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Autore: Keiko    29/03/2011    2 recensioni
“Vuoi capire cosa c’è di strano nella famiglia Black, Ninfadora? Io ti risponderei nulla. Ci sono solo tante scelte fatte e strade che hanno diviso persone legate dallo stesso sangue, questo si. Di sbagliato credo non ci sia nulla ma tu potrai trarre una conclusione differente dalla mia dopo aver visto tutto quel che voglio mostrarti.”
Ninfadora Tonks è al suo primo ad Hogwarts quando Lord Voldemort pare essere sconfitto dai coniugi Potter e il loro figlioletto essere sopravvissuto all’eccidio. Ninfadora è scettica ma per lei non è certo quello il problema: è sapere Sirius rinchiuso ad Azkaban ad indurla ad una lenta ma inevitabile metamorfosi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Narcissa Malfoy, Nimphadora Tonks
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Tonks aveva assistito alla scena senza proferire parola, restando a contemplare la figura di Lord Voldemort che andava sfocandosi dinnanzi a lei, risucchiata dal vortice nebuloso dei ricordi che stavano scomparendo attorno a loro e tuttavia quel volto dagli occhi rubicondi da rettile non accennava a scomparire dalla sua mente. Silente le aveva posato una mano sulla spalla e quel contatto poté solo ricordarle che non stava impazzendo e che quelle che aveva avuto davanti erano proprio sua madre e le sue zie, e che la catacomba in cui era stata scaraventata era vera come l’umidità ed il gelo che le avevano perforato le ossa e la intirizzivano.
“Hai freddo Tonks?”
“Perché mi mostra tutto questo, professor Silente?”
“Lo capirai alla fine del viaggio.”
Le offrì il suo sorriso paterno e non poté fare a meno di contemplare quel volto che le donava sicurezza e al contempo sapeva metterla a disagio scavando a fondo nel suo animo e leggendovi paura, timore, sorpresa, delusione e persino vergogna per avere alle spalle una dinastia di succubi di un sogno di follia e morte.
Si ritrovarono di nuovo nell’ufficio di Silente e Fanny emise un basso gorgoglio in segno di saluto, attirando l’attenzione di Ninfandora.
“Cos’ha detto?”
“Oh, ci ha salutati. Vogliamo proseguire o sei stanca?”
“Vorrei solo capire perché. Perché Bellatrix ha scelto quella strada, perché mamma ha sposato papà e si è ribellata alla famiglia Black. Siamo una famiglia disgraziata, professore. Come se tutti coloro che si allontanano da essa siano costretti a vivere un destino nefasto e crudele.”
“Sei davvero sicura di quello che dici? Tua madre ha avuto un grande cuore e ha amato anche qui, tra i banchi di scuola. A modo suo, nel modo tipico di voi adolescenti ma forse quella sua spensieratezza timida e impacciata che contraddistingue anche te, ha salvato un uomo.”
“E chi sarebbe quest’uomo? Non è papà, vero?”
“Ci sono uomini che amano donne senza dichiararlo e donne che amano uomini senza rivelarlo. E’ il caso di tua madre e di questo uomo. Andiamo?”
Aveva preso la seconda ampolla che si trovava sul piano della cattedra e si chiese quando Silente l’avesse tolta dal suo armadietto, considerando che non lo ricordava. Titubante aveva posato le mani sul bordo gelido del calderone e si immerse in quelle volute di fumo candido sino a cadervi dentro, sempre più a fondo attorniata da gelida condensa, gli occhi che le bruciavano per il freddo e lo stomaco che le saliva in gola con vigore sempre maggiore.
Si dipanò dinnanzi a loro la biblioteca di Hogwarts e un’Andromeda adolescente studiava meticolosamente un libro di “Pozioni avanzante”, a poca distanza da lei un silenzioso ragazzo un po’ gobbo, chino sul proprio libro sino quasi a sfiorare le pagine con il proprio naso ed i capelli un po’ unti e lunghi sin sotto le orecchie a coprirgli parte del viso.
“Cosa dovrei vedere qui?”
“Tua madre.”
Restò ad osservare le movenze della secondogenita delle figlie di Cygnus, bella in quella postura composta che un’educazione nobile le aveva insegnato a portare, i lunghi capelli corvini legati in una semplice coda di cavallo raccolta sulla nuca e la spilla di Prefetto Corvonero che brillava orgogliosa sul suo petto.
”Mamma era Prefetto?”
“Era un’ottima studentessa ed aveva un grande potenziale ma ha scelto una strada del tutto singolare. Ha scelto la pace domestica, una quiete quotidiana fatta di piccole cose piuttosto che gettarsi in una Guerra sanguinosa che non le avrebbe dato nulla. Non ha seguito quell’istinto furioso di diventare eroe, sia da un lato che dall’altro della medaglia, che ha colpito gran parte dei suoi compagni di scuola. James, Lily, Remus, Sirius, Bellatrix, Lucius, Rodolphus. Tutti, indistintamente e a modo loro, hanno tentato di essere eroi in una guerra che ha mietuto solo vittime e non ci ha lasciato nulla se non morti da piangere. Eppure Andromeda ha scelto la vita comune, rinnegando la propria famiglia e tutto il mondo che la circondava. Era sembrata a tutti quanti una pazzia ed in realtà si è rivelato l’azzardo vincente per lei.”
Ninfadora si rendeva conto di non conoscere affatto sua madre ma di averla sempre vista nella veste di donna che le aveva sempre voluto mostrare: premurosa e devota, affettuosa sino quasi all’eccesso.
Le era costato un grandissimo dolore cacciare Bellatrix da casa propria, interdirle quell’ultimo straccio di rapporto che le legava ancora nonostante fosse costruito sulla base di violente liti, insulti e minacce, perché era pur sempre un vincolo di qualche tipo a tenerle unite ma gli occhi impauriti di Ninfadora che osservavano Bellatrix come se fosse un mostro le avevano fatto capire che l’amata sorella poteva essere un pericolo attentante alla sua pace familiare. E non le avrebbe permesso di distruggere ciò che aveva desiderato ed ottenuto con enormi sacrifici, con quella lotta muta contro un mondo che stava cambiando troppo rapidamente che non le piaceva e in cui le sembrava di essere un pesce fuor d’acqua.
Perché tutti i suoi compagni avevano deciso che il futuro sarebbe stato grande e avrebbe inciso sulla storia, un’unica pennellata nera o bianca, e lei che viveva di grigi non poteva appartenere a quel mondo sull’orlo della guerra che non conosceva mezze misure e che tagliava nettamente due parti che a ben vedere erano perfettamente le due facce di una stessa medaglia.
Mangiamorte e Auror, un rincorrersi di luce e tenebra e l’una mai esiste senza che esista l’altra.
Così Andromeda Black sedeva a quel lungo tavolo a vergare pergamene con calligrafia tondeggiante e piegata leggermente verso destra, intenta a ricopiare appunti presi frettolosamente durante le lezioni della mattina.
“Severus, posso farti una domanda?”
A poca distanza da lei il ragazzo non sollevò il capo dal proprio tomo sul quale prendeva appunti agli angoli delle pagine alle lezioni di Lumacorno ma si limitò a bofonchiare qualcosa che doveva somigliare ad una risposta di assenso.
“E’ vero che hai ideato un nuovo incantesimo? Me l’ha detto Bella…non so se sia il caso di utilizzarlo. Deve essere il Ministero a vagliare gli incantesimi e…”
“Non sono cose che ti riguardano Andromeda.”
L’aveva bisbigliato in modo sinistro, parole che odoravano di minaccia quasi come se qualsiasi parola proferita dalla ragazza potesse essere a priori errata.
Ma lei non si scoraggiò e si limitò a sospirare lanciando l’ennesima occhiata furtiva alla figura di Piton.
“Sirius non è cattivo Severus, ma possiede questo entusiasmo goliardico che sfrutta in malo modo.”
“Andromeda non mi serve la paternale. Sirius è Sirius così come lo vedi tu e così come lo vedono tutti. Il fatto che quei quattro siano al centro delle chiacchiere di tutta Hogwarts non giustifica di certo i loro comportamenti.”
Andromeda si morse il labbro inferiore, visibilmente presa in contropiede. Lei avrebbe davvero voluto fare qualcosa per lui e far capire a Sirius che i loro scherzi erano crudeli e cattivi, che così non avrebbero fatto altro che peggiorare una situazione che inevitabilmente stava già precipitando.
Solo Lily prendeva le difese di Piton pubblicamente, senza paura né di Potter né di Sirius mentre lei si limitava con la grazia conferitale dai meccanici gesti nobiliari a far notare con disappunto al solo Sirius quanto fosse sciocco ed immaturo.
Lui inevitabilmente le sorrideva ogni volta allo stesso modo – uno di quei sorrisi che facevano innamorare il resto delle ragazze di Hogwarts – e l’abbracciava con trasporto affondando il proprio viso tra le onde dei suoi capelli corvini.
“Suvvia, Andromeda! E’ Mocciosus, dopotutto…a chi mai può importare di lui? Solo Lily si ostina a prendere le sue difese ma lei è la condottiera delle cause perse, si vota automaticamente alla difesa di ciò che il mondo palesemente ignora o evita.”
Avrebbe voluto dirgli che a lei importava di lui e che ammirava il coraggio di Lily che mai avrebbe posseduto perché lei, Andromeda Black, doveva sottostare alle leggi di una casata nobiliare che le imponeva un modo di vivere del tutto distorto che non le si confaceva, che le andava stretto soffocandola.
Ma si limitava a scostarsi da lui rabbuiata, fissandolo in malo modo.
“Sei uno stupido, Sirius. E sei come Bella…te ne rendi conto almeno, che sei un maledetto purosangue come lei, con questa tua assoluta certezza di essere migliore di qualcosa o qualcuno! Sei penoso, Sirius.”
“Non ti azzardare a paragonarmi di nuovo a Bella. Siamo diversi e lo sai.”
“No che non lo so. Quando ti comporti così con Severus non ti riconosco e non capisco quale sia il vero Sirius Black. Sei un Serpeverde Sirius. Con Severus di comporti come si comporterebbe un erede di Salazar.”
“Si può sapere perché ti sta tanto a cuore la sua sorte, Andromeda? Avanti, tutta Hogwarts ride di lui!”
“Questo non significa che tutta Hogwarts sia nel giusto.”
Ninfadora osservava quei ricordi scorrerle davanti incredula.
Quello che amava di Sirius ora le appariva sotto una luce differente, tratteggiata dalla crudeltà incosciente che solo gli adolescenti ed i bambini possono mettere nei propri gesti e continuava a fissare il sorriso di Sirius e la risata spensierata di Potter raggiungerli sino in biblioteca, preludendo l’ennesima plateale entrata in scena dei Malandrini.
Si erano così seduti attorno a Piton, Sirius appoggiando il viso sul mento fissandolo come avrebbe potuto guardare un molliccio e James si era portato all’altro lato del Serpeverde, le gambe incrociate in un atto di superiorità quasi scontata.
“Mocciosus oggi che studi?”
Sirius gli aveva strappato da sotto il naso il libro di pozioni iniziando a sfogliarne le pagine incartapecorite con malavoglia mentre James aveva iniziato a far volteggiare per la stanza calamaio e penna attraverso un Wingardium Leviosa.
E Piton subiva in silenzio, il capo chino su quel tavolo che non aveva più parole da offrirgli e le mani conserte in grembo. Andromeda fissava la scena incredula, la spilla recante la “P” di Prefetto a darle un coraggio che non aveva mai manifestato.
“Oh, Mocciosus credo che quest’oggi dovrai fare un bel bagno per lavare quei tuoi capelli luridi ti pare?”
“Ora basta Potter! Black!”
Sirius alzò lo sguardo verso Andromeda sorpreso da quell’improvvisa reazione che palesemente lo osteggiava, mentre la ragazza si era alzata in piedi dirigendosi verso i tre giovani annullando la breve distanza che vi era stata sino a poco prima tra loro.
“Questa è una biblioteca e qui si studia. Se siete venuti per creare scompiglio uscite di qui immediatamente.”
“Avanti Andromeda non fare così. Mocciosus si diverte in nostra compagnia, non è vero?”
James aveva indirizzato il calamaio in direzione di Piton, lasciandolo in sospeso sulla sua testa pericolosamente in bilico e pronto a schiantarsi sopra di lui.
“Black io sono un Prefetto ed io esigo che usciate di qui senza creare ulteriore scompiglio. E voi, tornate a studiare!”
Aveva liquidato con tono severo il capannello di studenti che li aveva raggiunti senza cessare di studiare Sirius e quella spavalderia che non accennava a scrollarsi di dosso.
“Andromeda parlerai con Remus dopo, va bene?”
“No che non va bene, Potter. E sistema quel calamaio sul tavolo senza sporcare in giro. Ora.”
James fece un gesto frettoloso con il polso della mano destra con il preciso intento di rovesciare il calamaio sulla testa di Severus ma Andromeda con un rapido tocco di bacchetta aveva fatto in modo di tenere il calamaio sospeso ed adagiarlo di nuovo sul lungo tavolo della biblioteca.
“Cinquanta punti in meno a Grifondoro per non aver ascoltato gli ordini di un Prefetto. E riferirò l’accaduto alla professoressa McGrannit.”
“Andromeda non dirai sul serio vero? Così rischiamo di non vincere la Coppa della Case.”
“Dovreste pensare prima di agire, James. A me non importa se non riuscirete a vincere la Coppa. Vuol dire che vincerà Serpeverde.”
“Sei ingiusta, Andromeda. Cos’abbiamo fatto io e James ora?”
“Siete entrati in biblioteca schiamazzando, avete disubbidito ad un mio ordine e avete importunato un vostro compagno.”
“Sei ingiusta, Andromeda.”
“Hai ragione Sirius. Altri cinquanta punti in meno a Grifondoro, considerando che solo cinquanta sono pochi per tutto quello che avete fatto. Ed ora o restate qui a studiare o uscite di qui immediatamente.”
“Che strega che sei.”
“Di ottima classe, Sirius.”
Black aveva richiuso con un tonfo secco il tomo di Severus gettandoglielo davanti in malo modo e uscì dalla biblioteca seguito da James. Andromeda era rimasta ad osservare le movenze di Piton che con perizia aveva controllato le pagine toccate da Sirius per poi riporre il tomo, il calamaio e la penna d’oca nella propria borsa sollevandola da terra per issarla sulla propria spalla.
Andromeda fissò il Serpeverde allontanarsi, la sua schiena che si stagliava contro la luce morente del giorno. Sospirò sedendosi sulla sedia poco prima occupata dal ragazzo restando a fissare l’ultimo punto in cui l’aveva scorto allontanarsi.
La sua non era né pietà né compassione e nemmeno uno di quei sentimenti nobili che muovono gli eroi come Lily e nemmeno un atto di supremazia che avrebbe di certo mosso Bellatrix in una situazione simile.
Era qualcosa che poteva vagamente definire come una similitudine di infatuazione.
Come aveva fatto ad innamorarsi di lui?
Severus non era bello tutt’al più poteva avere un certo fascino dovuto alla malinconia che traspariva dal suo sguardo. Non aveva lo scintillio degli occhi di Rodolphus o l’ambizione che si leggeva sul volto di Lucius e nemmeno la spavalderia di Sirius o l’arroganza di James.
Severus era un uomo mite.
Amava studiare e altrettanto devotamente amava rifugiarsi in biblioteca appena le occasioni glielo consentivano e nonostante ciò era riuscito ad entrare nel ristretto e selettivo circuito di amicizie di Lucius, semplicemente perché era dotato di due peculiarità innate: l’ambizione tipica degli eredi di Salazar ed un grande acume. Doti che non erano sfuggite al giovane Malfoy tanto più che il giovane Severus possedeva anche una buona dose di pazienza, dettata dalla sensibilità acquisita grazie all’acume stesso, che non gli conferiva certo l’animosità e nemmeno l’irruenza dei Malandrini quanto invece la consapevolezza che la vendetta andasse ampiamente studiata ed attesa, un piatto da servire lentamente.
Allora, consumata nel modo più consono e nel momento più propizio, sarebbe risultata un’eccellente soddisfazione per tutte le umiliazioni subite.
Una vendetta infinita sarebbe stata l’ideale e se vi era un modo perché questa potesse consumarsi come desiderava era prendere perennemente la strada diametralmente opposta a quella di Potter e soci, solo perché il destino potesse offrirgli su di un piatto d’argento l’occasione perfetta per una vittoria a basso costo di fatiche.
Severus Piton avvolto dai fumi delle pozioni continuava a studiare incessantemente sul proprio tomo ormai logoro, salvato da Andromeda Black, simili nella loro mitezza caratteriale e nel loro perenne ruolo di sudditanza a tiranni minuscoli come formiche o possenti come giganti.
Quell’atto di amore innocente aveva temporaneamente salvato una vita dalle tenebre e al contempo aveva spezzato il primo giogo che la famiglia Black aveva posto al collo della sua secondogenita: quello della sudditanza ad una tradizione destinata a crollare sotto il peso dell’innovazione.
   
 
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