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Autore: Gloom    01/04/2011    2 recensioni
Per tutti, Mem è mitica: sempre presente per tutti, sempre disposta ad ascoltare, ad aiutare, a sorridere.
Eppure non permette mai a nessuno di avvicinarla troppo: l'unico che ci è riuscito è un Old Boy tenero e non troppo alto.
Ma Mem ha anche un padre, dilaniato dalla paura di perdere l'ultima donna della sua vita; qualche sua iniziativa potrebbe compromettere la fama della mitica Mem che tutti conoscono.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il fratello patentato garantiva a Mem coprifuochi più elastici, e ciò era sicuramente un bene, soprattutto perché quello era l'anno delle feste: il quarto, quello in cui la maggior parte degli amici raggiungeva i diciotto anni.
 Mem era una sfigata di dicembre: alle feste ci andava da minorenne. Però si divertiva lo stesso; certo, non era tipa da tacchi e vestito, ma a volte era costretta a cedere -solitamente quando le festeggiate erano le sue amiche più strette- e in quelle rare occasioni faceva il suo bell'effetto... anche se si sentiva poco libera nei movimenti.
 Quella sera aveva tirato fuori il suo solito vestito nero ed era salita su dieci centimetro di tacchi senza plateau (cercava di non far notare il dolore che le provocavano, e si era ripromessa di mettere in borsa le converse alla prossima festa: tanto, ad una cert'ora tutti sarebbero stati troppo bevuti per accorgersi che si sarebbe abbassata da un momento all'altro). Le amiche le avevano fatto i complimenti - le più intime l'avevano anche presa in giro per quella scollatura forse troppo osè-, mentre gli amici avevano sospirato, ricordando che averla in tiro era un privilegio da una sera e stop. Che spreco.
-Mem, assaggia questo!- le disse un'amica mettendole sotto il naso un drink.
Lei sorseggiò il liquido scuro, poi ritrasse la testa schifata:
 -Che porcheria è mai questa?! C'è talmente tanto alcol che, se ci metto un dito dentro, quando lo caccio è senza smalto!- esclamò ridendo.
 L'amica annuì convinta: -infatti fa proprio schifo!- disse a voce un po' troppo alta, poi ne tracannò un sorso generoso.
 Mem e un altro paio di amici si guardarono e sghignazzarono.
 C'erano luci psichedeliche attorno a loro, erano le uniche cose che permettevano loro di guardarsi in faccia. Parecchi invitati stavano ballando.
 Una piccoletta, più bassa di quando era entrata, si avvicinò saltellando:
 -Amore, tieni- disse al proprio ragazzo, con una voce da bambina.
 Il ragazzo allungo automaticamente le mani, e quella gli ficcò le proprie scarpe in mano.
 -Ma che cazz...-
 -Reggile, io vado a ballare!- sorrise lei, sempre con la stessa vocetta. Poi fece un'inversione a U e si buttò nella mischia, con lo stesso passo saltellante.
 -Oddio- disse lui, poggiando le scarpe in un angolo nascosto, -mi toccherà riportarla a casa barcollante...- poi sghignazzò.
 -Ha bevuto?- chiese Mem.
 -Mem, guardati in giro... chi non ha bevuto?-
 Lei rise, dandogli ragione.
 -Già che ci siamo, propongo un brindisi!- urlò una ragazza che si era aggiunta alla conversazione. Tirò fuori dalla scollatura della camicia tre bigliettini ed ordinò tre drink al barista.
 -Che hai preso?-
 -Sorpresa!- sorrise lei.
 Mem adorava i compleanni di diciotto: sembravano tutti così felici
.
 Il barista riempì tre bicchieroni e la ragazza li passò ai due amici. Poi alzò il suo:
 -Brindiamo! A... ehm... a Mirsilo che è morto! Ognuno beva a forza, una tazza tiri via l'altra!*
 Mem e l'amico risero, poi alzarono a loro volta i bicchieri: a volte anche il greco antico era piacevole a studiarsi.
 Si calarono il drink, fino a quando le budella non protestarono per il bruciore. Mem resistette egregiamente: ce ne voleva, per atterrare una mitica come lei.
 
 Ovviamente, il fatto che ce ne volesse non voleva certo dire che non era possibilie. A Mem non piaceva perdere coscienza di sé, né tantomeno non controllare le proprie azioni e la propria lingua, e riusciva a reggere l'alcol senza troppi problemi -d'altronde, i suoi geni erano gli stessi del padre, e tra i due non si sapeva chi fosse il più duro.
 Eppure... la festa era di un amica che aveva conosciuto quell'estate. Quell'estate, quando ancora stava con l'Old Boy. A quel tempo, erano indivisibili... ma, se tra loro ora le cose erano cambiate, non era lo stesso per la festeggiata, che giustamente aveva invitato anche lui. 
E quando Mem lo vide entrare (a tre ore dall'inizio della festa, come le star), mano nella mano con la sua ragazza, lo sguardo le si asssottigliò come a un miope che non legge la lavagna.
 Che faccia tosta, pensava l'alcol nella sua testa: lui aveva giocato con lei come se fosse una specie di animale da studiare, facendole un male cane, ed ora invece si era ripreso alla grande, con quella pera che galleggiava su tacchetti a spillo gravati da tutto quel peso.
 Ma dopotutto, ribatteva la parte sana del cervello, era stata lei l'esagerata: se non avesse avuto il caratteraccio che aveva, avrebbero potuto affrontare insieme quella difficoltà. Magari...
 -Mem? Ci sei?- le chiese l'amica.
 Mem assottigliò le labbra. L'Old Boy aveva abbracciato la pera, ed ora stavano ballando.
 Ballare? Lui? Come Mem, non ci aveva mai ballato. E al diavolo che lei si sarebbe comunque rifiutata fino alla morte: con lei non ci aveva mai neanche provato.
 Non le aveva mai voluto così bene, non l'aveva mai amata come stava amando quella pera.
 -Oh...- l'amica si era accorta dell'Old Boy. Cercando qualunque pretesto per distrarla, le ficcò un bicchiere di birra in mano. -Tieni, su, bevi, e andiamo fuori...-
 Mem prese la birra, senza distogliere lo sguardo dalla scena, e la bevve fino a strozzarsi quasi.
 Ma, d'altra parte, chi le aveva mai voluto effettivamente bene? Non quegli amici che non l'avrebbero mai capita, non quelo schifo che stava pomiciando con una pera sui tacchi, non suo padre che tanto la stava lasciando pian piano perdere, non un fratello che da quando era tornato non se l'era filata di pezza, né tantomeno quella stronza di sua madre che l'aveva lasciata in mezzo a tutto quello schifo...
 Si ricordò che non era bene bere birra dopo un superalcolico solo quando era troppo tardi.
 -Dai Mem, usciamo...- l'amica e l'altro ragazzo ora la stavano conducendo fuori.
 -Perché uscire?- chiese Mem -voglio rimanere qui, guarda, là c'è l'Old Boy... è una pera quella con cui si è messo, vero che è una pera?-
 L'amico la tenne per le spalle:
 -Sei partita?- chiese, senza riuscire a trattenere un sorriso.
 -Io non parto mai!- esclamò lei.
 -Seee...- l'amico scoppiò a ridere.
 -Cosa succede?- si erano avvicinati altri due ragazzi. Una stava sorseggiando un ennesimo drink.
 -Dice che sono ubriaca, ma non è vero. Ehi, posso assaggiare?- aggiunse Mem rivolta all'amica. Questa le passò una cannuccia.
 Mem bevve, come un bambino attaccato al proprio biberon. Quando lasciò la cannuccia, barcollò.
 -Su, usciamo, prendi un po' d'aria...-
 -Voglio restare qui-.
 -Ma fidati che è meglio...-
 -Noneee**! Guarda, guarda come la tiene... a me non mi ci ha mai tenuta, stretta così...-
 -Mem...-
 Ma Mem non ascoltava nessuno, a meno che non avessero qualcosa da bere da offrirle. L'ultimo suo pensiero fu che avrebbe dovuto lasciarsi almeno un decimo di cervello sobrio, per evitare di confessare particolari imbarazzanti... per il resto, volò via.

 Era domenica da appena due ore. Se la festa pareva più calma, era solo perché metà degli invitati era troppo ubriaca per fare casino.
Mem era seduta su un muretto, senza giacca. Di fianco a lei, una compagna di classe nelle medesime condizioni.
 -Non hai freddo?- chiese un loro amico alla ragazza. Lei mugolò, così lui si levò la giacca e glie la mise sulle spalle.
 Io ho più freddo di lei, avrebbe voluto dire Mem. Ho molto più freddo di lei. Lei neanche lo sa cos'è il freddo! Perché nessuno la offre a me, la propria giacca?!
Ma non disse niente; si limitò a cacciare una lacrima.
 -Mem, addirittura la sbronza triste!?- rise un amico di fianco a lei.
 No, non è una lacrima, io non piango mai...
Non rispose, ma si abbandonò sulla spalla dell'amico e cacciò un altro paio di lacrime. Lui rimase spiazzato, ma non riuscì a pensare niente di meglio che darle alcune pacche affettuose sulla spalla.
 -Andiamo, ti metti a letto e domani è tutto finito...-
 Una macchina verde frenò giusto davanti all'entrata del locale. Ne scese chi sappiamo noi: il fratellone aveva passato una serata con gli amici, ma si era fatto fin troppo tardi.
 Tutto si sarebbe aspettato, meno che quella scena; dopotutto, la Mem che ricordava lui non beveva niente di più che succo di frutta. Be', la Mem che ricordava lui aveva anche un paio di anni e di taglie di reggiseno in meno. Non era possibile che fosse diventata improvvisamente così...
 -Mem-.
 Gli amici della nostra eroina alzarono lo sguardo -e quello sulla cui spalla stava piangendo Mem arrossì furiosamente. Mem li imitò poco dopo.
 -Oh- disse vedendolo.
 Il ragazzo rimase impietrito. Ok, non gli era mai piaciuto vedere la gente ubriaca, ma sua sorella... era sua sorella!
 -Tirati su e sali in macchina- disse. Non sapendo come comportarsi, tutto quello che riusciva a tirar fuori era un tono impietosamente duro. 
 Mem mugolò, poi si alzò titubante. Si accorse di non avere le scarpe, e ci mise un po' per infilarle nei piedi giusti.
 Non permise a nessuno di aiutarla a camminare dritta.
 E al fratello non venne in mente neanche lontanamente di sorreggerla.

 -Vai piano- mormorò Mem mentre erano in macchina.
 -Sto andando piano-.
 -Vai più piano!-
 -Non rompere!-
 -Vaffanculo! Ti spiaccicherai contro un muro, e non ti aspettare lo stesso- che ho dovuto patire io dopo Monica! Dopo che tu te ne sei andato, e mi hai lasciato nella merda! Tu sei come mamma, tu fuggi e te ne sbatti del resto!
 Meno male che si era lasciata un decimo di cervello sano.
 -Ma che cazzo stai dicendo?- sibilò lui.
 -Non lo capisci, ovvio. Che ne sai tu!-
 -Ma di cosa?!- lui battè la mano sul volante.
 -Di quello che succede qui! Non te ne frega niente!- si rese conto che era l'alcol nelle sue vene a farla parlare. Ma lo stesso non riusciva a fermarsi. -Te la sei filata, vero? E torni qui, trovi tutto questo casino e te ne sbatti!- ora stava piangendo. Di nuovo.
 -Ma cosa...-
 -Abbi almeno la decenza di sembrare dispiaciuto! Almeno, fai finta di provare a capirmi! Fai almeno finta di volermi bene, perché qui tutto è un inferno! Non te ne andare come quella stronza di mamma!-


Persa, ubriaca persa. E, per sua sfortuna, non era partita abbastanza da risolvere la questione con una vomitata e nessun ricordo.

*Questa è l'altra faccia del Classico: il programma del II liceo non è mai stato così divertente... quello che cito è Alceo, cui un certo Mirsilo stava sulle palle, abbastanza per brindare alla sua morte. Figo eh?

**tipica espressione abruzzese: "none" (pron. "none"), vuol dire "ho detto no ed è no!", così come -per esempio- "sine" è "ho detto sì ed è sì".

Scusate per il ritardo. E scusate anche se non ho recensito più niente, ma ho avuto un po' da fare. Quando avrò un minuto, ne scriverò sul blog (se ora mi rispondete "esticazzi non ce li metti?", vi rispondo... vi rispondo). Il prossimo atto sarà recensire tutto quello che mi sono persa, promesso.
 Nel frattempo, ho bisogno di sapere se la storia vi piace... i pray you!! :)

  
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