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Autore: Chloe88    27/01/2006    12 recensioni
Due anni dopo la fine della quinta serie, Rory è a Parigi per lavoro. Cosa succedderà, quando incontrerà qualcuno a cui credeva di avere detto addio molto tempo prima?
Rory/Tristan. Vi prego leggete e recensite!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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capitolo1

N.d.A.: la mia prima fanfiction su Una Mamma per Amica!!^^ Ho preso il titolo da quello di una puntata, “Run Away, Little Boy”… l’ultima in cui è comparso Tristan!

Riassunto: due anni dopo la fine della quinta serie, Rory è per lavoro a Parigi… indovinate chi incontra?

Spoiler: pochi, per l’inizio della sesta serie.

Disclaimer: tutto della WB e Amy Sherman-Palladino.

 

Capitolo 1- Caffè e incontri

 

Parigi. Agosto 2007

 

Una cosa che non mi piace dell’Europa? Non c’è il caffè.

Okay, mi correggo. Intendevo dire che il caffè esiste… ma non quello normale, come in America. Sapete, i litri al giorno nei bicchieroni di carta? Ecco. Quello sarebbe, più o meno, il mio concetto di caffè normale. Anche se probabilmente essere imparentata con Luke potrebbe, anche se solo lievemente, aver influenzato le mie idee in questo campo. Potrebbe. Perché, ovviamente, è solo un’ipotesi. Dopotutto il mio concetto di caffè “normale” potrebbe semplicemente dipendere dal mio DNA… o, più probabilmente, dalla parte di DNA che ho ereditato da mia mamma. A proposito… non so come, ma a volte ho dei forti sospetti che lei abbia sposato Luke soprattutto per questioni di caffè. Chi potrà mai saperlo? Ai posteri l’ardua sentenza. Una cosa però è certa, se si parla di loro due: galeotta fu la caffeina…

Comunque, tornando a parlare dell’Europa… il caffè qui è servito in delle micro-tazzine. Mia mamma le odia… durante la nostra vacanza qui in Europa spesso si consumavano della vere e proprie tragedie greche (certo, anche quando non eravamo in Grecia) all’ora della colazione. Eravamo conosciute in ogni bar come le due pazze che vagavano alla ricerca di caffè chilometrici.

Ma cosa potevamo farci? Dopotutto quelle tazzine da bambola rischiavano di portarla all’esaurimento nervoso, dato che per lei una tazza decente deve almeno la capienza di un litro. Sì, ho detto almeno. Difficili da trovare, dite? Infatti io mi riferivo al tipico caffè che vedreste nei suoi sogni più segreti. Credo che recentemente abbia provato a suggerire a Luke qualcosa di simile per il suo locale… ma, che io sappia, non ha ottenuto grandi risultati, dato che le tazze del bar sono rimaste sempre le stesse.

In ogni caso, oggi è l’ultimo giorno di mini-caffè. Domani, infatti, torno a Stars Hollow… da mia mamma, i miei amici, Luke, i caffè normali... Ho passato qui quasi tutta l’estate, lavorando in un giornale. Oggi pomeriggio saluterò tutti, dato che ho l’aereo domani mattina.

Adesso, per celebrare adeguatamente l’ultima pausa pranzo francese, esco a cercare un caffè degno di questo nome.

 

***

 

“Sinceramente non capisco. Voglio dire, dopotutto io lavoro lì da molto più tempo, ma anche se non fosse così dovrebbero comunque ascoltarmi. Insomma, dopo due giorni di lavoro io ero a un livello circa dieci volte superiore di quello a cui sono arrivati quegli idioti in due mesi”. Sospiro esasperato. “Hai anche solo una vaga idea da che razza di incompetenti sono circondata?”. Domanda retorica. Non me ne intendo molto di psicologia, ma dicono che i pazzi andrebbero, nei limiti del possibili, assecondati. Così si calmano, e si può ridurre il rischio di possibili drammi… per me, soprattutto. In circostanze come questa una persona tende a preoccuparsi per la propria incolumità. Ovviamente io non considero pazza la mia amica, ma ho una giustificazione valida: è tutta colpa delle mie orecchie. È da una mezz’oretta, infatti, che mi stanno urlando di farla tacere, anche solo per un secondo… dato che loro sono ormai completamente intorpidite. Sì, lo so che il telefono si usa con un solo orecchio per volta, ma io ormai ho cambiato lato della testa circa… cinque volte, credo.

In ogni caso, rispondo alla domanda, evitando di ricordarle che, dopotutto, è lei a pagare questa telefonata intercontinentale. Giusto per non farla arrabbiare ulteriormente.

“Essendo un tantino lontana da Boston, mi sembra abbastanza difficile che io ne abbia idea”. Credo di averla resa felice, dato che lei riparte immediatamente in quarta. E chi la ferma più, ora? Tutti questi anni, e non sono ancora riuscita a trovare il tasto di spegnimento…

“Certo che non ne hai idea. A volte mi confondo, e penso di essere finita in un nido d’infanzia a occuparmi di marmocchi talmente stupidi che…”. La interrompo.

“Paris”. So che ne va della mia sicurezza, ma questo è un atto di pura cortesia.

Che c’è?”.

“Prendi fiato”. L’avevo detto che la stavo interrompendo per semplice gentilezza. Probabilmente le ho appena salvato la vita. Dall’altro capo del telefono (nonché dall’altra parte del mondo) sento un respiro profondo, seguito da un’ altra valanga di parole.

Sono sommersa, letteralmente. Sia dalla parlantina di Paris che dalla coda per il bancone del bar. Dopo alcuni estenuanti minuti, riesco a raggiungere la cassa quasi incolume, con il mio bicchiere di carta contenente caffè americano. Paris ovviamente ha continuato a parlare per tutto il tempo. E io ho continuato ad ascoltarla. Sarà per quello che il mio orecchio sinistro è praticamente incandescente? La saluto, pago alla cassa e mi dirigo verso la porta. Allora, cerchiamo di ricomporci.

Caffè: in mano.

Resto: riesco a metterlo nella borsa, tenendo il cellulare incastrato tra la spalla e l’orecchio (anche se ho smesso di telefonare).

Cellulare: lo recupero, cercando di rimetterlo in borsa.

Peccato che, tra le varie manovre, non mi sono accorta di qualcuno che stava entrando dalla porta del bar… finendogli addosso. In pieno. Il mio povero caffè, a lungo cercato, si è trasferito completamente sulla camicia del ragazzo che mi sta di fronte.

“Oddio, mi dispiace! Davvero, stavo rimettendo il cellulare nella borsa, e non stavo guardando dove andavo. È colpa mia. Ti pago la tintoria… non hai idea di quanto mi…” la mia vittima- cioè, la vittima del mio caffè, mi interrompe gentilmente.

Hey, calmati. Non è così grave… Mary?”. Alzo lo sguardo... e i miei sensi di colpa spariscono, quasi.

Ho detto quasi: una parte di me rimpiange di non averglielo rovesciato in testa, il caffè… l’altra parte, invece, sta praticamente sbavando. Perché quello che quasi sei anni fa era decisamente un bel pezzo di ragazzo, adesso si potrebbe più efficacemente definire con qualcosa come “oh, wow”. Opto per una via di mezzo, un modo da accontentare entrambe le mie personalità (sono schizofrenica? È probabile).

Tristan?!”.

Chiudi quella bocca, Rory. Non è carino fissare le persone mentre la mascella ti finisce più o meno a dieci centimetri dal pavimento. Aspetta un secondo… sto litigando con me stessa? L’avevo detto che sono schizofrenica.

 

N.d.A.: primo capitolo… che ne dite? Vi prego recensiteeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  
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