell’altro mentre ci riscaldavamo dal freddo invernale e aspettavamo Mattia.
“Ma ti ha detto che veniva?” mi chiese Luca, mentre mi abbracciava da dietro e posava il mento sulla mia testa.
“Si, mi ha mandato un messaggio con scritto ci vediamo lì” dissi confusa. Lì, cosa significava? Direttamente in biblioteca o al punto d’incontro?
“Forse per , intendeva già in biblioteca?” chiesi, non aspettandomi prontamente una risposta.
“Forse… provo a chiamarlo” disse allontanando un braccio dalla mia vita per prendere il cellulare in tasca. Quella minima mancanza di contatto mi fece rabbrividire sia a causa dello sbalzo di temperatura rispetto a quando il braccio si trovava a riscaldare il mio corpo sia per la sensazione di vuoto che mi lasciava ogni qual volta si allontanava minimamente da me. Sospirai lasciando uscire la condensa di fumo dalla mia bocca. Quel piccolo gesto spontaneo del mio corpo mi riportò a ricordi che mi sembravano lontani anni luce. La prima ed unica volta che avevo visto gli occhi azzurri di Luca, la seconda volta che l’avevo sentito terribilmente freddo. E quella frase che sarebbe rimasta impressa in me forse per sempre “emani calore”. Eravamo già compatibili a quel tempo, già sentivamo qualcosa di diverso in ognuno di noi, eravamo già diversi.
“…Ok allora ti aspettiamo… ha detto che sta arrivando” mi disse infine, confermando ciò che già sapevo. Luca era ancora dietro di me, mi girai verso di lui, inserii le mani nel suo giaccone aperto, circondandogli la vita, aumentando e completando il contatto con lui. Non doveva abbandonarmi. Lui non parlò e ricambiò il mio abbraccio baciandomi i capelli. Non dovevo abbandonarlo. Chiusi gli occhi rimanendo tra le sue braccia facendomi cullare dal battito del suo cuore e aspettai insieme a lui.

Cercavo di trattenere le risate, mordendomi le labbra e tenendo una mano sulla bocca. Se avessi potuto avrei riso sguaiatamente, ma eravamo in biblioteca e dovevo trattenermi. Decifrare quel libro tirava fuori il meglio di noi, sia in interpretazione che in comicità. Mattia non faceva altro che fare battute su ciò che traduceva in modo totalmente errato o opposto a ciò che in realtà diceva.
“Adesso basta ragazzi! Cerchiamo di restare concentrati! Non possiamo permetterci di rimanere indietro!” dissi, pur non volendo, ancora con il sorriso sulle labbra, cercavo di fare la seria e di riportarci allo studio del libro, ma proprio non ci riuscivo. Appena era arrivato Mattia all’appuntamento mi ero sentita sollevata, ed ero più ottimista, in fondo eravamo in tre, non eravamo soli. Stavamo facendo passi avanti anche con il fatto di aver scoperto il libro L’uomo dell’acqua.
“Hai ragione! Concentrazione! Stavamo parlando di maghi” disse Luca aiutandomi, mi girai verso di lui e gli carezzai la testa.
“E bravo il mio amore” scoppiai a ridere ancora. Come già sapevamo si era creato un clan, egiziano, ‘alternativo’, che avevano dei poteri ed essendo diversi dal proprio popolo si erano divisi, creando un loro mondo a parte dove non potevano venire giudicati. In quel loro mondo avevano creato una scuola per la generazione successiva dove insegnare come usare i loro poteri, come fabbricare delle pozioni magiche, all’insegna di Harry Potter, insomma. Due, così detti, ‘maghi’, prevalevano su tutti per intelligenza e potenza. Due migliori amici. A questo punto si era fermata la nostra traduzione, cercando di analizzare come si chiamassero questi due potenti maghi.
“E se provassimo a saltarli? In fondo quanto ci può interessare come si chiamassero a noi importa più che cosa hanno fatto… se sono loro gli artefici di ciò che ci succede” dissi esasperata e ormai stanca erano ore che non staccavamo gli occhi da quell’accidenti di libro.
“Scusami, ma non ti piacerebbe conoscere il nome di chi ci ha quasi rovinato la vita? Così da mandarlo a quel paese quando vuoi, almeno hai un modo per sfogarti” disse Luca attirandomi a sé e baciandomi una guancia, aveva capito che ero stanca e che volevo solo capire cose ci stesse succedendo, perché e capire come salvarci.
“Hai ragione, però io non ce la faccio più, vado al bagno e torno, voi intanto analizzate torno subito… credo” dissi fuggendo al bagno ma feci in tempo a sentire da Mattia.
“Fuggi dalle tue responsabilità! E lasci tutto il lavoro a noi!” ridacchiai tra me. In bagno poggiai la fronte sulle mattonelle fredde del muro cercando di calmare il pulsare alle tempie. Ero veramente sfinita e non riuscivo ancora a capire dove quel libro sarebbe andato a parare. L’angoscia strinse il mio stomaco in una morsa dolorosa, feci respiri profondi cercando di calmarmi. Mi staccai dal muro e mi guardai allo specchio, avevo le occhiaie, i capelli indecenti e scombussolati a forza di metterci le mani in mezzo per capire ciò che leggevo e le palpebre cominciavano a pesarmi. Ero indecente! Come faceva Luca ancora a guardarmi in faccia!? Aprii il rubinetto e mi sciacquai il viso cercando di non togliere quel poco trucco che era resistito in quelle ore estenuanti. Presi i fazzoletti dal distributore accanto al lavandino e mi asciugai. Mi pettinai un po’ i capelli con le mani cercando di renderli un minimo presentabili. Inclinando la testa leggermente verso destra, vidi qualcosa che rifletteva sullo specchio colpendo i miei occhi. Rimisi la testa dritta e quella luce accecante passò. Probabilmente facevo ombra con la mia testa. E mentre continuavo a sistemare i miei capelli, quella luce accecante riprese a riflettere sullo specchio. Socchiusi gli occhi infastidita. Sbuffai, alzai lo sguardo forse era una luce del bagno, che colpendo il muro rifletteva sullo specchio. Girai lo sguardo verso il muro dietro di me, non rifletteva alcuna luce anzi sembravano fin troppo soffuse per accecare in quel modo. Corrucciai le sopracciglia confusa. Un bagliore si mosse velocemente da una parte all’altra del muro che io stavo guardando. Il cuore perse un colpo e cominciò a battere velocemente mentre lo stomaco si stringeva in una morsa, girai lo sguardo di scatto dietro di me e poi in alto, qualcuno mi stava sicuramente facendo uno stupido scherzo! con una torcia sicuro. Ripresi a guardare il muro, il bagliore era sparito. Infatti. Sospirai ma quella brutta sensazione non mi aveva abbandonato. Un bagliore forte che faceva male ai miei occhi stanchi inondò il bagno. Chiusi gli occhi e mi coprii il viso con le mani. Quando il bagliore diminuì, il mio cuore non smise di correre perché quella luce indefinita si muoveva in circolo per tutte e quattro le mura del bagno. Non era uno scherzo divertente! No non lo era! Finché si fermò sullo specchio e avevo la sensazione che mi guardasse e si ingrandisse, no lo stava facendo… dovevo uscire di lì… mi buttai contro la porta del bagno cercando di aprirla, ma era chiusa. Ero terrorizzata, le lacrime mi sfocavano la vista, il cuore batteva, la luce s’ingrandiva e la porta non si apriva… battevo pugni alla porta cercando aiuto.
“Apriti… apriti” la voce spezzata e disperata.
“Apriti cazzo!” urlai in preda al terrore, battendo un ultimo pugno sul legno duro della porta. Grande quanto una parete si avvicinava al muro accanto alla porta.
“Apriti!” di nuovo un urlo strozzato, feci pressione sulla maniglia e quando questa si aprii quasi cascai a terra. Davanti a me una donna scocciata, sibilò un grazie tra i denti e si chiuse in bagno. Guardai la porta come fosse un fantasma aspettandomi di sentire da un momento all’altro un urlo disumano, ma quest’ultimo non arrivò e non volevo di certo ascoltarlo io. Tornai da Luca e Mattia tremante.
“Angy, sei pallida ti senti bene?” mi chiese Mattia premuroso, mi sedetti al mio posto prima di crollare, lo guardai cercando una risposta, ma non resistetti e scoppiai in lacrime. Sentii delle voci sommesse mentre delle braccia mi avvolgevano e un profumo che conoscevo molto bene mi avvolse. Mi aggrappai al petto di Luca e cercai di trattenere i singhiozzi, senza riuscirci, ero così spaventata sentivo la presenza di quel bagliore ancora così vicino a me…
“Falla uscire, la bibliotecaria ci sta guardando alquanto male…” sentii dire da Mattia, poi un imprecazione di Luca risuonò nel suo petto da cui io non mi sarei separata ancora per molto. Sentii la terra mancarmi sotto i piedi e le braccia di Luca mi portarono fuori da quella biblioteca, ma prima che uscissimo lo fermai e chiamai Mattia non doveva restare lì un minuto di più, non in quel momento che sentivo la presenza di quella luce pericolosa… dietro le spalle di Luca… che si modellava su quei libri antichi… tremai violentemente, mentre la gola si seccava.
“Mattia… vieni andiamo a casa…”
“Amore…”
“ANDIAMO A CASA!” gridai terrorizzata aggrappandomi al collo di Luca, e non staccando gli occhi da quella luce che rimaneva ferma… e poi spariva. Uscimmo dalla biblioteca.
Ritornammo a casa in macchina di Luca. Accompagnammo prima Mattia in silenzio, io guardai per tutto il tragitto fuori dal finestrino, svuotata. Per un tempo indefinito non pensai a nulla e non provai nulla. Quella situazione mi stava facendo diventare pazza, avevo paura, ero perennemente in ansia, quando poi l’angoscia veniva più forte era quasi insopportabile e poi quel bagliore, quella luce… tremai. L’unica cosa positiva in tutto quel negativo era che non ero sola. Mi girai verso Luca concentrato nella guida e gli accarezzai una guancia, lui piegò la testa verso la mia mano ad aumentare il contatto con la mia pelle, socchiudendo gli occhi.
“Ehi! Niente smancerie! E attenzione alla strada, ci tengo alla mia vita!” ci distrasse Mattia, io ridacchiai, Luca sbuffò infastidito. Girai il busto quanto potevo, costretta dalla cintura e gli feci la linguaccia.
“Bella lingua! Ma la mia è più bella” e mi rinfacciò un'altra linguaccia, arricciai il naso e per risposta gli feci una pernacchia, lui si protesse dai miei schizzi. Lui rispose poco dopo alla stessa maniera e io mi tirai indietro, al mio posto ridendo. Sembravamo due ragazzini.
“La macchina l’ho già lavata grazie!” disse Luca cercando di essere serio. Gli diedi una bacio sulla guancia.
“Ma non l’hai lucidata! Se non ci fossimo noi!” risi di gusto. Non ero sola…
Luca mi riaccompagnò a casa, mi baciò per salutarmi ma io non lo volevo lasciarlo andare, approfondii il bacio, tolsi la cintura e mi aggrappai al lui, tipo koala. Quando ci separammo gli sussurrai.
“Rimani con me, non andare a casa” dissi preda dell’angoscia di rimanere sola.
“Amore… mi piacerebbe ma…” disse titubante.
“Per favore… diremo ai miei qualcosa, che non puoi tornare a casa… e ai tuoi che dormi da un amico” non lo avrei lasciato andare, a costo di farlo entrare dalla finestra. Probabilmente l’avevo toccato in un punto debole perché acconsentì.
“D’accordo…” lo baciai ringraziandolo e lo portai mano nella mano fino alla porta di casa, prima di aprire sospirai.

“Tesoro… io non credo sia il caso…” mio padre protettivo, anche troppo.
“Si ma non puoi lasciarlo per strada no?” disse mia madre anche lei indecisa, ma sempre più altruista rispetto a mio padre, che avrebbe lasciato Luca in strada piuttosto che farlo dormire con me.
“Ma non potrebbe andare da un amico?” sempre molto ospitale mio padre, Luca l’avevano lasciato in cucina ansioso di sapere la risposta.
“Gli amici non possono o non sarebbe rimasto con me…” intervenni io, rimasta in silenzio durante tutta la conversazione dei miei. Entrambi si girarono verso di me forse, finalmente, arresi. Rimasi in silenzio per non rovinare la possibilità che Luca potesse rimanere. Mio padre sospirò.
“Va bene rimane, ma dorme sul divano!” avrei voluto gridare dalla gioia, anche se il mio intento non era proprio quello di farlo dormire in salotto, ma solo l’idea di averlo, vicino a me, in casa mi rilassava.
“Grazie mille Papi!!” lo abbracciai feci lo stesso con mia madre, di corsa entrai in cucina e abbracciai forte Luca
“Lo prendo per un si?” mi sussurrò all’orecchio, i brividi mi percorsero la schiena e lo baciai, ma di fronte ai miei, mi contenni.
“Allora amico, io e te dobbiamo fare due chiacchiere” disse mio padre allargando un braccio facendogli segno di andare da lui. Ridacchiai, i padri così protettivi…
Mi misi a letto, sotto le coperte e non riuscivo a prendere sonno e conoscevo il motivo, volevo Luca accanto a me. Guardai la sveglia per vedere che ore fossero, era ancora troppo presto se i miei mi avessero sentito andare in salotto, ovviamente dove Luca ‘dormiva’ mi avrebbero chiuso a chiave in camera. Sbuffai. Mi rigirai tra le coperte in attesa che passasse almeno una mezz’oretta, il tempo che i rumori in cucina e nelle varie parti della casa cessassero.
Riaprii gli occhi assonnata, non ci credevo! Mi ero addormentata! Guardai la sveglia era passato solo un quarto d’ora, mi stiracchiai mentre mi mettevo in ascolto. La casa era silenziosa. Forse potevo raggiungere Luca… mi alzai ancora barcollante, ma silenziosa. Feci attenzione a dove mettevo i piedi e raggiunsi Luca che sonnecchiava sul divano con un braccio che penzolava dal divano. Che buffo mentre dormiva, ma era così sereno forse la notte era l’unico momento in cui noi, potevamo fuggire dall’angoscia del giorno. Sorrisi e cercai un po’ di spazio tra le sue braccia e sotto le coperte improvvisate per lui. Dovetti spingerlo con forza prima di farmi un spicchio di spazio e lui ancora non si svegliava! Aveva il sonno pesante il mio ragazzo! Beh forse più in là sarebbe stato utile per fargli qualche scherzetto. Ridacchiai cercando di non farmi sentire, e lo spinsi ancora più in là, stavolta sbuffai, finalmente lui si mosse facendo spazio, sorrisi compiaciuta. Mi sdraiai accanto a lui, ma lui si mosse di nuovo e per poco non mi buttò a terra, mi aggrappai a lui d’istinto, che finalmente si svegliò e mi circondò la vita impedendomi di cadere.
“Amore ma che fai?” mi chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
“Volevo stare con te, ma sembra che tu sia egocentrico e voglia tutto il divano per te, ti ricordo che questa è casa mia” sbuffai a bassa voce. Lui con gentilezza e forza mi riportò completamente sul divano.
“Scusami, dormivo… non mi sono accorto che eri qui” disse ridacchiando della mia espressione infastidita.
“All’anima se dormivi! Sei peggio di un ghiro!” mi baciò notando che avevo leggermente alzato la voce
“Andiamo in camera mia… si sta più comodi” mi lamentai e ripresi a baciarlo approfondendo il bacio.
“Agli ordini” disse alzandosi e prendendomi in braccio, ridacchiai nascondendomi nel suo petto. Entrammo in camera e quella nottata, fu la nottata più bella della mia vita…

salve! allora dico da subito che ho avuto una marea di problemi: scuola (che non è propriamente un problema, ma comunque impegna molto); il computer a riparare (soprattutto questo); impegni di altro genere... e questo capitolo ho dovuto anche dividerlo in due parti! allora per la fine e per rimanere nel rating verde ho dovuto essere molto generale ma spero sia stato intenso lo stesso... xD in questo capitolo si capisce come alla fine Mattia voglia bene, pur a modo suo, a Daniela e fidatevi anche Daniela gliene vuole si capirà molto alla fine della storia... =) allora... che dire? lascio a voi i commenti qua sono successe un po' di cosette e nel prossimo ne succederanno ancora... un bacio
Alexis

  
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