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Autore: thefung    03/04/2011    0 recensioni
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Basta un semplice rumore, un semplice gesto del dito, una lieve pressione del polpastrello per poter fermare il corso degli eventi, anche solo per un attimo.
Se anche io fossi stata lì, forse, prima di morire insieme ai miei cari, avrei potuto scattare un’ultima fotografia.
Avrei potuto pensare, avrei potuto compiere un’ultima azione. Avrei potuto ricordare.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Basta un semplice rumore, un semplice gesto del dito, una lieve pressione del polpastrello per poter fermare il corso degli eventi, anche solo per un attimo.
L’attimo perfetto in cui la fotografia viene scattata, in cui un piccolo tassello di vita viene memorizzato, in modo che non ce ne si possa mai scordare.
Se possibile, porterei la mia macchina fotografica dappertutto.
Fotograferei dappertutto.
E chiunque.
Per non lasciare che nulla passi inosservato, che nulla venga visto come un qualcosa di ‘minor valore’ rispetto ad altro. Per non dimenticare.
La memoria umana è incredibilmente fragile, nonostante ci vantiamo così spesso delle nostre capacità intellettive rispetto a quelle degli altri esseri viventi.
Non possiamo ricordare tutto, no.
Alla fine, in un momento che soltanto Dio sa quando giungerà, ci saranno delle scene che ci torneranno alla mente, ma non saranno abbastanza. Non saranno mai tutte poiché la nostra mente non riesce a contenerle.
È a questo punto che entra in uso una macchina fotografica. Forse non una, forse neanche una decina; ma centinaia di macchine fotografiche possono aiutarci a tenere la memoria intatta.
Faccio la fotografa da ormai sei anni, è il mio sogno da sempre; sin da quando ero bambina, alle prese con le macchine usa e getta, con un paio di rullini sempre a portata di mano, un’eterna turista.
Adoro ogni aspetto del mio lavoro, o meglio, ogni fotografia, indipendentemente dal fatto che sia stata scattata da me o meno.
Non ho mai odiato una foto. Mai.
O almeno, mai prima di ora.
Sento le mie mani tremare sulla tastiera del computer portatile, scosse da tremore che parte da dentro, dal profondo del mio essere.
E nonostante la vista sia appannata dalle lacrime che hanno cominciato a scendere silenziose, ci vedo benissimo. Riesco ad osservare con una precisione incredibile la miriade di fotografie che da qualche ora hanno intasato quasi tutti i siti internet e che adesso affollano lo schermo del mio laptop.
Acqua, sporca ed infangata. Alberi, fragili come se fossero dei coriandoli. E le case, i palazzi, le auto. Gracili come fossero dei pezzetti di carta.
Tutto è trascinato via, scosso dallo stesso tremore che adesso percuote le mie membra.
Ed è pazzesco vedere come la grandezza dell’uomo, la sua apparente onnipotenza sia costretta a piegarsi sotto la terribile volontà della natura.
Eppure non è questa la cosa peggiore.
È il vedere la gente, urlante e straziata, strappata via dalle proprie case, dal proprio lavoro, dalla propria famiglia, dalla propria vita. Viene trascinata allo stesso modo dei grattacieli, delle auto e degli alberi.
Abbasso di scatto lo schermo del computer, spegnendolo bruscamente e respirando freneticamente.
Avrei dovuto esserci anche io, lì, insieme a tutte quelle persone.
Insieme alla mia famiglia.
Avrei dovuto rimanere lì, a Futushima, a subire la stessa sorte, a morire con loro.
E pensare che me n’ero andata solo per un litigio … e poi ero partita per New York, la “grande mela”, per partecipare ad uno stupido set fotografico a cui non sarei nemmeno voluta andare.
Rivedo nella mia mente i volti dei miei parenti, dei miei amici, del mio ragazzo.
In questo momento non ho bisogno della macchina fotografica per ricordare, per poter toccare con mano tutto ciò che è successo, tutti i sentimenti e le emozioni che ho provato con loro, i miei cari.
Adesso riesco a ricordare con estrema precisione le loro facce esasperate non appena chiedevo loro di farsi scattare l’ennesima fotografia. Riesco a ricordare i loro sorrisi, i loro abbracci, le loro infinite dichiarazioni d’affetto.
Ricordo i miei genitori e le loro infinite raccomandazioni, il loro essere sempre soddisfatti e felici di me e la loro immensa bontà.
Ricordo i miei due adorati fratelli, Yuki e Jouta, perennemente scherzosi ed ilari, incapaci di prendere nulla sul serio. Loro sì che erano in grado di vedere le bellezze della vita.
Ricordo i miei amici, non tanti ma nemmeno pochi, la giusta quantità che mi faceva sentire apprezzata ed amata.
Ricordo lui, Namihiko, con la sua incredibile dolcezza, con la sua sincerità, i suoi baci, i suoi meravigliosi abbracci.
E penso anche a tutti gli altri, a tutte le altre persone che sono morte, alla vita che hanno lasciato, ai sogni che ognuno di loro nutriva, alle loro speranze andate in fumo.
E vorrei sbattere la testa contro un muro al pensiero che invece la mia, di vita, insieme a quella di tanti altri, continuerà; che tra non molto per tanti, troppi, sarà come se non fosse successo nulla, come in questo giorno, 11 marzo 2011, non fosse successo nulla.
Clic.
Se anche io fossi stata lì, forse, prima di morire insieme ai miei cari, avrei potuto scattare un’ultima fotografia.
Avrei potuto fermare anche quell’istante, quel terribile momento in cui tutto cambiava, in cui tutto precipitava in un baratro di dolore e disperazione.
Avrei potuto dir loro addio, avrei potuto salutarli davvero, in un modo che ora non ha più alcun valore.
Avrei potuto fare tante cose con quel semplice rumore, con quel gesto del dito, con quella lieve pressione del polpastrello. Avrei potuto pensare, avrei potuto compiere un’ultima azione. Avrei potuto ricordare.
Un tempo, ad ogni ‘clic’ che sentivo ero felice. Ero soddisfatta, mi sentivo completa, realizzata.
E anche adesso, con il dito sul grilletto della pistola d’emergenza tenuta nel cassetto del mio appartamento americano, sento di star per riacquistare quelle stesse incredibili, meravigliose sensazioni.
So che sarà doloroso, ma potrò raggiungere i miei cari lassù, nel cielo.
Chiudo gli occhi, la gioia è la stessa, ma non ho in mano una macchina fotografica.
Clic.



Questo è il mio piccolo aiuto come autrice (si fa per dire ... ) per il Giappone.
Spero possa piacervi ed invito tutti a partecipare alla magnifica inziativa proposta da Lara Manni.
Un bacio.
   
 
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