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Autore: Lirin Lawliet    08/04/2011    17 recensioni
Ho intenzione di riprendere a breve gli aggiornamenti, abbiate fede!
Ormai, dopo rispettabilissimi diciotto anni vissuti nello spasmodico desiderio di essere baciata (e magari anche sodomizzata, perchè no?) dalla fortuna, era giunta all'inoppugnabile conclusione che qualsiasi progetto avesse tentato di portare a termine sarebbe stato inevitabilmente disturbato da un morboso e sadico inconveniente che l'avrebbe portata a ricominciare tutto daccapo. Era un classico caso di A.S.N.C.M.S.; sigla che, per chi nasceva con la sfiga saldamente avviluppata al patrimonio genetico, aveva un significato quasi profetico: alla sfortuna non c'era mai scampo.
Un soggetto su un milione nasce con l'abbonamento alla sfiga cronica, la peculiarità di ingrassare con l'ossigeno, la dirompenza atletica di un bradipo paraplegico e la tendenza a sviluppare brufoli negli unici giorni in cui sarebbe estremamente gradita la loro assenza... E Nabiki Tsukiyama, franco-giapponese, figlia di mezzo (e perciò, già sfigata di suo!) era nata proprio sotto quella cattiva stella.
[Pairings: MORI X OC / HIKARU X KAORU / TAMAKI X HARUHI X HIKARU]
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Takashi Mori Morinozuka, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.LA BOTTEGA DEI DESIDERI.

 


Secondo Ingrediente

Pozzanghere di latte & Sacchi di patate

 

 

Non puoi sapere quanto sia profonda la pozzanghera finchè non ci finisci dentro... E ti ricordi che non sai nuotare.

Mitsukuni adorava le torte.
No, ok, non è corretto: Mitsukuni aveva un attaccamento patologicamente morboso per qualsiasi cosa ricordasse anche soltanto vagamente una torta.
In particolare, prediligeva le torte cosparse da circa dieci tonnellate di fragole, appena qualche quintale di crema chantilly, e ricci di panna montata così alti da richiedere la presenza di un valido architetto, pronto a giudicare la stabilità complessiva dell'insieme. E la torta che la graziosa amica di Ranka-san si era offerta di cucinare appositamente per lui non aveva deluso affatto le sue aspettative; tanto è vero che l'aveva aggredita divorata in un sol boccone. Era simpatica, in fondo, anche se un po' maldestra (l'amica di Ranka-san, non la torta!).
Gli aveva fatto tenerezza, in verità: l'aveva vista così abbattuta, dopo aver compreso lo spiacevole equivoco causato dal padre di Haruhi, che quasi quasi avrebbe voluto abbracciarla. In realtà, si sarebbe anche offerto di farle tenere in braccio il suo Usa-chan, se Takashi non gliel'avesse caldamente sconsigliato.

«Mitsukuni,» gli aveva sussurrato, con quella sua voce al concentrato di morfina «Non essere inopportuno.»

E lui aveva annuito, anche se a malincuore, cercando di fare del suo meglio per mettere a suo agio quella povera ragazza; ma i suoi sforzi non erano valsi poi a molto, perchè da quando lui e Takashi si erano accomodati ad uno dei tavolini, Ranka-san non aveva fatto altro che darle noie o prenderla in giro per questo o per quell'altro motivo. In effetti, la ragazza aveva un aspetto a dir poco trasandato e l'aria stanca, ma Mitsukuni era fermamente convinto che sotto tutti quegli «Sgrunt!» e quei «Ranka no baka!» ci fosse, da quale parte molto, molto remota, una bella persona. Bella sia dentro che fuori - anche se lo sguardo assassino che non smetteva di rivolgere al padre di Haruhi avrebbe dovuto fargli pensare l'esatto contrario.
Ma si sa: Mitsukuni vedeva il mondo in modo monocromatico; nella fattispecie, tutto in rosa.
Probabilmente, persino alle spalle di Kakakazzi-san avrebbe immaginato uno sfondo di rose colorate - il che era tutto dire!

In quel momento, Nacchan, come l'aveva chiamata Ranka-san, stava chiedendo -leggi: ordinando- al suo nuovo aiutante di prenderle una tanica che probabilmente conteneva del latte. Mitsukuni ebbe appena il tempo di notare le pupille di Takashi dilatarsi in modo allarmante prima di assistere ad una delle più assurde scene della sua vita; e considerando il fatto che di scene impossibili Mitsukuni ne aveva viste parecchie (grazie alla gentile partecipazione di Tamaki, Hikaru e Kaoru) c'era da presupporre che potesse avere abbastanza materiale per scrivere la sceneggiatura di una sit-com... Ma a quello ci avrebbe di sicuro pensato Renge-kun.
Per farla breve, andò così:

1) Ranka-san aveva ampiamente tentato di sollevare la tanica del latte; tanica che, non si sa come, era misteriosamente riuscita a mimetizzare il suo peso.
2) Ranka-san era miracolosamente riuscito nell'intento di sollevare la tanica, per poi esultare selvaggiamente per le proprie gloriose gesta.
3) Ranka-san aveva sollevato la tanica dal lato sbagliato (!)
4) Ranka-san aveva visto il latte inondare mezzo locale.
5) Quella fu l'ultima cosa che Ranka-san vide prima di iniziare a schivare forni elettrici, gelatiere, mestoli ed almeno due dozzine di uova.

«Scimunito! Idiota! Deficiente!» gridava Nabiki, ormai prossima alla trasformazione in super sayan.
«Assassina! Sadica! Incontinente!» ribatteva Ranka-san, schivando i colpi.
«Si dice incompetente, baka!!!» proruppe l'altra, scivolando miseramente sul latte versato. E dato che sul latte versato era inutile piangere, Nabiki scoppiò a ridere istericamente.

Sul volto di Mitsukuni era istantaneamente affiorato un sorriso comprensivo. Stava per alzarsi ed offrirsi di darle una mano, ma vide che ci aveva già pensato qualcun altro. Takashi era già accanto alla ragazza e, senza che l'altra potesse avere neanche la possibilità di protestare, l'aveva sollevata di peso e l'aveva squadrata per qualche istante (probabilmente chiedendosi che razza di animale fosse) per poi adagiarla come una bambola di pezza in un luogo asciutto e, soprattutto, lontano da oggetti appuntiti o contundenti. La pasticciera aveva l'intelligentissima espressione di un calamaro appena pescato: scioccato ed assolutamente incredulo (peccato che Mitsukuni non potesse sapere che la vera domanda che assillava Nabiki era ben diversa da quella che immaginava lui; e cioè: cosa gli hanno dato da mangiare, a questo qui? La criptonite? Steroidi per cavalli?).

«Stai bene?» chiese Takashi, con voce neutra.
«Arh... Ehm...» rispose ragionevolmente l'altra, con logica schiacciante «Uhm!»
«Sta bene, sta bene, Mori-kun...» intervenne il padre di Haruhi, spingendo rudemente Nabiki nelle cucine, dove probabilmente sarebbe rimasta a crogiolarsi nella vergogna finchè la vecchiaia non l'avesse resa irriconoscibile «Ma mi sa che adesso sarà meglio che tutti noi leviamo il disturbo: Nacchan non è molto in sè...»
«Le è forse successo qualcosa?» chiese quindi Mitsukuni, fiero di aver ripulito il piatto dalla più microbica delle briciole.
Ranka-san si lisciò il mento, pensieroso, come se fosse indeciso se confidarsi con loro o meno.
«Beh... Il fatto è che...»
Mitsukuni e Takashi attesero, curiosissimi.
Ranka-san si schiarì la voce con fare teatrale, e poi continuò.
«... Beh, forse non dovrei dirvelo, però... Questa mattina, sicuramente...»
Mitsukuni e Takashi trattennero il fiato.
«...Sicuramente le è venuto il ciclo. Lo dimostrano le mutande modello formato famiglia!»
«Ranka no baka!!!» gridò Nabiki, dal fondo delle cucine (e della sua sanità mentale), tirando qualcosa che assomigliava terribilmente ad una padella, e che centrò al millimetro la tempia di Ranka-san, in perfetto stile missile-di-precisione.
«Forse me lo sono meritato...» approvò il padre di Haruhi, massaggiandosi la parte lesa «Comunque sia, non fateci caso. Non è sempre così... Di solito è peggio
«Non deve preoccuparsi, Ranka-san. A me Nacchan piace, ed anche a Takashi!» dichiarò stoicamente Mitsukuni, in modalità accessorio-adorabile «Una persona che è in grado di preparare torte così buone deve per forza essere meravigliosa!» dichiarò, con un sillogismo inoppugnabile a sostegno della sua tesi «Vero, Takashi?»
Le labbra del cugino si distesero in un sorriso sincero; lo stesso sorriso che, da quando egli stesso aveva memoria, riservava sempre e soltanto a lui.
«Sì.»
Nè Mitsukuni nè Ranka-san sentirono il bisogno di ritagliarsi un momento di silenzio per digerire i fiumi di parole (!) a cui Takashi era solitamente avvezzo.
Bisognava comprenderlo, in fondo; era l'unico membro dell'Host Club che non desse a priori l'impressione di essere stupido; ed era profondamente geloso di questo suo primato, tanto è vero che aveva saggiamente deciso di specializzarsi in un vastissimo campionario verbale, per lo più costellato da una moltitudine di diverse intonazioni con le quali pronunciare l'esclamazione .
Solo di rado si concedeva il lusso di pronunciare un verbo. O un aggettivo. O una congiunzione... Per non parlare poi delle subordinate complesse! Quelle sì che erano pericolose: usarle senza le opportune cautele avrebbe scatenato reazioni nella psicolabile mente di Tamaki che nemmeno l'oroscopo di Urino Suimuri avrebbe potuto prevedere.
...Tutto questo per dire che Takashi era una personcina discreta e silenziosa.

Quando Takashi lo accompagnò a casa, Mitsukuni si sentiva soddisfatto. Dopotutto, aveva lo stomaco pieno di torta; di una torta così dolce che gli aveva probabilmente riversato tanto di quello zucchero in corpo da farlo diventare ancora più buono e felice (e che inspiegabilmente non gli avrebbe fatto schizzare il diabete alle stelle e non gli avrebbe fatto creare sculture nel water!). Tutti avrebbero dovuto sentirsi così, realizzò Mitsukuni, pago del lauto pranzo; ed era un peccato che Takashi non avesse mai preso in seria considerazione la possibilità di raggiungere l'estasi mistica con una semplice fetta di torta. Forse, pensò ancora, se lo avesse convinto ad assaggiarne almeno un pezzettino, prima o poi, tutti si sarebbero resi conto di quanto suo cugino in realtà fosse dolcile e gentile, a dispetto del suo appellativo di Tipo Selvaggio.

«Takashi?» iniziò, rivolgendogli tutta la sua devota attenzione.
Gli occhi di Takashi si posarono su di lui, leggeri come piume.
«Nacchan da domani frequenterà l'Ouran, non è fantastico? Potrò mangiare le sue torte tutti i giorni, anche a scuola!»
«Non devi esagerare, Mitsukuni.» lo ammonì l'altro, ricordandogli cosa accadde quando scoprì di avere un dente cariato...
«Potremmo chiedere a Tamaki di acquistare da lei i dolci per l'Host Club, non credi? Così faremo amicizia. Chissà qual è il suo tipo...?»
Takashi non riuscì ad impedirsi di sorridere: Mitsukuni era così. Ingenuo, dolce, gioioso. Per lui era sempre tutto così semplice, così... Così rosa!
«E poi,» continuò Mitsukuni, afferrando la mano del cugino «Sono sicuro che anche tu ne andresti pazzo...»
«Di cosa?» chiese l'altro, ritrovandosi a pensare all'espressione che aveva quella strana ragazza quando l'aveva sollevata come un sacco di patat da una pozzanghera di latte.
«Delle sue torte, è ovvio!»

Takashi non riuscì ad evitare di chiedersi se fosse davvero così ovvio...

 

..

 

Nabiki sapeva che non bisognava prendere sottogamba le pozzanghere. Eppure ci si era tuffata dentro con tutta se stessa, ed aveva scoperto soltanto in seguito che la pozzanghera era in realtà un mare di merda. E lei non aveva neanche il salvagente. Perchè -non riusciva a smettere di chiedersi- quando si nasce nessuno ti dà un libretto di istruzioni per l'uso? Perchè nessuno ti avvisa che il mondo sarà contro di te qualsiasi cosa tu faccia, pensi o dica? Perchè nessuno l'aveva avvertita che, presto o tardi, il suo sfigometro avrebbe raggiunto il picco massimo consentito dall'umana sopportazione e che si sarebbe ritrovata a dover vivere un'altra settantina d'anni con il peso di aver fatto una grande, immensa, gigantesca figura di merda (e daglie con la macedonia di parolacce!) con due ragazzi come quelli?
Quante possibilità c'erano che i primi due clienti del 17 aprile (che, ricordiamolo, era già di per sè un giorno funesto) fossero nientepopodimeno che due bellissimi, ricchissimi, sportivissimi, membri dell'Ouran?

...E, soprattutto, quante probabilità ci sono che domani li riveda, possibilmente senza ricoprirmi (fammi indovinare: di merda?) di ridicolo?

Nabiki fece un paio di calcoli, cosa in cui tra l'altro non era affatto brava; ma la risposta a quel quesito poteva essere soltanto una, e persino un'idiota come lei era in grado di stabilire con scientifica certezza che le possibilità di incontrare nuovamente Takashi e Mitsukuni senza farsi scambiare per la caricatura di un deficiente erano alquanto esigue.
Ok: erano nulle.

Però, in fondo in fondo, non mi dispiacerebbe rivederli... Non così tanto.

L'immaginazione di Nabiki non tardò a ricordarle il momento in cui Takashi-Marcantonio l'aveva sollevata come se non avesse peso e le aveva chiesto come si sentisse... Poi l'immaginazione le offrì gratuitamente anche altre molteplici immagini, per lo più sconce, o che comunque avevano per protagonisti proprio il sopracitato Marcantonio ed un paio di barattoli di Nutella; immagini, che puntualmente vennero interrotte dal sadico Napoleone, che aveva deciso che lo stomaco della sua sognante padroncina poteva essere una buona cuccia per la notte.

«Uff... E va bene, va bene. Spengo i bollori, micio, ma tu domani cerca di svegliarmi ad un orario civile.»
«Miauwr!» che in gattese vuol dire "Arrangiati, stronza!"
«Perchè ho voluto te anzichè una sveglia? Perchè??»

A dispetto della sua malvagità tipicamente felina, Napoleone -o meglio, il suo stomaco- decise che le cinque del mattino fosse il momento giusto per interrompere il sogno di Nabiki proprio mentre stava per diventare pericolosamente erotico. La padrona della crudele bestiaccia si ridestò del tutto, stranamente vigile e fresca come una rosa, già tesa per il momento che tutti i bambini del mondo notoriamente temono come la peste: il primo giorno di scuola. Peccato che Nabiki quella scuola la conoscesse fin troppo bene e non fosse più una bambina da quando sua madre le aveva regalato il DVD del Re Leone (che poi si era scoperto essere il celebre porno "007 e i Servizietti Segreti" ).
Per non parlare poi del vero Re Leone, e del conseguente trauma psicologico irreversibile dovuto alla morte di Mufasa!

In ogni caso, Nabiki in quei diciotto anni di sfigata vita si era costruita un'intera teoria sul concetto di "scuola" ed ormai aveva una cultura invidiabile sui suoi meccanismi interni. Molto probabilmente (almeno secondo lei) la scuola era stata creata, in tempi non sospetti, dalla volontà perversa di Belzebù, Voldemort, Adolf Hitler e di Kamazaki-san; ed era tuttora popolata da predatori in giacca e cravatta che avevano il vizio di farsi chiamare "professori" (o sensei, trattandosi dell'Ouran) oltrechè la tendenza a colpire gli studenti con domande a trabocchetto o test a sorpresa, in particolare fra le 8:00 e le 10:00 del mattino... Ed è notoriamente risaputo che la mente di uno studente medio è invariabilmente spenta almeno fino alle undici.
Ma quel giorno Nabiki era completamente sveglia e -cosa da non trascurare- era in anticipo... Motivo per il quale iniziò a preoccuparsi ancora di più: sapeva bene che lo studente che si alzava più presto era anche quello che sistematicamente arrivava per ultimo. Dunque, approfittò di quella relativa calma per darsi al restauro totale: lottò con i capelli, controllò che il baffetto non fosse in agguato, stroncò i possibili brufoli sul nascere con una generosa dose di acqua santa e si assicurò di avere una dozzina di assorbenti a portata di mano. Dopo quasi un'ora, Nabiki si avvicinò allo specchio, pregando in aramaico di non assomigliare neanche un po' alla cozza che era stata il giorno prima...

«Ahpperò!» esclamò, soddisfatta «Non sarò come mia sorella, ma non sono neanche da buttare via. Certo, potrei avere le gambe più lunghe... E il naso più piccolo... E le labbra più carnose...»

Ok. Se c'era una cosa in cui Nabiki era a dir poco straordinaria, quella era l'autodemolizione della propria autostima. In realtà, non era affatto il mostro che pensava di essere, ma da sola non se ne sarebbe mai resa conto; motivo per cui scrollò le spalle ed uscì di casa senza perdere altro tempo con lo specchio. Durante il tragitto, mentre il treno della linea Yamanote sfrecciava rapidissimo verso l'alba di un nuovo giorno presumibilmente sfortunato, Nabiki decise di chiamare Ranka-san, giusto per assicurarsi che avesse già aperto la Bottega dei Desideri...
Una voce neutra, giovanile, le rispose al quarto squillo.

«Moshi moshi?*»
«Ehm... Buongiorno. Cercavo Ranka-san. Per caso è già uscito?» chiese Nabiki, intuendo che la persona con cui stava parlando probabilmente era la figlia di Ryoji.
«Veramente è ancora in letargo inoltrato... E' urgente? Devo prenderlo a calci?»
«Non è proprio urgentissimo, ma sarei felice che tu lo prendessi a calci ugualmente.»
«Con piacere. Aspetti un momento, prego.»
Nabiki sentì una serie di colpi ed un'irripetibile imprecazione, ma alla fine Ranka-san riuscì ad arrivare intero al telefono.
«Toshio, ti ho già detto che fra noi non può esserci niente! Smettila di assillarmi!»
«Ranka no baka, sono io!»
«Aaah... Sei tu.» mugugnò l'altro, sbadigliando «No, aspetta, ma chi saresti tu
A quel punto Nabiki iniziò a sputare veleno dalla bocca e a fumare come una locomotiva a vapore...
«Razza di scemo, alza il culo e vai ad aprire la pasticceria prima che ti licenzi!» gridò, e chiuse la conversazione non appena fu certa che Ryoji avesse capito la situazione, anche perchè, tra l'altro, era arrivata a destinazione. E stranamente era ancora in anticipo.

Innanzitutto doveva trovare la segreteria per ritirare sia il proprio orario scolastico che la divisa. Aveva sentito dire che avevano recentemente sostituito le serafuku* con qualcosa di più moderno; e questo la tranquillizzava, perchè aveva un vago ricordo di orribili divise ottocentesche color giallo papera che sicuramente l'avrebbero fatta assomigliare ad un paralume.
E Nabiki non ci teneva proprio ad assomigliare ad un paralume!
Nè ad una papera, comunque.

Dunque, percorse il giardino dell'Ouran, che poi si rivelò essere grande come la Foresta Pluviale e curato come Kensington Gardens*, e riuscì finalmente a varcare la soglia dell'immenso istituto che, nel complesso, ricordava un ibrido tra Hogwarts e il castello di Disneyland Paris (infatti, Nabiki non si sarebbe sorpresa di vedere folletti della Cornovaglia che giocavano a poker, puffi che raccoglievano puffragole, unicorni che unicornavano, o qualsiasi altra creatura fuori dall'ordinario intenta nel fare cose altrettanto strane).

E dire che di questo posto ricordavo soprattutto le scale... Chilometri di scale... Toh! Ci sono ancora!

Un attimo dopo Nabiki notò un cartello che, con impietosa indifferenza, le indicava che la segreteria si trovava esattamente all'ultimo piano.

Eh beh, che mi aspettavo?!

Così, molti, molti scalini più tardi, Nabiki giunse finalmente alla tanto agognata meta (e fu tentata di baciare il suolo piatto finchè non le si fossero consumate le labbra); quindi venne accolta in un ambiente decisamente ampio e luminoso, arredato in modo raffinato ed elegante, tipico dell'opulenza che si respirava nell'intero edificio. Dopotutto, l'Ouran era soprattutto questo, in apparenza: un immaginifico istituto per ricchi ereditieri bastardi che mangiavano caviale a colazione e si facevano il bidet con lo champagne. Nabiki non si sentiva affatto parte di quel mondo fittizio, in cui la realtà dei comuni mortali risultava essere pura fantascienza, se non addirittura stregoneria; lei non era nobile di nascita, non aveva un autista privato, e l'unica villa di cui fosse stata proprietaria era quella di Barbie. Non era altro che la figlia di una cantante lirica francese e di un politico giapponese... E i figli dei politici, così come i politici stessi, erano considerati soggetti di Serie B, poichè la loro fortuna era improvvisa e passeggera come un temporale estivo. Senza contare che con tutti gli yakuza* che frequentavano l'istituto era preferibile cercare di passare il più possibile inosservati.
In ogni caso, Nabiki avanzò nel salone deserto...

«Ehm... Buongiorno.» iniziò, parlando al nulla «E' permesso? Avrei bisogno di parlare con...»
«Lei è in ritardo.» tuonò una voce maschile alle sue spalle; voce, che le fece venire un mezzo infarto.
«Co-co-co-cocome???» balbettò Nabiki, cercando di impedire al suo povero cuore di schizzarle dal petto.
«E' anche sorda? Le ho detto che è in ritardo. Non ho assunto una nuova operatrice scolastica per gironzolare nell'istituto.» ribattè l'uomo.
«Ci deve essere un equivoco. Vede, io...»
«Nessun equivoco. Può iniziare a lustrare questa stanza, ed esigo che il pavimento brilli così tanto da potermici specchiare. Sono stato sufficientemente chiaro?»
«Guardi, suppongo che lei abbia sbagliat...»
«Mi contraddice ancora? E' licenziata. L-I-C-E-N-Z-I-A-T-A.»
«Va bene, ma...»
«Licenziata!»
«Oooooh, ma le si è inceppato il disco?!?!» strillò Nabiki, rossa in viso.
«Chiamo la sicur...»
«BAKA!» Nabiki prese una lunga boccata d'aria e fece ciò che sperava di non dover fare mai: «Sono Nabiki Elenoire Rubine -prese fiato- Tsukiyama, de la Croix» rivelò «E non mi sono fatta tremilasettecentocinquanta chilometri di scale per sentirmi dire che sono licenziata. E come se non bastasse è la quarta volta, la quarta, in ventiquattr'ore che vengo scambiata per qualcun'altro! Ieri, l'isterica vicina del piano superiore mi ha dato per morta; i più bei cristiani che io abbia mai visto mi hanno scambiata per un travestito; stamattina, un travestito vero mi ha scambiato per un certo Toshio, ed ora lei si permette di darmi della domestica filippina... Ma cos'è? Non avete fantasia o siete tutti cretini?»
Quando ebbe finito di sbraitare -e quando riuscì a recuperare sufficiente ossigeno per non svenire- l'ometto che prima le era sembrato tanto imponente si era inginocchiato al suo cospetto, biascicando una serie infinita di scuse così umilianti che Nabiki iniziò a temere che avrebbe iniziato a fustigarsi da un momento all'altro per fare ammenda.
«Mi consenta di implorare la sua misericordia, madonna Nabiki Eleonoire Rubine Tsukiyama De la Croix; io non sono che un umile segretar...»
«Ci dia un taglio, per favore...» mugugnò Nabiki, massaggiandosi le tempie «Mi è venuto mal di testa.»
«Posso offrirle un'aspirina? Un letto a baldacchino in cui riposare? Un massaggiatore indiano prestante? Una...?»
«Voglio solo la mia dannata divisa.»
«Yes, my lady!»
L'ometto scomparve per poi rimaterializzarsi al suo fianco dopo un millesimo di secondo, recando con sè una scatola sigillata su cui era stato elegantemente scritto il suo nome.
«E l'orario scolastico, se è possibile.»
«Yes, my lady!»
L'ometto-prestigiatore tornò con una pila di documenti plastificati.
«Inoltre, esigo che nessuno conosca il mio cognome giapponese, per ovvi motivi di sicurezza.»
«Yes, my lady!»
L'ometto-prestigiatore inviò un'email a tutti i dipendenti dell'Ouran.
«E avrei proprio un leggero languorino... Portami un trdlo* praghese, Ambrogio!»
«Yes, my lady! Prenoto subito l'aereo!» e l'ometto sparì.
«Servizievole, non c'è che dire.» ridacchiò Nabiki, chiudendosi la porta della segreteria alle spalle, con l'intenzione di non mettervi mai più piede.

Alloooora... Vediamo un po'. A quanto pare l'orario è identico per ciascun giorno: due ore di giapponese antico, un'ora di francese, chimica, filosofia orientale, storia e matematica. Che schifo, matematica all'ultima ora! Le lezioni iniziano alle nove e terminano alle quindici; poi dovrò scegliere obbligatoriamente un club pomeridiano... Mh...

Nabiki recuperò il foglio che recava l'elenco dei club e, continuando a camminare, scorse la lista con sguardo rassegnato.

Ok, saltiamo a prescindere tutte le attività sportive, che è meglio! Club di Magia Nera?? Ma è legale questa cosa?... Club di Ikebana, Club di Giornalismo, Club di Teatro, Club di Ommioddiocheppalle-Noncen'ènemmenounochemipiace, Club di Musica...? Club di Musica. Mah... Mi sa tanto che scelgo questo.

Intanto Nabiki realizzò che erano già le nove e che probabilmente avrebbe dovuto essere in aula. Ma dov'era l'aula?

«Aula A, terzo anno, quarto piano dell'ala Ovest...» ragionò «Ma è dall'altra parte del campus!!»

 

..

Kyouya Ootori, affascinante diciottenne dall'aria sibillina, probabile anello di congiunzione tra uno strozzino ebreo e un Harry Potter particolarmente gnocco, era stranamente impaziente.
Il suo costoso Rolex gli suggeriva con scientifica certezza che le nove del mattino, anno domini 2011, erano appena passate. Infatti, la luce del sole illuminava l'aula con un'angolazione di quarantatrè gradi; Tamaki Suou stava invariabilmente intrattenendo due compagne di classe; i libri di giapponese antico erano ordinati perfettamente in base al loro volume e al loro colore, ed erano millimetricamente allineati con lo spigolo del suo banco; le azioni che aveva acquistato stavano salendo... Insomma, tutto era perfetto.
Tutto, tranne un particolare: la persona che stava aspettando non era ancora comparsa. E questo era un male.

Secondo i suoi calcoli, la nuova studentessa avrebbe dovuto essere in aula con almeno tre minuti di anticipo.
Però non c'era.

Kyouya aveva raccolto informazioni su di lei sin da quando suo padre, Shigeru Tsukiyama, era stato nominato Ministro della Difesa. Sapeva tutto di lei: il suo nome, il suo aspetto, cosa mangiava, chi frequentava, i voti con cui si era diplomata in Francia... Conosceva anche il suo codice fiscale, i giorni del suo ciclo mestruale, il numero dei capelli che aveva in testa, ed era persino a conoscenza della sopracitata Villa di Barbie, che le avevano regalato quando aveva interpretato il Globulo Bianco durante una recita basata sui misteri del corpo umano. In parole povere, Kyouya (fammi indovinare: era un maniaco?) aveva diligentemente tracciato un profilo psicologico (della vittima?) della nuova studentessa, e aveva tutta l'intenzione di sfruttare ciò che sapeva a proprio vantaggio. Non per nulla lui era Kyouya Ootori, il Tipo Affascinante, il Re che agiva all'ombra di Tamaki.

Però, come cavolo faceva ad agire se (la vittima) la nuova studentessa non si presentava?

Fu costretto ad accantonare i suoi dubbi e ad alzarsi per salutare il professore, quando, nel bel mezzo dell'inchino generale, la porta venne spalancata da una ragazza urlante.

«Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace per il ritardo! Sono mortificata! Io... Io stavo cercando l'aula ma mi sono persa, e poi... Oh, ma non è necessario che vi inchiniate!»

Il silenzio regnò sovrano. Kyouya ebbe persino l'impressione di vedere una palla di fieno ruzzolare fra i banchi.

Non dirmi che questa qui è Nabiki Tsukiy...

«Ehm... Suppongo lei debba essere la signorina...» il professore ricevette un'email da un ometto servizievole a caso «... De la Croix, dico bene?»

...De la Croix?

«Sì, è esatto.» rispose la ragazza, arrossendo per la brutta figura «Mi... Mi dispiace per essere arrivata in ritardo.»

Ma certo... Ha comprato il silenzio degli insegnanti per non far sapere di essere la figlia di un politico. E' furba, la ragazza!

«Non deve giustificarsi, milady De la Croix.» ribattè il professore, sorridendo gentilmente «Nessuno la rimprovererà per questo.»
«Veramente?» fece l'altra, piuttosto sorpresa.
«Ma certamente, milady.» annuì il professore «Qui all'Ouran non siamo autorizzati ad ammonire gli studenti...»
«Oh, meno male! Sono sollevata. Credevo che...»
«Ci limitiamo ad escluderli dalla lezione!» concluse il professore, conservando il suo plastico sorriso.
Kyouya ebbe l'impressione di vedere un'incudine abbattersi sul capo (eddai, concedimelo!!!) della vittima.
«Ootori,» fece il professore «Sarebbe così gentile da scortare milady De la Croix in corridoio? Probabilmente avrà bisogno di tutor che le illustri la situazione.»

Kyouya si armò del suo sorriso più falso e si alzò con un unico movimento elegante. Così elegante che, se avesse potuto, si sarebbe applaudito da solo.

«Sarebbe un onore per me.»

Sì, piccola bugiarda, sarà proprio un onore. Sono sicuro che tu e il tuo piccolo segreto mi frutterete un bel po' di soldi...

 

 

NOTE

Moshi moshi: "pronto?" in giapponese
Serafuku: è la divisa femminile che è obbligatoria in ogni scuola giapponese
Kensington Gardens: è uno dei parchi più belli di Londra, famoso per le splendide rose dedicate alla principessa Diana.
Yakuza: mafia giapponese
Trdlo: è un dolcetto tipico della Repubblica Ceca, simile ad un cannolo siciliano.

Ed eccoci qua. In realtà questo capitolo avrebbe dovuto essere più lungo, ma ho deciso di interromperlo qui per evitare di scrivere poemi omerici e cantiche dantesche. Mi sto divertendo un mondo a scrivere questa storia; spesso scrivo e rido da sola, ma vabbè... Comprendetemi. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e se ha fatto sorridere anche voi vi prego di farmelo sapere ^_^
YES, MY LADY (cit.) mi è venuto in mente pensando a Michaelis di Kuroshitsuji, ma non sapevo se metterci una nota oppure no XD nell'incertezza cit. cit. cit.
Dunque, devo dire che sono piuttosto commossa di notare che persone che mi hanno seguito in altri fandom si sono precipitate qui per leggere quest'ultimo parto mentale. Invece ho notato, con un po' di tristezza, lo devo dire, che i lettori e gli autori del Fandom sono piuttosto restii a recensire. Mi domando se sia per pigrizia o perchè la storia non piace; in ogni caso, io sono contenta lo stesso e non sono tipo da fare stupidi ricatti, della serie "se non ho almeno 10 recensioni non aggiorno più"... Quindi, se qualcuno ha qualche critica od osservazione da portare alla mia attenzione, vorrei che lo si facesse; in questo modo la Bottega dei Desideri potrebbe migliorare, no?^^

Quindi, ringrazio anche chi ha semplicemente letto questo capitolo.
Ringrazio inoltre le 10 persone che hanno inserito questa storia nell'elenco delle seguite: Argentea, DarkSwan, Jennymatt, Miharu81, Myrose, Pich Shrooms, Shining Aurora, SmoothCriminal, Virgy90 e Yvaine0
Ringrazio poi le 5 persone che l'hanno inserita nell'elenco delle storie preferite: AsaYuni, KawaiiBonBon, Kiriku, Rosy_96 e Sherin.
Ringrazio ancor di più le 7 persone che mi hanno lasciato una recensione: SmoothCriminal, Argentea, Shining Aurora, Kiriku, Sherin, Myrose e Redseapearl.

Dal prossimo capitolo ci saranno tutti i personaggi :)

Grazie a tutti voi

   
 
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