« Prologo «
Mau
yuki wa,
hoshi no kakera.
[The
fluttering snowflakes are pieces of the stars.]
tentai ni te
wo nobashite
[If you reach out to the skies.]
ikigau negai kanjiteiru
ne
[You
feel wishes come and go.]
subete
wa ima monocrome no naka.
[All
caught in a Monochrome.]
Le note di quella canzone si disperdevano nel cielo,
bruciando nel rossore del tramonto, annegando nel mare tinto del color del
sangue, confondendosi fra le risate risonanti della gioventù risplendente della
scuola.
Ma che cos’era una semplice canzone,
cantata al vento, coperta dal frastuono delle onde, in una piccola isola accesa
a festa? A chi sarebbe potuto importare di quel canto
malinconico che si innalzava dal porticciolo dell’isola? Chi si sarebbe fermato
a prestare attenzione a quell’umile voce che cercava di farsi spazio nel cuore
egoistico della gente?
Eppure un pittore su un promontorio fermò la
sua mano dal dipingere la sua opera.
Eppure un giovane sprizzante di vita sospese
la sua attiva voglia di aiutare per la festa.
Eppure una silenziosa studentessa seduta fra
le colonne di un antico santuario abbandonò il suo libro.
Eppure una ragazza dai lunghi capelli rosati
appena scesa dal battello arrestò la sua camminata leggiadra per voltarsi verso
quella graziosa signorina che, seduta sul molo, intonava con grazia quella
canzone che in quella calda sera primaverile riusciva a toccare il cuore di
alcuni eletti che vivevano la loro giovinezza su quell’isola illuminata dalle
stelle.
«««
«Filament«
Certo era che quel grazioso canto non riuscì a giungere
alle orecchie dell’ormai ex-rappresentante degli studenti. Del resto come
avrebbe potuto?
Quella sera, la sua ultima
sera, Benio Shinada era
troppo presa dal suo mondo, dai suoi pensieri, dalle sue mille cose da
organizzare per poter sprecare preziosi minuti di vitalità nel fermarsi ad
ascoltare una stupida canzone cantata da chissà chi.
Quella era la sua dannatissima
ultima sera.
Un anno era passato dallo scioglimento della Brigata Kiraboshi Juuji.
E lei – che non sapeva che farsene del tempo morto nella
sua vita – aveva cercato in ogni modo di colmare quel vuoto creato dall’assenza
di missioni segrete extrascolastiche impegnandosi al massimo e dedicando tutta
se stessa al ruoto di rappresentante – diventando il
peggior incubo di tutti gli studenti – e al club di kendo.
E quel dannato anno era passato più in fretta di quanto potesse rendersene conto.
La primavera era arrivata, portando con sé la festa dei
diplomi.
Festa dei
diplomi. Niente più scuola. Niente più posto al dormitorio. Iniziare a vivere
una vita adulta al di fuori del contesto scolastico.
Ergo, iniziare
una nuova vita.
Benio trasse un lungo sospiro, nascondendosi nella
penombra degli alberi creata dal tramonto.
Si appoggiò ad un tronco con la schiena, lasciandosi
scivolare verso il basso con aria esausta. E in
effetti, lo era per davvero.
Aveva organizzato tutto alla perfezione: tutti gli
studenti dell’ultimo anno sarebbero stati entusiasti di quel party d’addio. Addio. Come suonava male, quella parola.
Tutti ne sarebbero stati entusiasti, tranne lei. Ecco cosa
le diceva il suo cuore, che le palpitava debole in petto, e ogni battito non
era altro che una spina che le si ficcava sempre più
in profondità, spezzandole il respiro e lasciandole uno strano senso di
bruciore negli occhi.
Avrebbe voluto piangere. Ma a che
scopo?
Fare la bambina per sempre non le sarebbe servito a nulla.
Doveva crescere, lasciarsi alle spalle i dolci ricordi
scolastici e affacciarsi ad una nuova avventura.
Ma quanto era doloroso abbandonare
quella vecchia.
Era la fine, l’ora
degli addii, l’inizio di una nuova vita.
Chiamatela come volete…
“…ma per me è solo un grande
vuoto senza senso.” Singhiozzò infine Benio, liberandosi ad
un pianto solitario in quel buio angolino di giardino dimenticato da
tutti.
Forse non proprio tutti.
“E io che credevo che volessi completare la tua collezione
di baci in gran bellezza, questa sera.”
All’udire quella voce roca, profonda, canzonarla
all’improvviso alle sue spalle, la ragazzina balzò in piedi di scatto, senza
però voltarsi.
“Che cavolo vuoi, Tetsuya?!”
“Mi scusi rappresentante, non volevo irritarla.” Cantilenò lui, appoggiandosi al tronco di profilo e
incrociando le braccia al petto, gli occhi chiusi quasi a finger indifferenza.
“Non dovresti esser ad aiutare George con i preparativi
per la festa?”
“Sai benissimo anche tu che è
tutto pronto in ogni minimo particolare. Al massimo io e George potremmo aver piazzato qualche scherzetto in giro per
rovinare la tua festa a dir poco maniacale.”
“Mpf, fate come vi pare. Se poi rischierete di morire per mano mia… beh, siete
coscienti di esservela cercata.” Benio ringhiò
contrariata, tornando a sedersi ai piedi dell’albero, percependo la
rassicurante presenza dell’amico d’infanzia alle sue spalle.
“In realtà George è andato a parlare a quella ragazza del
primo anno con cui usciva recentemente per salutarla… visto che abbiamo fissato
la partenza per domani pomeriggio, sai.” Le spiegò il
ragazzo, e l’iniziale ironia dalla sua voce svanì per lasciar spazio ad una
serietà velata da una leggera malinconia.
“Oh, capisco.”
“Sai… essendo l’ultimo giorno di scuola per noi… pensavo
fossi andata a cercare il tuo amato Sugata-kun per
strappargli un ultimo bacio per la lunga collezione di Scarlet
Kiss.”
Un sorrisino amaro si spaziò sulle labbra di Benio.
“Ormai la collezione di Scarlet Kiss è finita da molto tempo. E
credo che da oggi, finirà per sempre. Non posso certo continuare a baciare
ragazzi come hobby per tutta la mia vita. Potrei perdere credibilità…!”ridacchiò
la ragazza, eppure non riusciva a mascherare la sua voce ancora un po’
tremante.
“Capisco.” Sussurrò Tetsuya, impassibile.
A quel punto, un pesante silenzio calò fra i due. Cosa che accadeva assai raramente, soprattutto fra loro due, la cui
loquacità non lasciava mai spazio a momenti vuoti. Eppure,
ora… era chiaramente la fine. Era anche la loro
fine.
La mattina seguente George e Tetsuya se ne sarebbero
andati – anche loro – su quel maledetto battello, alla conquista di una vita
indipendente e del successo sulla terraferma. Lontano dall’isola. Lontano da
lei.
Addio.
“E tu non avevi niente di meglio da fare che venir qui? Non hai nessuna cara ragazza del tuo cuore da andare a salutare
nel tuo ultimo giorno sull’isola?!” sbottò Benio
improvvisamente, straziata da quella situazione che la tormentava dentro.
Tetsuya aprì finalmente gli occhi, per posarli sulla
piccola sagoma della ragazzina rannicchiata ai suoi piedi. Piccola, graziosa,
tremante, risplendente di vita e di luce proprie. Come il primo giorno, sebbene
quello fosse l’ultimo.
“Beh, ma è quello che sto facendo.”
Il cuore di Benio, avvolto dalle tenebre solitarie, ebbe
un sussulto. E i suoi occhi ripresero a piangere, come
se non lo facessero da molti anni anziché pochi minuti. Quell’idiota patentato
aveva davvero intenzione di abbindolarla sfoderando le sue migliori frasi da
cascamorto?!
“Tetsuya, razza di idiota, si può
sapere cosa vai dic—“
Ma le parole non riuscirono più ad uscire dalle sue labbra
tinte di rosa dal lucidalabbra alla – Tetsuya lo stava
ben scoprendo – ciliegia.
Benio rimase paralizzata, trovandosi inaspettatamente tra
le braccia del suo amico, rapita in un bacio che era quanto di più
elettrizzante e travolgente avesse provato prima di
allora – anche più della loro prima volta.
Avrebbe voluto picchiarlo, sfondarlo di sberle
e calci, torturarlo in ogni maniera possibile. Ma in
realtà non fece altro che abbandonarsi completamente a lui, e lasciare che quella
strana passione le bruciasse da dentro, infiammando come il tramonto ogni
sentimento negativo che la pervadeva in quell’ultima notte.
Fu quasi agghiacciante interrompere quel contatto così
intenso che aveva creato una specie di connessione fra le loro due anime –
entrambe sofferenti, malinconiche, sole.
“Tetsuya, ma che cavolo hai…”
“Sai qual è il tuo problema,
Benio? Che hai sempre voluto far tutto tu: decidere tu,
scegliere tu, fare come volevi tu. Ma è ora che Scarlet
Kiss impari a farsi baciare, piuttosto che continuare
a prendere l’iniziativa da sola.”
“Tu sei scemo. Perché diavolo tiri fuori queste cose
l’ultimo giorno?!” ringhiò Benio, sollevandosi e
tirando su Tetsuya per il colletto, sbattendolo contro il tronco “A te mancano
le due ruote motrici del cervello. Tu… tu sei un maledetto egoista! Domani te ne andrai, ve ne andrete e mi lascerete qui da sola… e io
sto facendo di tutto per non farvi pesare la vostra scelta, eppure voi… tu… che
diavolo ti passa per il cervello, eh, Tetsuya?! Perché vuoi distruggermi in
questo modo?!”
“Strano, non avevi mai fatto tutte queste storie per un
bacio.” La punzecchiò lui, ricevendo per risposta un
bello schiaffo in volto, senza troppa cortesia.
“Vai al diavolo, cretino!” sbottò Benio con voce rotta
dall’ennesima crisi di pianto nervoso in arrivo.
Si voltò di scatto, allontanandosi dall’amico d’infanzia
senza dire una parola in più.
“Benio… lo sai che se solo volessi
potresti venire via con noi.”
“Non mi pare di esser stata invitata da nessuno dei due. E
comunque non se ne parla nemmeno, cosa verrei a fare
sulla terraferma?!”
“E perché, restando sull’isola
che cosa faresti?”
Benio non rispose. Lanciò un ultimo sguardo ricolmo di un
triste risentimento verso l’amico, per poi voltarsi e correre via verso l’interno della scuola.
“Mpf, stavolta sapeva di
ciliegia e lacrime.”
«««
« Coming
next: Adult Bank «
Grazie a tutti coloro
che vorranno commentare o che semplicemente leggeranno ^.^
La passione per Star Driver è stata
veloce, intensa e sconvolgente, e dopo l’ultima puntata lasciata così in
sospeso la mia mente non è riuscita a star tranquilla e ha dovuto elaborare una
fine integrativa per la vita dei nostri adorati personaggi sull’isola. ç_ç
E non potevo non dedicare il primo
capitolo di questa breve raccolta alla mia coppia preferita – anche se non
molto considerata, ahimè ç_ç
-
Al prossimo capitolo!
Luly