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Autore: Blakie    08/04/2011    2 recensioni
La vita è difficile. L'eterna dannazione ancora di più. Una storia nella storia: cosa sarebbe successo se, in un punto cruciale, le cose fossero andate in modo totalmente diverso? Cosa succederebbe se diventasse impossibile per Jacob e Bella amarsi? [Seguito di Eyes On Fire]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie '~ Juliet & Paris' Story'
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Alla fine cacciare fu più semplice di quel che mi sarei mai aspettata

Eternal Moonglow
capitolo 0
5:


Battito

Alla fine la caccia si rivelò più semplice di quel che mi sarei mai aspettata.
Si trattò solamente di riuscire a individuare la preda e attendere il momento giusto per attaccare. Non fu difficile concentrarmi per trovare e seguire la scia delle alci che Carlisle e gli altri avevano scovato nel cuore della foresta, a nord, vicino a un ruscello.
Edward mi suggerì di chiudere gli occhi e lasciarmi andare, di seguire completamente l’istinto.
E così feci.
Il rumore dei loro cuori pulsanti e la loro fragranza penetrante mandò completamente a fuoco la mia gola riarsa, e a quel punto venne tutto da sé.

Nonostante la smania di placare la sete annebbiasse una buona parte del mio cervello, riuscii comunque ad acquattarmi silenziosamente tra la vegetazione, in modo che i grossi animali che si stavano abbeverando non si accorgessero di me.
Il mio corpo si tese, pronto a scattare verso il maschio più grosso.

Sentivo dietro di me, nascosti tra gli alberi, Jasper, Alice, Carlisle ed Edward, che mi vegliavano dall’alto e, rassicurata dalla loro presenza, uscii dal mio nascondiglio, balzando addosso alla mia preda.
Puntai al punto più caldo e pulsante sul suo collo, aggredendolo in meno di un secondo.
Di sottofondo, riuscii a percepire i corpi dei miei compagni che si lanciarono sugli altri membri del branco.
I miei denti, affilati come rasoi, straziarono la carne dell’epiglottide dell’enorme animale, che, con un bramito, inizio a dibattersi per liberarsi dalla mia presa.  
Quando avvertii il sapore di sangue sulla mia lingua, presi a dissanguare l’alce sempre con più foga, man mano che sentivo la sete placarsi.

Il grosso animale perse le forze in pochi attimi, e finirlo fu più facile.
Non appena mi resi conto che dentro di esso non c’era più nulla che potesse saziarmi, spinsi via la carcassa con disgusto.
Mi rizzai in piedi, rinvigorita, e mi guardai da capo a piedi: ero sporca di terra e foglie, e si riusciva a notare il sangue dell’animale sulla stoffa scura del mio abito.
«Accidenti Bella, era nuovo quel vestito», si lamentò Alice, comparendo improvvisamente al  mio fianco. La osservai: nonostante anche lei avesse lottato e cacciato un animale di notevoli dimensioni, il suo aspetto era comunque ordinato e impeccabile.
«Scusami», mormorai, mortificata.
«Non preoccuparti Bella. Alice ti avrebbe comunque permesso di indossare questo abito solo una volta», mi rassicurò Edward, guardandola male.
Lo guardai, e nemmeno lui, Carlisle o Jasper sembravano essere appena usciti da una caccia.
Erano tutti perfetti.
Alice ridacchiò. «In effetti, ha ragione Edward. Non preoccuparti Bella, quel vestito non era neanche un granché».
«Come ti senti Bella? Ti è passata la sete?», domandò Carlisle, osservandomi attentamente.
Annuii, sorridendo. «Sì, mi è passata, almeno per ora».
Notai Jasper che mi fissava, attento.
«Davvero», ripetei, sentendomi a disagio per il suo sguardo penetrante e insistente.
«Ottimo, Bella. Se hai bisogno di cacciare ancora, basta dirlo», disse Carlisle, sorridendomi. «Non vergognarti, se ne senti il bisogno».
Abbassai lo sguardo. «Io ora ho soltanto bisogno di capire chi sono, chi ero», ammisi, a voce bassissima.
Edward appoggiò una mano sulla mia spalla. «Cominci a ricordare qualcosa?».
«Sì», rivelai, senza pensarci troppo. «Ma è tutto così confuso… Vedo nella mia testa volti e luoghi, ma non riesco a trovare loro un riscontro. Sono immagini che la mia memoria revoca da sola, senza il bisogno di andarli a cercare», mormorai, provando a spiegare come mi sentivo.
«È un buon segno, Bella, un buonissimo segno», esclamò Carlisle. «Il fatto che ti sei nutrita deve essere stato d’aiuto per la tua concentrazione. Quando siamo assetati, una buona parte della nostra mente è rivolta a percepire la sete, ed è difficile concentrarsi completamente su qualcos’altro. I neonati poi, come te, sono molto soggetti a distrazioni, i primi tempi, e questo ha giocato a sfavore per quel che riguardava il ricordare».

«Allora pensi che mi tornerà tutto in mente?», domandai, nervosa.
«Ne sono certo». E, per il modo in cui lo disse, non potei far altro che credergli.

Edward mi sfiorò una guancia. «Adesso torniamo a casa, ti dai una ripulita e ti spiegheremo tutto quanto», sussurrò morbido, poi mi baciò la fronte. «Andrà tutto bene, Bella».
Rimasi a occhi chiusi con la fronte appoggiata alle sue labbra, rincuorata dalle sue parole e dai suoi gesti.
«E c’è anche una persona che devi incontrare», soggiunse Carlisle.

A quest’affermazione, riaprii di scatto gli occhi, allontanandomi da Edward e voltandomi verso di lui.
«Una persona? Chi?», domandai, confusa.

Carlisle mi sorrise, bonario. «Una persona molto cara a te. Capirai molto presto di cosa sto parlando, ma adesso è meglio se torniamo a casa».

Annuii, presa dalla curiosità e dall’impazienza di scoprire a chi si riferisse; di ricordare chi ero stata, di capire chi ero adesso.

Impiegammo poco tempo per tornare a casa, e, io, ancora meno per cambiarmi.
I nuovi vestiti che mi consegnò Alice, a sua detta, mi stavano meravigliosamente, ma non mi interessava. Più di ogni altra cosa, volevo conoscere la verità.
Carlisle mi pregò di accomodarci in salotto, un luogo ampio, arioso e pieno di luce.

Ci sedemmo sul divano, l’una di fronte all’altro, con Edward al mio fianco.
«Allora, Bella», proferì Carlisle con un sorriso, «hai qualche domanda su quello che sei riuscita a ricordare o preferisci che ti racconti tutto io? C’è qualche “flash” che hai avuto che ti ha colpito il particolare?».
«No… sono sporadici e improvvisi, e non fanno in tempo a trovare riscontro nella mia memoria», spiegai.
«Capisco», disse Carlisle, annuendo. «Allora, Bella, lascia che ti racconti la tua storia».
Nella restante mezz’ora, ripresi possesso dei miei ricordi, di me stessa.
Carlisle mi raccontò tutto, ogni cosa di me: persone che facevano parte della mia vita, luoghi che avevo vissuto, situazioni che avevo affrontato, il mio passato… Ogni cosa.

Più Carlisle parlava, più riprendevo coscienza di me. Stavo ritornando lentamente me stessa, e provai tutte le emozioni che il vampiro mi stava raccontando.
Vampiro, come ero diventata io. Ricordavo vagamente che quello era stato il mio sogno, finché Edward non mi aveva lasciata e la mia vita era totalmente cambiata.
Io non volevo essere così, non più. Anche se non capivo quale fosse la causa di quel cambio di idee; provai a rifletterci, ma mi mancava un pezzo.
Ma provai comunque un immenso, repentino disgusto verso me stessa. Ero diventata un mostro, un mostro che non volevo più essere. Tanto tempo fa avevo desiderato diventare bellissima, forte, resistente… Ma non più. Nel momento esatto in cui produssi questo pensiero, una strana rabbia cominciò a montarmi da dentro, mentre abbassavo gli occhi verso il pavimento.
Qualcosa mi distrasse: vidi il riflesso del mio nuovo volto perfetto sulla superficie del tavolino di vetro appostato di fronte al divano.
Mi venne un’improvvisa voglia di fare quel tavolino in mille pezzi.
Sentii subito gli sguardi allarmati dei Cullen addosso a me. Non sapevo cosa fare, mi sentivo prigioniera del mio stesso corpo.
«Sta per perdere il controllo», ringhiò Jasper, ponendosi subitamente davanti a Alice per proteggerla.
Che avesse ragione? Non sapevo cosa mi stava succedendo, ma i sentimenti che stavo provando non erano dei più positivi, e Jasper l’aveva certamente intuito. 

Edward mi posò una mano sulla spalla; per qualche strano motivo, il mio primo istinto fu quello di staccargliela. «Bella, calmati», sussurrò ansioso. Ricordai quello che mi aveva fatto, e lo odiai.
Nonostante tutto, però, non volevo fargli del male, così sfrecciai via, appiattendomi contro il muro opposto, l’unico senza vetrata. Era maledettamente difficile controllarmi.
«Edward, stai lontano», lo avvertì Jasper, «ce l’ha con te».
Edward spalancò i suoi occhi ambrati su di me, socchiudendo leggermente le labbra.
«Con me? », domandò, basito. Eppure continuava ad avvicinarsi, le mani sollevate e tese verso di me, come a volermi calmare. Io ero piegata col busto verso di lui, in posizione d’attacco e i denti scoperti.
Non riuscivo a riprendere possesso di me, e allo stesso tempo non capivo quella mia reazione così violenta.
Tum-tum.

Poi arrivò quel suono, che mi bloccò. Sciolsi la mia posizione rigida, raddrizzando il busto, gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Nei dintorni, non avevo ancora sentito un suono simile. In quella casa, il silenzio sovrannaturale, quasi come se ci trovassimo tutti in un museo di statue di cera, era stato improvvisamente spezzato da quel… battito?, così vitale.
Mi ricordava qualcosa.
Ascoltai con più attenzione, e localizzai la provenienza di quel suono: veniva dal confine col bosco, a nord, sulle rive del ruscello. Quello che poco prima avevo agilmente saltato per andare a caccia.

«Cos’è stato?», domandai, a bassa voce.

Rosalie ringhiò, mentre Edward si irrigidì; gli altri non mostrarono alcun segno di turbamento. Alice aveva soltanto arricciato il naso, infastidita da uno strano odore che mi ero appena accorta di avvertire anche io. Non mi piaceva per niente.

Quel rumore era regolare, e continuava a riempire l’aria. Lo sentivo sempre più chiaramente.
Carlisle mi si avvicinò, tranquillo.
«Vieni, Bella», mi disse, e mi diresse verso la porta d’ingresso.
Coi miei occhi riuscii immediatamente ad assorbire ogni dettaglio della persona che vidi al limitare del bosco: era un ragazzo alto, i capelli corvini e gli occhi color pece, di una profondità assurda percepibile anche a quella distanza. Aveva la carnagione ramata, il corpo era possente e indossava soltanto un paio di pantaloncini. Il suo odore fastidioso mi fece arricciare il naso.

Appena mi vide sussultò, fissandomi negli occhi, e socchiuse leggermente le labbra.

Qualcosa di impercettibile si mosse dentro di me, e mi tornarono in mente le parole di Carlisle: c’è anche una persona che devi incontrare. Una persona molto cara a te.

Nello stesso istante riuscii a capire che era da quando avevo riacquistato la consapevolezza di me stessa che mi sembrava che Carlisle avesse dimenticato qualcosa.
Che fosse quel ragazzo il mio pezzo mancante?

 

 

 

Angolo autrice.
Dopo due mesi esatti dall’ultimo capitolo, eccomi qui col seguito (capitolo molto di transito) :)

Ormai non sto qui a dilungarmi sulle solite cose, cioè che non ho avuto tempo, ispirazione e cose varie… Purtroppo sta andando così, accipicchia .-.
Ovviamente spero sempre di cominciare a pubblicare con più regolarità, ma gli impegni sono sempre tanti e il tempo sempre troppo poco.
Non ho nemmeno tempo di rispondere decentemente chi ha recensito, ovvero
 marpy, Lea__91, raggiodisole90, ma con la nuova possibilità che ci ha dato EFP, spero di riuscire a rispondere in seguito. Non so che dirvi se non GRAZIE DI CUORE, come sempre <3
Come avete letto, Jake è finalmente ricomparso, e il prossimo capitolo, lo dico subito, sarà tutto per lui e per Bella (: spero abbiate apprezzato anche questo! ^__^
Alla prossima!
Un bacio,

Bea :3

   
 
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