Natale (POV Edo)
Edo POV
Finalmente il giorno di
Natale era arrivato.
Erano le 9 di mattina e come
sempre ero il primo che si svegliò. Simo aveva sempre l’abitudine di dormire
tanto e come minimo avrei dovuto aspettarlo un’oretta, se mi andava bene.
Non sapevo esattamente il
motivo per cui mi trovavo lì, a casa sua, a dormire nella stanza degli ospiti.
Il giorno prima mi aveva chiesto di andare da lui a dormire per passare una
serata tra uomini. Ary e Ila erano insieme, avrebbero dormito a casa della Ila
e Simo voleva imitare le ragazze. Non comprendevo appieno il motivo di quella
decisione, insomma, loro erano ragazze, era normale che ogni tanto si
trovassero per stare insieme, che prima di un giorno importante volessero
prepararsi insieme, non vedevo perché noi maschi dovevamo fare lo stesso, ma
comunque avevo accettato, mi piaceva sempre passare del tempo da solo con Simo,
a parlare di cose da uomini e a fare i cretini come al solito.
Mi alzai dal letto e mi
diressi in cucina. Ormai ero abituato a fare come se fossi a casa mia, passavo
più tempo lì che nella mia vera casa e Bea mi aveva quasi obbligato a fare come
se abitassi davvero lì con loro. Mi aveva obbligato un giorno, quando avevo
ancora 12 anni e continuavo a chiedere qualsiasi cosa in modo gentile,
continuavo a chiedere tutto nonostante sapessi esattamente dove si trovasse
ogni cosa. Quel giorno, Bea mi costrinse quasi con la forza a smettere di
chiedere e di arrangiarmi, che tanto sapevo dove fossero le cose e che potevo
girare come volevo. Così feci. Conosco quella casa come le mie tasche, la
conosco forse meglio di Simo e questo è tutto dire.
-Buongiorno! Dormito bene?-
esordì Bea quando entrai in cucina. Ormai la consideravo come una seconda
mamma, avevo passato più tempo con lei che con la mia, potevo dire lo stesso di
Ale che vicino a lei sorseggiava il caffè.
-Benissimo, voi?- aprii il
frigo e tirai fuori il latte.
-Benissimo- rispose in coro.
Presi il latte, i cereali, la
scodella, il cucchiaio e mi sedetti a tavola.
-Allora, oggi conosceremo la
mamma della Ila.- era più un’affermazione che una domanda.
-Esatto.- risposi versando il
latte ed i cereali nella tazza.
-E com’è?- mi chiese Bea
curiosa.
-Come Ila, cioè
caratterialmente è come lei, per il resto è diverso. Penso abbia preso dal
padre.- spiegai cominciando a mangiare.
-Ed i tuoi conosceranno i
genitori della Ary, allora.- mi fece notare Ale.
-Be, si, ma non mi preoccupo.
Massimo è normale odiarsi tra suoceri, quindi anche se non dovessero piacersi
non è un problema.- sorrisi e poi continuai a mangiare.
-Ma non dire stupidate, non è
normale odiarsi, non si va d’accordo, tutto qui. Non bisogna farne un dramma.
Se non ci si sta simpatici non ci si può far niente.- sorrise Bea.-Spero solo
di non stare sulla palle alla mamma di Ila, ci terrei ad avere un buon rapporto
con lei, cioè non dico che dobbiamo vederci per andare a fare shopping o per
fare palestra insieme, ma almeno da non mangiarci vive quando ci vediamo. Ci
tengo che Ila rimanga con mio figlio e vorrei avere un buon rapporto anche con
la mamma.- abbassò gli occhi leggermente in imbarazzo.
-E ci andrai d’accordo. Non
dico che andrete a mangiare insieme tutti i giorni, ma andrete d’accordo. Non è
la solita donna con la puzza sotto il naso che vedi tu di solito. È molto alla
mano, è divertente. Non ti preoccupare.- disse Simo entrando in cucina in boxer
nonostante fosse pieno inverno e avrebbe dovuto almeno usare una maglietta.
Simo e il pigiama non
andavano d’accordo. Da piccola Bea lo obbligava ad usarlo, facendogli mettere
il broncio praticamente tutte le volte che doveva indossarlo, poi con il
passare del tempo, Simo cominciò a fare di testa sua, a fare come vuole e
quindi lentamente il pigiama si dimezzò: prima i pantaloni, poi la maglietta
per ritrovarsi così a dormire solamente in boxer. Estate, inverno, primavera,
-20° con un metro di neve, niente poteva costringere Simo a mettere il pigiama.
L’ultima volta che l’avevo
visto mettere un pigiama era stato quando era in ospedale e anche lì era stato
obbligato per una questione d’igiene, ma lo aveva odiato con tutto sé stesso.
Per Ila trovarsi davanti
quella visione tutte le mattine appena sveglia non doveva essere male, ma per
me, anche se ormai non ero abituato, non era il massimo.
Simo andò al frigorifero e
prese la bottiglia dell’acqua per poi bere a canna.
-Davvero dici che andremo
d’accordo?- gli chiese Bea speranzosa.
-Sicuramente.- disse
chiudendo la bottiglia e mettendola nel frigo.
-Non vorrei fare una domanda
inappropriata, ma il papà?- si informò Ale.
-Il papà non c’è. Sinceramente
non l’ho conosciuto neanche io, Ila non sembra molto dell’idea di farmelo e per
quello che mi ha raccontato, preferisco così, non vorrei far saltare fuori
discussioni per niente. Comunque, penso non vi piacerebbe.
Da quello che mi aveva
raccontato Simo quando gli avevo domandato che fine avesse fatto il papà della
Ila, mi aveva spiegato un po’ la situazione e anch’io ero dell’idea che era
meglio non conoscerlo, soprattutto se si voleva davvero bene alla Ila. Era un
papà davvero molto rompi palle solo quando voleva lui e lei non lo sopportava.
Simo mi aveva anche spiegato che non voleva rendergli conto della propria vita
perché tanto lui non vi faceva parte e non voleva nemmeno che vi facesse parte.
-Capisco, quindi, deduco che
è un argomento di cui non bisogna parlare-
intuì Ale.
-Esatto- annuì Simo- Andiamo
a prepararci?- mi chiese guardandomi e poi andando verso le scale.
Finii di fare colazione, misi
la ciotola a lavare e salii in camera.
Simo era già sicuramente
sotto la doccia, quindi decisi di rimanere nella stanza degli ospiti a farmene
una anch’io, non volevo perdere tempo inutile e poi Simo era peggio delle
donne, ci metteva ore a farsi una donna, non capivo mai cosa facesse lì dentro.
Andai in bagno, accesi
l’acqua e cominciai a spogliarmi.
Infilandomi sotto il getto
d’acqua calda, mi misi a riflettere: su quello che era successo in quell’anno
che stava ormai per giungere al termine, su quante cose erano cambiate in un
anno, su quante cose erano successo, ma soprattutto stavo facendo un confronto
su cosa stessi facendo in quel preciso istante un anno prima e quello che
ricordai non era per niente piacevole.
Ero solo, certo, c’era Simo,
ma la mia vita sentimentale era alquanto fiacca. Eravamo ad una festa e Simo,
come al solito, si stava dando alla pazza gioia, in tutti i sensi, si stava
divertendo ed io sembravo un pesce fuor d’acqua: ero in un angolo, con il mio
bicchiere di vodka in mano. Mi ero dato al bere, al bere pesante perché in un
certo senso avevo capito che bevendo qualcosa dimenticavo, almeno per un po’. Quando
improvvisamente arrivò Simo, era stufo di vedermi triste, di vedermi bere come
un alcolizzato, voleva fare qualcosa per me, diceva che mi serviva una sana
scopata, che avevo bisogno di divertirmi. Certo, era bravo lui a dirlo, era
bravo lui a parlare quando era nel suo carattere comportarsi in quel modo, ma
io non ero proprio capace a limitarmi ad una sana scopata senza sentimento, era
qualcosa più forte di me e lui lo sapeva bene. Se di solito non ero tipo da una
scopata e via, in quel periodo lo ero ancora meno.
Sì, in quel periodo ero
depresso, ma non avevo la minima idea che di lì a un mese la mia vita sarebbe
cambiata completamente.
La sera della discoteca Simo
era venuto a buttarmi letteralmente giù dal letto, mi aveva vestito, pettinato
e mi aveva dato un calcio nel sedere per farmi uscire di casa. Ovviamente non
erano mancati litigi e battibecchi, non volevo uscire e non avevo nessunissima
intenzione di cambiare idea, neanche lontanamente, ma uscii, non so esattamente
come fece Simo a convincermi, ma ce la fece.
Non potevo immaginare che
quella sera la mia vita sarebbe cambiata radicalmente.
Non potevo immaginare quello
che sarebbe successo nei mesi successivi.
Non potevo immaginare che mi
sarei innamorato così tanto.
Non potevo immaginare che io
sarei cambiato.
Si, perché ero cambiato e
anche molto. Mi consideravo una persona migliore.
Quando la vidi per la prima
volta fu come un raggio di sole dopo mesi e mesi di pioggia.
Lei piccola e bellissima. Lei
così timida, ma che sapeva essere sexy con un semplice gesto, almeno, ai miei
occhi un semplice gesto poteva essere altamente sexy.
Era bastato guardarla una
volta per capire che per lei avrei perso la testa, che in realtà l’avevo già
persa con un solo sguardo. Potrà sembrare stupido, ma da quel momento ero
rinato.
Avevo cercato di farle
domande per capire come poterla rintracciare, non avrei mai avuto il coraggio
di chiederle il numero così, senza nemmeno conoscerci, non mi sembrava quel
tipo di ragazza. Ero riuscito a scucirle ben poco quando Ila rientrò nel locale
e me la portò via, ma comunque sapevo delle cose importanti: il nome e la
scuola, scuola che fortunatamente frequentava mia sorella, non sarebbe stato
difficile scoprire qualcosa di più.
Per quattro giorni ebbi la
testa piena di lei, anche se avevamo passato poco tempo insieme mi aveva
colpito, non potevo farci niente, non sapevo cosa farci era qualcosa di più
forte di me e a quanto pareva non ero l’unico che era stato colpito dalla
freccia di Cupido, anche Simo era particolarmente preso da Ila, anche se non
l’avrebbe mai ammesso, anche se per farglielo ammettere avrei dovuto usare ogni
minimo trucco.
Poi scoprire le informazioni
fu facile: parla con la sorella, descrivile le ragazze e il gioco è fatto. Non
mi ci volle poi molto.
Potrà sembrare strano, ma mi
sentivo un completo cretino con lei, non sapevo come comportarmi, non sapevo
cosa fare, sembrava che fosse la prima ragazza che mi interessava, sembrava che
fossi un ragazzino alle prime armi, invece non lo ero affatto.
Ogni volta che ero in suo
compagnia cercavo di capire qualcosa di più di lei, la osservavo, la studiavo e
devo dire che quello che vedevo mi piaceva parecchio.
Frequentandola e parlandole,
mi ero ritrovato ad essere cotto perso e non sarei più tornato indietro. Neanche
Jessica mi piaceva così tanto ed invece lei si, la mia piccolina.
Con lei le cose andavano
tutto bene, ero felice, contento, mi sentivo al settimo cielo, ma poi rividi
Jessica e in quel momento qualcosa in me scattò. Forse era anche dovuto al
fatto che fossi in astinenza, che avessi voglia di fare l’amore e che ne avevo
bisogno, forse era perché non avevo ancora del tutto superato la storia di
Jessica, ma alla fine rivederla mi aveva leggermente scombussolato. Decidere di
lasciare Ary fu qualcosa di difficilissimo, sinceramente non so come feci, tornassi
indietro non lo farei più. Come potevo solo pensare che Jessica fosse la scelta
migliore? Che fare l’amore con lei valeva più di aspettare la mia piccolina?
Ero un completo cretino e mi ero comportato da tale.
Certo, in quel periodo di
lontananza da lei, pensai che fosse tutto a posto, pensavo di essere felice, di
aver finalmente trovato il mio posto nel mondo, ma non potevo sbagliarmi più di
così. Quando rividi Ary a Cattolica capii ogni cosa: capii che fosse stato il
destino a farci incontrare, capii che avevo fatto l’errore più grande della mia
vita a lasciarla, a scegliere Jessica invece di lei, capii che dovevo tornare
sui miei passi e per la prima volta nella mia vita tutto mi sembrava chiaro,
sapevo quello che dovevo fare.
Capii di amarla, di non aver
mai smesso di farlo e che nessun altro doveva averla tranne io, era mia e di
nessun altro. Non volevo che quell’energumeno la toccasse e non volevo nemmeno
che la baciasse, come osava pensare solo di toccarla? Lei era MIA e di nessun
altro. Poi non volevo che soffrisse, non volevo che quel coso la prendesse in
giro, non doveva farlo per nessuna ragione al mondo. La portai via per quel
motivo e perché nessuno doveva provare a portarla via da me, nessuno.
Ovviamente e lei non lo spiegai, non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo,
non almeno fino a quando lei si sarebbe preoccupata in quel modo e poi c’era
ancora Jessica nella mia vita, dovevo pensarci bene.
Il giorno dopo quel piccolo
incidente, lasciai Cattolica e lasciai anche Jessica sotto il suo sguardo
arrabbiato e incredulo. Non avrebbe mai immaginato che l’avrei lasciata, aveva
detto che io non avevo nessuno diritto di lasciarla e che lei non poteva essere
lasciata da me, lei non veniva mai lasciata da nessuno, era lei che lasciava e
con quel suo piccolo discorso capii ancora di più che la Jessica che conoscevo
io esisteva ancora, solo che lei l’aveva ampiamente camuffata.
Passai giorni a pensare a
come potermi riavvicinare a lei, a come poter tentare di rimettere a posto le
cose, anche se pensavo non sarebbe stato facile.
Non riuscii mai a trovare un
modo per riavvicinarmi senza che si sentisse in trappola. Passai settimane a
pensare a lei, passai mesi a continuare a ripetere quanto l’amassi, peccato che
solo il muro lo sapesse.
Non avevo trovato un modo per
riprovarci, ma a quanto pareva il destino era dalla mia parte. Quando la vidi
in discoteca non potei far a meno di pensare a quanto fosse bella, non era
quella classica bellezza da copertina, non era quella bellezza finta e
costruita, ma aveva quella bellezza che ti colpisce per la sua semplicità. Era
bellissima e quella sera non feci altro che darmi del cretino continuamente.
Più la guadavo e più mi rendevo conto che ero innamorato di lei più di ogni
cosa al mondo.
Avrei voluto abbracciarla,
baciarla, fare l’amore con lei in quel momento, senza nemmeno pensarci, ma non
era possibile, sapevo che avrei dovuto aspettarla stavolta e che non avrei
dovuto commettere lo stesso errore che avevo fatto, anzi, non avrei mai
commesso lo stesso errore, non ero pronto a separarmi da lei, forse non lo
sarei mai stato.
La portai in disparte e le
parlai, con il cuore in mano, spiegandole cosa fosse successo, cosa mi fosse
passato in quei mesi, dichiarandole tutto il mio amore. In quel momento sapevo
che lei avrebbe potuto rifiutarmi, che avrebbe potuto mandarmi a quel paese e
di dirmi di non farmi più sentire, avrei capito e l’avrei lasciata in pace. Ok,
forse non l’avrei lasciata in pace, avrei insistito, avrei cercato di
dimostrarle il mio amore per quello che era davvero, non mi sarei arreso così
facilmente.
Con mio grande stupore, mi
perdonò senza neanche fare troppa resistenza. Mi aspettavo di tutto, mi
aspettavo chissà che cosa, ma non avrei mai pensato che mi avrebbe
riabbracciato come se niente fosse successo.
Devo ammetterlo, ogni tanto
qualche discussione c’era e finivamo sempre per parlare di quei mesi che
eravamo stati distanti, la ferita c’era e probabilmente solo il tempo avrebbe
risistemato tutto.
Ma con il passare del tempo
non solo la ferita si stava rimarginando, ma anche la mia voglia di averla, di
farla mia, di fare l’amore con lei. L’amavo con tutto me stesso, volevo
aspettarla, ma avevo anche un certo bisogno di fare l’amore, con lei.
Il giorno più bello della mia
vita fu quando a casa mia facemmo l’amore per la prima volta guardarla,
sentirla gemere, sospirare, vederla mordersi il labbro, fu qualcosa di
assolutamente stupendo. Non ero mai stato con una ragazza vergine, non sapevo
cosa fare, come comportarmi, ma fu tutto così naturale e semplice che mi venne
tutto senza pensarci, l’amavo, solo di quello ero sicuro.
Da quel giorno tutto fu in
salita, ogni cosa andò bene e io mi sentivo l’uomo più felice sulla faccia
della terra. Lei era la cosa più bella che mi era mai capitata nella mia vita.
Non l’avrei mai cambiata con niente al mondo e sinceramente ero pronto a
sposarla anche in quel momento.
Sotto la doccia, con l’acqua
che scrosciava lungo il mio corpo mi resi conto che ero pronto a sposarmi anche
in quel preciso istante. Potevo sembrare uno stupido, ma io ero sicuro, ero
certo, era lei, lei era quella giusta, quella che incontri solo una volta, lo
sapevo, ne ero sicuro e avrei fatto qualsiasi cosa per far sì che diventasse
mia mamma, un giorno o l’altro.
Mi riscossi dai miei pensieri
e dalle mie riflessioni e uscii dalla doccia.
Non osavo nemmeno immaginare
quanto tempo avessi passato sotto la doccia. Mi avvolsi nell’accappatoio e
andai in camera.
Guardai l’orologio: avevo
passato appena 20 minuti nella doccia. Certo, c’ero stato dentro più del mio
solito, ma pensavo fosse passato più tempo perso com’ero nelle mie riflessioni.
Mi infilai un paio di boxer e
andai verso la camera di Simo per vedere se fosse uscito dalla doccia.
Quando entrai in camera potei
sentire ancora lo scrosciare dell’acqua.
Bussai alla porta.
-Cosa ti bussi, scemo! Guarda
che è aperto!- urlò Simo. Potrà sembrare una cosa strana, ma io e Simo
entravamo tranquillamente in bagno mentre l’altro faceva la doccia. Ovviamente
non c’era niente di malizioso in quello che facevamo, avevamo passato ormai da
tempo il periodo in cui ci guardavamo rispettivamente il nostro amichetto
laggiù guardando che fosse messo meglio, era passato ormai il periodo in cui
facevamo battutine idiote sulle nostre dimensioni, ormai eravamo uomini adulti
e non c’era più nessun problema. Eravamo talmente abituati a vederci nudi che
ormai mi sembrava di vederlo fare la doccia vestito.
-Mi spieghi che cosa ci fai
sempre mezz’ora sotto la doccia?- mi appoggiai allo stipite della porta
incrociando le braccia al petto.
-Devo lavarmi per bene ogni
centimetro di pelle, non si sa mai.
-Ok, non voglio assolutamente
sapere a cosa ti riferisci- alzai le mani al cielo.
-Be, metti che la Ila deve
leccarmi…
-Ho detto che non volevo
saperlo- dissi uscendo facendo finta di essermi scandalizzato, ma in realtà
stavo ridendo.
Poco dopo sentii l’acqua
della doccia chiudersi e Simo comparve dal bagno con indosso l’accappatoio.
-Stavo pensando, perché non
invitiamo anche Lore all’ultimo? È da un po’ che proviamo a fargli conoscere
Fede, ma lei ha sempre rifiutato. Potrebbe essere la volta buona per farli
conoscere, che ne pensi?- mi sdraiai sul letto mentre Simo finì di parlare.
-Mi sembra perfetto- gli
sorrisi.
-Lo chiamo subito.- Simo
prese in mano il telefono e compose il numero. Mise in vivavoce.
-Ciao bello. Dimmi, successo qualcosa?- esordì Lorenzo.
-No, tutto a posto. Senti,
all’ultimo vieni con noi?- gli chiese Simo andando subito al dunque.
-Non so se è il caso. Non voglio fare il quinto
incomodo.- scherzò.
-No, ma tranquillo. Ci
saranno altre persone.- Simo prese il completo e la camicia dall’armadio.
-Ok, allora. Ci sarò.- mi sembrò di sentirlo sorridere.
-Allora, ti farò sapere. Buon
Natale.- gli disse Simo.
-Buon Natale anche a te.- gli rispose Lore chiudendo poi la chiamata.
Finimmo di vestirci, parlando
del più e del meno e di varie altre cazzate e partimmo per andare al
ristorante.
Quando arrivammo al
ristorante ci trovammo davanti i genitori di Simo, i miei genitori, mia sorella
e Mattia, mio fratello e Camilla.
C’eravamo quasi tutti, a
parte Ila con sua mamma e il suo ragazza, la mia piccolina e i suoi genitori,
poi ci saremmo stati tutti.
Quando arrivarono, il primo
ad andarle a salutare fu Davide, o meglio il primo che perse in braccio la Ila
fu Davide, facendo scattare Simo sulla difensiva. Mio fratello era talmente
stupido che cominciò a prendere in giro Ila e Simo perché lo facevano, speravo
solo che non facesse simili battute anche su di me e la Ary davanti a suo papà,
altrimenti saremmo stati davvero nella merda.
Parlando del diavolo, spuntò
la macchina dei genitori della mia piccolina.
Andai verso di lei per
baciarla con passione e la presi per mano andando verso i suoi genitori.
-Ciao. Avete fatto fatica a
trovare il posto?- chiese lei sorridendo.
-Nono. Tutto a posto. Siamo
gli ultimi?- domandò sua mamma vedendo quanta gente ci fosse nel parcheggio.
-Si, stranamente si.-
effettivamente era strano che fossero gli ultimi ad arrivare. Gli ultimi
potevano essere solo la Ila e Simo e quindi quelli che arrivavano con loro,
invece stranamente erano puntuali entrambi.
-Ciao Paolo. Ciao Paola. Come
state?- chiesi ricordandomi le buone maniere.
-Bene, grazie e tu?- rispose
lei sorridendomi gentile.
-Bene.- sorrisi anch’io di
rimando.
Tornammo dagli altri e la Ary
cominciò a presentare tutti ai suoi genitori, ma doveva presentarli anche i
miei di genitori.
Quando ci avvicinammo a loro,
mi strinse la mano che teneva la sua.
Forse fu solo un gesto
involontario di cui lei non si rese nemmeno conto, ma io me ne resi conto,
eccome.
La guardai, cercando di
notare una sua qualche paura, ma sembrava tranquilla e rilassata.
-Mamma, questa è la mamma di
Edo, Maria. Maria questa è mia mamma Paola.- disse indicando mia mamma che
sorrideva.
-Lieta di conoscerla.- disse
sua mamma allungando la mano.
-Oh, non diamoci del lei.
Avremo più o meno la stessa età.- le rispose mia mamma stringendole la mano.
-Maria, questo è mio papà
Paolo.- glielo presentò facendoglielo vedere con una mano.
-Paolo e Paola che carini.
Piacere.- disse sorridendo e stringendogli la mano.
-Piacere.
-E questo è Marco, il papà di
Edo.- disse lei indicandolo.
Guardai meglio mio papà. Era
vestito davvero in modo elegante e, nonostante la sua età, era ancora un bel
uomo.
-Piacere di conoscervi.-
disse mio papà stringendo la mano sia al papà della Ary che a sua mamma.
Finite le presentazioni,
entrammo tutti insieme al ristorante.
La tavolata era divisa in due
parti: i giovani a sinistra ed i vecchietti a destra.
Io mi misi a capotavola con
la Ary vicino a me.
Avevo la visione completa di
tutta la tavolata.
Vedevo le persone che si
guardavano.
Mio fratello aveva voluto
stare a tutti i costi in parte alla Ila, facendo sedere così Camilla, davanti a
lei.
Non riuscivo a capire come
facesse a sopportare uno come mio fratello e come facesse a non essere gelosa, o
almeno infastidita, dal fatto che non fosse voluto rimanere vicino a lei. Ma a
quanto pareva, non le aveva dato fastidio.
Sapeva e conosceva com’era
fatto mio fratello.
Sapeva benissimo che lui
provava solo un profondo affetto per la Ila, nonostante l’avesse vista poco, la
considerava una sorellina minore.
Mi soffermai a guardare tutta
la tavolata.
Tutti che ridevano felici e
contenti.
Sembravano tutti felici di
stare dove fossero.
Tutto sembrava al posto
giusto, ma soprattutto io sentivo di essere al posto giusto con la persona
giusta.
Buongiorno! Come state? Io
bene e come al solito sono in un tremendo ritardo, di nuovo. Stavolta però non
c’entrano scuola o impegni vari, c’entra il fatto che il mio pc ha deciso di
rompere e non appena ho parlato a mia mamma del piccolo problema lei mi ha
praticamente preso il pc e portato a far vedere. Questo giovedì scorso e il pc me l’hanno ridato solo martedì sera.
Poi, come se non bastasse, questo capitolo dovevo anche riscriverlo, quindi ecco
perché sono nuovamente in ritardo. -.- Ormai non mi sembra più neanche il caso
di chiedervi scusa e di promettervi che non lo farò più, tanto succederà
comunque che lo voglia o meno. -.-
Allora, questo capitolo è completamente
POV Edo, ci sono tutti i suoi pensieri, quello che ha passato in un anno e cosa
gli stava succedendo prima che incontrasse Ary. È un capitolo per farvi dare un
addio anche da lui. Be, non c’è molto da dire, no?
-4 alla fine della storia. =(
in un certo senso sono triste, mi dispiacerà non leggere più le vostre
recensioni e non postare, ma ormai questa storia la trovo molto lontana da me,
ogni volta che rileggo qualcosa mi chiedo come faccia a piacervi, però siamo
alla fine ed è giusto che leggiate fino alla fine. =)
Ho notato che le persone che
mettono nella lista la storia stiano aumentando sempre di più, ma siete pazze? Chi
è che leggerebbe questa roba? E poi leggersi 56 capitoli non è cosa da poco,
eh. Per me siete completamente pazze, ma comunque vi ringrazio, tutte, una per
una per aver letto e continuare a leggere questa storia. Grazie davvero *_*
Alla prossima ^_^