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Autore: Hi Ban    06/04/2011    3 recensioni
“Quanto ci manca ancora, Shika?” Chiese la voce spensierata di Ino.
Era la prima volta che si rivolgevano la parola dall'inizio di quella strana situazione, riempiendo l'aria con un suono nuovo, donandogli, per un attimo, un po' di vita che a quel posto sembrava davvero sconosciuta.
Lo chiese quasi come fosse certa che Shikamaru le avrebbe risposto: in fondo lui era quello che sapeva sempre tutto. Lui e la sua arguzia nel comprendere sempre tutto le avevano dato più volte prova della sua vasta intelligenza.
[...]“Non lo so, Ino.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Continua a camminare


Shikamaru e Ino, ormai, stavano camminando da tantissimo tempo. Se inizialmente erano forti del fatto che, prima o poi, sarebbero dovuti arrivare – ovunque, non importava dove. Non lo sapevano nemmeno, in fin dei conti –, ora quella convinzione iniziava a vacillare.
Era davvero da tanto, che camminavano. E non c'era nessun segno che facesse comprendere loro che la meta fosse vicina.
Continuavano, però.
Il loro passo era tranquillo, non vi era nessuna fretta in essi. A quanto avevano capito, non avevano nessuno fretta di arrivare, in quanto niente li aveva esortati a muoversi. Avevano tutto il tempo del mondo e ciò non sapevano se fosse una buona o una cattiva cosa.
In fondo, non sapevano nemmeno dove sarebbero arrivati, il luogo per cui stavano attraversando quel bosco da così tanto tempo, il tempo in quel momento passava decisamente in secondo piano. La tranquillità che li circondava era quasi surreale; persino il pigro Shikamaru, che in ogni singolo attimo della sua vita agognava la calma come fosse aria da respirare, non riusciva ad apprezzarla. E se al Nara faceva tale effetto, ad Ino la totale quiete che la circondava non poteva aver sortito un effetto troppo benevolo.
Infatti, la ragazza era passata dal ritenere l'iniziale silenziosità snervante, per poi ravvedere la sua opinione, ritenendola addirittura inquietante.
Effettivamente, non ne aveva tutti i torti. Quella tranquillità non era come la calma e la serenità che emanava un qualunque posto immerso nella natura, con gli uccellini che cantavano melodie indescrivibilmente soavi e il rumore delle fronde degli alberi che costituiva un'incantevole sottofondo.
Anche in quel posto, in quell'anonimo boschetto c'erano gli uccellini, ma il loro canto non era lo stesso. Mancava quasi di vitalità, avrebbe potuto giurare Ino, trovando sicuramente anche Shikamaru dello stesso parere. Era come una piatta melodia che diceva tutto e niente. O forse erano loro che non riuscivano a leggere il messaggio di fondo di quelle note.
Forse, paragonarla alla colonna sonora dell'ultimo atto di un opera era il modo migliore per descriverla, ma anche quella definizione era troppo incompleta.
Era tutto così incomprensibile, in quel posto.
Andando in un qualsiasi bosco, nessuno si chiedeva cosa volessero dire il canto degli uccelli, il frusciare delle foglie o qualsiasi altro elemento circostante. Si limitava a definirlo bello, ma non aveva motivo per interrogarsi su di essi.
Eppure, quel posto, ogni singolo elemento di quel boschetto, racchiudeva un messaggio, per loro illeggibile. Questo, per quanto esso fosse dannatamente anonimo e privo di un qualunque particolare che lo facesse sembrare più vivo di quel che in realtà era.
Persino la Yamanaka si era accorta che quel posto era pieno di sottotesti non chiari; lei che, non lo aveva mai neanche negato a se stessa, era sempre stata piuttosto superficiale, benché un cervello l'avesse, eccome.
Nonostante fosse molto che camminavano e avessero percorso un discretamente lungo tragitto, non era cambiato assolutamente nulla. Attorno a loro, sempre lo stesso paesaggio – alberi, erba incolta sotto i piedi, il sempiterno cielo azzurro, con qualche nuvola, su di loro –.
Non c'era nemmeno il vento.
Non avevano smesso un attimo di camminare, non s erano fermati nemmeno per una piccola pausa, non sentendone mai il bisogno. Ad essere sinceri, nessuno dei due ricordava nemmeno quando avessero iniziato a camminare, ma sentivano il bisogno di continuare fare un passo dopo l'altro, senza lasciare che un piede toccasse terra per più di qualche secondo.
E da quando quella lunga passeggiata – non sapevano come altro descrivere quel continuo camminare – non si erano mai lasciati la mano.
La presa salda di Shikamaru stringeva la mano di Ino, che ricambiava la stretta con uguale intensità. Era quasi una necessità, tenersi per mano, anche se non sapevano perché.
“Quanto ci manca ancora, Shika?” Chiese la voce spensierata di Ino.
Era la prima volta che si rivolgevano la parola dall'inizio di quella strana situazione, riempiendo l'aria con un suono nuovo, donandogli, per un attimo, un po' di vita che a quel posto sembrava davvero sconosciuta.
Lo chiese quasi come fosse certa che Shikamaru le avrebbe risposto: in fondo lui era quello che sapeva sempre tutto. Lui e la sua arguzia nel comprendere sempre tutto le avevano dato più volte prova della sua vasta intelligenza.
Anche poco fa – anche se non riusciva bene a quantificare quanto fosse quel 'poco fa' – doveva averle dato una prova della sua smisurata intelligenza, una strana sensazione glielo diceva, ma non riusciva a mettere a fuoco quel ricordo. Non che si arrovellasse il cervello per tentare di ricordarlo, semplicemente prima o poi le sarebbe venuto in mente, se era davvero così importante.
“Non lo so, Ino.” Disse con un tono di voce che più che annoiato sembrava rassegnato.
Probabilmente, quella domanda la stava ponendo a se stesso già da un bel po', senza, ovviamente, essersi dato una risposta.
Non c'era nulla lì intorno che gli facesse intendere che tra poco sarebbero giunti, niente di niente.
“Ma se non sappiamo quanto ci vuole ad arrivare, come facciamo a sapere quando saremo finalmente arrivati?” Chiese un po' stizzita.
Tipico di Ino, in fondo. Lei era quanto di meno paziente ci fosse sulla faccia della terra e Shikamaru era stato più che sorpreso nel non sentirla lamentarsi fin da subito sul dove, sul come e sul quando. Probabilmente aveva tentato di sopprimere in lei un po' della sua indole impulsiva e decisamente poco paziente almeno per un po', si era detto Shikamaru, come se dietro a quel pensiero vi fosse una convinzione più certa. Un ricordo, una sensazione che anche lui non riusciva a vedere e comprendere con nitidezza. Una scocciatura che per il momento, comunque, non era importante.
“Probabilmente, quando saremo arrivati lo capiremo, Ino.” Le rispose con un'affermazione piuttosto banale.
La Yamanaka avrebbe potuto trovare mille modi diversi per contestare quella risposta, magari riuscendo anche a mettere Shikamaru in difficoltà con la sua svelta parlantina che metteva tutti, nessuno escluso, con le spalle al muro.
“Oh. Credo tu abbia ragione, Shika.” Mormorò con tono pensieroso.
Invece, a dispetto delle convinzioni che si potrebbero avere sul suo modo di agire in base alla sua personalità, lei non ribatté. Anzi, ritenne che fosse come aveva detto lui, che lo avrebbero capito loro stessi quando sarebbe stato il momento.
Continuarono a camminare e nell'aria ritornò ad esserci solo il cinguettio degli uccellini nascosti tra gli alberi.
Anche gli alberi sembravano essere gli stessi, identici tronchi scuri e chioma verde rigogliosa che si ripetevano in continuazione.
Se loro avessero deciso di voler tornare indietro – anche se non potevano – non avrebbero ritrovato la strada per tornare. Camminavano tra gli alberi senza voltarsi indietro e nemmeno loro riuscivano a capire se i loro passi seguivano una linea dritta o descrivevano curve su curve. Forse stavano anche girando in tondo, ma non si capiva, non si capiva assolutamente nulla.
L'unica cosa che era certa era che stavano continuando a camminare e, probabilmente avrebbero continuato a farlo a lungo.
“Ma qui il sole non tramonta mai?” Chiese ancora Ino, intenta come non mai a dare un po' di vita a quel boschetto che, paradossalmente, sembrava creato da vita morta.
Shikamaru, anche senza girarsi, comprese dal tono che doveva avere la testa rivolta verso l'alto, verso quel cielo che era sempre, costantemente azzurro.
“Sembra sempre giorno, qui!” Disse ancora. Nel suo tono, però, non vi era meraviglia, come ci si potrebbe aspettare.
In fondo, quante volte nella propria vita si trova un luogo in cui il sole sembra non lasciare mai il posto alla luna? Eppure, lei sembrava quasi delusa. Ino voleva che il sole tramontasse, si era stancata di tutta quella luce, voleva un po' di buio. Come faceva a dormire con tutta quella luce?
“Magari siamo noi che camminiamo da poco tempo.” Mormorò Shikamaru, anche se nemmeno lui credeva a quel che aveva detto.
Cielo, se c'era una cosa di cui erano certi era che stavano camminando da tantissimo tempo, quello era sicuro.
“Non dire idiozie, Shika! Fra un po' mi si consumeranno i piedi a forza di camminare e mi dici che stiamo camminando da poco?” Ribatté irata.
Shikamaru era sicuro che in quel momento i suoi occhi erano di un azzurro accesso più del cielo che c'era sulle loro teste, segno del suo particolare modo di arrabbiarsi.
“Ho detto magari, era un'ipotesi, stupida.”
“Sei il solito idiota, Nara!” Gli strillò dietro e capì che stava ridendo: le spalle sussultarono appena, segno di una risata soffocata.
E anche lei si lasciò scappare un sorriso, che però Shikamaru non vide, avendo Ino di poco alle sue spalle.
Erano in quella posizione da quando avevano intrapreso quella lunga camminata: Shikamaru più avanti rispetto a lei – quasi a condurre quel cammino che sembrava senza fine – e lei un po' più indietro, che guardava la sua schiena. Le mani rigorosamente intrecciate.
“E poi, anche se stessimo camminando da poco, quel poco non può essere meno di qualche ora, ma il sole non si è mai neanche mosso di un millimetro.” Aggiunse, perseverando sulla sua convinzione, alla ricerca di una risposta soddisfacente.
Il sole era sempre lì, non proprio sulla loro testa, ma neanche troppo avanti. Abbastanza indietro da dover alzare la testa, ma non tanto da doverla alzare tantissimo. Era semplicemente lì ed entrambi si erano accorti – non con meraviglia – che era sempre nello stesso punto.
“Tu non lo sai perché, vero, Shikamaru?” Proseguì nuovamente, tirando un po' la mano del ragazzo, facendogli presente che lei voleva una risposta. Possibilmente vera e non idiota come quella di prima.
“No, non lo so.”
Calò nuovamente il silenzio: il rumore del loro passi che si muovevano con calma tra l'erba che gli arrivava fino alle caviglie, qualcosa che sembrava vagamente il suono di un ruscello in lontananza. Il suono del nulla, probabilmente descriverlo così rendeva meglio l'idea di come quel posto fosse vuoto, anche se vi erano alberi, erba, animaletti nascosti qua e là.
E loro camminavano nel nulla, con una meta che sarebbe divenuta tale solo quando loro stessi avessero compreso quale essa fosse, sotto un sole che sembrava stare lì solo come oggetto di abbellimento. La mano di Ino in quella di Shikamaru, la mano di Shikamaru in quella di Ino.
Un circolo vizioso di cui non riuscivano a trovare l'anello di congiunzione per uscire, rompendolo. E, intanto, continuavano a camminare, perché entrambi avevano la sensazione che fosse giusto così. Qualcosa – qualcuno – doveva aver detto loro che era quel che dovevano fare, anche se non ricordavano chi o cosa.
Era una sensazione, un qualcosa di indefinito che costituiva una certezza labile, senza fondamento, ma che per loro valeva lo stesso.
“Ino...”
“Che c'è?” Rispose subito pronta lei, non attendendo altro che lui andasse avanti.
Fino a quel momento era stata lei ad iniziare a parlare, ora aveva iniziato lui. Era curiosa, era nella sua indole esserlo. Lo era sempre stata, avrebbe continuato ad esserlo.
Doveva essere successo qualcosa di importante che c'entrava con il suo essere così irreparabilmente curiosa, perché aveva un altro ricordo che non riusciva a mettere a luce. L'ennesimo. Anche quello sarebbe venuto fuori da sé, si disse, osservando con maggiore intensità la schiena dell'amico.
“Sarà reale?” Chiese ad un tratto, il tono serio ed annoiato al tempo stesso. Tutta quella situazione, per Shikamaru non doveva essere un qualcosa da prendere alla leggera – in quel momento, Ino non poteva esserne sicura, ma doveva avere la stessa espressione che sfoggiava quando veniva mandato in missione –, ma non poteva non trovarla una grande scocciatura.
“Di che stai parlando?” Chiese ingenuamente, anche se aveva capito benissimo a cosa si riferisse.
“A tutto questo.” Disse facendo un breve cenno col capo davanti a sé. “Questo bosco, questi alberi, la situazione...” Snocciolò brevemente poi.
“Ho capito, ho capito!” Sbottò lei, impedendogli di continuare.
“Ma se mi hai appena chiesto di cosa stavo parlando!” La rimbeccò lui, seccato, portandosi una mano sulla fronte.
“Sei troppo puntiglioso, Nara!” Ribatté lei, dandogli una non esattamente leggera ed aggraziata pacca sulla spalla.
“E tu sei incomprensibile, donna.” Borbottò stringendo un po' di più la presa sulla sua mano.
Quel piccolo sprazzo di quotidianità portò in entrambi una sorta di senso di felicità, anche se nessuno dei due ne conosceva la motivazione. Era come se, sia Shikamaru sia Ino, avessero creduto per qualche strano motivo che non fosse più possibile un battibecco tra loro due.
Sensazioni; l'ennesima di quel giorno – o forse di quei giorni, nessuno dei due aveva capito come andasse il tempo, lì –, probabilmente non l'ultima.
Erano solo sensazioni, sì, non sapevano da dove scaturivano, ma loro vi si affidavano ciecamente.
“Allora?” Proferì nuovamente il Nara, richiamando l'attenzione della ragazza, che sussultò, persa nei suoi pensieri.
“Ma ovvio che è reale, baka! Non vedi? L'erba è reale, quella che hai sotto i piedi, anche gli alberi, la terra dove cammini, è reale, tutto, anche...”
“Ino...” La richiamò piano Shikamaru, rallentando un po' il passo, ma non smettendo di camminare.
Non si voltò nemmeno, anche sentendo il tono della ragazza che si era fatto via via più agitato, forse consapevole.
“No, va bene, forse non lo è... no, non è reale, ok, no.” Disse, fino a che la sua voce non divenne un sussurro. Poche frasi e la sua voce, prima spensierata, si era affievolita sotto il peso della consapevolezza. Quella di Ino era stata una risposta che voleva convincere se stessa, non era intenzionata a mettere a tacere uno dei dubbi di Shikamaru. Anche perché il Nara lo sapeva già, lo aveva capito che non lo era. Era lei che non ci era ancora arrivata. O forse sì, ma aveva fatto di tutto per mettere a tacere quella consapevolezza.
Ora che lo aveva ammesso a se stessa era come se si fosse liberata da un peso, per riceverne sulle spalle uno maggiore da levarle quasi il respiro.
Se non era reale, allora, cos'era? Dov'erano lei e Shikamaru?
Non lo sapeva lei, così come non lo sapeva l'amico, che si poneva quella domanda da tantissimo tempo, forse da poco dopo che avevano iniziato a camminare. Ma quand’è che avevano iniziato?
“E allora... cos'è? Non è reale, perciò non è vero. Cos'è, un sogno? Sto sognando tutto? O lo stai sognando tu?” Chiese incerta a quel punto, che sembrava un punto di svolta quanto un vicolo cieco. Stavano iniziando a capire probabilmente, ma quelle sole ipotesi – no, consapevolezze, tanto lo sapevano che avevano ragione – senza qualcosa che le confermasse non avevano alcun senso. Erano illogiche.
Irreali.
“Non lo so, Ino. So che non è reale. Anche le nuvole sono sempre le stesse.” Commentò il ragazzo sovrappensiero, volgendo il capo verso l'alto.
Si muovevano ad una lentezza esasperante, se non erano proprio immobili. E poi non cambiavano, non erano soggette a nessun tipo di mutamento e quello Shikamaru lo aveva notato subito. Lui, che le nuvole le aveva osservate fino a poco prima – ma prima quanto? Come faceva ad esserne così sicuro? - non poteva non notare una cosa del genere.
Ino si accorgeva del sole – lei era quella solare, viva, spendente – e lui delle nuvole: ordinaria amministrazione. Quelle, però, insieme al sole, non cambiavano, stavano lì.
Forse anche loro non si stavano muovendo per davvero, in fondo era da così tanto che camminavano, ma non erano ancora stanchi.
“Ma sei tu quello che sa sempre tutto.” Mormorò lei di rimando, constatando mentalmente quanto quel posto avesse decisamente poco di reale. E di vivo. Era tutto morto, lì.
Shikamaru sapeva sempre tutto. Era stupido anche solo pensare il contrario, nessuno che lo conoscesse almeno un po' lo faceva. Se proprio non ti sapeva da una risposta precisa, avanzava ipotesi, ma non lo stava facendo, in quel momento.
Non guardava nemmeno le nuvole, perché erano ferme, se n'era accorta anche lei.
E che senso aveva guardare qualcosa che non si muoveva? Le nuvole, dei semplici fenomeni naturali, che probabilmente Shikamaru una volta aveva anche provato a spiegarle, ma lei non lo ricordava, erano morte? Come poteva essere?
Non aveva senso; in quel posto tutto sembrava essere paradossalmente senza senso.
“E ce ne andremo mai, da qui?” Provò nuovamente a chiedere Ino, in attesa di una risposta.
Voleva sapere, avere delle risposte, delle certezze, qualcosa a cui aggrapparsi. Era quello che le aveva dato sempre Shikamaru, in fondo. Punti di riferimento e pilastri stabili attorno a cui far proseguire la sua vita.
Eppure ora non rispondeva.
“Forse dobbiamo solo aspettare.” Mormorò.
“Aspettare cosa, Shika?”
Quel tono innocente fece venir voglia al ragazzo di voltarsi verso di lei, ma non poteva, lo sapeva.
“Non lo so, Ino.” E strinse la presa sulla sua mano, unico contatto che aveva con lei.
La Yamanaka sospirò piano, conscia che lui non poteva dirle di più, semplicemente perché non le sapeva davvero, le risposte.
In quel momento, mentre la loro lunga camminata procedeva, quella stretta in cui erano chiuse le loro mani era l'unico punto di riferimento a cui poteva aggrapparsi.
Era come se si fossero sempre tenuti per mano, come se quel contatto fosse sempre stato presente. Non che ricordasse quando fosse iniziato. Sapeva solo che era così.
Sensazione.
L'ennesima, incomprensibile percezione di un ricordo, un sentimento, di un qualcosa che la sua mente non riusciva ad evocare, ma che c'era. Era presente, con lei, con Shikamaru, con quel sole lassù e con le nuvole, in quel bosco che non sembrava avere fine e di cui non ricordavano l'inizio.
“No, Shikamaru, aspetta, dobbiamo fermarci.” Disse, tirando piano la mano di Shikamaru.
E Ino decise di fermarsi, perché doveva mettere ordine nella sua testa, nella sua mente c'era troppo disordine e lei non riusciva a ricordare, non riusciva a capire.
Il Nara rallentò di poco il passo, non fermandosi però completamente.
“Che stai dicendo, Ino? Non possiamo fermarci.” Chiese stranito.
“No, dobbiamo fermarci. Ci sono troppe sensazioni e io non riesco a capirle. Dobbiamo fermarci e ricordare.”
Non era l’unico ad avere delle sensazioni, allora.
Shikamaru finalmente si fermò quando la stretta di Ino si fece più salda e comprese a sua volta che era il momento di fermarsi. E di capire.
Rimasero in silenzio, Ino a guardare la schiena del ragazzo, lui a scrutare davanti a sé, dove vi erano solo alberi e nient'altro.
Non era andando da quella parte che avrebbero trovato la loro meta, evidentemente.
“Tu ricordi, Shikamaru? Ricordi come siamo arrivati qui, quando abbiamo iniziato a camminare, quando ci siamo presi per mano?” Chiese piano lei, gli occhi puntati sulla sua nuca.
“No, non me lo ricordo. E tu?”
“Nemmeno.”
Quello, allora, era il momento di ricordare, perché entrambi sapevano fin troppo bene che tutto aveva un inizio, così come una fine, ma quel momento, totalmente estraneo alla realtà, per loro non aveva avuto inizio. Era come se fosse così da sempre.
Semplicemente, però, non ricordavano.
“Dobbiamo ricordare.”
Shikamaru disse quelle parole con una consapevolezza che, da quando tutta quella situazione si era creata, non aveva avuto. E Ino, in quel tono sicuro, riuscì a trovare quella tranquillità che il ragazzo le dava sempre.
Ed entrambi capirono che bastava cercare, neanche a fondo, perché era tutto davanti ai loro occhi, solo che non avevano saputo leggere quelle note, che a loro apparivano tremendamente stonate.
“Forse... all'inizio c'è quella cosa che biasimi sempre tu in me.” Disse con un mezzo sorriso, ma che di divertito o felice non aveva nulla.
“Sai, la mia curiosità... La mia incapacità di... attendere.” Mormorò ancora, tentando di rievocare quelle immagini sbiadite e incomprensibili e provando a dare un senso ai pezzi di puzzle nella sua mente.


“Tsunade-sama!” La voce allarmata di Ino Yamanaka si fece man mano più vicina, fino a che la porta dello studio della Godaime non si aprì violentemente.
Ansimante, si resse sulle ginocchia rese malferme dalla disperata corsa: davanti a lei, la Senju la osservava con sguardo critico e vagamente preoccupato.
Dietro di lei, rigidamente sedute stavano quelle che probabilmente dovevano essere importanti cariche di alcuni paesi alleati o semplici delegati, ma Ino non si curò di loro. La sua attenzione era totalmente catalizzata sulla figura della donna che ricambiava il suo sguardo.
Non poté non fare caso alle linee del volto della donna, che denotavano quanto tutto quel che stava accadendo la stava mettendo a dura prova. Tutti risentivano di quella situazione, inutile negarlo.
Da quando quella che, all'inizio, era sembrata solo una semplice guerriglia tra paesi di confine, era dilagata in un vero e proprio conflitto che aveva coinvolto anche Konoha, il caos si era impossessato della situazione.
Inoltre, lei, restando tra le file mediche, non poteva comprendere appieno le dinamiche di ciò che avveniva sul campo di battaglia e il suo lavoro la teneva tanto occupata, per ovvi motivi, da non permetterle di essere consapevole di tutto ciò che accadeva.
In quelle ultime poche ore, però, era successo qualcosa che aveva messo in allerta tutta Konoha e, a giudicare dalle persone in quella stanza, anche altri villaggi.
Qualcosa che aveva destato ulteriormente il panico, che aveva scombussolato e mandato all'aria il piano d'attacco che si era prefissato il Villaggio per sopravvivere in qualche modo a quella guerra.
“Ti sembra questo il modo di comportarti, Yamanaka?” Chiese con voce severa Tsunade, benché lei fosse a conoscenza del motivo per cui lei era lì.
“Mi dica cosa è successo!” Ribatté lei dritta al punto, il volto ancora rosso per la corsa, ma anche per la rabbia che stava prendendo possesso di lei.
Come poteva fermarsi a commentare il suo modo di fare, data la situazione? Aveva tutto il diritto di sapere.
Tsunade strinse le labbra, soppesando la risposta, ma Ino non sembrava intenzionata a perdere ulteriore tempo.
“Mi risponda!” Il tono acuto trasudava impazienza e disperazione.
“Yamanaka, questo non è il posto più adatto, attendi fuori quando la riunione sarà finit–” Iniziò, ma fu interrotta dalla giovane, che veementemente proruppe: “Non ho tempo!”
Era un'affermazione in cui mise tutta se stessa: perché era vero, lei non aveva tempo, se ciò che aveva sentito dire dai feriti che furono affidati alle sue cure quel giorno era vero, non c'era tempo, né minuti né secondi.
Tsunade la scrutò brevemente, poi si voltò verso i membri della riunione che si stava tenendo fino a poco prima e, scusandosi per l'inconveniente, chiese di attenere un attimo il suo ritorno. Dopodiché, uscì fuori con la kunoichi.
“Non ti hanno detto di aspettare al campo medico?” Chiese con una punta di risentimento nel tono palesemente stanco.
Forse erano quelle le disposizioni che aveva dato, ma non erano state rispettate.
“Sì, ma–”
“E perché non hai fatto come ti è stato detto? Perché non hai aspettato?”
“Io dovevo sapere! Ho sentito... Hanno detto...” Il tono si affievolì a poco a poco, sotto lo sguardo accusatorio della Godaime.
Al campo le avevano detto di attendere, di aspettare disposizioni da parte dell'Hokage stesso, ma lei aveva voluto sapere, non aveva saputo aspettare.
“La prego... me lo dica...”
Al tono supplichevole della ragazza, Tsunade non poté non acconsentire alla sua richiesta, anche se era a conoscenza delle possibili conseguenze. In fondo, aveva diritto di sapere, più di altri.
“Un gruppo di shinobi formato da jonin di diversi villaggi inviato per controllare la situazione sul confine est è caduta in un'imboscata. Non si hanno notizie del team da due giorni.” La informò brevemente, in tono incolore, osservando la serie di emozioni che si susseguivano man mano sul volto della ragazza.
Incredulità. Sgomento. Paura. Forse rabbia. Disperazione.
Perciò era da due giorni che era successo tutto. In quarantotto ore poteva succedere di tutto e lei lo era venuto a sapere solo ora.
Forse, però...
“Chi...” Biascicò, alla ricerca dell'ennesima, devastante conferma.
“A capo del gruppo vi era Shikamaru Nara e...”
Ino non sentì i nomi degli altri componenti del gruppo, già di corsa fuori dal palazzo dell'Hokage.


“Sei la solita stupida, Ino.” Commentò amaramente Shikamaru, stringendo più forte la mano della ragazza.
Ino, a dispetto della solita 'gentile pacca' che avrebbe dato di norma al Nara, esordi con una mezza risata, quasi imbarazzata.
Ora che aveva il tempo di pensarci tutto assumeva un significato diverso: era come se avesse la possibilità di leggere tutto da un punto di vista diverso. E, se avesse visto in quel modo dall'inizio, forse un bel po' di cose sarebbero state diverse. In fondo, però, quello magari era solo ciò che era destinato a succedere, inutile ripensare a cosa sarebbe stato meglio fare.
Anche perché, Ino ne era sicura, se si fosse ripresentata la medesima situazione di nuovo, lei avrebbe agito nella stessa, identica maniera.
Era come se qualcosa stesse iniziando a tornare al suo posto, portando un po' di stabilità e ordine, che fino a quel momento sembravano mancare.
Forse, continuando a sbrogliare quella matassa di sensazioni sarebbero riusciti a capire, sarebbero riusciti a comprendere qual era la strada tra tutti quegli alberi e qual era la meta al di là di essi.
Dovevano solo continuare a cercare.
“E tu, Shikamaru, cosa ricordi?”


“Ino! Si può sapere che diavolo ci fai qui?” Le gridò ansante Kiba – anche lui parte del team – quando la vide correre verso di loro. Il fatto che non vi fosse nessun altro ninja con lei, poi, non lo predispose ad accogliere con sollievo il suo arrivo: era sola, in un posto come quello. Era forse impazzita?
Alla fine la Yamanaka era riuscita a trovarli, facendosi indicare il luogo dove potevano essere e seguendo anche le tracce del chakra di Shikamaru e di altri ninja che non conosceva.
Non aveva voluto sentire ragioni, neanche il fatto che l'Hokage in persona le avesse vietato di andare l'aveva fatta dissuadere dal suo intento.
Aveva chiesto come mai non erano stati inviati ninja a controllare la situazione, ma a quanto pareva era successo fuori dai confini di Konoha, nel territorio nemico; per il momento inviare altri ninja sarebbe stato troppo pericoloso e, per di più, non avevano ancora un piano ottimale da mettere al atto.
Quando Tsunade le aveva detto che il suo compito, in quanto ninja medico di Konoha, in un momento tale, era quello di prestare soccorso e cure ai feriti, lei era rimasta interdetta per un attimo Quello era ciò che doveva fare, se avesse pensato come la Ino 'ninja'.
Subito, poi, le erano venute in mente le parole di Sakura per giustificare il suo tentativo di riportare indietro Sasuke a modo suo di qualche tempo prima. Sciocca, l'aveva definita all'inizio. Pazza suicida.
L'Haruno le aveva detto che la sua vita, anche se era una ninja – e lo era, lo era davvero –, era legata a doppio filo a quella di Sasuke. Se lui non ci fosse stato – se lui fosse morto –, il filo si sarebbe spezzato. E tanto valeva spezzarsi insieme al filo, piuttosto che vivere senza quello che lei aveva definito un vero e proprio conduttore di vita.
Non aveva senso, preservare la sua vita in funzione dell'essere ninja, perché c'era qualcosa di più importante a cui faceva capo la sua mente – e il suo cuore.
All'inizio, Ino non aveva compreso ciò che aveva detto, non l'aveva biasimata semplicemente perché sapeva che per lei aveva senso. In fondo, era abbastanza cresciuta da poter accettare le sue parole senza criticare se Sakura in esse ci credeva.
Solo in quel frangente, però, aveva compreso completamente quanto tutto quello fosse vero anche per lei. Il suo filo vitale partiva dal suo cuore – dalla sua mente e da ogni parte di sé – ed era legato a Shikamaru Nara, inutile negarlo.
Ino, compreso ciò, anche volendo, non sarebbe stata più capace di sentire ragioni, perché, egoisticamente, esisteva solo la sua, di ragione. O faceva si che il filo non si spezzasse o si spezzava con lui.
Ed era partita senza voltarsi nemmeno una volta indietro, correndo senza fermarsi un attimo, seguendo prima le indicazioni per raggiungere l'estrema parte est del Villaggio e poi le deboli tracce di chakra.
Ciò che si trovò davanti fu devastante. In tutti i sensi.
Lo scontro che si era tenuto doveva essere durato fino a poco prima, perché nell'aria c'era ancora odore di sangue.
Davanti a lei si estendeva un'immensa vallata verde irrimediabilmente macchiata di sangue, che trasudava morte. Era angosciante, si disse appena vide quell'atroce spettacolo, da togliere il respiro tanto era crudele vedere la vita dipinta con il colore della morte.
Sentendo le sue parole, si diresse verso Kiba, che era accovacciato per metà a terra, Akamaru di fianco a lui, entrambi ridotti in uno stato pessimo.
“Cos'è successo?” Chiese agitata, lanciando occhiate preoccupate tutt'intorno.
Sull'erba erano riversi diversi altri ninja, alcuni chiaramente morti, altri forse ancora con la possibilità di poter riaprire gli occhi.
“Un'imboscata... quei bastardi ci hanno giocato facendoci credere di essere di Konoha e facendoci attraversare il confine...” Ringhiò, prima di accasciarsi a terra per il dolore che gli aveva provocato un tale impeto d'ira.
La Yamanaka, subito, tentò di curare alla bene e meglio le ferite del ragazzo, anche se alcune erano molto profonde e necessitassero di una struttura adeguata in cui essere curate.
“Si può sapere... cosa ci fai tu... qui?” Domando, questa volta lui, a fatica.
“Ho saputo cos'era successo...” Iniziò, ma con tono più agitato, aggiunse: “Kiba, dov'è Shikamaru?”
Lui strinse le labbra, sia per il dolore, sia la domanda che gli era stata posta.
Avrebbe tanto voluto che gli occhi azzurri di Ino non fossero irrimediabilmente piantati nei suoi, disperati come mai li aveva visti, a rendere quanto più difficile rispondere.
“Durante lo scontro ci siamo divisi... lui è rimasto a combattere dentro la boscaglia... non so cosa...” Ma non terminò di parlare, non sapendo cosa dirle.
Lei, di rimando, si era alzata, intenzionata a dirigersi verso il bosco dove si trovava il Nara. Doveva trovarlo ad ogni costo, era per quello che era venuta lì. Doveva trovare l'altra estremità del filo.
Kiba non disse nulla: sapeva che non l'avrebbe ascoltato, perché probabilmente lui, in una situazione del genere, non avrebbe fatto diversamente.
Addentrandosi nel foresta vide subito i segni de combattimento che si era tenuto, violento e mortale per alcuni ninja, i cui corpi giacevano abbandonati sul terreno. Notò con sollievo che la maggior parte di essi erano nemici, ma purtroppo vi erano anche degli alleati e dei ninja di Konoha.
Era agitata, Ino. Nervosa. Spaventata da ciò che avrebbe potuto trovare. Non riusciva a calmarsi e ciò limitava le sue capacità percettive, infatti anche tentare di captare tracce del chakra del ragazzo le risultava difficile, cosa che non la aiutava nella ricerca del Nara.
Poi finalmente lo vide.
Era seduto alla base di un albero, con la schiena appoggiata al tronco, la testa lasciata cadere in avanti. Corse subito verso di lui, il respiro pesante ed accelerato.
Era vivo, debole, ma vivo. E tanto bastò a calmare un po' la ragazza, quel tanto da permetterle di mettere insieme il chakra necessario per curare parzialmente le sue ferite.
Anche per lui non poteva fare di meglio di così.
“Shikamaru!”
Lo chiamò allora, tentando di farlo svegliare.
E lo chiamò ancora e ancora, una nenia infinita che si interruppe con un sospirò di sollievo dopo un basso 'oh' quasi meravigliato quando lui mosse debolmente il capo.
“Shika!” Disse lei, quando vide i suoi occhi castani aprirsi. Si inginocchiò di fianco a lui, continuando a far fluire chakra.
Lo sguardo inizialmente spaesato del ragazzo, dopo essere riuscito a mettere a fuoco la situazione, si fece vigile e attento, come quel frangente richiedeva.
“Che ci fai qui?” Chiese poi, tentando di issarsi meglio a sedere, ma la ferita che scoprì avere su un fianco – come se l'era fatta, quella? Non lo ricordava – rese il suo sforzo inutile e anche piuttosto doloroso.
“Che domanda idiota!” Rimbeccò la Yamanaka, come quella domanda fosse effettivamente troppo stupida per essere pronunciata da uno che vantava un quoziente intellettivo come il suo.
Doveva conoscerla la risposta, non c'era bisogno che gliela dicesse lei.
Anche se Ino stessa doveva ammettere che fino a quel momento non aveva avuto consapevolezza di ciò, non sarebbe stata in grado di dare una risposta. Quella che provava dentro di lei non era una vera e propria certezza, più una sensazione a cui si affidava senza fare domande e senza esigere risposte.
Ora, però, faceva tutto con la massima consapevolezza e non poteva non provare un po' di amarezza nel constatare che, per aprire gli occhi, la situazione doveva aver preso una piega così disperata.
Dannata superficialità. Era come un grande e luminosissimo sole, il suo essere così frivola, e l'aveva costantemente davanti agli occhi, così che essi fossero sempre chiusi, impedendole di vedere.
Finalmente era tramontato.
“Cos'è successo?” Chiese, dando un'occhiata a quello che doveva essere stato il campo di battaglia.
Shikamaru portò lo sguardo al cielo, quasi come se la risposta potesse trovarla lì, ma la verità era che non lo ricordava. Forse doveva ancora fare mente locale e riordinare le idee, ma fatto stava che tutto quel che ricordava era il sentirsi messo alle strette. Poi, però, a quanto pareva, doveva aver vinto e gli altri perso, perciò il come per il momento era un dato irrilevante.
“Ino, torna indietro, qui è ancora pericoloso.” La avvertì invece il Nara, ignorando la sua domanda, più che conscio che era venuta da sola, senza una squadra di soccorso.
Che testa calda, pensò immaginandosela perfettamente mentre veniva lì da sola, senza pensare nemmeno per un attimo alle possibili complicazioni che avrebbe potuto incontrare. Nemici, ad esempio.
In fondo, però, lei era così: impulsiva e testarda, nonché poco incline al ragionamento strategico.
“Non dire idiozie, non posso andarmene da sola! Tanto la Godaime avrà mandato una squadra appena sono partita, fra poco arriveranno.” Aggiunse in tono vago, al ricordo della sua 'discussione' con l'Hokage. Sembrava essere avvenuta secoli fa.
“Dovevi aspettare che li mandasse lei stessa i rinforzi, ma come al solito fai tutto di testa tua.” Disse, beccandosi un pugno sulla spalla in risposta, non esattamente leggero.
“E tu sei sempre il solito riconoscente, eh! La prossima volta...” Iniziò, ma lasciò la frase in sospeso, non volendo nemmeno pensare alla possibilità che potesse esserci una 'prossima volta'. Spostò lo sguardo verso un punto impreciso di quella boscaglia e non disse più nulla, sentendo lo sguardo di Shikamaru su di sé.
“Non ti si può lasciare un attimo da sola che crei un pandemonio, donna!” Borbottò seccato, immaginando chiaramente quel che poteva essere successo a Konoha.
“Ma senti che ingrato! Io sono venuta a salvarti! Dovresti come minimo lodare la mia intraprendenza, la mia tenacia e–”
“Devo insegnarti a giocare a Shogi." Sentenziò pigramente, interrompendo l'accanita risposta dell'amica, il cui sguardo da bieco divenne decisamente confuso.
“Eh?”
“Shogi, Ino, ti insegnerò a giocare a Shogi per quanto sarà una seccatura. Se non sarai lenta di comprendonio come tuo solito magari ti insegnerò a giocare anche a Go.”
“Che vuoi dire con 'lenta di comprendonio', eh?! Forse, se non capirò, sarà perché tu sei un pessimo insegnante!” Ribatté acida.
Shikamaru liquidò le sue proteste sbuffando sonoramente e poggiando la testa al tronco.
“E perché, scusa?” Domando Ino, curiosa di conoscere le sue motivazioni. Era alquanto strano che Shikamaru proponesse di fare qualcosa che, da parte sua, richiedeva un dispendio di energie e di tempo.
“Perché cosa?”
Lei alzò gli occhi al cielo – ma bisognava sempre spiegargli tutto?
“Perché vuoi insegnarmi quei giochi strani.”
“Shogi e Go.” Precisò. “Perché sono giochi di strategia, richiedono ragionamento e calma, caratteristiche che non sembri aver mai visto nemmeno da lontano.” Fece presente lui, “Non è assolutamente vero! Io sono calma e riflessiva!”
“Ecco perché sei venuta qui, da sola, senza sapere che situazione si sarebbe presentata qui, vero?” Chiese pacatamente, osservando la sua reazione con la coda dell'occhio: era intenzionata a ribattere, ma si limitata a schioccare la lingua oltraggiata.
La vide poi abbassare lo sguardo, quasi mortificata.
Shikamaru, però, non voleva farla sentire in colpa. Però aveva corso dei rischi, poteva farsi del male, e quello solo perché era venuta a cercarlo. Nemmeno Shikamaru sapeva se fosse felice o no di vederla lì, perché per quanto potesse essersi messa in pericolo da sola, agendo così sconsideratamente, era stato felice di vederla accanto a sé quando aveva aperto gli occhi.
“La prossima volta manderò Yoshino-san, così non avrai da ridire, vero, Shika?” Aggiunse sorridendo rivolta a Shikamaru: non voleva che su di loro, in quel momento, calasse il silenzio.
“Sì, così se non fossi morto combattendo mi avrebbe ucciso lei.” Commentò lapidario.
Ino rise per poi alzarsi in piedi.
“Su, dobbiamo iniziare ad andare. Al di là di questa foresta ci sono gli altri, andiamo lì, così li curo e quando arriverà la squadra di soccorso potremo tornare subito indietro.” Disse, posizionandosi davanti a Shikamaru e tendendogli una mano.
Lui annuì e prese la mano, alzandosi a sua volta, ora a poca distanza l'una dall'altro.
Non le lasciò la mano, però. La strinse maggiormente nella sua, guardandola negli occhi. In quel momento poteva dire senza esitazione di essere felice che fosse venuta, senza ombra di dubbio. Al suo sguardo serio, Ino rispose con un sorriso, ricambiando la stretta.
“Che c'è?”
“No, niente.”
C’era lei che era venuta lì per lui e quello per Shikamaru era tutto, non niente, ma non se la sentiva di imbarcarsi in discorsi poco da lui, perciò avrebbe posticipato semplicemente la faccenda.
Fu troppo tardi, però, quando Shikamaru si rese conto della presenza nemica che ora si trovava a poca distanza da loro.
Era troppo tardi, troppo tardi, troppo tardi.


Ino tirò piano il suo braccio, accompagnando quella muta richiesta con un sussurro: “Voltati, Shikamaru.”
Lui, gli occhi spalancati dalla consapevolezza di tutto, fece come gli era stato detto.
“Ino...”


Lo vide solo comparire alle spalle di Ino, la faccia sporca di sangue, un sorriso di vittoria stampato in faccia.
Paradossale il non essere riuscito ad intercettare prima la sua presenza, ma l'essere riuscito a sentire il suo basso, quasi inesistente, sussurro: “Scacco matto.”
“Attenta, Ino!” Gridò, ma era davvero troppo tardi.
Il sorriso che prima incurvava le labbra di Ino si trasformò in un'espressione a metà tra il sorpreso e il sofferente.
La stessa sofferenza e lo stesso stupore che provò anche lui quando la stessa katana che aveva colpito Ino l'aveva completamente trapassata, colpendo anche lui.
E Shikamaru si rese conto quanto fosse ancora più doloroso per lui vedere riflesso in quegli occhi color cielo il rosso vivo del sangue mortale.
“Shika... maru...” Mormorò, mentre febbrilmente stringeva la mano del ragazzo, che non poteva che ricambiare, mentre sentiva la katana trapassare il suo corpo.
Ino si abbandonò completamente contro il Nara, che con la poca forza che gli era rimasta tentò di sorreggerla con l'altro braccio.
Il ninja che li aveva attaccati era scomparso, ma anche se fosse rimasto non avrebbe potuto fare nulla.
Poggiò la schiena al tronco dietro di lui, tentando di reggere ancora per un po' il peso della morte che gli gravava sulle spalle.
Sentiva il respiro pesante di Ino, i suoi rantoli affannati e la disperazione nei suoi deboli sussurri.
“Ino...” Voleva chiederle di resistere, di attendere che quella squadra arrivasse, ma non sapeva né quando né se sarebbe effettivamente arrivata. Era una richiesta troppo egoista chiederle di protrarre il suo dolore in attesa di quella che non era una certezza, ma una possibilità con molte variabili.
“Dovevi insegnar... mi... lo Sho...gi...” Rantolò piano, mentre sentiva le sue palpebre farsi dannatamente pesanti.
Alla fine, concluse Ino mentre si abbandonava a quel torpore, aveva ottenuto quel che voleva. Avrebbe preferito poter preservare la salvezza di quel filo, che si era dimostrato forte – lei era giunta fin lì per lui, incurante di tutto e di tutti – quanto estremamente fragile, però stavano morendo e ne era consapevole.
Avrebbe finito semplicemente con lo spezzarsi con il filo, che in fin dei conti andava bene. Poteva stare con Shikamaru, non chiedeva altro.
“C'è anco... ra tem... po...” Deglutì a fatica, Shikamaru, sia per il dolore sia per il senso di vuoto che aveva dentro.
“Ino...” Mormorò piano quando non sentì più il suo respiro accelerato e pesante.
Si lasciò cadere per terra, Ino tra le braccia.
“Ino...”
E anche lui smise di respirare, troppo doloroso in quel momento, troppo inutile.
Non c’erano neanche tante nuvole quel giorno in cielo, si rese conto poco prima che il paesaggio circostante fosse precluso alla sua vista.
La mano di Ino era ancora stretta in quella di Shikamaru e quella di Shikamaru era ancora stretta in quella di Ino.


Sull'addome di Ino si estendeva una grande chiazza rossa, che andò a sfiorarsi piano con le dita sottili sotto lo sguardo di Shikamaru.
“C'è anche a te.” Disse, spostando la sua attenzione dalla stoffa lacerata della sua maglia alla macchia scura che si estendeva sull'addome di Shikamaru.
La sfiorò, quasi a volersi accertare che fosse reale, come se a quel punto potesse non esserlo. Non faceva male, però. Fino a quel momento non se ne erano nemmeno accorti – forse non c'era nemmeno, fino ad un attimo fa.
Non sentiva nemmeno il dolore per le ferite ricevute durante la battaglia, né Ino sentiva la stanchezza per tutto il chakra utilizzato.
Fino a quel momento, era come se loro due si fossero trovati in una specie di fase di passaggio, un luogo dove era loro compito ricordare. Solo così avrebbero potuto andare avanti e uscire da quel circolo infinito. Camminando, non avevano fatto altro che ripercorrere senza sosta i loro passi. Ora, però, tutto sembrava essersi sbloccato.
Non fu molto stupito, Shikamaru, quando si rese conto che le nuvole stavano iniziando a cambiare, non erano più le stesse.
Ino, invece, fu felice di vedere che finalmente il sole si stava spostando, non era più sulle loro teste, ma presto sarebbe tramontato. Sarebbe venuta la luna, il buio e lei avrebbe potuto dormire.
Quel luogo ora non sembrava più morto, sembrava reale; sentivano il vento. Una leggera brezza faceva loro compagnia e nessuno dei due, da quando avevano iniziato a camminare, aveva avuto l'occasione di poter sentire anche un solo soffio d'aria.
Il cinguettio degli uccellini non appariva più alle loro orecchie come una sequenza di note discordanti tra di loro: ora potevano leggerle poiché sapevano la trama della storia che stavano musicando.
Lo sguardo di Shikamaru aveva finalmente incontrato quello di Ino, che continuava a vagare per il bosco, rapita dalla nuova visione che aveva di esso.
“Ino, perché sei venuta?” Chiese infine Shikamaru, mentre la vita prendeva a scorrere in quel luogo.
“Mi pare di averti già detto che è una domanda idiota. E poi non ha senso farla ora.” Ribatté con un lieve sorriso.
Shikamaru non disse nulla, perché per lui non era così idiota, quella domanda.
Lei non sembrava minimamente scossa da ciò che era successo; non lo era prima di ricordarlo, né dopo. Era lui che non riusciva a capacitarsene completamente, forse perché Shikamaru riusciva a relazionarsi meglio con la razionalità.
Tutto ciò che stava succedendo di logico aveva ben poco e il fatto che riconoscesse una situazione del genere come reale – non poteva fare altrimenti, era così e basta – non faceva altro che destabilizzarlo ulteriormente.
Forse, però, aveva solo bisogno di tempo e di quello, a quanto pareva, ne avevano in abbondanza. “Sono venuta perché ho sentito il mio filo tirare. Sembrava stesse per spezzarsi e io volevo evitare che succedesse.” La voce di Ino era sicura come Shikamaru l'aveva sempre sentita.
Come si aspettava, sul suo viso c'era uno dei suoi soliti sorrisi, quelli che ricordava di aver pensato di non poter più vedere.
Non sapeva esattamente cosa intendesse con quel filo, non sapeva nemmeno quale astruso e complicato ragionamento vi fosse dietro quelle parole, ma, a quanto pareva, dall'altro capo del filo doveva esserci lui.
“Alla fine il filo si è rotto, ma va bene così.” C'era Ino, in quelle ultime tre parole. Per lei andava davvero tutto bene così, non c'era menzogna né un tentativo di dissimulare ai suoi stessi occhi ciò che realmente credeva.
Senza neanche dirlo, automaticamente ripresero a camminare, certi che ad accompagnarli quella volta non ci sarebbero state evanescenti sensazioni. E non erano più Ino dietro e Shikamaru davanti; erano uno affianco all'altro, la mano di uno stretta in quella dell'altro.
“Adesso posso insegnarti a giocare a Shogi, abbiamo più tempo. Con te infatti la cosa potrebbe andare molto per le lunghe.” Sentenziò pigramente Shikamaru.
“Cosa vorresti dire con questo?! Se mai saresti tu che ci metteresti più del dovuto, visto che metà della tua vita la passi dormendo!” Ribatté piccata.
“Che seccatura, non mi libererò mai di te.” Borbottò, poggiandosi una mano sulla fronte sconsolato. “Come se lo volessi!” Lo rimbeccò con supponenza Ino, ma aveva ragione.
Shikamaru non era minimamente intenzionato a liberarsi di lei.
“No, non lo voglio.”
Ino sorrise, stringendo la mano di Shikamaru e guardando avanti.
“Ora ha senso.” Disse la Yamanaka, mentre i suoi occhi vagavano sul paesaggio attorno a loro. “Cosa ha senso?”
“Dove dobbiamo andare. Ora sappiamo cosa è successo prima e possiamo far accadere ciò che deve avvenire dopo. Conosciamo la strada.”
Ed era vero. Shikamaru riusciva a leggere quel bosco, sapendo esattamente qual era il sentiero che doveva seguire, anche se non era indicato da nulla.
Ora non c'era più sensazioni, c'erano solo consapevolezze e ricordi vividi, c'erano certezza. Sapevano doveva dovevano andare e ci sarebbero andati insieme.
Dovevano solo continuare a camminare e il resto sarebbe venuto da sé.


Uhm… non sono bene da dove sia uscita questa cosa, ma a quanto pare è uscita, quindi inutile chiedersi da dove!xD So solo che è la prima cosa che scrivo da un bel po’ di tempo, quindi non so come sia uscita!xD
L’idea credo me l’abbia ispirata la storia di Paolo e Francesca, che, morti insieme, sconteranno anche la loro eterna pena insieme. Perciò se volete prendervela con qualcuno, cercate una Divina Commedia e rivolgete improperi a chi più vi aggrada di quest’opera!xD
Non credevo sinceramente che sarebbe venuta così lunga, ma chi sono io per lamentarmi della lunghezza, quando non riuscivo a scrivere neanche una drabble?
Precisazione doverosa, è ambientata un po’ dopo il disperato tentativo di Sakura di far rinsavire Sasuke – tutto a modo suo, benedetta ragazza! – e quel che sta succedendo ora, che ammetto di non sapere cosa sta succedendo. Mi sono fermata un po’ a leggere il manga, non ho neanche un po’ di tempo da dedicarci purtroppo.
Ora che ci penso è anche la prima Shika/Ino che scrivo! La cosa mi emoziona al quanto!u___ù
Beh, spero che piaccia e che non uccida, credo che se prima la portata distruttiva delle mie fanfic – sono audace a chiamarle così, lo so!xD – era alta, ora è almeno il doppio. O il triplo.
Non rispondo di eventuali decessi in sostanza!xD
  
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