Novembre 1787
Un anno. Un intero,
lunghissimo anno era già passato,
un anno nel quale si era ritrovata a contare le interminabili ore, i
minuti, i
secondi trascorsi dall’incidente che le aveva stravolto
l’esistenza.
Oscar, sdraiata sul
suo letto, continuava quel
computo estenuante, osservando ciò che la circondava: tutto
quello che era suo
si trovava in quella stanza o in quella casa, tutto escluso
l’unica cosa,
l’unica persona che le sarebbe importato di poter definire
sua.
Andrè non
era più suo. Non aveva mai ammesso a se
stessa che lo fosse, rifugiandosi dietro la solita immagine che aveva
di lui,
migliore amico, fratello, attendente.
‘Quello che
più mi conveniva’, si ritrovò a pensare
amaramente, disprezzando la codardia che le aveva fatto rifuggire i
sentimenti
ben più profondi celati nel suo cuore.
Eppure era stato
così semplice! Naturale come il
respirare, la consapevolezza si era impossessata di lei nel momento
esatto in
cui Andrè le era stato strappato via, senza che potesse
opporsi, che le fosse
data una seconda possibilità di rivelargli i sentimenti
divampati in lei e che
avevano cancellato quello che credeva essere l’amore per il
conte di Fersen.
Esattamente un anno
prima Andrè l'aveva lasciata,
precipitato dall’alto di una torre per assecondare il folle
piano che lei
stessa aveva ideato allo scopo di catturare il Cavaliere Nero; il vero
ladro
aveva colto in flagrante Andrè e senza pensarci aveva
tranciato la corda con la
quale lui si stava calando a terra, lasciandolo cadere nel vuoto. Ogni
ricerca
era stata vana, lei stessa aveva preso parte attiva ai pattugliamenti
della
zona ma il ragazzo sembrava essere scomparso nel nulla.
Le dissero di lasciar
stare, ché il fiume che scorreva
ai piedi della torre doveva essersi portato via il corpo; le dissero di
non
insistere, meglio ricordarlo com’era che sfatto e gonfio
d’acqua dopo tutti i
giorni trascorsi dal fatto. E lei aveva rinunciato, ancora una volta,
negando
alla nonna di Andrè persino la possibilità di
avere un corpo da seppellire in
quella tomba che tutti i giorni ne accoglieva, muta, le lacrime.
Nessuno le
aveva fatto una colpa di questo, ciascuno convinto che la povera
madamigella
Oscar preferisse ricordare il suo caro amico Andrè
così com’era stato; nessuno
poteva immaginare fino a che punto l’egoismo avesse dettato
quella decisione,
come avesse agito per puro istinto di conservazione, conscia che il
vedere quel
corpo ormai privo di vita l’avrebbe frantumata, schiacciata
sotto il peso di
ciò che avrebbe potuto essere e non sarebbe più
stato.
Trattenendo a fatica
l’ennesimo sospiro si alzò
avvicinandosi alla finestra e appoggiò la fronte contro il
vetro freddo,
osservando il sole che tramontava, cedendo lentamente il posto
all’oscurità;
non che le importasse, notte e giorno non facevano più
differenza per lei, non
avevano altro significato che allontanarla sempre più
dall’ultima volta che lo
aveva avuto con sé.
Un lieve bussare la
distolse dai suoi pensieri e come
sempre dopo aver concesso il permesso di entrare si ritrovò
a trattenere il fiato
nella speranza che fosse Andrè a varcare quella soglia.
Anche questa volta,
invece, si trattava di Nanny che veniva a ricordarle i suoi doveri.
“Madamigella
Oscar dovreste prepararvi, siete attesa a
Versailles stasera… il ballo, ricordate?”, si
affrettò a specificare vedendo lo
sguardo smarrito di Oscar.
“Il ballo
certo, quei nobili ungheresi… me ne ero
completamente dimenticata, grazie Nanny”.
La donna sorrise
comprensiva, tentando di ignorare il
pessimo aspetto di Oscar, pallida e dimagrita, gli occhi cerchiati di
nero,
segno evidente di molte notti di veglia.
“Principi,
madamigella, non dimenticate. I principi
Beleznay sono ospiti molto cari alla nostra Regina, sbagliare il loro
titolo
nel rivolgervi a loro sarebbe una grave mancanza”.
Oscar non rispose,
intenta a scrutare Nanny con
particolare attenzione.
‘Come
fa?’, si chiese stringendo appena i pugni. ‘Come
riesce a preoccuparsi ancora di queste inezie dopo aver perso il suo
unico
nipote? Come… perché io non ci riesco
più?!’
“Madamigella
qualcosa non va? Vi sentite poco bene
forse?”, chiese l’anziana donna fraintendendo il
suo silenzio.
“No,
va… va tutto bene, grazie Nanny, mi preparo
subito. Per favore, ordina che sia preparata la mia carrozza”.
Nanny
chinò rispettosamente il capo uscendo dalla stanza
mentre Oscar tornava a prestare una morbosa attenzione al paesaggio
visibile
dalla finestra. Quando il sole fu tramontato del tutto decise
finalmente di
muoversi e cambiarsi d’abito, ponendo fine
all’attesa del cocchiere che la
aspettava davanti all’ingresso.
Mentre la carrozza la
conduceva lentamente a
Versailles, Oscar si ritrovò a pensare con disappunto che
procedeva troppo
velocemente per i suoi gusti. Non aveva voglia di partecipare
all’ennesimo
ballo, tuttavia non se la sentiva di mancare di rispetto alla Regina
che si
dimostrava da sempre una cara amica; le aveva persino concesso una
lunga
licenza dal suo incarico presso la Guardia Reale dopo la perdita di
Andrè,
consentendole se non di dimenticare almeno di costruire una maschera
convincente
per il resto del mondo. Perciò, se lei la desiderava al suo
fianco a ricevere i
principi Beleznay, Oscar non poteva fare altro che esaudire il suo
desiderio e
presentarsi a corte in alta uniforme.
Non era la prima
volta che quella famiglia di nobili
ungheresi si recava in visita alla Regina Maria Antonietta: circa un
anno prima
erano stati ospiti in Francia in occasione del compleanno della sovrana
e li
ricordava come persone cordiali, compite ed eleganti ma poco avvezze
agli
intrighi di Versailles. Il principe Zalán e la sua consorte
Ariadné conoscevano
da tempo la Regina, dal momento che la donna era stata per un breve
periodo una
delle dame di Maria Teresa d’Austria; si era trattato di un
tentativo di
mitigare le tensioni con il recentemente annesso Regno
d’Ungheria, ma Ariadné
aveva abbandonato presto quella posizione, stanca dei commenti delle
dame
austriache, pur conservando un affetto profondo per la piccola
principessa
Maria Antonietta.
Un lacchè
si avvicinò per aprire lo sportello della
carrozza, interrompendo le riflessioni di Oscar sulla storia della
famiglia
Beleznay. La donna si avviò verso la reggia ostentando un
atteggiamento sicuro,
quasi spavaldo; era un personaggio troppo in vista per potersi
permettere di
apparire debole o peggio provata dalla perdita di un servo, quale
Andrè era
considerato in quell’ambiente. Fasciata nella candida
uniforme, si diresse alla
Sala degli Specchi, dove si sarebbe eccezionalmente tenuto il
ricevimento per
espresso volere della Regina Maria Antonietta.
Non appena vi mise
piede assistette al consueto
spettacolo delle teste dei presenti voltarsi a guardarla, tutte nello
stesso
momento, come si trattasse di una mossa studiata ad arte. Come sempre
le ignorò
per procedere spedita verso il fondo della galleria dove era stato
collocato il
trono dei sovrani e si inchinò al loro cospetto, trovandosi
davanti lo sguardo
smarrito di Maria Antonietta nel rialzarsi.
“Madamigella
Oscar io… mi aspettavo che ci
raggiungeste più presto”.
“Non mi
pare di essere in ritardo maestà”.
“Affatto
è solo che…”
La Regina fu
interrotta dall’ingresso dei principi
Beleznay, i quali procedettero fianco a fianco lungo la galleria,
accompagnati
da una terza figura che si intravedeva appena dietro il principe
Zalán.
“Miei
sovrani”, cominciò inchinandosi ai regnanti di
Francia, imitato da Ariadné e dall’altra persona,
“è un onore e un piacere
essere ricevuti ancora una volta presso di voi”.
Luigi XVI sorrise
cortesemente facendo loro cenno di
rialzarsi
“Siamo
felici che abbiate deciso di concederci la
vostra compagnia ancora una volta e speriamo che diventi una piacevole
abitudine per voi”.
Zalán e
Ariadné chinarono rispettosamente il capo e la
donna si voltò verso la persona dietro di sé,
stringendole la mano perché facesse
un passo avanti, mostrandosi ai sovrani.
“Le loro
maestà ci consentono di presentar loro una
persona?”, disse Ariadné, aspettando un cenno di
Maria Antonietta per
proseguire. “Lui è nostro figlio,
András”.
Oscar che aveva
assistito all’intera conversazione
senza battere ciglio, sentì il sangue defluirle dalle vene e
fu sicura di
essere impallidita ma non riusciva a emettere suono, né a
distogliere lo
sguardo dall’uomo in piedi fra Zalán e
Ariadné, che adesso stava chinando il
capo al cospetto di Luigi XVI e Maria Antonietta, articolando il suo
saluto in
un perfetto francese.
“Andrè…”,
riuscì solo a sussurrare.
********************************************************************************
Dunque...
è la prima volta che mi cimento nella
scrittura di una fanfiction su Lady Oscar (e in realtà ne ho
scritte poche in
generale) anche se ne ho lette moltissime di quelle pubblicate, la qual
cosa
devo dire mi ha provocato un complesso di inferiorità non
indifferente T_T
Proprio perchè ho passato l'ultimo mese accampata in questa
sezione, temo che
potrei aver inconsciamente scritto qualcosa di altrui derivazione... se
così
fosse mi scuso, non avevo e non ho intenzione di plagiare nessuno, ma
si sa che
spesso le idee si nutrono di quello che leggiamo.
Comunque, siccome
sono dell'idea che il modo più
efficace per migliorare sia confrontarsi, ho preso il coraggio a due
mani e ho
deciso di pubblicare questa mia modestissima cosa; in altre parole, vi
prego di
commentare e aspetto tanti suggerimenti perchè so di averne
bisogno!
Ovviamente sono bene
accette anche le critiche (non
siate troppo duri/e per favore, mi scoraggio facilmente ^^"), basta che
siano costruttive, se non lo sono mi deprimono e basta =__=
Ultima cosa, poi smetto di
ammorbarvi, vi chiedo scusa
se i personaggi potrebbero risultare OOC ma mantenere il carattere
originale di
ognuno di loro è una cosa che mi risulta ostica :(