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Autore: AntonellaSpuffy    28/03/2011    1 recensioni
Kristen scruta per la prima volta William dalla sua finestra.
Poi gli occhi di William diventano tutto ciò per cui vivere.
Alcune citazioni:
I suoi occhi fissano il pavimento.
E’semplicemente magnifico.
-Devo cominciare a preoccuparmi?Ti sei infilata dalla finestra?- chiede burbero.
Perfetto. Sospiro e cerco di compiere la mia missione e scappare.
-Senti, non sono qui per spiarti o cosa. Ieri ho fatto una figura pessima. E’vero, ero curiosa e ho cercato in ogni modo di vederti. Il fatto è che ti avevo visto fissarmi dalla finestra...beh, ora so che non mi fissavi dato che non vedi, ma insomma hai capito!
Così ti ho portato i biscotti vecchi di mia nonna. Non li hai mangiati vero?
Gli hamburger sono stati un’idea di mio padre. Il maggiordomo non ti ha detto del suo marsupio vero?
E poi quando mio fratello ha perso la sua macchinina, era vero non l’ho buttata io nel tuo giardino, non arriverei mai a tanto, anche se sono convinta che tu l’hai pensato.
 Ho sbagliato, non avrei dovuto essere così insistente e poi quella storia del non guardarmi in faccia. Come potevi farlo? Sono stata maleducata e perciò ti ho fatto una torta di mele per scusarmi. Non devi mangiarla per forza, ma è commestibile, non come i biscotti e credo che anche gli hambuger lo siano.
Non ho forzato la porta è stata la signora che lavora per te a farmi entrare, ma ti prego non licenziarla!-
Ecco , la mia solita dissenteria verbale! [...]
- Leggi l’ultima frase - mi dice, mentre la luce del sole gli carezza delicatamente il volto.
- "Così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno" - sussurro appena.
E sorride. Di un sorriso bello e fiero.
Dove sei stato. Eri lontano. Eppure eri qui. Ne sono certa.
Perchè non è possibile che io abbia vissuto, respirato, aperto gli occhi ogni mattina senza che tu fossi con me.
Se tu fossi stato lontano non sarebbe accaduto.
E ora la tua presenza mi sta uccidendo. E ora voglio morire tra le tue braccia.
Fammi vedere come si muore.
Va bene. Mi basta. Tutto pur di starti accanto.
Fammi vedere come si muore dentro ai tuoi occhi William.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2°Capitolo, parte 1

 

La domenica sera sto meglio e anche peggio contemporaneamente.

Meglio perchè il fatto che non abbia quel ragazzo davanti ai miei occhi, mi aiuta a ritrovare un po' di raziocinio e di lucidità . In effetti ho fatto una figura a dir poco catastrofica.

Un sorriso amaro mi appare sul viso, ripensando alla sua risposta.

Idiota, sono cieco! Ecco cosa più o meno mi ha detto.

Una perfetta deficiente.

E io che pensavo che guardasse me dalla finestra! Come avevo potuto credere di essere tanto interessante per qualcuno...per qualcuno come lui!

Eppure non riesco a farmi semplicemente una risata valutando l’ennesimo episodio paradossale della mia vita.

Il fatto che abbia ritrovato un po' di ragione, mette in luce chiaramente il mio tremendo comportamento.

Prima di tutto l’insistenza , tanto da sfiorare il maleducato, nel cercare di vederlo.

Nel cercare di scrutare una persona che evidentemente vuole che non nessuno si faccia gli affari suoi.

La nostra ultima conversazione poi è stata un disastro.

Dopo essermi infilata con forza in casa sua, l’ho anche accusato di una cosa che lui effettivamente non poteva fare.

 Forse era difficile accorgersi di questo aspetto, ma c’erano stati dei particolari che io non avevo notato.

Il buio intorno a noi che sembrava non metterlo a disagio, per esempio.

E i suoi occhi oltre le mie spalle. Troppo in alto.

Prima di addormentarmi non posso fare a meno di lanciare un occhio alla sua finestra vuota.

 

Il lunedì mattina scorre troppo lentamente.

Naturalmente la mia giornata comincia con Spike che abbaia furiosamente intorno al mio letto e Johnny che cerca altrattanto furiosamente di cavalcarlo.

Ci metto esattamente un’ora per prepararlo, perchè lui si fissa con una "maglietta vedde" e l’unica che possiede è un maglione di lana con una renna, decisamente poco adatta per imaggio.

Alla fine , come sempre, Johnny vince e scende in cucina vestito come se fosse il venticinque dicembre. Prende lo zainetto sotto braccio e si avvia verso la porta, come se dovesse andare in ufficio.

-Aspetta marmocchio- urlo io afferrandolo.

-Papà non è ancora pronto-

Come sempre.

 Papà scende con circa dieci minuti di ritardo, dopo che io ho urlato dalle scale come un’ ossessionata.

-Tanto tempo per questo- dico, indicando il suo splendido abbinamento.

Lui mi lancia un sorriso lusingato, come se gli avessi fatto un complimenti e si avvia verso l’auto, con un paio di bermuda kaki e una tshirt con Batman.

Dopo aver scaricato la peste al nido, arrivo a scuola e Xander e Willow mi stanno ,come ogni mattina, aspettando all’entrata, trangugiando patatine.

-Cavolo, sono le otto- faccio notare loro ,indicando la busta enorme di schifezze.

Peggio di mio padre che un giorno a colazione ha mangiato i residui del tacchino surgelato del ringraziamento.

-Sono alla paprika- mi dice offeso Xan, come se fosse una logica giustificazione.

Mentre Willow si occupa dello scambio dei compiti fatti nel weekand, non riesco a fare a meno di cercare di captare i discorsi degli altri.

Sono certa che lui sia l’argomento principale della giornata.

In fondo in questa città non capita mai nulla di elettrizzante.

-E’ricchissimo e i miei hanno detto che suo padre è un uomo estremamente affascinante, quindi il figlio non sarà da meno- sento dire da Cordelia Cheise, l’incarnazione del male, mentre si guarda nel suo terribile specchietto di madreperla per almeno la centesima volta in dodici minuti.

-Magari è bravo a scacchi- afferma sognante un ragazzo bassino con gli occhiali.

-Allora ?- chiede Willow, riportandomi alla realtà.

-Tu ne sai più degli altri! Cosa ci racconti sul nuovo arrivato ?- mi stuzzica, mentre Xan rimpicciolisce gli occhi.

-Su chi ?- chiede trasognante.

Come al solito è l’unico a vivere fuori dal mondo, perso in quei videogiochi da deficiente!

-Nulla- dico sulla difensiva.

-E’vero, è il figlio del proprietario, ma non so altro, non l’ho visto- mento.

Non so perchè lo faccio. Forse perchè ora so che lui è una persona estremamente riservata e di certo non amerebbe il mio andare a sbandierare ai quattro venti il fatto che sia bellissimo e non vedente.

O forse non è per questo.

Forse mi sento decisamente in colpa per quello che ho fatto e sto cercando di rimediare, quasi per riconquistare la sua fiducia. Che pensieri contorti.

Non è nemmeno per questo. Forse semplicemente...è il suo segreto, il nostro segreto.

Qualcosa che ci lega.

Bene, ancora peggio!

- Sono certo che è brutto e ha la gobba- afferma risoluto Xander durante l’ora di matematica.

Peccato che sembri una statua greca.

-Non dovremo attendere molto, sono certa che domani verrà a scuola-

Willow cerca di placare la sua curiosità a mensa.

Peccato che lui non verrà mai a scuola.

Durante l’ultima ora di letteratura, mi sento addosso gli occhi di qualcuno. Starà diventando una fobia?

-Darcy ti fissa- bisbiglia Xan, mentre io alzo gli occhi. Effettivamente è così.

Li riabbasso all’istante.

-Ho qualcosa nei capelli?- chiedo a bassa voce a Willow seduta accanto a me.

Lei scuote la testa.

-Ho appiccicato qualcosa in fronte o dietro alla schiena ?- chiedo agognante.

-No- bisbiglia lei.

-Strano- sussurro mentre guardo nella direzione di Liam che abbassa gli occhi di scatto.

E’inutile farmi pensieri strani. Probabilmente meditava di chiedermi gli appunti di inglese.

Stranamente questo evento sul mio sogno proibito non mi colpisce più di tanto.

Forse l’episodio del giorno prima, batte ogni cosa.

Al suono della campanella, pronta per uscire, il professor Grace mi fa segno di avvicinarmi alla cattedra.

-Kristen - mi chiama sottovoce.

Abbiamo un ottimo rapporto fin dal primo anno. Da quando durante una delle sue prime lezioni io gli chiesi quanto poteva essere stato stupido il signor Darcy in «Orgoglio e pregiudizio».

«Perchè dici questo?» mi chiese quasi strozzandosi.

«Avrebbe dovuto amarla e basta. I pregiudizi sono stupidi.»

«Buona osservazione»

Da allora sono stata l’unica a consegnare sempre i saggi in tempo, a fare ogni tipo di ricerca extra ci chieda. Leggere e scrivere sono la mia vita.

Spesso gli sottopongo qualche scritto e lui corregge gli errori e appone delle annotazioni buffe.

"Cosa vuol dire schifezza?"

"Questo è uno di quei termini della tua epoca che io non posso capire?"

"Ti sembra giusto che si bacino al primo appuntamento? Io avrei aspettato."

Dice sempre che mi merito un importante collage e dovrei provare a pubblicare qualcosa.

Naturalmente due utopie.

Oggi ha indossato il suo abito buono, deve aver offerto il pranzo alla signorina Mountein di matematica.

-Domani passa nel mio ufficio cara, dovrei parlarti di un certo fatto-

-Ok- gli dico con un sorriso, pronta a sgusciare via.

 

A cena sono un po’ irrequieta. Più mi intimo di non guardare villa Stratford più lo faccio.

Sta diventando un’ assurda mania. Tanto non lo rivedrò più, punto.

E’strano. E’come se la sua immagine sia per me stata malsana.

 Tutto quello splendore ha cambiato i miei occhi tanto da farmi sembrare tutto più sudicio del normale: le pappine di Johnny, il suo maglione con la renna sui cui ha riversato il pranzo e la mia immagine.

 Riflessa allo specchio mi vedo peggio del giorno prima.

Non mi sono mai sentita brutta, quando mi ci metto sembro anche presentabile, carina , semplice come mi definisce mio padre.

Dopo aver visto quel ragazzo mi sento invisibile.

Ed è strano. E’come se avessi ancora bisogno di ammirarlo.

 Un’altra boccata d’aria estremamente tossica. Per farmi sentire ancora peggio, molto probabilmente.

 Ma non accadrà. Posso solo sperare di spiarlo in qualche occasione dalla mia finestra, nulla di più. O peggio ancora, dopo la figuraccia di ieri, potrebbe farmi bastonare dal suo maggiordomo.

In fondo il pinguino non aspetta altro.

-Sei strana stasera- dice papà entrando in camera mia, dopo cena. E’avvolto solo in uno splendido asciugamano bianco. Uno spettacolo abominevole!

-Papà ti prego, mettiti qualcosa!- urlo, coprendomi gli occhi con una mano e facendogli segno di uscire.

-Non preoccuparti cara, l’ho legato bene, non cascherà-

-Ora sono più tranquilla.- affermo sarcastica.

Mi scopro gli occhi e lo vedo sedersi sul mio letto, su cui di certo lascerà un enorme macchia di umido, dato che è appena uscito dalla doccia e gocciola ancora.

-Ti va di parlarmene?- mi chiede.

 Penso sia la prima volta che cerca seriamente di interessarsi a me.

Probabilmente è la prima volta che sono completamene con la testa tra le nuvole, mi dico, pensando al momento in cui ho fatto accucciolare Spike vicino ai miei piedi.

-Non è nulla, diciamo che mi sono comportata male con una persona, sono stata un' idiota-

confesso.

-Non mi pare che tu abbia mai avuto problemi a chiedere scusa.-

-Non è così semplice, ho sbagliato anche con la mia insistenza. Farmi viva nuovamente vorrebbe dire perseverare.

-Potresti scrivergli un biglietto-

Ecco...no, non mi sembra possibile. Ma questo non glielo dico.

Scuoto la testa.

-Perchè non gli prepari la tua deliziosa torta di mele?E' un buon modo per chiedere scusa.-

Papà ritiene che tutto si possa risolvere con del cibo. Per lui si potrebbe creare un armistizio semplicemente con uno stufato.

Ma in effetti parlare con LUI è fuori questione.

Probabilmente è già partita una denuncia che mi impedisce di avvicinarmi a lui a meno di dieci metri.

 Potrei semplicemente lasciare la torta al pinguino e fargli dire che mi dispiace.

 Farei tutto talmente in fretta da impedirgli di prendermi a calci.

Ancora poco convinta mi metto all’opera. Preparo farina, zucchero, uova, burro e taglio le mele a spicchi. Johnny continua a infilare il ditino nell’impasto.

-Smettila, nessuono vuole mangiare la tua bava!- urlo ficcandogli un pezzo di mela in bocca che lui ciuccia beato.

Dopo meno di quarantacinque minuti la torta mi fissa dal tavolo della cucina. Non ha un ottimo aspetto ma ha un bell’odore.

Insomma non è importante che la mangi. Basta solo che capisca che mi dispiace.

 Mi infilo una felpa e mi spazzolo le ciocche castane. Tanto vedrò solo il maggiordomo arcigno continuo a ripetermi.

Volo dall’altra parte della strada, la serata è decisamente calda, busso al campanello.

Ho il cuore in gola. Da quando in qua seguo i consigli di mio padre?

L’ultimo che mi ha dato in terza elementare era di travestirmi per Halloween da busta della spazzatura!

Dopo qualche istante la porta sia apre e io ho quasi l’istinto di coprirmi la faccia (parte del corpo a cui più tengo) con la teglia su cui è adagiata la torta.

- Buonasera cara-

Alzo gli occhi stranita.

Non è il pinguino! E’una deliziosa anziana donna, paffuta, i capelli bianchi raccolti in uno chignon, e un grembiulino a fiori.

-Salve- balbetto esitante.

Lei si strofina le mani sulla stoffa e attende.

-Io ...ho portato questa per il...-

Come cavolo devo chiamarlo?

-Il padrone di casa- aggiungo e lei mi fissa. Poi sorride.

-Può chiedergli scusa da parte mia e dirgli che sono un’idiota. Bhe, questo non lo dica magari, ma questo è il concetto- concludo.

Sono sconcertata. Peggio di quanto immaginassi.

-Ti ringrazio- mi dice.

-Ma mi sembra più opportuno che glielo dica tu stessa- sussurra guardandosi attorno furtivamente. Perchè se lei ha paura che lui la licenzi, solo per avermi invitato dentro, io dovrei infilarmi in quella casa e prenderle di santa ragione?

-Non mi sembra il caso- bisbiglio con gli occhi allarmati, mentre lei letteralmente mi tira dentro con la forza.

-Gli farà bene vedere qualcuno, è sempre chiuso in queste quattro mura!- aggiunge sempre a bassissima voce lei.

-Stia tranquilla- continua .

E allora perchè ci stiamo comportando come se stessimo per rapinare una banca?

Potrebbe essere un agguato! Magari dietro alla porta si nasconde il lo stoccafisso-maggiordomo pronto a colpirmi.

Chi me l’ha fatto fare? Tutta colpa di quell' imbecille di mio padre!

Come ho potuto credere che lui ci capisse qualcosa di certe questioni!

-La prima stanza a destra- mi dice, indicandomi il piano superiore.

Mi ucciderà! Sto quasi per pregarla di lasciarmi andare , per fuggire e nascondermi sotto il letto, quando lei mi lancia un sorriso talmente dolce e zuccheroso, da farmi sciogliere.

-Non è tanto cattivo- aggiunge prima di spingermi verso le scale.

E questo dovrebbe tranquillizzarmi?

Salgo al piano superiore recitando tutte le preghiere che conosco e contemporaneamente stringo la torta di mele maledetta.

Arrivata di sopra mi dirigo verso la stanza che la donna mi ha indicato, l’unica illuminata appena, la porta socchiusa e una leggera musica che proviene dall’interno.

Busso leggermente ma riesco a sentire solo il suono di un pianoforte.

Apro appena la porta e sbircio all’interno.

La stanza ha un parquet scuro, grossi tappeti lo nascondono.

Alla mia destra si trova un imponente scrivania in mogano ricoperta di libri e la finestra dalla quale scorgo quella della mia stanza.

Quella dove ho visto per la prima volta il ragazzo che ora mi da le spalle.

Seduto al pianoforte che mi è di fronte, alla sinistra di un imponente letto ottocentesco, suona con estrema maestria una melodia atrocemente triste.

Resto rapita per qualche istante ad ammirare i suoi capelli , le sue spalle.

 Che assurda intrusione. Devo assolutamente andarmene.

All’improvviso la musica si interrompe.

-Chi cè?- sento dire.

Per poco la torta non mi scivola dalle mani.

Per la prima volta è cieco davanti ai miei occhi. Il semplice fatto che non si volti semplicemente per accertarsi della mia identità, lo rende terribilmente, realmente per la prima volta, cieco.

E’una sensazione strana.

-Ciao- mi esce. Ciao? Che cavolo sto dicendo??Mi hanno per caso fatto una lobotomia?

E lui fa la cosa peggiore che potesse fare...sospira!

Chiaro segno che dal mio semplice saluto, ha capito che sono la vicina curiosa che abita di fronte a lui.

Poi si alza e si volta verso di me.

La mia mente, la mia memoria non gli hanno reso minimamente giustizia.

E’milioni di volte più bello di quanto ricordassi. Indossa un paio di pantaloni blu e ha una camicia azzurra.

I suoi occhi fissano il pavimento.

E’semplicemente magnifico.

Cerco di ricompormi, ma come il giorno precedente, non riesco ad articolare frasi di senso compiuto.

-Devo cominciare a preoccuparmi?Ti sei infilata dalla finestra?- chiede burbero.

Perfetto. Sospiro e cerco di compiere la mia missione e scappare.

-Senti, non sono qui per spiarti o cosa. Ieri ho fatto una figura pessima. E’vero, ero curiosa e ho cercato in ogni modo di vederti. Il fatto è che ti avevo visto fissarmi dalla finestra...beh, ora so che non mi fissavi dato che non vedi, ma insomma hai capito!

Così ti ho portato i biscotti vecchi di mia nonna. Non li hai mangiati vero?

Gli hamburger sono stati un’idea di mio padre. Il maggiordomo non ti ha detto del suo marsupio vero?

E poi quando mio fratello ha perso la sua macchinina, era vero non l’ho buttata io nel tuo giardino, non arriverei mai a tanto, anche se sono convinta che tu l’hai pensato.

 Ho sbagliato, non avrei dovuto essere così insistente e poi quella storia del non guardarmi in faccia. Come potevi farlo? Sono stata maleducata e perciò ti ho fatto una torta di mele per scusarmi. Non devi mangiarla per forza, ma è commestibile, non come i biscotti e credo che anche gli hambuger lo siano.

Non ho forzato la porta è stata la signora che lavora per te a farmi entrare, ma ti prego non licenziarla!-

Quando termino ho il fiatone.

Cosa cavolo ho detto? La mia solita dissenteria verbale!

Lui è immobile. Per un attimo mi pare sull’orlo di scoppiare a ridermi in faccia.

Ma non lo fa. Sulle sue labbra perfette appare solo un leggero sorriso.

E' un istante. Poi scompare.

-Hai parlato di una torta di mele- chiede.

-Si- dico mostrandogliela stupidamente.

-Bene, valuterò se perdonarti in base al suo sapore.-

-Cosa?-

La sua voce è grave eppure dalle sue parole mi rendo conto che mi sta prendendo in giro.

O forse no? E' serio?

- Dietro alle tue spalle deve esserci un coltello- afferma.

Lo sapevo!Vuole farmi fuori!

-Prendilo e tagliane una fetta-

Seguo attentamente le sue istruzione come se stessi praparando un esperimento in un laboratorio. Dietro di me c’è un piccolo mobile su cui è adagiato un servizio per il pranzo.

Afferro il coltello e con le mani tremanti taglio una fetta di torta.

Lui allunga una mano con il palmo riverso verso l’alto.

 Prendo la fettina con le mani e gliela porgo.

Non so come, ma lui con estrema attenzione fa in modo che le nostre dita non si sfiorino.

Assaggia lentamente il dolce. Lo mastica in silenzio, ad occhi chiusi.

 E’decisamente la cosa più sensuale che io abbia mai visto. Deglutisco rumorosamente e attendo mentre lui mangia .

Naturalmente non fa cadere nemmeno una briciola sul pavimento e io penso al fatto che riesco a impiastricciarmi anche bevendo un bicchiere d' acqua.

Alla fine apre gli occhi. Sono ancora leggermente troppo in alto rispetto a dove io mi trovi.

La sua bellezza mi mozza il fiato. Sono tramortita!

-Bene, hai evitato una denuncia per infrazione- conclude.

Lo guardo truce.

-Ti ho detto che mi hanno fatto entrare i tuoi...come si dice..domestici?- gli faccio sapere sarcastica.

-Comincio a temere per la mia incolumità. Non è che vuoi violentarmi?-

Ma sta scherzando? La sua voce sembra così convinta da farmi dubitare.

-Senti, non ti voglio fare del male!- poi ci rifletto.

-Ma ti rendi conto di cosa mi stai facendo giustificare?-

Ecco, mi ha fatto arrabbiare un’altra volta.

Rimaniamo per un istante in silenzio mentre io cerco di far sbollire la rabbia.

-Hai bisogno di altro ?- mi chiede chiaramente con l’intento di cacciarmi via.

E io che volevo scusarmi!E’un maledetto maleducato. Lo fisso truce.

-Mi stai facendo qualche smorfia?- mi chiede lui e io avvampo.

-Una linguaccia magari. Scommetto che è da te!-

Cosa? Pesto i piedi come una bambina e volontariamente sbatto il coltello che ancora avevo in mano sulla scrivania. Lui non si scompone.

Scommetto che anche se non lo da a vedere si sta divertendo come un pazzo.

-Me ne vado!- urlo quasi, alzando le mani in segno di reso.

-Non mi rivedrai mai più- gli dico dandogli le spalle.

-Questo è certo- ironizza lui.

-Idiota- sibilo.

-Ti ho sentita-

E’assurdo. E’ancora immobile come se nulla fosse accaduto, con le mani incrociate e mi snobba!

Mi avvio verso la porta e esco marciando con fierezza. Scendo le scale senza nemmeno guardarmi intorno.

-Kristen- mi chiama lui quando apro la porta di casa.

Mi immobilizzo. Ricordo con estrema esattezza di avergli detto il mio nome solo in un occasione. Prima di vederlo, fuori alla sua porta.

-Io sono William comunque – aggiunge, ancora con lo stesso tono di poco prima.

Chiaro ,deciso, come se volesse rimproverarmi.

William. I pochi e immensi ricordi di lui, si tingono di quel nome.

Mi ci vogliono alcuni istanti prima di riprendermi. Poi lentamente esco. 

Continua...
  
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