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Autore: Keiko    07/04/2011    1 recensioni
“Vuoi capire cosa c’è di strano nella famiglia Black, Ninfadora? Io ti risponderei nulla. Ci sono solo tante scelte fatte e strade che hanno diviso persone legate dallo stesso sangue, questo si. Di sbagliato credo non ci sia nulla ma tu potrai trarre una conclusione differente dalla mia dopo aver visto tutto quel che voglio mostrarti.”
Ninfadora Tonks è al suo primo ad Hogwarts quando Lord Voldemort pare essere sconfitto dai coniugi Potter e il loro figlioletto essere sopravvissuto all’eccidio. Ninfadora è scettica ma per lei non è certo quello il problema: è sapere Sirius rinchiuso ad Azkaban ad indurla ad una lenta ma inevitabile metamorfosi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Narcissa Malfoy, Nimphadora Tonks
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“Andiamo Tonks, ci sono ancora due cose che voglio mostrarti. Ed una è parte di questo stesso ricordo.”
Ninfadora era ancora stordita dalla visione di sua madre intenta a lasciare memorie su di un diario che lei ricordava di aver visto tra gli scaffali impolverati di casa senza mai prestargli particolare attenzione più di quanta non la prestasse ai tomi di “Storia del mondo magico” che Andromeda collezionava avidamente. Iniziava lentamente a capire quello che Silente voleva mostrarle eppure quel tuffo in ricordi non propri le dava un malessere intrinseco perché le certezze su cui aveva fondato la sua vita si stavano sgretolando e lei non poteva fare nulla per ripararle e trattenerle, tutt’al più versare qualche lacrima silenziosa nel rendersi conto di essere terribilmente stupida ed immatura.
“Avanti, non abbiamo molto tempo ancora.”
Attraversarono corridoi e poi scale a chiocciola che scendevano verso il basso sino ad incunearsi sotto il livello del terreno, forse persino sotto il lago di Hogwarts.
Il dormitorio Serpeverde.
Narcissa era seduta mestamente a terra accanto al camino in una posizione tipicamente nobiliare, intenta ad ascoltare Rabastan e Regulus discutere animatamente.
“Regulus sei pazzo! Se quello sciocco di tuo fratello lo scoprisse cosa faremmo? Perduti e funestati dal tuo stesso sangue.”
“E’ rinnegato, Rabastan. Tra di noi non ci sono legami ormai.”
Sul volto di Narcissa parve apparire un’ombra buia e rammaricata, le mani strette in petto l’una nell’altra a farsi forza.
“Regulus non parlare così di Sirius. E’ pur sempre tuo fratello.”
“Cissy, andiamo. Ti comporteresti allo stesso modo se una delle tue sorelle fosse così pazza da rifiutare il proprio sangue, o sbaglio?”
“Non sbagli, cugino mio.”
Narcissa aveva abbassato lo sguardo distogliendolo da quello di Regulus. Quella follia dilagante che si stava impossessando di loro era opprimente come una cappa di fumo di belladonna stordente e letale. Era come se potesse toccare con mano il viscido marmo di una catacomba o vedersi sfilare dinnanzi il basilisco, quel terrore disgustoso che le saliva dallo stomaco desideroso di farsi strada e gridare il suo disprezzo e che inevitabilmente la lasciava pietrificata a ripetere sempre risposte che assecondavano Bellatrix, Rabastan o Lucius. Le avevano insegnato che una nobile non deve mai avere eccessi e lasciare sempre che coloro che la circondano credano che lei sia donna mite ma più passavano gli anni, più si rendeva conto che solo lei era rimasta ancorata a quegli insegnamenti infantili. Bella aveva fatto sfoggio di una sensualità quasi stonata su di lei per non parlare della decisione e della follia che albergavano nei suoi discorsi e Andromeda aveva dal canto suo preso poco alla volta le distanza da Bella e inconsciamente, anche da lei. Aveva sempre discussioni con Sirius ma alla fine riuscivano sempre a trovare un compromesso e in un certo senso, le faceva invidia quella complicità che lei aveva perduto e che invece Andromeda aveva indirizzato altrove. Aveva Bellatrix e Regulus ma sua sorella stava costruendo la sua vita su eccessi e gli eccessi non portano mai il bene. Era buffo avere certi pensieri per un figlio di Salazar, ma la sua ambizione era quella di essere la moglie di un grande uomo e la madre di un figlio importante. Non voleva una vita di studio o una vita votata ad una causa fosse essa giusta o sbagliata, ma desiderava semplicemente una vita da donna. Solo essere una donna, non l’ago di una bilancia politica. Poteva aspirare al mesto ruolo di madre, moglie e amante? Se lo chiedeva ogni volta che incontrava lo sguardo sfuggente di Lucius o quando si trovava a pensare a lui. Sarebbe stata una buona moglie per un uomo che serviva già il Signore Oscuro? Lei che non voleva comparire su di una scacchiera politica che sarebbe passata alla storia era costretta a fare da spettatore e vedere la regina nera divorata forse dalla regina bianca. Avrebbe mai sopportato la morte di Bella o quella di Regulus? Si chiedeva quanto avrebbe giovato ad ognuno di loro la decisione di portare un marchio che con la vecchiaia avrebbe iniziato a pesare come un macigno sul cuore. Quando si è giovani e si ha una vita davanti si crede sempre che si abbia tutto il tempo a disposizione per fare progetti, per riparare agli errori e per poter ripartire di punto in bianco da zero voltando una semplice pagina e ricominciare a scrivere la vita, ma quello che stavano vivendo era un periodo cruciale della storia e vincitori e vinti non avrebbero comunque avuto la possibilità di ripartire e tornare sui propri passi, come se il prezzo da pagare per l’avventatezza della gioventù fosse quello di convivere con l’eterna condanna di rimpiangere le scelte passate. Narcissa che aveva deciso di fare da spettatore a quella condanna che li avrebbe indistintamente coinvolti, viveva con quell’opprimente sensazione di perdita ed impotenza che si sarebbe trascinata appresso per gli anni a venire.
“Narcissa sai dov’è Lucius?”
Bellatrix le era arrivata furtivamente alle spalle scostandola bruscamente dai propri pensieri.
“Non so dove sia, Bellatrix. Sarà con Severus o Rodolphus. Hai bisogno di lui?”
La voce l’aveva tradita, stonando con una leggera inflessione ansiosa che la sorella colse con un sorriso malevolo.
“Ho bisogno di lui. E’ così difficile riuscire a parlare in privato di questi tempi.”
Narcissa accusò il colpo in silenzio. Non poteva permettersi di essere gelosa della complicità tra Bellatrix e Lucius, scaturita per altro da una causa comune che lei si era rifiutata di accogliere, tuttavia l’ambiguità con la quale giocava Bellatrix la metteva profondamente a disagio. Non dubitava dell’affetto di Lucius bensì era costretta nel timore di non essere all’altezza di sua sorella. Cosa sarebbe mai costato a Lucius fare un paragone e scoprire che Bellatrix era migliore di lei? Poteva passare dalla sua dedizione alla Arti Oscure al servizio di Lord Voldemort, passando per l’ambizione che divorava entrambi. Lei cosa ci faceva ancora lì, nella Casa di Serpeverde? Forse il cappello parlante si era sbagliato a smistarla in quella casa e magari era destinata a Tassorosso e…
”Vado a cercare Lucius. Se lo vedete ditegli che lo sto cercando.”
Si era sollevata in piedi lasciando Rabastan e Regulus a parlare nuovamente del progetto del Signore Oscuro e Narcissa ancora lì, seduta ai loro piedi ad ascoltare solo di sfuggita quei discorsi che non la toccavano minimamente, non fosse che era invischiata in quel tradimento alla stregua di tutti gli altri.
Anche i complici muti sono colpevoli, è l’omertà che non viene perdonata e lei, Narcissa Black, con composto silenzio si faceva carico di paure, domande ed ansie che i suoi compagni celavano persino a sé stessi. Era diventata il catalizzatore dei loro timori sopiti, confidente riservata e mite. Regulus le aveva raccontato nei dettagli le riunioni dei Mangiamorte, i loro desideri e i loro progetti e Narcissa li aveva raccolti uno ad uno ed incastonati in un’unica collana di terrore come se fossero rubini insanguinati. Lucius invece non le aveva mai confidato nulla come se renderla partecipe o meno della sua vita fosse del tutto irrilevante. Probabilmente aveva fatto di Bellatrix la sua confidente fidata e a lei non restava che fare da spettatrice ad una partita che si era rifiutata di giocare e dalla quale non poteva comunque sottrarsi. Che condividesse o meno ciò che stavano facendo non era importante. Lei avrebbe continuato a portare alto il nome dei Black e ad assecondare ognuno di loro, premurandosi di farsi carico delle pene di chi non era in grado di sostenerle. Le pene che avrebbe accolto e trattenuto a costo della vita con il sollievo e la leggerezza dell’incoscienza dettata dal primo amore, non le erano però concesse. Lucius evitava di parlare dei Mangiamorte, di Lord Voldemort, di Arti Oscure e di tutto ciò che in qualche modo poteva avere a che fare con il Marchio Nero. Le loro conversazioni vertevano sulla politica e sulle frivolezze tipiche della nobiltà fosse essa in decadenza o nel fiore della sua ricchezza perpetuamente proiettati in progetti futuri. Balli, battute di caccia, cavalcate, serate letterarie, cene e incontri politici. Stentava a comprendere il mondo di Lucius. Lei, ultimogenita di una casata prossima alla rovina non aveva mai creduto davvero di dover mai condurre la propria famiglia lungo i sentieri della politica del Mondo Magico, tutt’al più quel compito sarebbe passato a Bella e si ritrovava a vedersi sfilare dinnanzi nomi di gente importante o che sarebbe diventata tale a detta di Lucius. Indispensabile era dunque creare un forte legame che all’occorrenza sarebbe diventato utile alla loro causa. Ma per Narcissa non c’era una causa utopistica e distorta per cui combattere ma semplicemente il proprio egoistico desiderio di condurre una vita felice con l’uomo che amava.
“Cissy qualcosa non va?”
Regulus si era abbassato su di lei baciandole la fronte e premendo successivamente la mano sulla stessa per constatarne la temperatura.
“Non sembra tu abbia la febbre, ma sei molto pallida. Va’ a riposare.”
Aveva scosso la cascata di boccoli biondi corrucciando le labbra in un’espressione che si trascinava appresso sin dall’infanzia e che non aveva ancora perso ogni qualvolta sentiva il desiderio di manifestare un tormento interiore troppo grande da essere trattenuto dal suo minuto corpo.
“Aspetto Lucius.”
Era stata la risposta di una ragazzina innamorata che già era moglie di un uomo che non riusciva a cogliere nelle sue mille sfumature.
Stette a contemplare il fuoco sino a quando non udì il canto delle civette. Cantavano sempre a mezzanotte. Era tardi e né Lucius né Bella erano ancora rientrati. Irrequieta e con il cuore pesante si era sollevata dal pavimento ed avvoltasi nel pesante mantello di lana era uscita dal dormitorio in cerca dell’unico conforto le fosse concesso.
“Andromeda, mi senti?”
La voce di Narcissa era un bisbiglio simile al soffio del vento ed attraversava rapida le tubature che collegavano il bagno del terzo piano con il dormitorio di Corvonero. Avevano scoperto quel metodo di comunicazione casualmente, quando Andromeda aveva iniziato ad udire nel cuore della notte bisbigli sommessi al di sotto del proprio letto. All’inizio convinta si trattasse di qualche fantasma particolarmente dispettoso ed ironico si era poi costretta a ricredersi quando alle voci poté iniziare ad associare volti noti. Scoprì la falla che aveva trasformato quel lungo tubo per il trasporto dell’acqua calda per il riscaldamento dai bagni ai dormitori costringendo Mirtilla Malcontenta a passarvi attraverso, piegandola offrendole alcune fotografie di Sirius. Mirtilla si era così fatta scivolare lungo le tubature, cosa che non le era costata comunque fatica considerando fosse una delle sue occupazioni principali nel quotidiano, sino a quando non era riuscita a trovarvi uno spiraglio e fuggirvi attraverso. Identificato il punto in cui la voce fuoriusciva era stato facile per Andromeda fare in modo che i suoni venissero indirizzati verso di lei e non dispersi altrove. Era stato il modo più semplice per potersi mettere in contatto in ogni momento con Narcissa e Bellatrix, quando a dividerle c’erano piani e scale che continuamente andavano modificandosi.
“Andromeda!”
La ragazza si sollevò a sedere infilando le scarpe di vernice e recuperando alla rinfusa la sciarpa. Gli studenti erano quasi tutti in Sala Comune e solo alcuni si erano già ritirati a letto complice le giornate ricche di impegni dei Prefetti e dei Capiscuola.
“Prefetto Black, dove andate così di fretta?”
Andromeda non si voltò nemmeno a guardare in faccia chi stava cercando di metterla in difficoltà ed attraversò il ritratto dormiente per dirigersi al bagno del terzo piano.
“Narcissa?”
La maggiore tra le due sorelle era a malapena riuscita a scorgere un guizzo dorato e due occhi di un profondo azzurro martoriati da una malinconia stonata su quel viso ancora di bambina, prima che la ragazza affondasse il proprio volto nel petto di Andromeda cingendole la vita con le braccia esili, in cerca di consolazione.
Le carezzò la nuca ammirando i riflessi color platino di quella cascata di morbidi boccoli dal profumo di vaniglia e restarono a lungo in silenzio sino a quando Narcissa riuscì a trovare il coraggio di parlare, riacquistata la padronanza di sé.
“Lucius. E’ da quest’oggi che lo aspetto e ancora non è rientrato…dove può essere andato, Andromeda?”
“Dovresti chiederlo a lui, non posso saperlo.”
“Quando non c’è, il mio sguardo vaga alla ricerca del guizzo di un fil di seta di un pallido oro e di occhi perfetti.”
Andromeda scoppiò nella sua risata allegra, non ironica come quella di Bellatrix ma la risata segnata dalla complicità che la rincuorava sin da quando era una bambina.
“I serpenti albini ipnotizzano le proprie prede, lo sai Cissy?”
“E poi cosa fanno?”
“Le ipnotizzano e non le lasciano andare. Le divorano. Sono rari persino nel Mondo Magico eppure qualcuno esiste e ha già colpito la propria vittima. Parla con Lucius, parlare a me dei tuoi timori può risollevarti il morale ma le paure non passeranno con le mie parole. E Bella è innamorata di Rodolphus, lo sai.”
Andromeda era speciale perché non serviva parlarle per farsi capire. Le scavava dentro e rispondeva a domande che non osava porre nemmeno a sé stessa.
“Si ma…”
“Bellatrix è volubile, dispettosa, ironica, crudele. Ma non tradirebbe mai il suo stesso sangue, Narcissa. Le piace giocare al gatto e al topo ma si tira indietro prima di agguantare la preda. Io credo che questo suo interessamento sia dovuto al progetto che stanno costruendo insieme. Lei crede realmente in quello che dice Tu-Sai-Chi e si adopera perché il suo Regno possa giungere presto.”
“Credi sia giusto?”
“E’ giusto forse per gli eredi di Salazar per la tradizione a cui sono vincolati. Ma per gli altri…chi può dirlo quale sia la giusta via? Solo il tempo potrà darci una risposta.”
Andromeda si era sorpresa della domanda di Narcissa. Non chiedeva mai nulla e assecondava chiunque perché era quella l’educazione che era stata loro impartita e se lei e Bellatrix l’avevano abbandonata con il loro ingresso ad Hogwarts, Narcissa non accennava a staccarsi da quell’indole imposta dai loro genitori e proprio per questo motivo sarebbe probabilmente rimasta l’unica a potersi concedere un futuro sereno.
Perché chi non fa domande non rischia di sbagliare o di conoscere qualcosa che potrebbe persino uccidere.
“Perché questa domanda?”
Andromeda aveva incalzato Narcissa volutamente: l’evoluzione di Bellatrix che allo stato attuale delle cose le pareva inevitabile volgesse ad unica drammatica scelta sembrava aver spronato la più giovane delle sue sorelle a confrontarsi con sé stessa e staccarsi forse, da quei dettami che ormai erano superati e che non le avrebbero giovato nella vita ma tutt’al più l’avrebbero rilegata al margine della partita, ultima tra gli spettatori.
“Regulus…ecco, sono convinti capisci? Tutti quanti. Mi basta vedere te o Sirius e capire che quella convinzione è solo loro. Nessun altro reclama la Sua venuta e molti la temono. E’ giusto decidere l’avvento della Fine per un intero mondo?”
“Dipende da chi lo decide. Segui la tua strada, Narcissa.”
“E’ legata a Lucius e anch’io cadrò in questa rete tessuta ad arte da un famelico divoratore di vita. Perché seguirei Lucius in capo al mondo se solo lui me lo chiedesse.”
Avrebbe voluto non udire quelle parole ma erano inevitabili. Dopotutto Narcissa era nata per amare e fare dell’amore il fulcro della sua intera esistenza. Era giusto seguisse il suo cuore anche se questo stava sbagliando rotta?
“Che tu sia felice, Cissy. Lo meriti davvero.”
“E’ un addio, Andromeda?”
Le aveva stretto la mano nella propria, uno sguardo implorante a chiedere spiegazione ma ebbe solo un sorriso in risposta e la figura della sorella che si liberava della sua stretta per tornare alla casa di Corvonero e a Narcissa Black non restò che ritornare sui propri passi, di nuovo circondata dalla tenebra alla ricerca di una flebile luce.

Trovò Lucius seduto accanto al camino della Sala Comune intento a scrutare le fiamme scoppiettanti. Narcissa si sedette ai suoi piedi ancora avvolta nel proprio mantello, in attesa che lui le dicesse qualcosa.
“Dove sei stata, Cissy?”
“Da Andromeda. Volevo augurarle la buona notte e tu dove sei stato? Bella ti ha cercato tutto il giorno ed io ti ho atteso sino a poco fa.”
Aveva soppresso un guizzo di orgoglio ed una violenta protesta che aveva assunto, nel ricordo, la tonalità severa della voce di sua madre nel rimproverarla per tanta audacia, ma era stanca di ubbidire ciecamente ad un’imposizione familiare quando voleva solo conoscere i sentimenti di Lucius.
“Ero con Severus, stavamo studiando alcune pozioni.”
“Non mi mentiresti mai, vero Lucius?”
Gli occhi di Narcissa sfidavano i suoi in quel momento. Non era più lui a fare da padrone nel rapporto che avevano costruito e la ragazza che aveva dinnanzi si era trasformata in poche ore soltanto in una donna. Occhi color del cielo a sfidare occhi mercuriali, entrambi freddi e profondi alla ricerca di una risposta ultima.
Lucius inaspettatamente si trovava a dover fronteggiare Narcissa per la prima volta e la temeva, consapevole di non poter prevedere l’esito di quella muta battaglia. Lei non aveva mai alzato lo sguardo e forse era l’occasione primaria con la quale concedersi di perdersi in quelle due gemme di cobalto e fissare il suo viso coronato di boccoli d’oro senza che questi si nascondesse a lui.
Narcissa era bellissima.
Una bambola aristocratica, delicata e discreta, mite e devota. La nemesi di Bellatrix, adatta ad uno come Rodolphus amante degli eccessi piuttosto che ad un giovane ancora di belle speranze come lui. E per lui c’era Narcissa, che attendeva un suo sguardo ad ogni ora del giorno.
“Non ti nascondo nulla, Narcissa.”
“Non mi rendi mai partecipe di ciò che fate. Io mi sento una parte marginale della tua vita, Lucius.”
Aveva parlato in fretta senza porre pause tra quelle parole ansiose, mentre gli stringeva la mano per posarvi sul palmo un lieve bacio.
“Voglio sapere cosa provi, Lucius. Io non possiedo il Marchio Nero né lo vorrò mai. Ma non ostacolerò le tue ambizioni né i tuoi desideri. Ma vorrei solo capirti.”
“Non voglio che la tua candida pelle venga insozzata, Cissy. A me basta averti al mio fianco e sapere di poter vedere il tuo sguardo seguirmi ogni istante del giorno. E presto, anche nella notte. Un giorno questo marchio ci renderà grandi.”
Si era chinato su di lei carezzandole il viso con moti delicati sino a schiudere le proprie labbra su quelle di lei. Era ardito, bramoso di sfiorare quella bocca perfetta con la propria per suggellare un’eterna promessa di amore. Narcissa non si sottrasse a quel contatto improvviso eppure tanto atteso, permettendo ad entrambi di appagare il desiderio di concedersi per la prima volta l’uno all’altra.
Un serpente albino e splendente l’aveva avvolta nelle proprie spire, ipnotizzandola con occhi mercuriali dal taglio allungato incorniciati da lunghe ciglia quasi bianche e lei aveva anelato ad un morso di quell’ambiziosa creatura sino a quando il destino non aveva concesso loro un caldo camino e il coraggio della sfrontatezza. Chi fosse dei due la preda e chi il cacciatore, non lo compresero mai.
   
 
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