Come in closer
-Ho la persona che fa al caso nostro, ma…- Puck si
contorceva le mani di fronte ai tre amici, cercando di capire se fosse il caso
di essere spietatamente sinceri o di indorare la pillola, e lasciar scoprire da
soli ai ragazzi di che persona si trattava. Aveva vagliato attentamente le
possibilità che avevano di farcela senza una voce femminile, e poi quella di
chiedere ad una delle compagne del Glee di far parte della band. Ok, Brittany,
Mercedes e Quinn erano fuori a priori. Tina aveva il giusto stile, ma le
mancava quel potenziale che la loro cantante avrebbe dovuto avere. Poi c’era
Santana. E per quanto la Cheerios sapesse il fatto suo, non voleva che tra i
ragazzi venissero a crearsi dissapori dopo una notte di sesso con lei. L’ultima
cosa che doveva capitargli era un bassista che si spaccava la mano in una
scazzottata.
Rachel stava per arrivare, quindi doveva prepararli mentalmente e fisicamente
per quella ragazzina tanto minuscola quanto fastidiosa. Uno scricciolo dalla
caparbietà innata.
- Aprite bene le orecchie. La ragazza che sta per arrivare vi sembrerà tutto
tranne che una con cui io possa avere anche solo lontanamente parlato. In
realtà lei è solamente l’avverarsi dei vostri peggiori incubi. Parlerà, così
tanto da farvi venir voglia di catapultarvi fuori dalla finestra. E’ testarda,
arrivista, manipolatrice e pure un po’ stronza, ma è la migliore. Lei vince
sempre, e noi dobbiamo tenerlo a mente. Vedete di essere carini per i primi
cinque minuti.- aggiunse, sospirando pesantemente e passandosi una mano sulla
nuca rasata.- poi sono sicuro che non ci saranno problemi. Sarete suoi, come
sfortunatamente lo sono io.- Era il discorso più lungo che, a memoria d’uomo,
avesse mai pronunciato Noah Puckerman, ma doveva essere sicuro che lei non
scappasse e non li facesse scappare.
Oliver, dallo sguardo furbo e l’aria da bambinone troppo cresciuto, gli si era
avvicinato e gli aveva dato una pacca sulla spalla, così forte da farlo
traballare sulle proprie gambe.
- Sicuro che non sia tua sorella, bro? Una Rachzilla in miniatura. Vediamo un
po’ che sa fare.- pronunciò prima di tornare a giochicchiare con il mixer della
tastiera, mentre da sopra sua madre annunciava l’arrivo di Rachel. E poi tutto
era andato liscio. Beh, più o meno. Le avevano fatto scegliere una canzone e
lei li aveva stregati. Aveva osservato gli occhi dei maschietti cambiare,
passare da “questo è impazzito”, a “canta meglio di un angelo”, a “Puck è il
nostro signore e salvatore”. Soddisfatto dell’andazzo aveva lasciato che Rachel
mettesse sotto torchio i ragazzi, ordinando di qua, comandando di là; in un
solo pomeriggio il gruppo sembrava suonare quei pezzi da anni, invece che da
meno di due mesi. Aveva stravolto ogni cosa, a partire dalla scaletta, passando
per tonalità e melodie, fino ad arrivare a zittire Oliver che si era acceso una
sigaretta nel seminterrato. A Puck si era fermato il cuore, quando l’aveva
vista avvicinarsi a quel gigante con l’indice alzato e lo sguardo furioso.
-Ehi tu, spilungone palestrato! Si, sto parlando con
te!- la brunetta aveva posato il dito affusolato contro il petto del ragazzo,
che l’aveva guardata per un lungo istante, senza capire cosa volesse. Poi lei
aveva schiaffeggiato l’aria, prendendo in pieno la sigaretta del ragazzo e
spegnendola sotto la suola di quegli orribili mocassini.
-Prova a fumare un’altra volta in mia presenza e ti ritroverai senza lavoro per
i prossimi vent’anni. Ti lascio anche scegliere quale accusa penderà sulla tua
testa.- Quelle parole gli fecero venire i brividi, ma sapeva che il peggio era
passato. Oliver l’aveva guardata e aveva sorriso annuendo.
-Scusi, signora comandante!- tutti avevano riso e la tensione s’era allentata.
Dopo quella serata avevano deciso (ok, Rachel aveva tassativamente imposto una
“perfetta tabella di marcia per prepararsi al meglio all’evento” e blablabla)
di vedersi tutte le sere dopo cena, due ore a sera. La ragazza aveva tentato,
questa volta invano, di convincerli che una dieta ipocalorica a base di chissà
quale pianta potesse affinare il loro orecchio e migliorare le loro
prestazioni. All’ultima parola le avevano riso in faccia. Solo lei non aveva
colto il doppio senso nella frase, ma aveva capito l’antifona e lasciato
perdere. A due giorni dal live, ancora non comprendeva da dove tirasse fuori
tutta quell’energia. Sapeva che era sempre indaffarata, a scuola con i vari
gruppi di studio, approfondimento e cavolate varie; poi c’era il Glee Club, la
danza classica, i compiti, i suoi amici che sapeva essersi quasi trasferiti a
casa sua: non sapeva per quale motivo, ma la Berry si era lasciata sfuggire
poche frasi in proposito e a lui non è che fregasse granché, quindi non aveva
ficcanasato. Spesso lui e Rach si vedevano anche prima delle prove. Lei
arrivava a casa sua con pesanti occhiaie, l’immancabile borsone con ogni sorta
di oggetto all’interno e, quando sapeva che sua madre avrebbe lavorato la sera,
la cena per lui ed Abby, la sua sorellina. Solitamente iniziavano facendo i
compiti al tavolo della cucina. Lei, sempre la prima a finire, chiamava sua
sorella e le chiedeva se aveva bisogno di aiuto in qualche materia. Appena
finito di cenare, scendevano a provare qualche duetto per la serata, così che
lei potesse armonizzare al meglio le loro voci senza il fastidio di quattro
ragazzacci rumorosi, fino a che non arrivavano anche gli altri. Inizialmente
quest’intrusione nella sua vita gli aveva dato enormemente fastidio. Puckerman
non aveva orari, né una routine, e men che meno voglia di perdere tempo in casa
quando avrebbe potuto tranquillamente spassarsela con una o più pollastrelle
fuori di lì. Dopo qualche giorno però, quel tran tran quotidiano gli aveva dato
una sicurezza che non aveva mai provato prima. Per la prima volta qualcuno si
prendeva cura di lui, oltre alla sua adorata mamma. Mamma che sprizzava gioia
da tutti i pori ogni volta che, girando per la cucina, li vedeva seduti a quel
tavolo.
-Rachel è perfetta. Così carina, a modo…e poi è anche ebrea. Mi fa piacere che
tratti così bene la tua ragazza. Devi essere stato irreprensibile con lei, dato
che non è ancora scappata.- gli aveva confessato un giorno la madre, e lui
l’aveva lasciata cuocere nel suo brodo. Credesse un po’ quello che voleva, meno
problemi per lui!
Però a volte osservava Rachel di nascosto, magari quando avrebbe dovuto finire
un tema di inglese, e si ritrovava a sorridere vedendola intenta a spiegare
qualcosa ad una Abby attenta e vispa, o a passarle affettuosamente una mano tra
i capelli quando risolveva un esercizio piuttosto difficile. Quella ragazza
riusciva a scaldargli il cuore. Ed allo stesso tempo lo irritava, facendolo
inconsapevolmente sentire in colpa per tutte le volte in cui lui era stato un
cazzone coi fiocchi e lei non gliel’aveva mai fatto pesare.
La band al completo attendeva impaziente l’arrivo della loro cantante, insicuri
su come si sarebbe presentata. Certo, Puck aveva più volte rassicurato gli
amici, ma a dieci minuti dall’inizio del concerto si ritrovò più volte a
pensare di chiedere ad Oliver una delle sue sigarette. O di correre al bancone
del locale ed ubriacarsi fino alla fine dei tempi. Non sembrava male come
alternativa.
-Siamo sicuri che ce la farà? Sono già 45 minuti che l’aspettiamo! E non aveva
neanche un bel colorito.- Jim cominciava a straparlare, dopo la terza birra,
camminando avanti e indietro e mettendo in agitazione gli altri tre. Poi Rachel
era arrivata. Cazzo! Gli era mancato il respiro vedendola. Aveva trattenuto il
fiato per così tanto tempo che quasi cominciava a girargli la testa. Imbambolato
era rimasto a fissarla, e l’unica cosa che il suo cervello bacato aveva saputo
trasmettere alla bocca era uno stramaledetto, stupido -Wow-. Quando l’aveva
guardata allontanarsi non aveva potuto fare a meno di fissarsi su quel sedere
sodo. Stan, il padrone del locale, avrebbe potuto lasciargli la sala biliardo
libera per qualche ora, finito lo show. Gli doveva qualche favore…a quel punto
avrebbero potuto fare sesso sfrenato su ogni singolo biliardo. Diavolo, sentiva
già montare dentro un desiderio impellente di lei. Lo sentiva in ogni fibra del
suo corpo. Quella visione provocante non poteva essere la sciocca Berry che
conosceva fin dalla tenera età. Quella era una dea venuta per tentarlo e farlo
uscire di testa.
-Beh, amico mio…direi che questa sera la nostra ragazza è diventata una donna.
Molto attraente direi.- Alex aveva quello sguardo da conquistatore che gli
aveva già visto tante volte. -Deve essere mia, amico. Non ti dà fastidio,
vero?- aveva alzato un sopracciglio, posando una mano sulla spalla di Puck e
stringendogliela leggermente in attesa di risposta. -Fai quel che ti pare. Ma
attento, qualcuno potrebbe soffiartela per sbaglio.- aveva sputato con finta
sicurezza, fissandolo negli occhi azzurri. Avevano seguito la brunetta all’interno,
poi erano saliti sul palco per il soundcheck ed avevano cominciato a suonare.
Non aveva potuto far altro che sperare di controllare i nervi e l’irresistibile
impulso di strapparle di dosso i vestiti e prenderla su quel palco. Con un
ultimo sforzo aveva presentato al pubblico la band, “Crush&Burn”, poi
avevano attaccato col primo pezzo, una cover dei Paramore che all’inizio
volevano scartare. Ma lei aveva insistito tanto! Già dopo le prime due strofe
qualcuno si era alzato ed aveva cominciato a cantare sotto il palco. Stavano
andando forte. Ma lui aveva occhi solo per Rachel: ce la stava mettendo tutta,
e dopo la terza canzone piccole gocce di sudore le imperlavano la fronte,
mentre la chioma ondeggiava a tempo con i suoi movimenti. Sensuale e provocatoria,
fredda e spietata, caricava la band e cambiava ad ogni testo, immergendosi fino
all’anima nelle sensazioni che voleva esprimere. Era fantastica. Si davano il
cambio ogni due canzoni, e lei tranquillamente sedeva accanto ad Oliver
arricchendo la parte corale dei pezzi di Puck con melodie perfette, che
sembravano fatte apposta per compenetrare la voce calda del ragazzo. Poi gli si
avvicinò, toccandogli il braccio e lasciando una scia incandescente sulla sua
pelle col solo tocco delle dita. Era il momento del loro duetto.
I want you to come closer
Come in closer. Come in closer.
I want you to come in closer
Come in closer. Come in closer.
I want you to come in
closer, in closer.
E davvero voleva che lei gli si facesse più vicina,
per poter respirare il suo odore. Baciare quella pelle di caramello.
Scioglierle i capelli e vederla arrossire sotto il suo sguardo. Ma così com’era
iniziato, il duetto finì. Anche se la magia di quelle note incatenava ancora i
loro occhi, e solo il colpetto di tosse imbarazzato di Jim lì aveva scossi dai
pensieri in cui si erano soffermati fin troppo. Solo allora il ragazzo s’accorse
dell’applauso che scrosciava nel locale, dei loro compagni che li guardavano
orgogliosi e divertiti. La serata era finita. All’uscita i ragazzi erano stati
fermati dalla folla di amici e qualche parente, tutti che volevano
abbracciarli, complimentarsi e magari chiedere un autografo. Per scherzo, s’intende.
Rachel era quasi sparita dietro mazzi di fiori con tanto di bigliettini
attaccati, il più grande era quello della signora Corcoran, composto da fresie
bianche ed un’unica rosa rossa. Lei era bellissima, sorridente ed entusiasta.
Ma traballava su quei tacchi alti, ed il viso aveva perso un po’ del solito
colore. Deciso a rimanerle vicino, erano stati accerchiati dal Glee Club al
completo. Erano tutti intenti a complimentarsi con la Berry per il cambiamento
di stile ed aveva sentito Sam mormorare ad Artie che non avrebbe mai pensato
che sotto quei vestitini da sfigata, Rachel nascondesse tutto quel ben di dio. Brittany
continuava a chiederle se era sicura di non essere un alieno a forma di Rachel
Berry. Aveva tanto sentito parlare dei casi di adduzione, ed aveva cominciato a
toccarla per provare che non fosse un ologramma o qualcosa del genere,
provocando uno sbuffo da parte di Santana. Poi il mondo sembrò andare al
rallentatore. Finn si stava avvicinando, lasciando in disparte la sua ragazza.
Aveva aperto le braccia e lei vi era letteralmente caduta in mezzo. Una mano di
Puck aveva cercato di sorreggerla all’istante, ma Finn aveva bloccato il
corpicino della ragazza ed uno sguardo terrorizzato era spuntato sul suo volto.
Era svenuta. Di corsa l’avevano trasportata nuovamente nel locale tra le
braccia di Hudson, e l’avevano stesa su uno dei tavoli. Mercedes e Kurt
urlavano di lasciarla respirare, e le avevano spruzzato un po’ d’acqua fredda
sul viso. Qualche minuto ancora e la brunetta si era ripresa. Noah era seduto
lì accanto, e le stringeva delicatamente una mano. Doveva essere suo il primo
viso che avrebbe trovato al suo risveglio, e così fu. –Perdonami Noah, io…non
volevo, ho rovinato questo bel momento…- aveva cominciato a singhiozzare,
stordita. Lui aveva solo potuto abbracciarla, e sussurrarle dolcemente all’orecchio.
-Non farmi più una cosa del genere, Berry. O se proprio vuoi farlo, cerca di
svenire tra le mie braccia. Potrei decidere di approfittarne per rapirti da questo
branco di imbranati.-. Lei aveva sorriso ed aveva nascosto il volto nell’incavo
della sua spalla. Pian piano tutto era tornato alla normalità, ma lui sapeva
che non sarebbe stato più lo stesso. Che fosse per sesso, o chissà per cos’altro,
Rachel Berry doveva essere sua. E al diavolo Lauren, al diavolo Finn, Alex, Sam
o chi altri intendeva mettergli i bastoni tra le ruote.
Bene, spero di essere stata abbastanza veloce! Sto
letteralmente cadendo dalla sedia per il sonno, ma volevo pubblicare subito, per
sapere cosa ne pensate. Mi sono dimenticata di dirvi che nel primo capitolo la
canzone è Never Again di Kelly Clarkson, mentre Come in closer, di questo
capitolo, è dei fantastici Blue October. Piccola curiosità: il nome della band
prende spunto da una canzone dei Savage Garden, Crash and Burn, anche se l’ho
cambiato in Crush perché il mio ignaro ragazzo pensa che faccia più “pawa”! XD
Vi lascio, me ne vado a letto!
Chiedo scusa per eventuali orrori di ortografia e battitura.
Un bacio, Vevve