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Autore: OpunziaEspinosa    30/03/2011    13 recensioni
Alzo lo sguardo e, fermo sulla porta che non chiudo mai, un ragazzo in sneakers, jeans strappati, maglietta bianca con scollo a V, zainetto nero appoggiato ad una spalla, mi osserva incuriosito.
Dio sia lodato... Questo deve essere il mio assistente.
“Tu devi essere Edward.” Sentenzio alzandomi e precipitandomi allo schedario dove conservo la copia madre della dispensa.
“Sì… sono… Edward…” Mi risponde confuso.
“Avresti dovuto essere qui almeno dieci minuti fa!” Lo rimprovero mentre recupero i documenti che mi servono.
“Chiedo scusa?”
Porca miseria, ma chi mi hanno mandato? Un deficiente?
È il suo primo giorno, è in ritardo, quasi non si è presentato, ed invece di scusarsi, chiedermi se ho bisogno di qualcosa, darsi da fare insomma, se ne sta lì, impalato sulla porta con lo sguardo da ebete.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 3 –  Sindrome di Stendhal

 
“Gesù, lo ammetto,  non siamo veramente amici, mi rivolgo a te solo quando ne ho bisogno, e mi capita spesso di pronunciare il tuo nome, o quello di tuo Padre, invano. Ma ti prego, ti scongiuro, ti supplico, fa che quel tipo non sia davvero Edward Masen! Fa che lui sia… che ne so? un fattorino, o il tecnico delle fotocopiatrici, o magari il sostituto di Eric! In fondo ha sistemato il mio PC e salvato la mia presentazione… potrebbe essere il sostituto di Eric…”
Mentre vomito la colazione aggrappata alla tazza del water, prego segretamente il Figlio di nostro Signore e gli chiedo di  compiere uno dei suoi miracoli. Dopo tutto che vuoi che sia per uno che resuscita i morti, fa camminare gli infermi, ridona la vista ai ciechi, e moltiplica pani e pesci senza sforzo, occuparsi di una sciocchezzuola simile?
Però ho il vago sospetto che la mia disperazione non lo impietosirà più di tanto. Ogni volta che mi sono rivolta a lui non ho mai avuto alcun segno. Sicuramente non si farà vivo ora.
Esco dal bagno ancora con lo stomaco sottosopra, recupero la mia roba, e mi dirigo a passo incerto verso la sala riunioni.
“Buongiorno, Bella!” Jacob, il mio fidanzato, mi accoglie con un casto quanto decisamente appropriato bacio sulla guancia.
“Stai bene? Mi sembri pallida…” commenta, dandomi una rapida occhiata.
“Ho appena vomitato la colazione…” ammetto senza troppi giri di parole.
“Influenza?” mi chiede sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Sarebbe stato meglio…” rispondo enigmatica.
Non voglio dire a Jake cosa è successo. Non ora, almeno. Potrebbe usarlo contro di me.
Amo Jake, e lui ama me, suppongo. Ma oggi siamo rivali. Voglio la campagna pubblicitaria della DàDìDò , e la vuole anche lui. Non posso compromettere le mie già scarse possibilità di avere questo incarico servendogli su un piatto d’argento lo stiletto affilato con cui sferrarmi il colpo di grazia! Non farebbe nulla contro di me, ma sapere che mi sono giocata la stima e la fiducia di uno dei giudici di questa gara – perché di questo si tratta, di una gara – gli darebbe ancora più sicurezza nei propri mezzi. E Jake è fin troppo sicuro di sé senza che io gli asfalti un’autostrada a quattro corsie.
“Allora, hai conosciuto Masen?” mi chiede di punto in bianco.
“Co.. Chi?” balbetto.
Lo sa già? Come può saperlo di già? Chi ha parlato? Angela? È stata lei? Oppure lo stagista brufoloso? Io l’ammazzo!
“Masen, Edward Masen. Hai presente? Il nipote di Carlisle Cullen, CEO della Cullen Inc, il fidanzato di Tanya Denali, la figlia di…”
“Lo so chi è Edward Masen!” sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
Sei una bugiarda Bella: neppure un’ora fa lo hai scambiato per il tuo  nuovo assistente tuttofare.
“L’hai incontrato sì o no?” insiste Jake.
“Perché me lo chiedi?” domando sulla difensiva.
“Perché stamattina ha voluto conoscere personalmente tutti coloro che presenteranno i progetti per il lancio delle DàDìDò Running Shoes. È venuto a cercare sia me che James per augurarci in bocca al lupo. Suppongo sia venuto anche da te.”
Cazzo.
Per questo ha bussato alla porta del mio ufficio. Per presentarsi ed augurarmi buona fortuna. E io l’ho trattato come una pezza da piedi!
Forse non dovrei nascondere quello che è successo a Jake.
Prima o poi dovrò confessargli cosa ho fatto! Verrò licenziata, su questo non ci piove. Per quanto posso tenerglielo nascosto? Un giorno? Due? In fondo lavoriamo per la stessa società, e siamo fidanzati. Inoltre potrei venire sbugiardata da un momento all’altro, e proprio durante la presentazione.
È meglio prepararlo, fargli capire che forse – forse – ho combinato un guaio.
Ma senza svelargli troppo. Intimamente spero ancora in un miracolo, nella ciambella di salvataggio in mezzo al mare in burrasca.
“Mmmm, sì, beh… certo che in jeans e maglietta sembrava più un fattorino che un pezzo grosso…”
 “Sì, è vero. È un tipo piuttosto alla mano, mi pare. Però è tosto. Ed è un genio assoluto! Hai presente la campagna delle gomme da masticare FreshFruit? Quella sviluppata dalla nostra sede di Chicago?”
Cosa?
Cosa?! Quel capolavoro assoluto è opera sua?
No, non può essere vero: mi rifiuto di crederlo…
“Roba sua?”
“E di chi, altrimenti?”
Fantastico. Quel tipo non solo è uno schianto, la personificazione del concetto di bellezza, ma che dico bellezza, figaggine (sempre che il termine esista). È pure gentile, educato, mente geniale ed acuta, fa fotocopie, dispense, ripara computer e salva presentazioni in PowerPoint, all’occorrenza. Come minimo è pure un amante perfetto nonché cuoco provetto…
“Scusa, ma non lo sapevi?” mi chiede Jake perplesso.
Alzo le spalle, perché no, non sapevo che il gran cervello che sta dietro alla madre di tutte le campagne della nostra società fosse di Edward Masen.
Jake mi guarda stranito e poi commenta: “Certe volte non capisco perché tu voglia lavorare nella pubblicità. Ti perdi in un bicchiere d’acqua. Ignori cose basilari.”
Certo che le ignoro! Chi diavolo voleva lavorare nella pubblicità? Quando sono uscita dall’istituto d’arte pensavo avrei fatto l’Artista! Un concetto un po’ vago, me ne rendo conto. E infatti la vaghezza non paga l’affitto e non riempie il frigorifero. Ecco perché sono qui. Ed ecco perché voglio la campagna della DàDìDò!  Soldi, soldi, e ancora soldi!
Vorrei replicare, difendermi, e non passare per la solita svampita, ma improvvisamente la porta della sala riunioni si spalanca, e Jessica, l’assistente di Mr Cullen, ci invita ad entrare.
James, che se ne è stato per tutto il tempo in un angolo distante a confabulare con la sua collaboratrice Victoria – altrimenti conosciuta come La Rossa – ci viene dietro, sicuro e sprezzante come al solito.
Lo odio. Lavora qui da un bel po’ ed è un osso duro. L’altro osso duro della Cullen Inc. è proprio Jake, ma rispetto a James ne ha ancora di strada da fare! E poi ci sono io: la novellina. Francamente non so neppure perche Cullen abbia accettato la mia candidatura. Forse perché tre è il numero perfetto e nessuno voleva mettersi in competizione con questi due mostri sacri?
La sala è già allestita e in piedi, in ordine sparso, ci attendono: Andrew Denali, CEO della DenaliShoes Inc, Tanya Denali, l’affascinante figlia, un paio di personaggi maschili che non conosco - ma suppongo facciano parte dell’entourage dei Denali - e Carlisle Cullen, CEO della Cullen Inc.
Si presentano  tutti, uno alla volta, stringendo le mani e dispensando sorrisi.
Un momento: dov’è Masen?
Con nonchalance mi guardo intorno in cerca di lui, ma non lo trovo.
Non c’è… Masen non c’è!
Gesù! Gesù, amico mio! Mi hai ascoltata! Non ci credo, mi hai ascoltata!  Grazie-grazie-grazie-gra….
“Buongiorno a tutti. Scusate il ritardo,” sento dire dalla stessa voce maschile bella e suadente di stamattina.
Mi volto di scatto è lui è lì.
Jeans e maglietta sono spariti e ora indossa un meraviglioso abito scuro dal taglio sartoriale con tanto di cravatta.
Sono senza parole. Se Edward Masen fosse un’opera d’arte io verrei affetta all’istante da una forma acuta di Sindrome di Stendhal.
“Ho avuto un contrattempo,” spiega, avvicinandosi a suo zio. E mentre lo dice mi lancia una rapida occhiata e uno strano sorriso. Non so come definirlo… sghembo?
 

   
 
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